POESIE DI BASIR AHANG

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Questo momento mi appartiene

 

Questo momento mi appartiene

Per il peregrinaggio e lo sconforto

Per tutto ciò che è stato e non è più

 

Le orme dei miei piedi segnano il tracciato di molti confini

Da Kabul a Roma

Da Tamerlano a Giulio Cesare

Passando per terre che trasudano de Gobineau

 

Questo momento mi appartiene

Ed io lo regalo a mia madre

Che per tutta la vita ha ricamato i suoi desideri

Su scampoli di cotone

Solo per permettere a mio padre

Di soffiarcisi il naso

 

Per le mie sorelle isolate dal mondo

e per i miei fratelli

che al posto dei libri

senza averne l’intenzione

hanno imbracciato i fucili

 

Questo momento mi appartiene

ed io lo donerò alle lacrime e alle grida

affinché il riflesso e l’eco

sveglino i sordi e ridiano la vista ai ciechi

della mia città

Questo momento non mi appartiene più

è tempo di andare

tocca a me raccontare le acque vagabonde

del Mediterraneo

affinché le orme dei miei piedi divengano indelebili

 

 

Esule vagabondo

 

Esule vagabondo

malinconico ma ardito

con un bagaglio di racconti di guerra e dolore

 

Forse la fuga dalla morte

e il senso di abbandono

mi han trascinato all’esilio

in questa città straniera

 

Le mie stesse scarpe sono tutta la mia terra

poiché in un mondo di tale grandezza

non c’è un posto in cui mi sia dato vivere

 

Scrivo sui muri della notte “portare rifugio all’umanità”

come impulso a che la città sia più tranquilla

Mia unica motivazione

le mie favole della buonanotte sui muri colorati della città

che diradano il fumo e la delusione

 

La mia lingua è sconosciuta a tutti

persino al mio vicino più prossimo

che ogni mattina col broncio e la rabbia non risponde al mio saluto

ma io ho ancora speranza di vivere

Sono esule

e cento chilometri più in là tutta la mia esistenza e i miei ricordi

sono legati a un territorio

che ora è crocevia di sangue e terrore

ma io continuo nella mia speranza

 

Forse un giorno questo nodo si scioglierà

e la prossima generazione di questa città

dopo aver letto la storia

e la mia sorte

maledirà forse i propri padri

 

Questa è la mia storia

Sono un esule vagabondo

E la mia patria non son altro che le mie scarpe

 

 

 

Anche questa è vita?

 

Forse è meglio se ti abitui

se non ti fucileranno in guerra

allora sarai obbligato

ad offrire il tuo corpo al mare

 

Anche questa è vita?

Quando scapperai dalla tua patria

diventerai nutrimento per i pesci

se ne avrai la possibilità

dovrai sincronizzare il tuo battito

con la campana della chiesa

finché gli anni passeranno

e rimarrai ultimo fra i cittadini

uno straniero che vuole vivere

con la lingua ormai troppo amara

 

Forse è meglio se ti abitui

come un orfano bambino

che prende schiaffi per abitudine

 

Anche questa è vita?

Per te che la ami

devi abituarti

 

 

 

In onore di Zaher Rezai*

 

Venezia è fredda,

stanca delle turbolenze

e delle barche vagabonde del Mediterraneo

 

le sue vie piene di manichini alla moda

calcolano con precisione il tempo che vuoto scorre via

fino all’ultimo suo appuntamento con la nera signora

 

da queste parti è sconosciuto ‘AZRAEL

il divino timore della democrazia inghiotte tutti

all’uomo carico del suo piccolo bagaglio pesa la sua tristezza

ma il suo mondo è pieno di dignità

 

canta, ora, l’inno della notte

un inno dovuto

per necessità letto

per necessità scritto

 

l’incomunicabile mondo

con i suoi giorni amari

i capelli appassiti

la mente agitata

i pensieri intristiti

un colore scuro mi lega gli occhi

 

basta silenzio,

i martoriati alberi di Kabul non saranno mai più verdi

Alzati mio caro!

