Quello che non vogliamo vedere (Christian Jacob, a cura di Maria Grazia Patania)

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Ho deciso di tradurre questo articolo appena ne sono venuta a conoscenza. Con la speranza di ridare una dignità a questi corpi dimenticati e con l’auspicio di generare senso critico in chi legge. Questo articolo offre uno spunto di riflessione che va ben oltre la vicenda su cui si concentra. Offre anche uno sguardo sulle cose. Una prospettiva e racconta una storia. Che spero vorremo ascoltare. 

Il tedesco è una lingua che conosco da appena due anni e mezzo per cui so già che sono lontana dall´eccellenza. Mi scuso in anticipo per imperfezioni e imprecisioni, ma il mio unico obiettivo è stato quello di trasporre una vicenda al meglio delle mie possibilità. Ho messo anche il testo originale cosi chiunque voglia fare delle considerazioni traduttive, sarà in grado di farlo.

Nell´articolo originale compare la foto della vergogna. Che io ho deciso di non pubblicare. Non per pudore o convenienza. Semplicemente perché chi vuole, la può trovare ma non mi sono sentita di martoriare ulteriormente il loro ricordo.

Un ultimo riferimento a Vico. La sepoltura per Vico –insieme alla religione, al matrimonio e alla giustizia- è stata l´istituzione che ha permesso il superamento dello stato ferino e l´avvio del processo di civilizzazione.

«Finalmente, quanto gran principio dell’umanità sieno le seppolture, s’immagini uno stato ferino nel quale restino inseppolti i cadaveri umani sopra la terra adesser ésca de’ corvi e cani; ché certamente con questo bestiale costume dee andar di concerto quello d’esser incolti i campi nonché disabitate le città, e che gli uomini a guisa di porci anderebbono a mangiar le ghiande, còlte dentro il marciume de’ loro morti congiunti» (G. Vico, La scienza nuova)

Quello che non vogliamo vedere

Europa: Nel Mediterraneo si continua a morire. Cosa succede ai corpi dei migranti morti nella traversata? Una storia dalla piccola localita´ portuale di Augusta

All´inizio di Giugno un membro del Zentrum für politische Schönheit (N.d.T: i penultimi due post di questo blog sono dedicati alle sue iniziative) e´ andato in Sicilia per fare delle ricerche da usare per la prossima iniziativa degli artisti.

Un impresario delle pompe funebri lo ha accompagnato nella camera mortuaria dell´ospedale comunale di Augusta. L´uomo voleva fargli capire quanto fosse drammatica la situazione sulle sponde sud dell´Europa. Nella stanza ci sono un piccolo inginocchiatoio, due candele, due piante. Dietro c´è una cella frigorifera grande quanto tre cabine telefoniche, stipata coi corpi senza vita di diciassette africani avvolti in drappi di lino e sacchi per la spazzatura, gettati uno sull´altro come rifiuti. Il loro sangue è colato sul pavimento dove si è rappreso in una grande pozza nera. La foto scattata ha la peculiarità di far emergere nuovi particolari ogni volta che la si guarda. Più ci si avvicina fra i sacchi della spazzatura, il sangue e i contorni delle teste, più emerge la consapevolezza che in Europa i morti dalla pelle bianca non verrebbero mai trattati così. Se si parla con i responsabili, si capisce che la foto mostra anche la negligenza di uno stato, in cui molto è lasciato all´improvvisazione e poco indagato a fondo. E alla stregua di tutte le foto del Mediterraneo ci racconta di una città lasciata sola in balìa delle conseguenze derivanti dalla politica di isolamento. Mette a nudo un´Europa che ignora le odiose conseguenze della sua mancanza di responsabilità.

Al porto

Il 31 Maggio all´1:09 Chiara Montaldo, di Medici senza frontiere, è al porto di Pozzallo. Circa mille persone scendono da una nave avvolti nei teli termici dorati che li fanno sembrare degli astronauti, “Per noi non sono mille persone, ma una e poi un´altra e un´altra ancora”. Circa 100.000 migranti sono arrivati in Italia quest´anno, a volte c´è solo un intervallo breve prima dell´arrivo della prossima nave carica di uomini che hanno rischiato tutto solo per la speranza di poter vivere in Europa.

