Non vivo nel tempo che Cronos dispone
Abito un lento vagare di suoni
Dove il cuore respira con grazia.
Talvolta si accasa in me
un groviglio di buio.
E’ pesante da portare,
irto da pensare.
Sguardo
Prima delle parole c’è lo sguardo
poi il contatto pelle a pelle
per dare sostanza e voce
alle vibrazioni remote.
agli echi lontani.
al tepore placentare lasciato.
Essere ora nel mondo
con il mio sguardo e le mie orecchie
con la bocca le mani
le gambe per gattonare
e toccare questa terra abitata
ora anche da me.
Ereditiera
Ho ritrovato fra le tue tele tessute a mano
ricami incompiuti e fili sospesi , madre.
Fili sospesi e tele come vele
per navigare la vita.
Li ho raccolti uno ad uno,
continuando i tuoi punti
che mi interrogano
sulla nostra distanza.
.
Lo so. I punti rivelano
la mano diversa, indicano
un allora a me sconosciuto
Quando tessevi, prima del matrimonio?
o dopo il primo figlio?
Già i figli ti distolsero,
ma ora questi fili annodati
dalle nostre mani
raccontano di noi.
Con gesti riverenti
raccolgo i fili sospesi
lontani dall’ago
e immersi nel lago della mancanza,
Nascosta mancanza fra le pieghe
delle tue tele che odorano di te
e profumano di parole tue dal ritmo lieve.
Grazie mamma,
per i fili sospesi come sospiri
ad un già e non ancora
che in me s’alluma
e mi commuove e fa vivere
e scioglie i grumi del muto deserto
che un tempo ci abitò.
Con l’ago intreccio il filo alle tele
ed entro nelle orme del tuo silenzio
del tuo silenzio di donna,
Un silenzio di ’attesa
che canta e riluce
come le lenzuola del lettone
tanto agognato. Ti imploravo.
e con quale slancio saltavo
dopo il tuo permesso –un poco
soltanto un poco –
.
Quel poco era per me eternità
di piacere, un’ampia piazza di gioco.
! Ancora sento i talloni che affondano
nel tuo morbido corpo!
Emozioni di paradiso
rapidamente sfumate in un –adesso basta -.
Fu una cacciata dall’Eden
che sempre tacqui a me bambina.
Queste tele ora cucite
con il filo della vita
che tu mi hai donato,
hanno il tuo profumo,
la 4711, ricordi?
Ancora conservo questa tua acqua di colonia
talvolta il mattino lo indosso, una goccia
due gocce, quasi un vestito segreto
del tuo silenzio di madre.
Stracci
Stracci, antichi oggetti d’uso
ora cocci di parola perduta
un tempo importanti per ogni mestiere
fabbro, infermiere, salumiere,
solo ai dottori erano alieni.
Anche mia madre usava gli stracci
e me li dava per giocare.
coperte o mantelli per bambole
da cullare o incoronare,
nascevano da vestiti consunti
o da maglie ormai lise.
Così ogni straccio era una storia
conteneva sensazioni e invenzioni.
Cari stracci da perdere per sempre!
Quando diventavano troppi
arrivava lo stracciaio, persona
dimessa ma autorevole in materia
che conosceva e valutava il tessuto.
Mi piaceva giocare con gli stracci
mi piaceva vedere scorrere
a terra il disegno indossato
quasi un ricordo fuori posto.
Godevo della libertà di pensare
è consumato, oh sì- .
Gli stracci da buttare…
parti di intimità consunta,
da cambiare: Un ciclo,
un fare e disfare,
collocando lo sporco e il pulito
il vecchio e il nuovo con gesti
di mano esperta e trasformante.
Stracci da terra, da spolvero,
macchie e buchi, che importa
si possono buttare!
Dalla raccolta inedita “A piedi nudi”, per gentile concessione dell’autrice
———————————————————————–
7 dicembre 2014
tremilaquattrocento diciannove
affogati in mare quest’anno
e siamo al 7 dicembre.
Una morte continua, silenziosa
nel fruscio del mare che inghiotte
grida e corpi, vesti e sciarpe
Hamin, Nadal dove siete? Il buio
il buio mi ha tradito, vi cerco
siamo partiti insieme
non possiamo dividerci ora!
Il barcone è diventato sarcofago
per la rapina di pochi
e il pericolo di tutti noi
che siamo tanti e sfregiati
dall’ignoranza di chi non ci vede!
Hamin, Nadal noi siamo partiti
insieme, non possiamo dividerci ora,
ora che il barcone si è rovesciato
ed è buio per noi che affoghiamo
né possiamo ribellarci al mare….
Oh immane impotenza trasforma in canto
noi morti- viventi che gridiamo
libertà libertà libertà !!!!!
Parigi 13 novembre 2015
In quella notte la parola bomba
si materializzò in sette esplosioni
e la convivialità di quei luoghi
venne spezzata perché la parola
era mitra e il mitra era morte
e le persone cadevano a terra
come tanti lembi di stoffa
e sale un silenzio di paura e follia
che avvolge tutti come un bagno di odio,
il lamento dei feriti richiama
alla vita, polizia e infermieri corrono
raccolgono, spostano, curano…
Riprende il movimento vivo
dell’aiuto inasprito dalla caccia
all’assassino e dal terrore
e dal pianto e dall’urlo dell’orrore,
l’allarme si diffonde,
mentre io ti cerco con lo sguardo
e non ti vedo, la mia vista
è offuscata, ma mi basta un bottone
per riconoscerti, tu..tu dove sei?
Fatti sentire…aspettami a morire…
Non così….non così.
per gentile concessione dell’autrice
Foto in evidenza di Micaela Contoli.