Poesie dell’avventuroso, globe trotter antiquario Lucio Pelligra (a cura di Linda Pelligra)

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Due soli smorti

appena usciti dalla mia povera testa

potranno mai riaccendere il tappeto in fiamme

delle mie antiche parole?

 

 

1)

 

Luì lo scozzese (con l’accento sulla i) ripara cancelli di ferro

di quelli che si aprono automaticamente col bottone

suo figlio è giapponese e canta e balla

come una specie di professione

la moglie viveva nel Nord, a Sendai

in Australia finì per ammazzarsi

con una spada da samurai

Luì e suo figlio vivono ora a Marrickville, nel sudovest

e la domenica vanno spesso allo stadio di Moore Park

con l’autobus 321

a vedere i Canterbury dogs.

 

 

2)

 

Brenda e Rhonda sono due lesbiche

che vendono noccioline di macadamia zuccherate

al mercato di Paddington

Fanno tutto loro: tostano, zuccherano,

impacchettano, trasportano e vendono

guadagnano bene ma lavorano tanto

che non hanno più tempo di fare l’amore

—–

 

 

 

Da giovane avevo l’anima piena di parole e cercavo il mondo come un disperato. Adesso che l’anima è piena solo di cose devo scuoterla forte per farne uscire

il mondo.

 

 

 

 

5)

 

Non so se riuscirò a prendere in braccio il tempo

come farei col mio bambino ricciuto

Sorseggiarmelo adagio magari,

con un cucchiaino forse,

come una tazza di brodo

Stringerlo tra le mani come i fianchi

d’una fanciulla bella e sottile

Essere presente, voglio dire,

con tutto intero il corredo dei miei sensi

aperti a ventaglio sul mondo

come una raggiera di soli ardenti.

Non sarò più quello che sono stato

questo è certo

però quest’oggi sento che potrei

tirar fuori dall’armadio della vita

il corallo rosso dell’amore

e mettermelo al collo

con una collana

di trentaquattromila cuori d’argento.

 

 

6)

 

Dormo dentro nu cartone

perché non sono mai state buone

nella vita.

I denti davanti li ho persi che è un po’

sotto il cavalcavia della stazione.

Mia madre fa la sarta ma

all’occorrenza sa fare la maliarda.

A mio patrigno ci piace il bicchiere

mio padre vero chi lo conosce

dice che era carabiniere.

Mia moglie lavorò due gionne

al supermercato

poi andammo insieme a disegnare

madonne sul selciato.

Sette cani ho avuto

lu primu, Poldo, morì scacciato

sotto nu grossu cabinato

quello di mo’, l’ultimo

si chiama Pluto.

 

 

7)

 

Una ragazzina bella, alta, sottile, capelli a coda di cavallo,

voce rauca per il fumo

un’orrenda cicatrice da taglio sul collo

litiga con l’autista-bigliettaio

perché non ha con sé la tessera

della concessione scolastica.

Fuck you asshole – gli dice

e si va a sedere in fondo all’autobus.

L’autista spegne il motore: non intende

ripartire finché la ragazza non paga!

Un passeggero gentile, comprensivo,

generoso, alla fine caccia fuori

i due dollari e novanta della corsa

e il viaggio riprende.

Get fucked stupid prick!

Continua a ripetere la ragazza, sola e soddisfatta,

dal suo sedile in fondo all’autobus.

—–

 

8)

 

Al tedesco dalla testa leonina

gli ho dato 5 dollari stamattina

non aveva ancora bevuto

e se ne stava seduto

tutto mogio e abbattuto

nel sedile dell’ospizio

con un altro tizio

mai visto prima

guten tag gli ho detto

mon ami sava’?

bonciorno io parlo taliano

m’ha risposto

prima un po’ indisposto

poi più ridanciano

crazie, come sta?

 

 

9)

 

Ci vuole semplicità e conoscenza della vita

per scrivere delle belle cose, più il talento

naturale e un poco d’istruzione per

esprimersi in maniera intellegibile.

Io tutte queste cose le ho avute, ma evidentemente

non sono riuscito a metterle insieme nella

combinazione giusta. Inoltre, certi lampi di verità

che provenivano dalle colline, come per un

imminente temporale, ero capace di prenderli

per schegge di vetro che brillavano nella polvere

della via; oppure le stelle, grandi come lanterne,

preferivo pensarle lucciole o addirittura occhi di

treno che mi correvano incontro nella notte.

Insomma vedevo le cose capovolte o le

capovolgevo apposta o non le vedevo affatto.

Il che in ultima analisi significa che sono già

morto parecchie volte e che quando morirò sul

serio magari non me ne accorgo!

 

 

DOMENICA POMERIGGIO,A LA PEROUSE

 

Il Promontorio è pieno di mosche aborigene, a La Perouse,

di quelle che s’infilano dappertutto, nella bocca e nel naso,

si vede però l’Oceano, oltre la sterpaglia, disteso tutt’attorno

alle pile dei containers e ai giganteschi silos di cemento.

C’è un raccoglitore di telline sulla spiaggia…

E’ una ragazza, coi calzoni arrotolati al ginocchio,

il vento le spazzola dolcemente i capelli mentre immerge

piano piano le mani nell’acqua.

Un ciuffo di margherite è cresciuto sul ciglio della scarpata

tra le orme degli sconosciuti giganti preistorici che un tempo

passeggiavano sull’umida muschiosa asperità delle rocce.

