Due soli smorti
appena usciti dalla mia povera testa
potranno mai riaccendere il tappeto in fiamme
delle mie antiche parole?
1)
Luì lo scozzese (con l’accento sulla i) ripara cancelli di ferro
di quelli che si aprono automaticamente col bottone
suo figlio è giapponese e canta e balla
come una specie di professione
la moglie viveva nel Nord, a Sendai
in Australia finì per ammazzarsi
con una spada da samurai
Luì e suo figlio vivono ora a Marrickville, nel sudovest
e la domenica vanno spesso allo stadio di Moore Park
con l’autobus 321
a vedere i Canterbury dogs.
2)
Brenda e Rhonda sono due lesbiche
che vendono noccioline di macadamia zuccherate
al mercato di Paddington
Fanno tutto loro: tostano, zuccherano,
impacchettano, trasportano e vendono
guadagnano bene ma lavorano tanto
che non hanno più tempo di fare l’amore
—–
Da giovane avevo l’anima piena di parole e cercavo il mondo come un disperato. Adesso che l’anima è piena solo di cose devo scuoterla forte per farne uscire
il mondo.
5)
Non so se riuscirò a prendere in braccio il tempo
come farei col mio bambino ricciuto
Sorseggiarmelo adagio magari,
con un cucchiaino forse,
come una tazza di brodo
Stringerlo tra le mani come i fianchi
d’una fanciulla bella e sottile
Essere presente, voglio dire,
con tutto intero il corredo dei miei sensi
aperti a ventaglio sul mondo
come una raggiera di soli ardenti.
Non sarò più quello che sono stato
questo è certo
però quest’oggi sento che potrei
tirar fuori dall’armadio della vita
il corallo rosso dell’amore
e mettermelo al collo
con una collana
di trentaquattromila cuori d’argento.
6)
Dormo dentro nu cartone
perché non sono mai state buone
nella vita.
I denti davanti li ho persi che è un po’
sotto il cavalcavia della stazione.
Mia madre fa la sarta ma
all’occorrenza sa fare la maliarda.
A mio patrigno ci piace il bicchiere
mio padre vero chi lo conosce
dice che era carabiniere.
Mia moglie lavorò due gionne
al supermercato
poi andammo insieme a disegnare
madonne sul selciato.
Sette cani ho avuto
lu primu, Poldo, morì scacciato
sotto nu grossu cabinato
quello di mo’, l’ultimo
si chiama Pluto.
7)
Una ragazzina bella, alta, sottile, capelli a coda di cavallo,
voce rauca per il fumo
un’orrenda cicatrice da taglio sul collo
litiga con l’autista-bigliettaio
perché non ha con sé la tessera
della concessione scolastica.
Fuck you asshole – gli dice
e si va a sedere in fondo all’autobus.
L’autista spegne il motore: non intende
ripartire finché la ragazza non paga!
Un passeggero gentile, comprensivo,
generoso, alla fine caccia fuori
i due dollari e novanta della corsa
e il viaggio riprende.
Get fucked stupid prick!
Continua a ripetere la ragazza, sola e soddisfatta,
dal suo sedile in fondo all’autobus.
—–
8)
Al tedesco dalla testa leonina
gli ho dato 5 dollari stamattina
non aveva ancora bevuto
e se ne stava seduto
tutto mogio e abbattuto
nel sedile dell’ospizio
con un altro tizio
mai visto prima
guten tag gli ho detto
mon ami sava’?
bonciorno io parlo taliano
m’ha risposto
prima un po’ indisposto
poi più ridanciano
crazie, come sta?
9)
Ci vuole semplicità e conoscenza della vita
per scrivere delle belle cose, più il talento
naturale e un poco d’istruzione per
esprimersi in maniera intellegibile.
Io tutte queste cose le ho avute, ma evidentemente
non sono riuscito a metterle insieme nella
combinazione giusta. Inoltre, certi lampi di verità
che provenivano dalle colline, come per un
imminente temporale, ero capace di prenderli
per schegge di vetro che brillavano nella polvere
della via; oppure le stelle, grandi come lanterne,
preferivo pensarle lucciole o addirittura occhi di
treno che mi correvano incontro nella notte.
Insomma vedevo le cose capovolte o le
capovolgevo apposta o non le vedevo affatto.
Il che in ultima analisi significa che sono già
morto parecchie volte e che quando morirò sul
serio magari non me ne accorgo!
DOMENICA POMERIGGIO,A LA PEROUSE
Il Promontorio è pieno di mosche aborigene, a La Perouse,
di quelle che s’infilano dappertutto, nella bocca e nel naso,
si vede però l’Oceano, oltre la sterpaglia, disteso tutt’attorno
alle pile dei containers e ai giganteschi silos di cemento.
C’è un raccoglitore di telline sulla spiaggia…
E’ una ragazza, coi calzoni arrotolati al ginocchio,
il vento le spazzola dolcemente i capelli mentre immerge
piano piano le mani nell’acqua.
Un ciuffo di margherite è cresciuto sul ciglio della scarpata
tra le orme degli sconosciuti giganti preistorici che un tempo
passeggiavano sull’umida muschiosa asperità delle rocce.