Sette ore dopo il team di medici ha una nuova sfida al porto di Augusta. La fregata militare “Fenice” ha salvato 454 migranti e riportato a terra 17 cadaveri. Sono le 8:30 del mattino. La dottoressa Montaldo posta una foto “Quantomeno tentiamo di salvare i sopravvissuti”, scrive.

Dei morti si occupa l´impresario di pompe funebri Concetto Cacciaguerra che parcheggia davanti le tende della Croce Rossa il furgone con cui ha portato 17 bare sul posto. Bare che ora sono allineate sul molo dove ci sono poliziotti, medici e fotografi con le mascherine bianche.

Il medico legale

Viene avvisato il medico legale Francesco Coco: 17 morti sta volta, arrivo previsto in poche ore. “Prepara tutto, hanno detto”. Il medico contatta i sei ospedali della zona e solo il reparto di Patologia clinica dell´ospedale di Lentini ha posto.

Lo studio del dottor Coco si trova nel centro di Siracusa, gli affari vanno bene. Divani in pelle marrone con cuciture dello stesso color crema di piastrelle e tappeti, schermi piatti alle pareti come nella reception di un lussuoso hotel. Coco nelle sue infradito grigio chiaro, nei suoi pantaloni di lino blu sembra il protagonista di una pubblicità di un´assicurazione privata. Seduto in balcone prima di parlare dei morti, racconta dei suoi viaggi quando era studente al tempo della cortina di ferro, di come portasse sigarette e calze di nylon. Poi si accende una sigaretta e spera che quei tempi non tornino mai più.

“Nessuno sa quanti siano veramente. Vediamo solo quelli che la Marina Militare ci riporta indietro. E´ solo una briciola”. La Marina non sembra molto propensa a cercare a lungo di recuperare le salme

Coco ha analizzato 150 cadaveri di migranti lo scorso anno. 5 a Pozzallo, 15 a Samperi, 25 ad Augusta insieme ai corpi trovati sulla spiaggia a Pachino. Un´enorme spesa in termini di medici legali, assistenti, poliziotti, criminologi, inventari e tute protettive perché “nessuno può mai sapere che infezioni hanno”, dice Coco sollevando la testa e il riflesso sui suoi occhiali da sole gli nasconde lo sguardo. Riceve trecento euro a salma dalla Cancelleria comunale (Justizkasse) di cui “non rimane quasi niente”.

Coco era al porto quando è arrivata la fregata “Fenice”. “Per prima cosa ispezioniamo il cadavere. Se capiamo la causa della morte, non serve l´autopsia”. Le diciassette salme del 31 Maggio presentavano tracce di decomposizione dopo circa tre giorni dal decesso. Nel ventre della nave avevano inalato esalazioni tossiche. “Probabilmente è stato un guasto al motore”. Coco ha assegnato un numero alle salme, le ha misurate, ha preso le impronte digitali e registrato il calco dentale, cicatrici, segni particolari. Prende un campione di pelle e una ciocca di capelli e invia tutto a un laboratorio a Catania. La polizia fa foto, compila liste e arriva un protocollo. “Abbiamo fatto tutto il lavoro in un giorno, come in una catena di montaggio della Fiat”, afferma Coco.

Cos´è successo poi con la conservazione delle salme?

Che tipo di problemi igienici?

“Abbiamo avuti grossi problemi di igiene”, ci racconta Coco. “Sono arrivati moltissimi corpi senza vita in Sicilia. Ho incontrato siriani di Damasco e Aleppo, medici e ingegneri, avevano in tasca gli attestati dei loro studi, cv, foto delle madri, di persone care, delle feste di laurea. Oppure africani con dieci euro in tasca. Che ci fai in Europa con dieci euro?”. Tutti dovremmo vedere quello che ha visto Coco “solo così si può comprendere che enorme tragedia si sta consumando”. Si accende un´altra sigaretta.