San Marco nella sua grandezza accoglie

i giovani ambasciatori presentatisi al suo cospetto

una voce a tutti nota invita la gente in via Orlanda

è la morte a parlare

 

le gocce di sangue recitano poesie

bimbo affamato, disertore di guerra

il mio cuore un aquilone vuol far volare

e su di esso scrivere:

giardiniere, apri le porte del tuo giardino

io non sono un ladro di fiori

*Zaher Rezai (Mazar i Sharif Afghanistan1991 – Venezia 2008). Ragazzo minorenne che il 10/12/08 ha perso la vita sotto un camion a Mestre tentando di sfuggire ai controlli della polizia di frontiera al porto di Venezia.

 

 

La terra delle mandorle amare

 

Quando infine

anche la primavera giunge

respirano i mandorli in fiore

lieti celebrano la sopravvivenza

e in profondità nei polmoni aspirano

per un’ultima volta

l’aria fredda delle terre montuose

Hazaristan

la terra delle mandorle amare

 

Quando infine

anche la primavera giunge

i fanciulli della mia terra

celebrano la vittoria sulla morte

in alto sulle montagne di Nili

in modo che i loro desideri

risplendano ancora più intensamente

e le loro barchette di carta

attracchino incolumi a Helmand

 

Quando infine

anche la primavera giunge

grande è il timore

che assieme agli altri

sboccino i fiori della morte

e che a Helmand o Kandahar

per un’ultima volta si orchestri

la festa dei pugnali affilati

di Khaibar Pakhtunkhah

 

 

 

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Basir Ahang è nato in Afghanistan a Kabul ma dal 2008 vive e lavora in Italia. Laureato in Storia e letteratura persiana attualmente sta conseguendo la seconda laurea in relazioni internazionali presso l’università di Padova. Giornalista di professione si occupa prevalentemente di Afghanistan e diritti umani con un’attenzione particolare alla situazione dei rifugiati e delle donne. Ha collaborato con diversi giornali e agenzie internazionali. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su BBC persian, Al Jazeera e Deutsche Welle. Basir Ahang si occupa anche di poesia e di cinema. Molte delle sue poesie sono state tradotte in italiano, spagnolo e inglese. Nel 2015 è stata pubblicata la sua raccolta di poesia “Sogni di tregua” per i tipi di Gilgamesh edizioni e nello stesso anno ha partecipato in qualità di poeta al festival internazionale di poesia di Medellin in Colombia. Sempre nel 2015 ha vinto il Premio Speciale della Giuria del Concorso nazionale di poesia “Città di Sant’Anastasia”.  Nel 2014 ha partecipato al Festival Internazionale di Poesia “Ottobre in Poesia” di Sassari, ottenendo il premio speciale della critica per una sua poesia in concorso. Attualmente collabora con diversi siti di informazione come frontierenews.it, kabulpress.org e hazarapeople.com di cui è anche direttore.

 

Basir Ahang Blog: www.basirahang.com

Basir Ahang FB page: www.facebook.com/basirahang

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Foto dell’autore a cura di Basir Ahang.

 

 

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Gassid Mohammed

Gassid Mohammed è uno dei macchinisti fondatori de lamacchinasognante.com. Ha contribuito fino al numero 4 e si è ritirato a dicembre del 2016. Un grande bambino che insegue le farfalle da una vita. È nato a Babilonia, a qualche passo dell’Eufrate. Casa sua è eretta sulle basi della Torre di Babele, nessuno ci crede ma è così. È cresciuto in un piccolo paesino in campagna, con le pecore, le mucche, le galline, le farfalle, le api e tutti gli animali e gli insetti. Tutto il suo corpo è costituito dall’Eufrate, non solo perché ci faceva il bagno ogni giorno per tante ore, ma anche perché le piante e le verdure che piantava e faceva crescere erano irrigate dall’Eufrate. Gli piace molto la natura perché ha passato la sua infanzia e l’adolescenza negli orti e nei campi. Il suo orto aveva una collina coperta di erbe e fiori, a lui sembrava fosse il resto dei giardini pensili. Ovviamente nessuno ci crede, ma c’è poco da fare. Da bambino aveva sempre inseguito le farfalle, e le insegue tuttora, e lo farà per sempre.

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