avvertenza al lettore
Give every man your ear, but few thy voice
(W. S.)
potrei dirti che tutto è della morte
che al suo avido seme
tutto è terra.
la vita è solo porta che si apre
stridendo per il tempo di un ingresso
nel grigio lungo e cupo dell’eterno.
e io dispero della libertà
e a te tutto già è stato detto:
della nonna che profumava di garofani
del puzzo di bambini dentro al vuoto
dell’immagine spaventosa della colpa
delle razzie dei predoni del deserto
dei serpenti alati e di tutti gli idolatri
della follia che porta fiera al suo guinzaglio
le stagioni dell’uomo e del suo dio.
la verità è nel marchio di caino
che portiamo sopra il capo, tu ed io.
il patto
c’è un patto che si stringe senza detto
tra le donne che sfidano la notte.
sono lì alle fermate della vita
appese come ganci
nude, stanche e spettinate
al freddo che la folla non conosce.
qualcuna raccoglie un po’ di forza
nel fumo che si tuffa nella gola
qualche altra parla a mezza voce
di orari, di bus e di lenzuola.
c’è un patto che si stringe senza sangue
tra le donne che bucano la notte.
l’intesa di restare a farsi scudo
nel duro dolore del distacco.
il giorno non vuole più svegliarsi
il cielo non riesce a sollevare
la sua lunga coperta di grigiore
ma c’è un patto che si stringe senza fretta
tra le donne che camminano la notte:
non c’è cielo, non c’è dio e non c’è lingua
che faccia differenza tra di loro.
SIAMO DONNE CHE BUCANO LA NOTTE
DI UOMINI CHE CI DORMONO DI FIANCO.
domani, se non ci sei, sarò più sola.
domani io ci sarò, niente paura.
tempo muto
tra balbettii senza senso
e pruriti ai minori vietati
i più stanno a grattarsi per ore
la rogna di idee riciclate.
chiedo scusa dell’ironia stuprata
ma in verità solo chi scrive scrive.
il resto piscia. piscia e sopravvive.
lo scrittore non è veliero da bottiglia
la sua parola è acido che brucia
il suo cuore è tamburo che risveglia.
quando scrive, scrive di getto
scrive per vivere di scrittura
per vuoto, per ansia, per paura
come chi osserva da lontano un uragano
e vi scorge un miraggio rannicchiato
nella pupilla del suo tempo muto.
sarò pioggia
quando sarò pioggia
scriverò lunghi addii sui vetri
spaventosa e fragile sarò rapida
matta e sbieca come un poeta
alla ricerca di un posto che non assorba
e non respinga.
spegnerò i rintocchi dei mercati
canterò in rivoli
luoghi di frontiera, abbandonati
abbracci senza catene
e senza appartenenze.
rugiada lenta sulla viola cima
sarò lieve brezza di mare
che si specchia in un ramo di stelle.
violasera
quello che vede l’uomo ad ogni giro
è più o meno, credo, lo stesso martirio.
il gelo con l’agonia dei suoi germogli
i flutti amari e disabitati dalle reti
i cristi penzolanti come stracci
da angeli di bronzo indifferenti
la devastazione delle poche menti
che non hanno abiurato alla libertà.
in branchi calpesta terra e polvere
che un tempo furono pupille,
sta inerme e muto ad aspettare
che la vita s’accorci un po’ ogni giorno
e smazza carte per un altro giro.
poi come da bifora
s’intravede già il passaggio
tra brandelli di luce, in mezzo ai rami.
e soffia vento dentro l’aria nera
mentre sprofonda nella notte il violasera.
reset
apparecchiare la tavola
preparare la cena con dovizia
lavare le mani ai bambini
aggiustare i capelli con grazia
a me tt bn e a te?
operaio morto sul lavoro
sdegnarsi
sotto scrutinio, l’ansia dello studente
e l’outing del cantante
sorridere
bonariamente
corro sulla pagina che abbaglia
che l’acqua per la pasta quasi bolle
campagna antivivisezione
riflettere
se sia giunta l’età
di diventare un po’ vegetariani
orologi indiani: nuova collezione
vaschetta di prosciutto monoporzione
la finestra sul cielo interiore
ritagli di profeti a spiccioli
non è realtà è finzione
poesia in esibizione
a me tt bn e tu?
pirandello
mi piace
niente di troppo contingente
è poi davvero importante
commenta
scoppi di misticismo a basso costo
condividi
evento luminoso
partecipa
tanto non costa niente
forse
con anonima resa
covare
l’intima taciuta convinzione
che tutto questo mio comunicare
sia solo rimbombo d’erosione.
silenzioso buio che gratta
dentro la paura.
frana inesorabile.
arrestare il sistema
Poesie tratte da Rime d’amore e di frontiera, Carla de Falco, Temperino Rosso Edizioni 2015
Carla De Falco: Manager delle Risorse Umane per un decennio, oggi è docente di Materie Letterarie e Latino. Membro di varie giurie letterarie, ha vinto numerose competizioni poetiche, ottenendo premi e riconoscimenti anche prestigiosi, sempre ai primi posti, anche in contesti internazionali. Più di un centinaio sono le pubblicazioni antologiche che riportano sue poesie. Tra esse, solo nel 2014, Sotto il cielo di Lampedusa (Rayuela Edizioni) e Italian Poetry Review, rivista ufficiale della Columbia University di New York. Ha pubblicato a Milano la prima silloge: Il soffio delle radici, Laura Capone Editore, 2012 (Premio Hombres e Premio Contemporanea d’autore). A maggio del 2013 è uscita la seconda opera: la voce delle cose, Montag (Premio Solaris). Del 2015 sono Il momento che separa (Montag edizioni, Felix Festival) e Rime d’amore e di frontiera (Temperino Rosso edizioni).
Foto in evidenza di Teri Allen Piccolo.
Foto dell’autrice a cura di Carla de Falco.