“Quando arrivano cosi´ tanti cadaveri, non si sa cosa fare e bisogna improvvisare, non si possono distribuire ovunque: 2 qui, 6 li´, 3 là… Questo rende tutto più complicato aumentando costi e tempi. Tutti i corpi devono essere riuniti in un luogo unico per ridurre costi e tempi. Non è semplice per la Sicilia”, aggiunge poi. “Noi sosteniamo il carico maggiore benché questo sia un problema vostro, dell´Europa. Ma è come se l´Europa non esistesse. Purtroppo ognuno pensa per sé .Se non troveremo una soluzione comune, andrà avanti così per sempre”.

L´mpresario funebre

L´attività di Concetto Cacciaguerra si trova al centro di Augusta. Dalla vicina piazza arrivano le grida di giubilo del movimento di protesta 5 Stelle. Davanti la porta siede il padre di Cacciaguerra su una panca mentre accarezza un cane con lo sguardo rivolto verso i giardini pubblici di fronte. Non fosse per le urne in metallo lucido o argilla, per la foto del Papa e gli esemplari di annunci mortuari che riportano la foto di una giovane donna, potrebbe essere una qualunque ricevitoria del lotto. Il giovane Cacciaguerra, approssimativamente 20enne, sta tornando ora da un funerale. Coi suoi pantaloni neri, camicia grigia, i capelli ingellati e gli occhiali siede alla sua scrivania sul retro. Mentre parla, osserva il monitor del computer e clicca con il mouse sullo schermo. Dall´anno scorso ha sepolto 60 migranti e “diventano sempre di più”. Parla velocemente in tono militare, come chi non abbia tempo da perdere. “Tutto questo viene pagato solo dal Comune (Kommune) di Augusta. Ci hanno abbandonati. Il governo di Roma non ci aiuta affatto”. A inizio anno si era candidato per la Lista Azzurra vicina al partito di Berlusconi.

I sopravvissuti vengono suddivisi nella regione/paese (N.d.T.Land indica entrambe le realtà) e la Migrationspolizei ne è responsabile. Tuttavia la responsabilità nei confronti dei morti in Italia è una fotografia perfetta del sistema di asilo vigente in Europa: se ne occupano i comuni dove le salme arrivano e che ovviamente si trovano in prossimità di basi militari o della guardia costiera.

Il 31 mattina Cacciaguerra aveva preso i migranti in consegna dalla comandante di fregata, luogotenente Claudia di Paolo, e li aveva condotti in ospedale ad Augusta. Il 3 Giugno mostra all´inviato del Zentrum für politische Schönheit la cella frigorifera. Le disposizioni erano state impartite dalla Prefettura: “Semplicemente noi non abbiamo abbastanza posto per tutti i cadaveri”. I resti devono rimanere a disposizione del Pubblico Ministero. Dopo di che il 4 Giugno il magistrato di Augusta ha disposto nell´ordinanza n´48 cosa fare dei corpi. Dato che Cacciaguerra aveva gia´ sepolto ad Augusta altri migranti, questi 17 sono andati ai circostanti comuni di Palazzolo Acreide, Siracusa, Avola, Carlentini, Melilli, Priolo Gargallo e Francofonte. Riceve mille euro a funerale. “Come per ogni altro defunto”, afferma Cacciaguerra.

Lentini

All´ospedale di Lentini il reparto di igiene è quello destinato alle salme. La dottoressa responsabile ha l´ufficio al quinto piano, vuole rimanere anonima. “I 17 corpi non sono mai stati qui”, afferma. Ha mentito il medico legale Coco allora? Alza le spalle, scuote la testa e osserva il tetto. Poi ammette che la veglia funebre ha avuto luogo lì. “Sono rimasti pochissimo e poi sono stati riportati subito via”. Per quale motivo? “Avevamo problemi con le celle frigorifere. C´erano molte salme”.

In realta´ pare che Cacciaguerra l´1 o il 2 Giugno -i due si contraddicono su questo punto- avesse ricaricato le salme, 4 alla volta come sempre, e riportate ad Augusta. Entrambe le strutture appartengono all´Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa.

I primi defunti dovevano essere in loco alle 7 del mattino.

