POPOLI RESISTENTI -La Resistenza raccontata attraverso la letteratura, con in mano un ramo d’ulivo e il fiore del partigiano, di Beatrice Bompani

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POPOLI RESISTENTI

La Resistenza raccontata attraverso la letteratura, con in mano un ramo d’ulivo e il fiore del partigiano

 

Cosa accomuna l’Italia alla Palestina? Sicuramente le estati torride, il cibo delizioso e la gente incredibilmente ospitale.
Chi, però, non vuole fermarsi alla superficie, sarà sicuramente affascinato dallo scoprire un legame molto più profondo tra questi due nazioni: l’amore per la Resistenza. Essa si intreccia con la vita delle persone e penetra in loro, fino a toccarne il cuore. Si dice che la letteratura sia l’anima di un popolo; allora cosa è meglio della letteratura stessa per raccontare qualcosa di così intimamente radicato nell’assetto valoriale e nel vissuto di queste persone?

Diversi autori italiani e palestinesi, chi con la prosa e chi con la poesia, hanno dedicato buona parte della loro attività proprio alla narrazione della Resistenza; tanto che tutti i romanzi, i racconti brevi e le poesie contenenti questo argomento rientrano a far parte di un genere letterario innovativo chiamato “letteratura della Resistenza”.

Nonostante  i contesti storici e geografici differenti  in cui sono ambientate le opere[1], è comunque  possibile individuare numerosi punti di contatto che legano il popolo italiano e quello palestinese  nella lotta contro l’occupazione.

Nella letteratura italiana, in misura maggiore rispetto a quella palestinese, ha ampio spazio la figura del partigiano, non necessariamente idolatrato o presentato senza macchia. Nelle opere emergono anche i difetti e le colpe di questi uomini ordinari che combattono per la liberazione. Le narrazioni testimoniano, inoltre, l’operato delle bande, le loro azioni e i vari modi con cui scelgono di combattere il nemico con descrizioni vive e partecipate. In entrambi i casi si prediligono l’agguato e il sabotaggio rispetto allo scontro in campo aperto per questioni numeriche e di equipaggiamento. Nei romanzi palestinesi, poi, viene posta una grande attenzione sulle motivazioni che spingono i giovani ad unirsi alla Resistenza armata, sulla necessità della liberazione e la lotta all’ingiustizia. In essi affiora come sia necessario spendersi in prima persona per ribellarsi contro un futuro che, altrimenti, è già segnato.

Un’altra importante somiglianza che emerge dalle due esperienze di Resistenza è il ruolo dei civili. Senza il sostegno da parte della popolazione, infatti, sia in Italia che in Palestina, non sarebbe possibile portare avanti alcun tipo di operazione. I locali supportano materialmente i combattenti, li nutrono, donano loro riparo e condividono con loro le poche risorse che hanno a disposizione. Sono pronti a sacrificarsi in prima persona sapendo che, se venissero scoperti dal nemico, il loro collaborare per la Resistenza sarebbe punito molto severamente con la prigione, la tortura o la morte.

In entrambe le letterature si incontrano anche i civili che scelgono di non offrire il proprio sostegno a chi si impegna per la liberazione, ma preferiscono, piuttosto, prendere le parti del nemico: i cosiddetti collaborazionisti. Gli autori italiani e palestinesi condividono il disprezzo per chi prende questa decisione e le punizioni riservate a questi personaggi sono sempre descritte in maniera dettagliata e cruda.

Gli autori palestinesi e quelli italiani offrono anche il punto di vista di chi, tradizionalmente, rimane escluso dalle narrazioni di guerra: le donne e i bambini.

Alle donne che collaborano per la liberazione sono affidati principalmente il ruolo di madre e di compagna dei partigiani. La maternità, in particolare, viene raccontata anche dal punto di vista di persone che non sono madri biologiche ma che, nel contesto di combattimento, lo diventano grazie al loro supporto fondamentale e alla cura che riservano ai ragazzi che fanno parte delle bande. Nella letteratura palestinese di Resistenza (e meno in quella italiana) si distingue per la donna la necessità della liberazione, non solo dal nemico ma anche dalla società patriarcale araba dalla quale sono oppresse e per cui non possono manifestare apertamente le proprie volontà e la propria identità.

Per quello che riguarda il tema delle operazioni militari vere e proprie, la guerra e gli scontri vengono descritti da romanzi e poesie come qualcosa di veramente distruttivo e che consuma coloro che li vivono. Per questo motivo scrittori e poeti danno voce anche ai più deboli, i bambini, i quali vengono privati della loro innocenza e infanzia a causa dell’essere proiettati in un contesto violento che li fa crescere prima del tempo e li sottopone a torture psicologiche che causeranno traumi per gli anni futuri. I più piccoli sono, però, gli unici che riescono ad andare oltre le apparenze, a cercare un punto di vista differente sulle cose, sono aperti alla conoscenza dell’altro e, in questo modo, alla costruzione di ponti che guardano con speranza all’avvenire.

