Questo momento mi appartiene
Questo momento mi appartiene
Per il peregrinaggio e lo sconforto
Per tutto ciò che è stato e non è più
Le orme dei miei piedi segnano il tracciato di molti confini
Da Kabul a Roma
Da Tamerlano a Giulio Cesare
Passando per terre che trasudano de Gobineau
Questo momento mi appartiene
Ed io lo regalo a mia madre
Che per tutta la vita ha ricamato i suoi desideri
Su scampoli di cotone
Solo per permettere a mio padre
Di soffiarcisi il naso
Per le mie sorelle isolate dal mondo
e per i miei fratelli
che al posto dei libri
senza averne l’intenzione
hanno imbracciato i fucili
Questo momento mi appartiene
ed io lo donerò alle lacrime e alle grida
affinché il riflesso e l’eco
sveglino i sordi e ridiano la vista ai ciechi
della mia città
Questo momento non mi appartiene più
è tempo di andare
tocca a me raccontare le acque vagabonde
del Mediterraneo
affinché le orme dei miei piedi divengano indelebili
Esule vagabondo
Esule vagabondo
malinconico ma ardito
con un bagaglio di racconti di guerra e dolore
Forse la fuga dalla morte
e il senso di abbandono
mi han trascinato all’esilio
in questa città straniera
Le mie stesse scarpe sono tutta la mia terra
poiché in un mondo di tale grandezza
non c’è un posto in cui mi sia dato vivere
Scrivo sui muri della notte “portare rifugio all’umanità”
come impulso a che la città sia più tranquilla
Mia unica motivazione
le mie favole della buonanotte sui muri colorati della città
che diradano il fumo e la delusione
La mia lingua è sconosciuta a tutti
persino al mio vicino più prossimo
che ogni mattina col broncio e la rabbia non risponde al mio saluto
ma io ho ancora speranza di vivere
Sono esule
e cento chilometri più in là tutta la mia esistenza e i miei ricordi
sono legati a un territorio
che ora è crocevia di sangue e terrore
ma io continuo nella mia speranza
Forse un giorno questo nodo si scioglierà
e la prossima generazione di questa città
dopo aver letto la storia
e la mia sorte
maledirà forse i propri padri
Questa è la mia storia
Sono un esule vagabondo
E la mia patria non son altro che le mie scarpe
Anche questa è vita?
Forse è meglio se ti abitui
se non ti fucileranno in guerra
allora sarai obbligato
ad offrire il tuo corpo al mare
Anche questa è vita?
Quando scapperai dalla tua patria
diventerai nutrimento per i pesci
se ne avrai la possibilità
dovrai sincronizzare il tuo battito
con la campana della chiesa
finché gli anni passeranno
e rimarrai ultimo fra i cittadini
uno straniero che vuole vivere
con la lingua ormai troppo amara
Forse è meglio se ti abitui
come un orfano bambino
che prende schiaffi per abitudine
Anche questa è vita?
Per te che la ami
devi abituarti
In onore di Zaher Rezai*
Venezia è fredda,
stanca delle turbolenze
e delle barche vagabonde del Mediterraneo
le sue vie piene di manichini alla moda
calcolano con precisione il tempo che vuoto scorre via
fino all’ultimo suo appuntamento con la nera signora
da queste parti è sconosciuto ‘AZRAEL
il divino timore della democrazia inghiotte tutti
all’uomo carico del suo piccolo bagaglio pesa la sua tristezza
ma il suo mondo è pieno di dignità
canta, ora, l’inno della notte
un inno dovuto
per necessità letto
per necessità scritto
l’incomunicabile mondo
con i suoi giorni amari
i capelli appassiti
la mente agitata
i pensieri intristiti
un colore scuro mi lega gli occhi
basta silenzio,
i martoriati alberi di Kabul non saranno mai più verdi
Alzati mio caro!
San Marco nella sua grandezza accoglie
i giovani ambasciatori presentatisi al suo cospetto
una voce a tutti nota invita la gente in via Orlanda
è la morte a parlare
le gocce di sangue recitano poesie
bimbo affamato, disertore di guerra
il mio cuore un aquilone vuol far volare
e su di esso scrivere:
giardiniere, apri le porte del tuo giardino
io non sono un ladro di fiori
*Zaher Rezai (Mazar i Sharif Afghanistan1991 – Venezia 2008). Ragazzo minorenne che il 10/12/08 ha perso la vita sotto un camion a Mestre tentando di sfuggire ai controlli della polizia di frontiera al porto di Venezia.
La terra delle mandorle amare
Quando infine
anche la primavera giunge
respirano i mandorli in fiore
lieti celebrano la sopravvivenza
e in profondità nei polmoni aspirano
per un’ultima volta
l’aria fredda delle terre montuose
Hazaristan
la terra delle mandorle amare
Quando infine
anche la primavera giunge
i fanciulli della mia terra
celebrano la vittoria sulla morte
in alto sulle montagne di Nili
in modo che i loro desideri
risplendano ancora più intensamente
e le loro barchette di carta
attracchino incolumi a Helmand
Quando infine
anche la primavera giunge
grande è il timore
che assieme agli altri
sboccino i fiori della morte
e che a Helmand o Kandahar
per un’ultima volta si orchestri
la festa dei pugnali affilati
di Khaibar Pakhtunkhah
Basir Ahang è nato in Afghanistan a Kabul ma dal 2008 vive e lavora in Italia. Laureato in Storia e letteratura persiana attualmente sta conseguendo la seconda laurea in relazioni internazionali presso l’università di Padova. Giornalista di professione si occupa prevalentemente di Afghanistan e diritti umani con un’attenzione particolare alla situazione dei rifugiati e delle donne. Ha collaborato con diversi giornali e agenzie internazionali. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su BBC persian, Al Jazeera e Deutsche Welle. Basir Ahang si occupa anche di poesia e di cinema. Molte delle sue poesie sono state tradotte in italiano, spagnolo e inglese. Nel 2015 è stata pubblicata la sua raccolta di poesia “Sogni di tregua” per i tipi di Gilgamesh edizioni e nello stesso anno ha partecipato in qualità di poeta al festival internazionale di poesia di Medellin in Colombia. Sempre nel 2015 ha vinto il Premio Speciale della Giuria del Concorso nazionale di poesia “Città di Sant’Anastasia”. Nel 2014 ha partecipato al Festival Internazionale di Poesia “Ottobre in Poesia” di Sassari, ottenendo il premio speciale della critica per una sua poesia in concorso. Attualmente collabora con diversi siti di informazione come frontierenews.it, kabulpress.org e hazarapeople.com di cui è anche direttore.
Basir Ahang Blog: www.basirahang.com
Basir Ahang FB page: www.facebook.com/basirahang
Foto in evidenza di Melina Piccolo.
Foto dell’autore a cura di Basir Ahang.