I medici patologi sono stati impegnati fino alle due del mattino”, ha detto la dottoressa. Dopo di che a Lentini è stata celebrato un rito funebre nella sala delle conferenze con “rappresentanti di tutte le religioni”, afferma. Infine l´amministrazione del cimitero sarebbe arrivata e avrebbe preso le salme, aggiunge. “Ma questo io non l´ho detto, non posso dire nulla”, dice la donna, toccandosi la gola con una mano , come se qualcuno gliela stesse tagliando a causa della sua loquacità.

Nonostante sembri ricordare, dice il falso. Keith Abdelhafid, l´imam della moschea della misericordia (¿) a Catania dichiara di essere stato invitato alla cerimonia funebre solo il 6 Giugno da Pino Pisana, incaricato dell´amministrazione cittadina. La cerimonia si è svolta l´8 Giugno, quindi dopo la sepoltura, in una cappella di Augusta e con un prete cattolico. “Abbiamo pregato insieme, abbiamo chiesto clemenza e perdono per loro”, afferma Abdelhafid. Tuttavia una effettiva cerimonia funebre non c´è stata perché per farla servono le salmeMa qualcuno ci aveva detto che non era possibile per motivi igienici. Ad ogni modo non si sapeva nulla dell´identità dei defunti e quindi nemmeno di che religione fossero”. Erano presenti alcuni migranti e rappresentanti dell´amministrazione cittadina di Augusta. “Mezzora ed era tutto finito”, sostiene Abdelhafid. In effetti le salme non sono state nemmeno portate da Lentini al cimitero, ma a quanto pare sono state di nuovo accatastate nella cella frigorifera dell´ospedale di Augusta.

Per quale motivo?

La dottoressa ricorre al telefono “L´azienda ospedaliera ha una portavoce che è l´unica autorizzata a dare informazioni”. Ma non ci vuol dire nulla. “Si, ma io devo riferire pur qualcosa”, ribadisce. “Noi non rilasciamo dichiarazioni. La Prefettura risponderà a tutte le domande”.

La Prefettura

Dalla finestra Filippina Cocuzza, la vice-prefetto della Provincia di Siracusa, ammira la storica piazza Archimede. La luce del sole riscalda l´ufficio, tanto che si toglie il blazer. Quando entra qualcuno, lo rimette sulle spalle. Osserva la foto con la porta aperta della cella frigorifera, chiama un suo collaboratore poi un altro e entrambi stanno in piedi nell´ufficio. Iniziano a fare telefonate, anche Cocuzza telefona e firma documenti.

Pensavano che le salme sarebbero state esaminate ad Augusta, dice. Un caposervizio chiama il medico legale Coco e chiarisce. “Nell´ospedale di Augusta non avevano posto per farli esaminare, in quello di Lentini non ne avevano per la custodia”.

“Le foto sono orribili, non ci sono dubbi”. Non ne sapeva niente. “le salme devono rimanere a disposizione dell´autorita´ giudiziaria per 4 giorni secondo il regolamento”. Per le piccole città  è problamatico quando arrivavano cosi tanti defunti.

E´ legale custodire le salme in questo modo?

“Non sono della Polizia io”, dice la donna. Come venga fatto esattamente, spetta all´ospedale deciderlo”.

Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa

Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa ha sede in edifici poco appariscenti di Corso Gelone, fuori dall´elegante centro cittadino. Alle domande risponde solo la portavoce Agata Di Giorgio, afferma uno dei due uomini all´ingresso Sembra non ci sia. Come è possibile che in una struttura dell´ASP le salme vengano trattate come carcasse di animali? Guardano entrambi la foto, poi uno va sul retro e ritorna con una donna vistosamente truccata. Non vuole dirci chi sia. Dice solo “Questa e´ la direzione”. Da´ una veloce occhiata alla foto della cella frigorifera e dice a voce piu´ alta “E quindi cosa devo fare io?”. Domande e richieste solo tramite mail.

Perché le salme vengono custodite cosi´? Quanto a lungo? Chi lo sapeva? E´ stato il personale dell´ospedale a metterle lì?

