Poesie inedite di Giulia Tenenti – selezione a cura di Bartolomeo Bellanova

ridotto 1

Il motivo che ricopre come edera ogni componimento è la visione di un soggetto (una donna, una ragazza, una compagna, un amante e un’insoddisfatta guerriera del mondo, una metamorfosi) che tenta e cerca di delineare un proprio corpo che si adagia e contrasta il mondo circostante. Sono ripetuti e quasi furiosi i collegamenti al mondo naturale, oggetti di correlazione che, a volte come metafora,  altri come similitudine,  provano a uscire dalla narrazione del soggetto per dare un paesaggio che possa attingere a scenari reali, interni ed esterni al corpo, in un dialogo continuo, capace di trasformarsi in conflitto quando l’uno non lascia spazio all’altro. Tentativi di costruirsi e ricostruirsi, senza dare per scontato mai nulla della propria forma e del proprio posto in questo cammino che è piacevole nella difficile impresa.

Giulia Tenenti

 

22 agosto h 17

erano scuri quei tuoi occhi di brigante

eretti a guardiano dei ruvidi paesaggi

era possibile palpeggiare la fatica

di dover maneggiare un così vasto tesoro

la lacrima amara

di questa terra antica

rende ottimo il terreno

quale cartolina mostrare alla luce

se non genuini e afosi pomeriggi

di scale, lente erosioni, tacite crescite collettive?

Abbiamo bisogno di un podio per ringraziarci

della generosità di un mare salato e la sua forza?

Moneta che sperpera veleno

le nostre mani legate al cemento

mescolano l’ispida bruttura del mondo

a colate di vendetta

per un luogo che non riesci più a riconoscere

non lo chiami più

non lo guardi più

dammi la ricetta

per assaporare ancora lo ionio che scorre libero

e rinfresca le nostre menti

e dimenticare la corsa all’oro che ha bruciato

ogni morbidezza

qualsiasi carne viva

ho assaporato la tua lacrima amara

terra devastata dai nostri sogni infami

e mi è sembrato dolce e simile il nostro cammino

ora che con cinica cura

rifiuti il tuo esile destino

 

***

 

29 settembre h 12

 

ho trattenuto quel ricordo

così stretto

da soffocarlo

sono così impavidi

quei momenti

in cui l’avidità stritola

ogni tua modesta energia

ho raccolto anche l’ultima goccia di peccato

bevuta tutta d’una sorso

non è così amara

la felicità

illusione che può durare

perdurare

ossidare il tempo e scalfirlo

incidere tenere visioni

e sconnessi piani di lavoro

su me stessa

tirare su la canottiera

e accarezzare la pelle

credersi diversa

voler solcare ancora di più

i fianchi

vendersi anziché vedersi

giocare con i sentimenti

avere cura dei miei orrori

lasciare andare sul letto di un fiume le passioni e disegnare il manto erboso con le proprie paure

di non sapere

dove tornare

dove avere riposo

in che momento staccare le mani e volare

dirupi immensi che accolgono attimi eterni

non avere macigni sul cuore

ma occhi limpidi per riempire il mondo

di me

di te

hai la ricetta per partire?

Per costruire i miei nei di fretta

ed essere ogni giorno diversa

nuove imperfezioni

da bagnare insieme

del flusso erotico

che attraversa queste stanze

e finire per iniziare di nuovo

e non sapere

e non

e

.

***

 

5 novembre

nottetempo

rifugio

mi inchino di fronte le carezza delle nuvole

assorti occhi di fate osservano il mutare

e io che non posso non farlo

e vedo me stessa

china sui miei bisbigli

sommessi

con le spalle un po’ curve che trovano mani a cui aggrapparsi

la pelle si stacca per cercare un corpo da proteggere

tento la fuga

ma rimango ancorata

come il cielo

che non può andarsene

da questa tracotanza

torno sulla sponda

ora sono dei rumori

a destare le tenebre

e con esse le mie paure

intrecciare il mio consenso alle mie colpe

che si seducono

e sembra una danza

si aggirano e ho consigli da dispensare

accrescere proverbi del mio corpo

non bloccare l’enfasi

e concedersi distrazioni

mentre umili passi nella stanza condiscono

sapori e l’aria per me è leggera e limpida

tentare il necessario e scoprire

che l’indispensabile è nei tuoi occhi dilatati

dalla luce accecante

hai una luna che timida può accompagnarci?

