Per ricordare Fawzi Karim: Recensione di “Alahor in Granata” un’opera lirica dimenticata ambientata a Granada

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Per ricordare il nostro grande amico poeta,  pittore, critico letterario e critico musicale Fawzi Karim, scomparso a Londra il 17 maggio 2019 proponiamo la sua recensione dell’opera lirica di Gaetano Donizetti “, rappresentazione ripresa per la prima volta nel 1997 a Siviglia dopo uno stacco di oltre 150 anni dovuto alla perdita del libretto e delle musiche del compositore.

 

Un’opera lirica dimenticata ambientata a Granada

di Fawzi Karim

Il compositore italiano Donizetti si ispirò alla storia araba in Andalusia

 

Quest’opera lirica a lungo dimenticata del famoso compositore italiano Gaetano Donizetti (1797-1848) è stata finalmente riscoperta e il libretto esposto per la prima volta a Siviglia, dopo che se ne erano perse le tracce nella sua terra d’origine dopo l’ultima rappresentazione del 1828.

È divertente che l’opera sia interamente basata su un racconto arabo ispirato alla storia degli arabi in Andalusia, sul finire di quella che viene chiamata la civiltà al Andalus, l’ultimo bastione della civiltà islamica e l’ultima macchia verde su cui i rivali fratelli arabi musulmani versarono l’ultima goccia di sangue. La corruzione e l’avidità di chi governava portò infatti successivamente alla rinuncia al dominio di quella terra e al loro destino di sconfitta per mano dei loro nemici spagnoli.

In quest’opera sembra che sia l’anonimo librettista sia Donizetti non abbiano voluto attenersi alle tragiche regole della Storia, e come gli artisti e scrittori orientalisti occidentali romantici del loro tempo, fossero anch’essi infatuati di storie d’amore e di vendetta. Innumerevoli furono i palazzi moreschi in cui si ambientavano tali storie: nessuno più degno di nota dell’Alhambra di Granada, infestato all’epoca da cospirazioni e pullulante di odio che alla fine ne provocò la caduta per mano degli spagnoli nel 1491.

Tratto dal romanzo dello scrittore francese Jean-Pierre Claris de Florian, in quest’opera intitolata Alahor in Granata, il poeta si avvicina alla realtà storica nella lotta per il potere tra la dinastia Al-Ahmar, che governò Granada nella sua fase finale spasimi di potere e i Marinidi.

Le vicende raccontate dall’opera si svolgono all’interno del castello dell’Alhambra a Granada, nei giorni in cui si trovava sotto gli attacchi che precedettero la sua caduta e presa da parte degli spagnoli.

Il ruolo di protagonista appartiene al giovane aristocratico Alahor della famiglia Abencerrages che, con la sorella Zobeida, pianifica la fuga per sfuggire agli intrighi della famiglia Zegrie che cospira perché i due vengano giustiziati.

Ma innamoratosi di Zobeida, il Sultano di Granada decide di risparmiarla nonostante faccia parte della famiglia rivale. Alahmar, membro della famiglia del Sultano si oppone però a tale unione con il ‘ nemico’, quindi il regnante innamorato si trova circondato dall’odio sprigionato dalle due fazioni guerreggianti. È solo il suo desiderio di una vita felice per sé e per i suoi sudditi a condurre questa storia verso un lieto fine in cui egli sposa la sua amata Zobeida e si concilia con la famiglia rivale.

È una storia d’amore araba che riporta alla mente le vicende di Romeo e Giulietta come pure la faida tra le famiglie dei due amanti, e come è risaputo storie d’amore di questa natura hanno spesso sedotto il mondo del melodramma.

In precedenza, Donizetti aveva dedicato l’opera Zoraida di Granata a un racconto ispirato alla stessa città e a eventi dello stesso periodo. Quest’opera precedente aveva riscosso notevole successo e riconoscimenti.

Il compositore era rimasto affascinato dalla storia della civiltà al-Andalus sebbene fossero passati secoli dalla cacciata degli arabi dalla Spagna. Non meno di nove altre opere furono infatti composte su tale argomento ispirate a storie d’amore arabe ambientate in quel contesto ad opera di compositori quali Luigi Cherubini, Giacomo Meyerbeer,  Conradin Kreutzer, Baltasar Saldoni, Emilio Arrieta, Felipe Pedrell.

