“Perseguite la conoscenza financo in Cina” Muhammad (sws) – Assia Taoussi

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Il Profeta Muhammad avrebbe attirato l’attenzione sull’unicità della Cina come fonte di conoscenza. Un certo numero di fonti islamiche ben considerate riferiscono che ha detto: “Cerca la conoscenza anche se in Cina, perché la ricerca della conoscenza è incombente su ogni musulmano”.

Gli studiosi musulmani tradizionali hanno messo in dubbio l’autenticità del rapporto, che ha a lungo occupato un posto centrale nella coscienza musulmana e rimane uno dei detti più noti del Profeta. La maggior parte dei musulmani considerano questo Hadith una figura retorica che li esorta a cercare la conoscenza sul serio anche se conduce ai confini della terra. Per i musulmani in Cina, che vivevano letteralmente alle estremità della terra, il detto del Profeta assumeva un significato speciale. Era considerato un omaggio incommensurabile alla loro patria come una sorgente unica di conoscenza e saggezza.

Per iniziare con un quadro generale, è necessario sapere che la Cina ha una popolazione di 1,3 miliardi, composta da 56 gruppi etnici. Di questi minzu, i cinesi Han sono la maggioranza con circa il 91%. Le altre 55 cosiddette minoranze etniche rappresentano il 9% del totale. Dieci di questi gruppi etnici sono di fede islamica.Sebbene concentrato nella Cina occidentale, l’Islam è praticato in tutto il paese, con oltre 23 milioni di aderenti e rappresentano il 2% della popolazione cinese. Essendosi diffuso in Cina lungo le rotte commerciali terrestri e marittime già nel VII secolo, l’Islam è radicato nella storia e nella società cinese sebbene l’islam in Cina tende ad essere praticato con ampia flessibilità.

I 10 gruppi minoritari musulmani sono: Uiguri, Kazaki, Khalkhas, Uzbeki, Tajiki, e Tartari principalmente situati nella Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, e le etnie Hui, Salar, Dongxiang e Bonan che risiedono nell’entroterra cinese nelle province nord-occidentali della Cina: Gansu, Qinghai e Ningxia. Queste terre abbondano di risorse naturali come la pietra Giada e producono raccolti di grano e riso di ottima qualità. Tutti questi gruppi etnici che hanno deciso di fare dell’Islam la loro religione, fanno parte dello stato cinese; combinando l’Islam con le loro diverse tradizioni e culture, hanno creato una cultura cinese islamica diversificata.

Dal punto di vista più strettamente religioso, la stragrande maggioranza dei musulmani Uiguri, Hui, Uzbeki e Tatari si caratterizzano per l’adesione alla tradizione sunnita, in particolar modo alla scuola Hanafita, anche se interpretata diversamente, mentre Tajiki e Kirghizi sono per lo più sciiti come gli iraniani. I Tajiki hanno un’organizzazione poco strutturata, un numero ridotto di moschee e poche attività religiose. Essi non praticano il digiuno e non si rivolgono verso la Mecca per pregare. Spesso riducono la loro fede a qualcosa di individuale. E lo stesso vale per i Kazaki, a causa del loro stile di vita nomade.

Di questi 25 milioni di musulmani cinesi, gli Hui sono la maggioranza, con circa 10,5 milioni di persone. Sono i discendenti di ex immigrati che hanno portato la loro religione con loro e che sono stati assimilati attraverso i matrimoni misti. Sono diffusi in tutta la Cina e sono cinesi nell’aspetto fisico e nella lingua. Le altre nove minoranze etniche sono prevalentemente turchi dell’Asia centrale. Vivono sulla terra dei loro antenati in remote aree montuose, attorno a vasti deserti e in città oasi nel nord-ovest della Cina. Mantengono la propria cultura, tradizione e lingua. Gli uiguri sono uno di questi popoli turchi e sono il secondo gruppo musulmano più grande in Cina, con una popolazione di circa 10 milioni di persone.

Ma come arrivò esattamente l’Islam in Cina?

Nel 651 d.C. il califfo ‘Uthman, terzo califfo ben guidato, avrebbe inviato una delegazione guidata dal suo compagno Saad Ibn Abu Waqqas in Cina. Passando attraverso la “Via della seta” arrivò carichi di doni a Chang-An, dove furono accolti calorosamente alla corte reale dall’imperatore GaoZong, nonostante quest’ultimo avesse ricevuto poco prima la richiesta da parte dei Bizantini e dello Shah Sassanide di non accoglierli. L’ambasciatore raccontò dei costumi arabi e descrisse all’imperatore la nuova religione: l’Islam. L’ambasceria difatti aveva come scopo quello di convincere l’imperatore a ritornare alla fede islamica. Dopo aver posto delle domande sulla nuova fede, l’imperatore si mostrò ben disposto nei confronti di questa nuova religione che riteneva avere insegnamenti compatibili con quelli di Confucio. Trovava però eccessive per lui cinque preghiere quotidiane e un mese di digiuno e per questo decise di non convertirsi. La missione di Saad fallì, ma, nonostante ciò, l’imperatore gli diede completa libertà di propagare la fede in mezzo al suo popolo e, per mostrare la sua ammirazione per l’Islam, ordinò la creazione della prima moschea della Cina a Ch’ang-An.