Nemmeno i bambini sono estranei alla morte, che pervade i romanzi italiani e le opere palestinesi della Resistenza. Essa viene accettata come naturale conseguenza delle operazioni militari e dello status di guerra in cui le opere sono ambientate. In alcuni casi viene interpretata come mera fine dell’esistenza terrena, in altri come qualcosa a cui ambire, il segno tangibile di aver donato tutto, compresa la vita, per la causa. In particolare, con maggiore enfasi nella letteratura palestinese, viene dato ampio spazio al concetto di martirio. Nelle stesse opere emerge come non sia necessario morire fisicamente per considerarsi morti. La privazione della propria identità e il costante peso dell’occupazione rendono le persone morte prima del tempo e consapevoli che la loro esistenza terrena si traduce in un mero susseguirsi di azioni routinarie per la sopravvivenza biologica, senza la possibilità di ambizioni o sogni.

Sono molte le somiglianze nella rappresentazione del nemico. Nelle due letterature, esso è spesso talmente violento e crudele da essere privato della sua umanità, viene ridotto al pari di un animale e ne vengono descritti il sadismo e la mancanza di pietà. A causa della differenza del contesto storico, nella letteratura italiana si parla anche della sua sconfitta, mentre in quella palestinese si incontra qualche sporadico caso di nemico dal volto umano e di chi, pur provenendo da ambienti nemici, sceglie di schierarsi con i palestinesi, generando una falla nel sistema di occupazione.

Per concludere, si può affermare che, attraverso i loro romanzi e le loro poesie, questi autori hanno saputo davvero testimoniare la lotta contro l’occupazione e che le loro idee resistono come chi combatte con le armi.  Nelle opere emergono i sentimenti e i valori di un popolo e il loro pensiero raggiunge il cuore del lettore e si propaga intorno. Nei racconti si uniscono il fervore, la gioia, i fallimenti, le utopie, gli errori che fanno parte della Resistenza, raccontati con le voci stesse di coloro che hanno preso parte ai tentativi di liberazione. Attraverso questa letteratura si può imparare dagli errori del passato e dal presente, per non dimenticare quello che è stato in Italia e quello che succede tutt’ora nello Stato di Israele; per cercare di cambiare le cose e porre le basi per un futuro dove non ci sarà bisogno di combattere, e le persone potranno vivere finalmente in una pace autentica.

Letture consigliate:

  • Al- Qāsim Samiḥ, Versi in Galilea, a cura di Wasim Dahmash, Edizioni Q, Roma, 2005

 

  • Calvino Italo, Il Sentiero dei nidi di ragno, Mondadori, Cles, 2009.

 

  • Darwīsh Maḥmūd, Murale, a cura di F. Al Delmi, Epoché, Milano, 2005

 

  • Darwīsh Maḥmūd, Il letto della straniera, a cura di C. Haidar, Epoché, Milano, 2009

 

  • Darwīsh Maḥmūd, yawmiyyat al-huzn al-‘adi, in Darwīsh Mahmoud, Una trilogia palestinese, a cura di E. Bartuli, Feltrinelli, Milano, 2014

 

  • Fenoglio Beppe, Una Questione Privata, Einaudi, Torino, 2006

 

  • Fenoglio Beppe, Il Partigiano Johnny, Einaudi, Torino, 2014

 

  • Fenoglio Beppe, Tutti i romanzi, a cura di G. Pedullà, Einaudi, Torino, 2018

 

  • Khalīfa Saḥar, La Svergognata, trad. di P. Redaelli, Giunti, Firenze, 1986

 

  • Khalīfa Saḥar, La Porta della Piazza, trad. di P. Redaelli, Jouvence, Roma, 1994

 

  • Khalīfa Saḥar, Terra di fichi d’India, trad. di I. Camera d’Afflitto, Jouvence, Roma, 1996

 

  • Khalīfa Saḥar, Una Primavera di Fuoco, trad. di Leila Mattar, Giunti, Firenze, 2004

 

  • Kanafānī Ghassān, Ritorno ad Haifa – Umm Saad Due storie palestinesi, a cura. di I. Camera d’Afflitto, Lavoro, Roma, 2014

 

  • Kanafānī Ghassān , Uomini sotto il sole, trad. di I. Camera d’Afflitto, Lavoro, Roma, 2016.

 

 

  • Meneghello Luigi, I piccoli maestri, Rizzoli, Milano, 2009

 

  • Pedullà Gabriele, Racconti della Resistenza, Einaudi, Torino, 2005

 

  • Viganò Renata, L’Agnese va a morire, Einaudi, Torino, 1994

 

  • Vittorini Elio, Uomini e no, Mondadori, Milano, 1965

 

 

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Beatrice Bompani, nata l’11 marzo 1994, in Emilia Romagna. Laureata in Lingue e letterature straniere con una tesi in Functional Grammar e in Lingua e cultura Italiane per stranieri con una tesi dal titolo “Letterature di Resistenza. La Palestina e l’Italia raccontano la lotta all’occupazione”, ha sempre avuto una grande passione per la poesia, la prosa e la musica. Ha lavorato e fatto volontariato in diversi ambiti, soprattutto nel mondo dell’educazione, anche a livello internazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di copertina: Foto a cura di Sana Darghmouni.

 

 

 

 

 

 

[1] In Palestina, infatti, ci si trova di fronte ad una occupazione pluridecennale che, ad oggi, non si è ancora risolta. Gli autori sono inseriti e diversamente impegnati in prima persona nella Resistenza e scrivono le loro opere senza che gli scontri siano risolti. Nel caso italiano, invece, si tratta di un periodo di tempo molto più ristretto e chi scrive lo fa, quasi nella totalità dei casi, a liberazione già avvenuta.

 

Foto in evidenza a cura di Sana Darghmouni.

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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