Donizetti dedicò la sua breve ma intensa attività quasi esclusivamente alla composizione di opere liriche, ad eccezione di pochi cori e quartetti d’archi. Non visse a lungo rimanendo infatti vittima di una malattia mentale causata dalla sifilide e spegnendosi all’età di cinquantuno anni. Nonostante i pochi anni di attività, ha lasciato una notevolissima eredità artistica che comprende oltre 60 opere liriche, superando così il numero di composizioni dei più rinomati compositori dell’epoca romantica.

I critici suoi contemporanei consideravano la sua prolifica produzione artistica opere composte frettolosamente, cucite su misura per le esigenze e i talenti dei cantanti d’opera dei suoi giorni. A scapito di tali giudizi, il tempo rivela, soprattutto questi ultimi tempi, che molte di esse sono frutto di un profondo talento per il teatro e la musica. Tutta una serie di sue opere può essere tranquillamente affiancata ai più illustri melodrammi di compositori del calibro di Mozart, Verdi e Puccini. Mi riferisco qui soprattutto alle sue meravigliose opere: L’elisir d’amore, Don Pasquale e Maria Stuarda.

Nell’opera recentemente riscoperta di Donizetti, Alahor in Granata, recuperata dai suoi primi lavori, incontriamo un contesto pieno di dramma e di vita, nonostante la trasformazione poco convincente di Alahor da personaggio consumato da intenti criminosi e dalla vendetta a uomo pio votato a sentimenti di fratellanza e amore.

Il vero dramma potrebbe non risiedere negli eventi, ma nella costruzione drammatica della melodia chiaramente manifestata nei duetti operistici, nei trii e nei cori e persino nei soliloqui.

Quando il Sultano canta nei momenti di pace, libera la sua speranza in un oceano di eventi schiaccianti:

Ah! sì, da tanti affanni
respira omai, Granata,
i placidi suoi vanni
pace su te spiegò.
Più non vedrai bandiere
da lungi sventolar,
né le nemiche schiere
il suolo tuo calcar.
Non più dell’armi ibere
dovremo paventar.

Il momento clou dell’opera rimane il drammatico duetto di Alahor e Zobeida, così come il duetto d’amore di Zobeida e il Sultano.

Gli attori spagnoli hanno reso giustizia nel fornire l’intensità emotiva richiesta dai loro ruoli. L’Opera è stata rappresentata al Teatro de la Maestranza di Siviglia nel 1998 ed è stata infine registrata su CD da Al-Maviva.

 

I ruoli: Alahor: Simone Alaimo – Basso-Bariton . Zobeida: Patrizia Pace – Soprano . Il Compositore ha optato per una voce femminile per il ruolo del Sultano interpretato da Vivica Genaux ( Mezzo-Soprano ). Direttore musicale: Josep Pons.

Traduzione inglese dall’arabo di Lily Altai e dall’inglese di Pina Piccolo. Per gentile concessione degli eredi, la recensione originale in arabo è apparsa nel più importante giornale panarabo Asharq Al-Awsat il 14 gennaio del 2000.

Traduzione dall’arabo di Lily Al-Tai: pittrice, traduttrice e interprete di formazione. Moglie del defunto poeta Fawzi Karim.

 

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Fawzi Karim è nato nel 1945 a Baghdad e morto nel maggio del 2019 a Londra. Durante l’adolescenza frequentando una biblioteca della città vecchia scopre la letteratura occidentale contemporanea. Consegue la laurea in letteratura araba all’Università di Baghdad e inizia a insegnare alle scuole superiori. Sospettato di simpatie comuniste, ne viene allontanato agli inizi del regime di Saddam Hussein. Nei primi anni ’70 si trasferisce a Beirut e il tema dell’esilio diviene un elemento molto radicato nei suoi scritti, che riflettono il contesto sociale dell’epoca, segnato da conflitti e contraddizioni politiche, ideologiche e religiose. F. Karim, pur non militando in partiti politici, patisce le conseguenze della situazione e questo si avverte nelle sue opere. Torna in Iraq, dove rimane fino al 1978. All’uscita del suo libro Alzo le mani per protesta, la sua opposizione a ogni forma di repressione è esplicita, fatto che lo porta di nuovo, definitivamente in esilio, stavolta a Londra, dove attualmente vive. Le sue poesie sono state tradotte in versione inglese dal poeta Anthony Howell, e pubblicate da Carcanet Press nel 2011 con il titolo Plague Lands and Other Poems. In Italia è disponibile la raccolta I continenti del male uscita per qudulibri nel 2014.

 

Immagine di copertina: Dalla galleria fotografica di Enrica Luceri e Francesca Brà.

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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