Durante la dinastia Tang (618-907) gli Omayyadi e gli Abbasidi inviarono altre sei delegazioni in Cina, tutte accolte calorosamente dai cinesi. In quest’epoca musulmani e altri visitatori del Medio Oriente in Cina visitatori o commercianti o residenti nei porti e nella capitale Chang-An, erano parte di una comunità chiamata fānkè 番客 (ospiti stranieri). Infine si sa che durante la dinastia Tang un gruppo di arabi e persiani, mercanti probabilmente, giunse in Cina sulla ”Via della seta” e attraverso il porto di GuangZhou. Non tutti erano musulmani, ma molti di questi avrebbero formato le basi per la popolazione di etnia Hui. Gli arabi ed i persiani introdussero in Cina la loro cucina, i loro strumenti musicali, la loro sapienza medica ed il gioco del polo. Erano per lo più commercianti descritti come arabi o persiani, che giunsero nei porti a sud-est di Guangzhou, Quanzhou e Changzhou in quanto area commerciale dell’oceano indiano.

I musulmani immigrati in Cina alla fine cominciarono ad avere un grande impatto economico e una grande influenza sul paese. Dominavano praticamente il commercio di import/export dal tempo della dinastia Song (960 – 1279 d.C.). Infatti, durante questo periodo, la carica di Direttore Generale della spedizione è sempre stata ricoperta da un musulmano. Nonostante i successi economici di cui i musulmani hanno goduto durante questi tempi e i successivi, essi sono sempre stati ritenuti equi, rispettosi della legge, e dotati di auto-disciplina. Pertanto, non vi è alcuna traccia di un rilevante sentimento anti-musulmano da parte del popolo Han (cinese).

Successivamente, anche con la dinastia Yuan (1271-1368), i rapporti restarono pacifici e di serena convivenza. Nel periodo Yuan infatti, i governatori avevano un atteggiamento di tolleranza e protezione nei confronti di tutte le religioni, ed in particolare dei musulmani. Questi ultimi godevano di determinati privilegi, tra cui la possibilità di lavorare per il governo, il privilegio di pagare meno tasse e la possibilità di partecipare agli esami imperiali. L’Islam, grazie a questo clima,

si diffuse rapidamente nel paese, e sempre più Hui ricoprivano alte cariche amministrative e politiche. Promossero la conoscenza medica islamica, oltre alla conoscenza cinese della matematica e dell’astronomia, e contribuirono a diffondere nuove tecniche di tessitura e cloisonné artigianale.

Con l’inizio della dinastia Ming (1368 – 1644 d.C.) l’Islam risiedeva in Cina da ben 700 anni. Fino ad allora, i musulmani avevano mantenuto uno status distaccato ed alieno, con i propri costumi, la propria lingua e tradizione e non si integrarono mai totalmente con il popolo Han. Sotto la dinastia Ming, generalmente considerata l’età dell’oro dell’Islam in Cina, i musulmani a poco a poco iniziarono ad integrarsi pienamente nella società Han. Un interessante esempio di questa sintesi da musulmani cinesi è stato il processo mediante il quale sono cambiati i loro nomi. Molti musulmani che avevano sposato donne Han adottarono semplicemente il nome della moglie; altri presero i cognomi cinesi di Mo, Mai, e Mu (denominazioni adottate dai musulmani che avevano i nomi di Mohamed, Masoud, e Mustafa). Altri ancora che avrebbero potuto non trovare un cognome cinese simile al loro, adottarono il carattere cinese che più assomigliava al loro nome – Ha per Hasan, Hu per Hussein, o Sai per Said, e così via. Oltre ai nomi, anche le usanze musulmane del vestire e del mangiare furono sottoposte a una sintesi con la cultura cinese. Tuttavia l’abbigliamento e le restrizioni alimentari sono stati costantemente mantenuti e non compromessi. Col tempo, I musulmani cominciarono a parlare dialetti Han e leggere in cinese. Anche in epoca Ming, i musulmani non potevano essere distinti da altri cinesi se non per le loro abitudini religiose diverse. Per questo motivo, ancora una volta, c’era poco attrito tra cinesi musulmani e non musulmani.

L’ascesa della dinastia Qing (1644 – 1911 d.C.), segnò un cambiamento. I Qing erano di etnia Manchu (e non Han) ed erano una minoranza in Cina. Utilizzarono tattiche di divisione e conquista per mantenere musulmani, Han, Tibetani, Mongoli sempre in lotta tra di loro. In particolare, furono responsabili dell’insorgere nel 1651 del sentimento anti-islamico in tutta la Cina, e dell’uso di soldati Han per sopprimere le regioni musulmane del paese. Con l’avvento di questa etnia, la situazione dei musulmani, si deteriorò. Oppressi ma non vinti, i musulmani subirono le dure prove con coraggio e stoicismo, restando per i dirigenti Manchu una costante fonte di preoccupazione, paura e odio.

Quando la dinastia Manchu cadde nel 1911, Sun Yat Sen stabilì la Repubblica di Cina, proclamando da subito che il paese apparteneva anche ai popoli Han, Hui (musulmani), Man (Manchu), Meng (Mongoli), e Tsang (tibetani). Le sue politiche portarono a qualche miglioramento nelle relazioni tra questi gruppi.

La rivoluzione culturale ha avuto luogo nel decennio 1966-1976, che ora viene definito come “il decennio nero”, ma le chiusure di luoghi di culto cominciarono già nel 1958 con il Movimento di educazione socialista. Tutte le religioni in Cina hanno subito nel corso di questi venti anni, il silenzio imposto, la distruzione e la repressione. All’indomani di questo tumulto, l’Islam cinese ha dovuto, per sopravvivere, dimostrare con forza che non aveva mai cessato di esistere.

 

 

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Sono Assia Taoussi, ho 22 anni, ho studiato al liceo linguistico Primo Levi di Badia Polesine, e frequentato l’Alma Mater di Bologna, laureata in lingue e letterature straniere in cinese e francese. Ho scritto la mia tesi di laurea triennale sull’Islam in Cina unendo quindi la mia fede islamica al mio percorso di studi.

 

Immagine in evidenza: Foto di Aritra Sanyal.

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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