Anche il giorno seguente la portavoce della ASP non risponde al telefono né alla prima mail, né alla seconda. Idem entrambi i direttori dell´Ospedale di Augusta o l´amministrazione comunale”.

Il cimitero di Siracusa

Il cimitero di Siracusa, vicino all´uscita dell´autostrada, somiglia a un parco di sculture. Ovunque ci sono statue, cappelle private, cripte. Al settore 2S, nelle tombe dl 212 alla 217, Cacciaguerra ha sepolto sei dei migranti defunti. Una tomba ciascuno, la terra intatta ricorda un campo, ma non e´ una fossa comune. Su ciascuna tomba un ramo secco e una piccola pietra su cui qualcuno ha scritto in nero il numero.

La Polizia

Al palazzo di Giustizia di Siracusa ci si avvicina con difficoltà. Due clan della mafia, Nardo e Linguanti, si sarebbero suddivisi la città che farebbe da roccaforte del crimine organizzato.

Il commissario Carlo Parini ha i capelli grigi porta un gilè blu, gli occhiali da sole in testa e quasi scompare dietro le pile di documenti accumulati nel suo ufficio privo di finestre. Sulla scrivania c´è un bandierina di Frontex e sulla parete un calendario della Marina. Parini guida la commissione contro le migrazioni illegali. In pratica si occupa di trafficanti e l´identificazione dei cadaveri dei migranti deceduti nella provincia di Siracusa e´ una attività corollaria.

Nel 2014 sono arrivate 33 salme, quest´anno 28. Parini riceve le foto dal medico legale, documenti derivanti dalle ricerche, profili di DNA provenienti dai laboratori della polizia. Registra data del decesso e dell´arrivo, nome delle navi che hanno riportato le salme e alla fine di ogni defunto rimane un CD. Se dovesse comparire qualcuno alla ricerca di propri familiari, si possono trarre delle conclusioni grazie all´analisi del DNA qualora sia qualcuno registrato da Parini.

A volte pubblica le foto in rete, altre volte i parenti ne mandano di proprie chiedendo un raffronto. Solo in quattro casi ce l´ha fatta: due profughi siriani, un palestinese e un egiziano sono stati identificati. “Un uomo siriano ha fatto portare in Germania la salma della moglie, un altro quella di suo nipote l´ha fatta portare in Danimarca”.

Il palestinese e l´egiziano sono stati riportati nei paesi d´origine grazie alla collaborazione delle ambasciate dei paesi. Finora i diciassette morti del 31 Maggio sono stati il gruppo più numeroso ma su di essi Parini non ha scoperto nulla. “Abbiamo chiesto ma nessuno sapeva nulla”. Probabilmente erano eritrei. “Nessuno ha chiesto di loro”, conclude.

25 giugno 2015 Articolo di Christian Jacob, 36 anni, Reporter di Taz

Traduzione di Maria Grazia Patania, per gentile concessione del Collettivo Antigone 

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Maria Grazia Patania. Vengo da un piccolo paese della Sicilia vicino Siracusa e Catania. A 18 anni ho lasciato il paesello per andare a coronare il mio sogno di diventare interprete. Mi sono laureata a 21 anni per le lingue inglese e francese e subito dopo sono volata a Roma per specializzarmi in traduzione tecnico-scientifica visto che la via dell´interpretariato non era percorribile. Due anni dopo mi sono specializzata e dopo master vari ho deciso di prendere la seconda laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Inutilmente visto che nel frattempo il mio mondo veniva investito dalla crisi economica che tutti conosciamo. Sono crollati sogni, certezze e aspirazioni ed è seguito un lungo periodo buio in cui non sapevo cosa fare della mia vita. A nulla serviva l´esperienza come interprete o traduttrice, a nulla servivano i sacrifici e le ore sui libri. Da questo tunnel sono uscita grazie al mio attuale capo: un tedesco conosciuto ad una fiera dove gli feci da interprete e che mi diede una opportunità. Sono ancora qui. Ho imparato faticosamente il tedesco e ora mi dedico allo spagnolo mentre la mia carriera –impensabile in Italia- procede senza dover rinunciare alla mia dignità.

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Foto del traduttore a cura di Maria Grazia Patania.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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