Palestine + 100, brani dall’introduzione di Basma Ghalayini

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Per la sezione FUTURO dell’Inserto Palestina proponiamo alcuni stralci dal libro Palestine + 100 – stories from a century after the Nakba, a cura di Basma Ghalayini (Comma Press, 2019), vincitore dell’English PEN Award. Si tratta di un progetto per il quale a dodici scrittori e scrittrici palestinesi, gran parte di essi nata dagli anni 80 in poi, alcuni residenti nei territori occupati altri in diaspora, è stato proposto di scrivere un racconto che immagini la Palestina a 100 anni dalla Nakba.

A seguire alcuni brani dall’Introduzione a cura di Basma Ghalayini e due stralci, uno dal racconto di Ahmed Masoud “Application 39”, ambientato in una Palestina futura in cui gli israeliani hanno bloccato tutte le vie di comunicazione tra le città palestinesi, trasformandole in una riottosa confederazione di città stato, e l’incipit dal racconto di Mazen Maarouf “The Curse of the Mud Ball Kid”.

 

Dall’Introduzione di Basma Ghalayini,  pagg. X- XI,

[…] In questo senso, il passato è tutto per uno scrittore palestinese: è l’unica cosa che rende significativa la loro esistenza attuale e la loro identità. E la Nakba, ovviamente, si trova al centro di tutto questo. Che si tratti dei romanzi di Jabra Ibrahim Jabra, A Cry in a Long Night o In Search of Walid Masoud, o Men in the Sun di Ghassan Kanafani o Returning to Haifa, tutti gli autori palestinesi si sono sentiti obbligati, oltre che ispirati, alla Nakba. Hanno il dovere culturale di ricordarla. Forse è per questo motivo che il genere della fantascienza non è mai stato particolarmente popolare tra gli autori palestinesi: è un lusso, all’interno del quale i palestinesi non hanno sentito di potersi permettere di evadere. Il presente crudele (e il passato traumatico) ha una presa troppo salda sull’immaginazione degli scrittori palestinesi  che non permette loro di abbandonarsi ad avventure fantasiose in futuri possibili. Un altro motivo per cui la fantascienza potrebbe non essere stata popolare tra gli scrittori palestinesi è che non si adatta in maniera palese alla situazione palestinese. Nella fantascienza classica, le linee di battaglia sono tracciate rapidamente e  con semplicità: l’opposizione morale tra un protagonista di fantascienza tipico e la distopia o nemico che si trova ad affrontare è diametrale. Ma nella narrativa palestinese l’idea di un “nemico” è in gran parte assente. Gli israeliani non sono quasi mai presenti, come individui, e quando lo fanno, raramente vengono descritti come veri e propri cattivi. […]

 

[..]L’assenza di un “nemico” non è l’unica assenza della narrativa palestinese. Si potrebbe anche dire che l’assenza in generale è una delle caratteristiche distintive della narrativa palestinese – ed è nelle pieghe di questa assenza che si potrebbero collocare gli eventuali contributi della fantascienza. L’assenza e le sensazioni di isolamento e distacco che ne derivano sono facili da amplificare in un contesto di tecnologia futura galoppante. Nelle dodici storie appositamente commissionate per questo progetto, l’assenza è ovunque. In “Song of the Birds” die “Commonplace” di Rawan Yaghi, i giovani protagonisti sono perseguitati dalle voci dei loro fratelli morti. In “The Key” di Anwar Hamed, gli israeliani sono tormentati da incubi  a cura di fantasmi palestinesi. In “Personal Hero” di Abdalmuti Maqboul, l’assenza di un nonno nella vita di sua madre ispira uno scienziato a fare un’invenzione rivoluzionaria. In tutti i casi, la tecnologia del futuro, sebbene progettata per alleviare i conflitti o alleviare i traumi, riesce solo ad esacerbarli. Forse un’altra caratteristica distintiva della narrativa palestinese è la disconnessione culturale avvertita tra i diversi gruppi di rifugiati e, all’interno di questi, le diverse generazioni di rifugiati. Ancora una volta, la fantascienza – in questo caso il suo amore per le realtà alternative – offre opportunità sorprendenti per esplorarlo. Nella storia di Saleem Haddad, il confine esistenziale tra il mondo di Aya e quello di Ziad fornisce una metafora del dilemma dell’autore come palestinese in esilio: accetti la tua condizione e ti costruisci una casa dove sei? O torni, combatti e rinunci a tutte le comodità della tua vita all’estero? Nella storia, ‘N’, di Majd Kayyal – uno scrittore i cui nonni erano stati trasferiti all’interno di quello che sarebbe divenuto Israele ma non l’hanno mai lasciato – ci viene presentata una soluzione cosmologica al conflitto arabo-israeliano: la creazione di due mondi paralleli – uno Palestinese, uno per gli israeliani – entrambi occupano lo stesso spazio geografico. In questo futuro, solo i palestinesi nati dopo la creazione dei mondi paralleli possono viaggiare tra di loro; così si apre una profonda frattura culturale tra  l’omonimo “N” e suo padre quando parte per studiare nel mondo israeliano. Ancora una volta, vediamo come anche la più straordinaria tecnologia futura possa fare poco più che rispecchiare o riformulare l’attuale impasse del mondo reale. Ma questo è  appunto il tipico modo di operare della fantascienza: usa il futuro come una tela bianca su cui proiettare le preoccupazioni che si agitano nella società nel presente. Il vero futuro – il futuro reale – è inconoscibile. Ma per gli scrittori di fantascienza, la semplice idea di “cose ​​a venire” è la licenza per reimmaginare, riconfigurare e ri-interrogare il presente.

 

Per un recentissimo contributo analitico di Basma Galayini riguardo la situazione in Palestina, vedere l’editoriale pubblicato il 24 maggio 2021 nel New York Times https://www.nytimes.com/2021/05/24/opinion/israel-hamas-gaza-ceasefire.html

 

 

Bio-PictureBasma

Basma Galayini, nata nel 1983)  ha tradotto prosa e racconti dall’arabo per la serie KFW Stifflung, Beirut Short Stories, ha pubblicato in addastories.org e per i progetti delle edizioni Comma Press, tra cui Banthology e The Book of Cairo (curato da Raph Cormack). È nata a Khan Younis e ha trascorso parte dell’infanzia nel Regno Unito fino all’età di cinque anni, ritornando poi nella Striscia di Gaza.

 

Immagine di copertina: Illustrazione di  Mohamad Elaasar/MEE

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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