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L’antologia “Muovimenti – segnali da un mondo viandante” ha preso corpo e già sono state organizzate, o sono in fase di progettazione, varie presentazioni della raccolta in Emilia Romagna e Puglia. Nello scegliere un “ordine di comparizione” dei testi scelti abbiamo cercato di individuare raggruppamenti in sezioni che corrispondono a comuni temi di fondo emersi dalla sensibilità dell’autore. Nella prima sezione vengono affrontati in particolare il tema del ricordo, della preparazione all’addio, del viaggio e dell’auspicio vivo di fronte al profilarsi di un incertissimo ritorno.
Scrive Rosario Patricio Martinez: Porta con te la tenerezza del mio cuore / il suo aroma ti guiderà verso il sentiero corretto / affinché la liana dell’oblio non ti si aggrovigli ai piedi / impedendoti di fare il gran passo del ritorno. Poi Irma Pineda: Prepara per bene il tuo bagaglio / lascia qui il dolore / che posso occuparmene io di serbarlo / lascia la nostalgia / affinché non ti faccia ammalare lì […].Al luogo che conserva il tuo ombelico devi tornare. Aggiunge Iris De Anda: Prometti ai tuoi cari che ritornerai / lasciati dietro tutto / accendi ceri pregando il cielo / segui il sentiero delle ossa / cammina per giorni nel deserto / inventati un nuovo nome / impara un inglese stentato / non hai altra scelta / se fallisci provaci ancora e ancora una volta / il deserto non ti perdonerà qualunque sia la tua età. Struggenti sono i pensieri di Ahmed Masoud per la madre: Non mi dava il bacio della buonanotte / spesso / ma a volte giocavo a carte con lei / spesso vinceva / e rideva / e io la guardavo / non voglio morire prima di vederla ridere di nuovo.
Chi giunge in un luogo dove fermarsi almeno temporaneamente è spesso divorato da un sentimento di spaesamento, di bruciante nostalgia per ogni pietra, ogni voce, ogni profumo del proprio Paese, che si accompagna a un sentimento di insensatezza di fronte alla propria condizione e, in alcuni casi, anche di sensi di colpa verso chi, più sfortunato, è morto in viaggio o il viaggio non l’ha potuto affrontare. Sono queste le voci raccolte nella seconda sezione. Scrive Essa Hassan: “L’alienazione è l’anti-integrazione, e io non sono mai stato completamente alienato da nessuno dei luoghi che ho provato ad abitare, come non ho potuto integrarmi, nel senso che non sono stato in grado di adattarmi ai profondi mali della società a tutti i livelli della cultura corrente che non è cambiata molto da quando abbiamo lasciato le grotte. Si interroga Gaius Tsaamo: Mi sento perso / Perso in un luogo situato tra questo mondo e quello prossimo. / Non so cosa mi aspetta domani. / Su questa terra che non è la mia. / E che non mi vuole neanche… / In fondo, perché dovrebbe…? e poi ancora Selam Kidane: Tu sei morta e io no / C’è differenza? / Sotto la tomba o sopra / È questione di posizione / Non una sentenza sulla vita / Tu sei morta e tanto immobile / Io sono tutta inerte e totalmente senza voce. Sono lirici i versi del ricordo della Siria martoriata di Ghayath Almadhoun: confesserò ora il mio peccato originale, tutte le mie poesie che ho affondato come una lama arrugginita nella carne dei vostri giorni, non sono poesie mie, le ho rubate a coloro che sono stati dimenticati e che hanno perso la memoria, le ho raccolte dai letti bianchi degli ospedali e dai lamenti dei sofferenti, sono la memoria delle donne, sparsa dinanzi alla maschilità di Dio, sono il gorgoglio di coloro che sono morti di freddo a metà del canto, sono il sogno astratto dai sognatori […]sono il respiro di naufraghi e impiccati, anime colate dai piccoli fori fatti dai fucili…. Si confessa il poeta siriano Wafai Laila: Sono Wafai Laila che tutto ha perso / Il nome, / la dignità, / la forma del viso, i lineamenti / tutta questa ignominia che mi trafigge la trascino dietro / quell’essere che ho abituato ad essere indossato da altri e ancora Triste … ed è pesante questa esistenza / Ci fosse un cappotto per occultarmi / Ci fosse un inverno in cui celarmi!”. Sono lucidissime le parole di Mohammed Al Matrud ne “Il matto che vide”: Sono il numero (5) nella serie dei fratelli / prima che finissero o si dispersero nei diversi lati / come piume di un cuscino (sventrato) / sono il numero (1) a ingoiare le afflizioni dei fratelli/ a sgorgare la tristezza lontano da loro e dalla patria / sono la patria quando divenne canzone e valigia.
C’è una profonda presa di coscienza e di responsabilità a determinare il proprio futuro, c’è una forte reazione d’orgoglio che accomuna gli autori della terza sezione, insieme a limpidi atti d’accusa alla nostra società intrisa di ipocrisia che rimuove ricordi scomodi e responsabilità peggiori. Sono nette e chiare le parole di due giovanissimi ragazzi africani sbarcati in Sicilia solo da due anni: […] Dopo aver ottenuto l’indipendenza, l’Africa non giunge mai a un effettivo sviluppo e quindi deve esserci qualcosa di sbagliato: o siamo indipendenti solo sulla carta, oppure i nostri politici sono corrotti. In ogni caso smettiamola di dare la colpa agli altri. Il cambiamento in Africa non è domani, il cambiamento in Africa è oggi. I politici africani vengono controllati da quelli degli altri continenti, amano più il denaro della loro stessa dignità, della loro stessa libertà, della loro stessa famiglia, del loro stesso popolo. Per questo si fanno comprare facilmente. Per questo io dico che il vero nemico dell’Africa sono gli stessi africani, scrive Doumbia. Stufo di fare la parte dell’oppresso. Stufo di fare la parte del ferito. Voglio dare un senso alla mia vita, stufo d’essere discendete degli schiavi. Vorrei anche io essere un premio Nobel o vincere un Oscar […]Ci si fa la guerra ancora e per sempre, per rendere felice chi ci colonizza, sono le parole di Yacob Fouiny.