Cresco di orgoglio se ti fermi a volte con me

stanze aperte e sottili polveri

accerchiare il sudore è farne parte

raccontare delle notte distende le membra

silenzio

 

***

27 dicembre

Ora sto osservando

e la luce colma le forme

così come le mie mani

si fondono con la terra del mio giardino

nel tragitto di ogni sguardo collidono le identità

frastuoni e rigida pelle

nel timore di dissuadersi e fondersi

entro dentro di me

mi dipingo da nuovi occhi

sapere come trascinare l’idea e renderla cielo

talmente vasta da accogliere

terribilmente facile da delimitare

eppure le traiettorie terminano

e niente è più precostituito

accarezzo certe notti e mi sento con te

solo per quella incerta linea

che lega strade e abissi

la bulimia di conoscenza non è sinonimo

del  mondo in divenire

e così provo a sapermi intima

basta leggere le onde di ogni limbo emotivo

scogliere a cui aggrapparsi

e sudore sulla fronte pulisce le ferite

leccarle insieme

e godere di frenesia per la nuova libido

certa di nuove vibrazioni

che tremano le montagne

e vorrei accogliere questi giorni

grata di questa improvvisa e altalenante energia

avere cura anche degli incubi

e lisciare le vesti di ogni tremore

immensi orizzonti e fango

e nubi

e tendere i giorni per farli asciugare

come lettere bagnate

asciugare così l’ultimo mare

riprendo fiato

e so di non avere mai smesso

è un idea sublime

pensare il divenire

 

***

12 settembre

 

quante cose vorrei dirti

e invece silente cammino con la schiena dritta

osservando i calcoli illesi fino alla sentenza di una placida conquista

inciampo inconsapevole su stracci di zelo

e stralci di manchevole controllo

entrare e non sapere come tornare

ogni giorno

e dicevo

che ciò che si pesa su questa bilancia sporca

non è che il mio ego farsi sottile

bulimico organismo vivente

che rigetta lo stigma

e incute formicolio

mani che afferrano precocemente la via di fuga

e scivola oleoso

su tutte le pareti scure e piene

la possibilità

l’evasione

mi cerco

e ossessionata

dal tempo e dalle ferite

scavo oltre il fossato da me prestabilito

e provo un certo godimento

nel vedermi scivolare

e infliggere sforzo

e ricerca dei sensi assopiti

cristallizzato ogni fermo immagine

distruggo i vetri e gli specchi

e non sono più io

oltre il disumano

trovo me stessa

 

***

15 settembre

 

mi accorgo

che ne sto abusando

delle terribili abitudini di bulimia emotiva

screzi che solcano la pelle come tatuaggi incompleti

fermare il moto di andamento surreale della polvere accatastata sui miei capelli

sbrigare l’eterno e fissare profumi solidi che adornano le finestre e i pensieri

come stoffa pregiata che morbida cola su ogni superficie

rose e malva e tarassaco temono l’aurora

come le mie mani che bruciano di orgoglio

ad ogni tua immagine

aspra la sera quando mi accuccio nel solco da me scavato dai versi ostentati sui muri

ed è indefinito ogni passo

molecolare e paesaggistico

sguardo d’insieme che non riesce a frenare

e si esaurisce e riproduce nella linfa delle mattonelle di ceramica che distruggo

e frantumano anche il mio udito

incapace di collocare i sensi

scema la nebbia e irriverente la mia immagine

scolorita

impura

avulsa dalla comunità

usurpatrice di sbagli

 

***

Le foglie caduche di novembre

 

Se penso alla neve, penso ai tuoi occhi mal illuminati

una finestra aperta solo per poco

attimi che si frantumano

su una linea tracciata a metà

incastonati come pietre preziose

i nostri passi che non sciolgono la contraddizione

un verso che riverbera il richiamo

amore amore dove sei andato?

Da quella finestra aperta

entra il freddo della montagna

una coperta, la natura selvaggia, pecore e cavalli

ibridi, si rifugiano come me

nel calore di un respiro ovattato

lenta e caduca la nebbia copre gli occhi

luce che non riesce l’impresa

ho così con me, stretta come una lettera d’addio,

l’immagine di un iride che lotta con i pulviscoli di polvere

che la vorrebbero coprire

e stendere in un cassetto

ricoprirla da scartoffie del passato

oggetti di valore

e dubbi su quando un giorno

ordinerò i pensieri su scale ripide e scoscese

e quegli occhi verranno a cercare me

e le lentezze

nel riporre altrove

uno sguardo

una cecità

un amore

che non aveva abbastanza coraggio

per immergersi in quel paesaggio di montagna

dove il freddo pungeva le guance arrossate

e il ritmato rumore del letto che cigolava sotto i corpi freddi ma desiderosi.

E se le prospettive cadono come foglie di novembre

ho accettato di vedere la nebbia, fondermi ad essa

e spingere occhi ghiacciati verso la luce che fatica

a prendere spazio

sulla linea interrotta germoglierà il mio orizzonte

e le serene carte reciteranno la rinascita

di una donna addormentata

senza le vesti passate

senza più pesi.

 

Foto Giulia Tenenti

Giulia Tenenti ha 24 anni e viene da Ancona, capoluogo di provincia delle Marche, dove il mare accogliente e solitario le ha dato la spinta necessaria per abbracciare un luogo senza orizzonte fisico come Bologna, la nuova casa. Qui studia lettere moderne e si dedica con passione alla scrittura e alla politica, dove l’una sostiene e protegge l’altra. Una trama a doppio filo lega questi due aspetti che virtuosi si alimentano.
La poesia è uno dei medium espressivi che predilige, appassionata anche di fotografia e arti visive.

Immagine in evidenza: Opera grafica di Irene De Matteis.

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

Pagina archivio del macchinista