Sono le quattro di un pomeriggio invernale, fa quasi freddo,
a casa la noia mi pesava sul petto come una campana
di bronzo, così come un vecchio gatto che sogna ancora di topi
e di farfalle sono uscito nel sole tiepido e morente
Fragile come al solito, come una foglia d’alloro
—–
DI PASSAGGIO A HONG KONG
Marine Deck è una striscia di cemento sul mare
dove mi siedo da due sere a meditare, a Tsimsatsui,
davanti a me come una torta l’isola di Hong Kong
ha acceso già le candeline diseguali dei grattacieli
“hello” dice accanto a me un negro alto e bel fatto
non a me ma a un altro signore anziano che gli fa
posto e lo fa sedere – stava aspettando proprio lui!
una ragazza un po’ più avanti si beve un succo di
frutta da una cannuccia e intanto scrive veloce su un
quaderno, un sampang di legno si dondola sul molo
carico di ceste, secchi di plastica, casse e sartiame.
Un uomo piccolo e ricciuto, coi sandali, s’avvicina
alle aiuole del giardinetto per annaffiarle, il serpente
d’acqua che spunta dal suo tubo di gomma spaventa
l’uccello timido e tremebondo, mezzo spennato, che
passeggiava incerto sulla sponda del sedile verde.
Sprofondo come al solito nel mio scomodo pensiero
di questi tempi: sono ormai vecchio che ci posso fare!
Sir mi chiamano ormai, sir m’ha chiamato pure
l’indiano che cuce vestiti su misura nel negozio
d’abito da sposa di Kimberley Road. Puzzava
di sudore, di corpo non lavato, di Tribastone,
il bidello del Liceo… Rabito, dal Preside!
E’ bella la ragazza…L’amore… quando mai l’ho
provato?! Cercato sempre, trovato mai!
—–
10)
Giorno buio e uggioso, a Hong Kong
Il mare della baia sembra una granita
Liquida. Nel cielo fosco e piovoso
azzurri o rosso carminio
s’alzano con qualche sussiego
edifici alti e stretti
fatti col lego
Alcuni portano piramidi
di ferro sui tetti
come cappelli eretti
a punta di cazzo
Un intrallazzo metallico di linee,
una rete d’indecisioni continue.
Poi navi sullo sfondo, antenne
e gru completano il quadro
di questo malevolo
grigio teatro.
—–
NATHANAEL
Nel paese di Caminoreal vendevano fragoloni
mentre nel bar di Lucio gli adolescenti
giocavano a freccette
io e la mia amica vivevamo a quel tempo
volentieri nel più profondo della notte
a casa un cipollone pendeva dal panciotto del notaio
appeso a una catenella d’argento
e c’era poi il fiume immobile e le rive cariche
di case bianche e alberi e qualche solitario rapace
augure ad aspettarci nel luminoso mattino
in certe stanze d’albergo ascoltavamo il mondo che
poggiava le sue labbra nere contro i muri
e cantava e suonava per noi due soli
che ascoltavamo questa musica del mondo
suonare solo per noi nel centro della notte
avevo un Io allora che si moltiplicava incessantemente
ignorando del tutto la radice quadrata dell’esistenza
Nel buio della notte e alla luce del giorno
mi credevo forse immortale?
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INTERROGATIVI DI LUOGO
Dove lo pesco il pesce d’oro della speranza?
Dove m’appendo?
Dove mi dondolo?
Dove si trova la mosca rosa,
l’unica della foresta?
Dov’è Diana?
Dove m’immischio nella folla
senza fermarmi?
Dove suona il flauto?
Dove m’aggiungo al corteo,
io e gli altri assieme, in cui
nessuno s’annoia?
Dove l’avrò messo il quaderno
che ride quando lo apro
come una fisarmonica?
Dov’è l’angolo di Angelica?
Le sue lunghe trecce, la finestra,
il suo cortile, il palo della luce,
il tavolino davanti al quale
qualcuno si siede a meditare
prima di morire?
Dove la poso la matassa esattamente
la matassa sfatta della mia mente?
Poesie dal 2007-2008
—–
Biografia dell’autore a cura della nipote, Linda Pelligra. Per scoprire ulteriori testi ed informazioni sull’autore, consultare il sito www.diariolucciopelligra.com curato dalla nipote Linda Pelligra.
LUCIO PELLIGRA Nasce a Chiaramonte Gulfi, provincia di Ragusa, il 25/7/1949, studia a Bologna giurisprudenza senza laurearsi, partecipa in qualche modo (a modo suo direi) alla vita culturale e politica dell’Italia di quel tempo (primi anni 70, tra postumi della neoavanguardia/gruppo 63 e “anni di piombo”), viaggia anche molto in medio e estremo oriente, alla fine abbandona ogni ambizione letteraria (e politica) e si dedica esclusivamente al commercio di Archeologia Orientale e Precolombiana, viaggiando e vivendo per molto tempo all’estero (Egitto, Indonesia, Peru, Guatemala etc.). Nel 1987 si trasferisce definitivamente in Australia dove continua a lavorare vendendo “Antiquities from all over the world”. Il 12/12/2015 si toglie la vita con dei barbiturici, lasciando una moglie e un gatto. E’ stata proprio la moglie di Lucio, mia zia, a contattarmi dopo la sua morte e a mandarmi per posta i suoi diari (12 quaderni), in seguito mi sono trasferita io stessa in Australia, e adesso, avendo accesso a tutto il materiale scritto che ha lasciato mio zio, piano piano lo vado leggendo e quando lo ritengo interessante lo metto nel blog.
Foto in evidenza di Giorgio Di Maio. Per maggiori informazioni visitare il sito di Giorgio Di Maio