Questo sentimento di forte denuncia civile e di accusa rispetto alle politiche di respingimento dei governi, l’erezione di muri e di fili spinati è presente nelle parole di Hassan Blasim Ti spogliano della tua umanità in dibattiti che sono arguti e affilati come coltelli. / Oggi scrivono di te e poi, con la gomma da cancellare dell’egoismo, ti fanno sparire la mattina dopo. / Si aspettano di imbattersi nella propria umanità attraverso la tua tragedia, così come in quelle di Yacob: forse vi siete dimenticati che molte materie prime che voi pagate una miseria vengono dalla mia terra. E allora a questo punto vi chiedo: Chi di noi è il ladro? Mamma Africa, ogni giorno perdi migliaia di figli che muoiono di fame o uccisi dalle armi. Ma tu non hai industria bellica e quindi io non capisco perché siamo sempre in guerra. Medesimo, seppur proveniente da voci del mondo europeo, è lo spirito di denuncia manifestato da diversi autori che non sono protagonisti diretti della migrazione, ma la con-vivono e la con-sentono e quindi, attraverso la scrittura, partecipano anche loro a quello scuotimento, al “muovimenti”: L’aria non può essere divisa / e l’acqua non si separa, / né nei fondali è spartita. / I vostri muri eretti sulle / scrostate coscienze / sono gesso scalfito / già eroso e dissipato, scrive Lorenzo Spurio, mentre Loredana Magazzeni afferma perentoria: Non si può parlare di pace ed usare le armi. / Fratello, se distruggi le armi e ne fai pompe per l’acqua / sono pronto a commerciare con te. / Facciamo affari, fratello, ti aprirò la porta del mio bazar e quella della mia casa. / Ma che la morte non sia fra i nostri scambi.
Infine, nell’ultima sezione sono molte le voci accomunate da profonda compartecipazione al dolore, dalla spirale di speranze e tribolazioni, così come dalla ricerca di nuovi modi di stare insieme al mondo, lontani anni luce dalle risoluzioni dei governi, anche attraverso la progettazione di azioni dissidenti. È diretto e senza giri di parole Jeffery Martin: Ma cosa mai siamo diventati / quando ci agitiamo per una frontiera / e sussurriamo a bassa voce per i bambini / chiusi in gabbiette / chiamate necessarie, ci commuove Nicola Davies con un testo ispirato alla storia realmente accaduta in Gran Bretagna, quando nell’aprile 2016 il Parlamento votò contro l’ammissione nel Paese di 3.000 minori non accompagnati: … l’insegnante non sorrideva. / Mi disse “Non c’è posto per te, / vedi, non c’è una sedia su cui sederti, / devi andartene”. / E così capii che anche lì era arrivata la guerra. Aggiunge Maria Grazia Patania: Per me il senso della vita è solo l’Amore. […] L’Amore per l’altro che ti apre il cuore e squarcia il costato mentre loro ti abbracciano. La sensazione di stare facendo una cosa bella. Una cosa bella in un mondo di cose brutte. Una cosa che può trasformare per pochi secondi questi figli del dolore in figli della fortuna.
Spero si colga da queste “pillole” di lettura la varietà di voci, d’ispirazioni, di sentimenti, di stili presenti nella raccolta, che caratterizza gli autori provenienti da sedici Paesi del mondo a dimostrazione dell’assurdità di ogni divisione e confine tra gli esseri umani, accomunati a ogni latitudine, da un anelito insopprimibile alla lotta per una vita libera e degna.
Vorrei infine ringraziare uno ad uno i quarantasei autori che hanno raccolto il nostro segnale donandoci loro scritti (in ordine alfabetico):
Ali Taj Addin (Iraq) , Mohammed Al Matrud (Siria), Ghayat Almadhoun (Palestina), Klaled Soliman Al Nassiry (Siria), Hassan Blasim (Iraq), Jehan Bseiso (Palestina), Amaranta Caballero Prado (Messico), Tommaso Campana (Italia), Murat Cinar (Turchia), Antonino Contiliano (Italia), Anna Maria Dall’Olio (Italia), Nicola Davies (Gran Bretagna), Iris De Anda (Usa), Ahmed Dhiaa (Iraq), Doumbia (Mali), Tahani Fajer (Kuwait), Fernanda Ferraresso (Italia), Yacob Fouiny (Costa d’Avorio), Alessandro Ghebreigziabiher (Italia), Lucia Grassiccia (Italia), Essa Hassan (Siria), Henry Howard (Usa), Selam Kidane (Eritrea), Wafai Laila (Siria), Arian Leka (Albania), Loredana Magazzeni (Italia), Jeffery Martin (Usa), Rosario Patricio Martinez (Messico), Ahmed Masoud (Palestina), Gentiana Minga (Albania), Maria Grazia Patania (Italia), Shailja Patel (Kenia), Anna Piazza (Italia), Claudia Piccinno (Italia), Irma Pineda (Messico), Eleonor Redford (pseudonimo – Italia), Betty Sanchez (Messico), Carmelo Scolaro (Italia), Silvia Secco (Italia), Refaei Shikho (Siria), Lorenzo Spurio (Italia), Gaius Tsaamo (Cameroun), Thomas Tsalapatis (Grecia), Antonieta Villamil (Colombia), Wisam Ali (Iraq), Michela Zanarella (Italia).