Scriveva Caproni: “Una poesia dove non si nota nemmeno un bicchiere o una stringa, m’ha sempre messo in sospetto. Non mi è mai piaciuta: non l’ho mai usata, nemmeno come lettore”. A seguire queste tracce può darsi che vengano fuori, nel verde della primavera, o nel tiepido inverno, brusii di api, un pugile, o un ferro da stiro. E magari, esplorando ogni corridoio, un piccolo fuoco d’alloro, con tenue avvampare [rumore di passi sulla neve, silenzio nel vuoto, poi un ramo spezzato].
Inverni
Ennesimo languore
È inverno. Ingrassiamo.
Anche l’ultimo biscotto
è mangiato. Il cielo
è una coltre grigia,
tra spume di nebbia.
Batillo? Rimane
solo qualche nome.
Logica del Capitale
Con le camicie che stiro stasera
ci arrivo fino a Natale.
Infilo nelle asole i bottoni
come diafani “ooh” di madreperla
nel vuoto delle ore. Fiorami
d’azzurro e nevi, e voglia
di perderla, l’occasione buona;
di starsene in disparte al fioco
ruminare della lanterna.
Andando a Cagli
E se ti capita d’andare un giorno a Cagli,
girando un vicolo puoi incontrare
Cristina Cecchini dai capelli rossi
(è un soffio di vento luccicante nella sera).
Non ti preoccupare se all’angolo scompare:
la ritroverai quando arriva primavera.
De amicitia
Di Barbara è memorabile il saluto,
tra folate d’affollata tramontana
quel suo dirti, accennando con la mano,
che non c’è, non c’è più, ch’è già lontana
(è, il suo, tutto un discorso muto).
Così la sciarpa sui refoli s’innalza
come la chiglia d’una antica barca,
s’arruffano i capelli, ed è scomparsa:
i volti tutt’intorno si confondono in ramaglie
tra di loro, diventano le luci di Natale, i neon,
le pozze che riflettono le voci
– e la nebbia di Cagli, nel tiepido dicembre,
ma già non più reale – ed è tutto l’insieme
che ti sfugge dalle mani,
(un po’ come la vita in generale)
e muta come ninfa in pallido ricordo,
in tenue linea d’argento del domani
e quel che resta
di tanti cari pensieri
e gocce d’oro
non è che questa
foglia d’alloro.
A Fabietto Duri
Non ti scorderò, Fabietto Duri,
e i difensori scivolanti in area
alle tue finte uno dopo l’altro
sulla viscida pozzolana messi a terra
dalla tua levità d’atleta illuminista.
Rimandasti il tiro finché solo
non rimanesti davanti a quel portiere
cui non restava altro che aspettare.
A te, solo di toccare
la palla nella rete,
leggero, senza prepotenze.
Dubbi(o)
Ma gli inizi, le pulcerrime ambagi,
le lucciole, i prati e i pirati,
dove hanno portato, fin qui?
Qual piombo è giuntato
col tempo passato?
Chiamata e chimere a Marsiglia
E un giorno tu sarai
solo un tenue bagliore nel buio,
il sorriso sospeso dietro il telefono,
un discorso che s’intreccia di nuovo,
fragile come lana nel tintinnio
dei bicchieri. È così grande
il mondo che ora sembra
una pallina da ping pong
nel palmo della mano, questo
me lo ricorda la tua voce.
E di nuovo sono quieto,
sereno.
Lontano, qui accanto
Ho trovato un piccolo seme.
L’ho tenuto nel cavo
della mia piccola mano.
Era un mondo piccolo,
che andava osservato,
tutto pieno
di piccoli uomini,
di città in miniatura,
di minuscoli aeroplani,
leggeri come bruscoli,
soffici come pani.
Orbitanti satelliti cadevano
tra nuvole di polline,
inviavano immagini
e messaggi
a più di cento saggi,
incatenati alle loro scrivanie
di metallo, che scrivevano
cenere su grandi registri rilegati
e voluminosi fasci di fragorose carte.
Ho piantato il piccolo seme
in un piccolo vaso,
mentre il sole tramontava,
in confronto il mio naso
era grande come le più grandi
costellazioni. “Nasceranno grandi
attività e meraviglie
dal mio piccolo vaso,
fabbriche di profumi
per edificare sontuosi
palazzi nel deserto,
mercanti astuti e solitari
nell’azzurro,
ardente giovinezza nella febbre
della pagina,
ozi e negozi di vertigine,
e pungolo d’api
nella quiete del meriggio”, pensai,
e m’addormentavo,
come un cane chiuso
nel cuore dell’inverno,
piccolo demiurgo,
nella mia piccola, piccola
casa.
(da) I custodi di Fortini, editrice Argalia di Urbino, 2020.
Alessandro Boccia è nato a Roma nel 1969, è sposato, ha due figli e vive a Urbino. Insegna al liceo. Ha pubblicato saggi su Dante, la poesia delle Origini e la letteratura mediolatina (in quest’ambito ha collaborato all’edizione dell’Epistolario di Pier della Vigna, Rubbettino 2014). Suoi testi poetici sono comparsi su Italian Poetry Review (IX, 2014). Nel 2020 esce il suo primo libro di poesia, I custodi di Fortini, presso la casa editrice Argalia di Urbino.
Immagine di copertina: Foto di Gin Angri.