Sono le quattro di un pomeriggio invernale, fa quasi freddo,

a casa la noia mi pesava sul petto come una campana

di bronzo, così come un vecchio gatto che sogna ancora di topi

e di farfalle sono uscito nel sole tiepido e morente

Fragile come al solito, come una foglia d’alloro

—–

 

 

DI PASSAGGIO A HONG KONG

 

Marine Deck è una striscia di cemento sul mare

dove mi siedo da due sere a meditare, a Tsimsatsui,

davanti a me come una torta l’isola di Hong Kong

ha acceso già le candeline diseguali dei grattacieli

“hello” dice accanto a me un negro alto e bel fatto

non a me ma a un altro signore anziano che gli fa

posto e lo fa sedere – stava aspettando proprio lui!

una ragazza un po’ più avanti si beve un succo di

frutta da una cannuccia e intanto scrive veloce su un

quaderno, un sampang di legno si dondola sul molo

carico di ceste, secchi di plastica, casse e sartiame.

Un uomo piccolo e ricciuto, coi sandali, s’avvicina

alle aiuole del giardinetto per annaffiarle, il serpente

d’acqua che spunta dal suo tubo di gomma spaventa

l’uccello timido e tremebondo, mezzo spennato, che

passeggiava incerto sulla sponda del sedile verde.

Sprofondo come al solito nel mio scomodo pensiero

di questi tempi: sono ormai vecchio che ci posso fare!

Sir mi chiamano ormai, sir m’ha chiamato pure

l’indiano che cuce vestiti su misura nel negozio

d’abito da sposa di Kimberley Road. Puzzava

di sudore, di corpo non lavato, di Tribastone,

il bidello del Liceo… Rabito, dal Preside!

E’ bella la ragazza…L’amore… quando mai l’ho

provato?! Cercato sempre, trovato mai!

—–

 

 

10)

 

Giorno buio e uggioso, a Hong Kong

Il mare della baia sembra una granita

Liquida. Nel cielo fosco e piovoso

azzurri o rosso carminio

s’alzano con qualche sussiego

edifici alti e stretti

fatti col lego

Alcuni portano piramidi

di ferro sui tetti

come cappelli eretti

a punta di cazzo

Un intrallazzo metallico di linee,

una rete d’indecisioni continue.

Poi navi sullo sfondo, antenne

e gru completano il quadro

di questo malevolo

grigio teatro.

—–

 

 

NATHANAEL

 

Nel paese di Caminoreal vendevano fragoloni

mentre nel bar di Lucio gli adolescenti

giocavano a freccette

io e la mia amica vivevamo a quel tempo

volentieri nel più profondo della notte

a casa un cipollone pendeva dal panciotto del notaio

appeso a una catenella d’argento

e c’era poi il fiume immobile e le rive cariche

di case bianche e alberi e qualche solitario rapace

augure ad aspettarci nel luminoso mattino

in certe stanze d’albergo ascoltavamo il mondo che

poggiava le sue labbra nere contro i muri

e cantava e suonava per noi due soli

che ascoltavamo questa musica del mondo

suonare solo per noi nel centro della notte

avevo un Io allora che si moltiplicava incessantemente

ignorando del tutto la radice quadrata dell’esistenza

Nel buio della notte e alla luce del giorno

mi credevo forse immortale?

—–

 

 

INTERROGATIVI DI LUOGO

 

Dove lo pesco il pesce d’oro della speranza?

Dove m’appendo?

Dove mi dondolo?

Dove si trova la mosca rosa,

l’unica della foresta?

Dov’è Diana?

Dove m’immischio nella folla

senza fermarmi?

Dove suona il flauto?

Dove m’aggiungo al corteo,

io e gli altri assieme, in cui

nessuno s’annoia?

Dove l’avrò messo il quaderno

che ride quando lo apro

come una fisarmonica?

Dov’è l’angolo di Angelica?

Le sue lunghe trecce, la finestra,

il suo cortile, il palo della luce,

il tavolino davanti al quale

qualcuno si siede a meditare

prima di morire?

Dove la poso la matassa esattamente

la matassa sfatta della mia mente?

 

Poesie dal 2007-2008

—–

Biografia dell’autore a cura della nipote, Linda Pelligra. Per  scoprire ulteriori testi ed informazioni sull’autore, consultare il  sito www.diariolucciopelligra.com curato dalla nipote Linda Pelligra.

LUCIO PELLIGRA Nasce a Chiaramonte Gulfi, provincia di Ragusa, il 25/7/1949, studia a Bologna giurisprudenza senza laurearsi, partecipa in qualche modo (a modo suo direi) alla vita culturale e politica dell’Italia di quel tempo (primi anni 70, tra postumi della neoavanguardia/gruppo 63 e “anni di piombo”), viaggia anche molto in medio e estremo oriente, alla fine abbandona ogni ambizione letteraria (e politica) e si dedica esclusivamente al commercio di Archeologia Orientale e Precolombiana, viaggiando e vivendo per molto tempo all’estero (Egitto, Indonesia, Peru, Guatemala etc.). Nel 1987 si trasferisce definitivamente in Australia dove continua a lavorare vendendo “Antiquities from all over the world”. Il 12/12/2015 si toglie la vita con dei barbiturici, lasciando una moglie e un gatto. E’ stata proprio la moglie di Lucio, mia zia, a contattarmi dopo la sua morte e a mandarmi per posta i suoi diari (12 quaderni), in seguito mi sono trasferita io stessa in Australia, e adesso, avendo accesso a tutto il materiale scritto che ha lasciato mio zio, piano piano lo vado leggendo e quando lo ritengo interessante lo metto nel blog.

 

 

 

Foto in evidenza di Giorgio Di Maio. Per maggiori informazioni visitare il sito di Giorgio Di Maio

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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