Da poco meno di due mesi, un’edizione di Poèmes di Nella Nobili trova spazio sugli scaffali delle librerie francesi. È un nome che pochi conoscono, quello di Nella Nobili. Il nome di una poetessa che, del resto, difficilmente trova spazio nel canone novecentesco italiano, da cui, come tante altre donne, è tagliata fuori.
Nata a Bologna nel 1926, Nella si trasferisce negli anni 50 in Francia, dove muore, nel 1985. Maria Grazia Calandrone le ha dedicato, su un recente numero di Poesia, un doveroso omaggio e sta svolgendo un ruolo importante nella trasmissione dell’eredità poetica di Nella nel contesto italiano. Una trasmissione difficile : il ricordo di Nella Nobili sembra essere lentamente andato perduto, a partire dalla stessa città di Bologna, che le ha dato i natali.
Marie -José Tramuta ha diretto, per i Cahiers de l’Hôtel de Galliffet, un’elegante selezione bilingue di testi (in italiano e in francese) di Nella Nobili ; la selezione si basa su alcune poesie già apparse in pubblicazioni praticamente introvabili, apparse tra Francia e Italia fin dalla fine degli anni Quaranta, ma anche su un cospicuo numero di testi inediti, conservati presso l’IMEC, in Normandia, dove è ospitato il fondo di manoscritti di Nella. Un fondo ricco di materiali, che sarebbero meritori di ulteriori studî e ricerche, per ricostruire in modo ancora più approfondito l’evoluzione del suo sguardo poetico e della sua scrittura nel corso degli anni, tra due rive.
L’esigenza di una trasmissione appare, oggi, a oltre trent’anni dalla morte della poetessa, necessaria, in particolare nel contesto italiano. Il 12 dicembre scorso, all’Istituto italiano di Cultura di Parigi, ha avuto luogo un incontro sulla traduzione poetica, incentrato sulla figura di Nella Nobili e accompagnato dalla presentazione del volume curato da Marie-José Tramuta. Una serata che può forse rappresentare un punto di partenza, per iniziare a trasmettere e scoprire, anche in Italia, i suoi testi e la sua storia.
Del resto, è proprio a Bologna che Nella incontra la poesia. In un’aula di scuola, dove risuonano i versi di Ada Negri, come scrive Antoine Letournel, nel suo saggio « Nella Nobili ou le souffle poétique », a postfazione del volume. La geografia dell’infanzia della poetessa è definita: Pontevecchio, quartiere periferico della città, in una famiglia umile; ad appena dodici anni – siamo in pieno fascismo – la giovane Nella inizia a lavorare in fabbrica, prima in un laboratorio di ceramica e, nel 1940, in una fabbrica di vetro: « Le condizioni di lavoro in fabbrica sono spaventose » scrive A. Letournel « Ancora di più per una ragazzina di quattordici anni. Il calore che si sprigiona dalle fiamme e dal vetro incandescente, le fumate di monossido di carbonio, le polveri, l’odore, la promiscuità, rendono il lavoro molto faticoso ». Nella non è che una « ragazzina dagli occhi pieni d’ombra », costretta a lasciare le « biglie » e i « bei libri pieni di promesse » per entrare in fabbrica, un’esperienza durissima, che la segnerà profondamente.
Ma è proprio nelle pause, dopo il lavoro, che inizierà a scrivere i suoi primi testi, e a leggere avidamente tutto ciò che trova: la poesia italiana, ma anche Rilke – poeta da lei tanto amato – ed Emily Dickinson. Quei « bei libri pieni di promesse » che ha dovuto abbandonare, ma che sono per lei necessari.
In questo contesto, da giovane operaia e scrittrice (anche se la definizione di « poetessa operaia » le è sempre stata stretta), entra in contatto con i circoli culturali bolognesi. Frequenta la casa di via Mascarella in cui Renata Viganò (L’Agnese va a morire è del 1949) e il compagno Meluschi accolgono intellettuali ma anche giovani studenti, con i quali dialogano nel loro appartamento pieno di gatti, dal quale passerà, tra gli altri, anche Pier Paolo Pasolini. Conosce un giovane Enrico Berlinguer, da Zanarini, in Piazza Galvani, a quei tempi fucina di intellettuali di sinistra (si ricordano, proprio da Zanarini, comizi di Togliatti!). Ma soprattutto, incontra Aldo Borgonzoni, pittore legato al Partito comunista italiano, che la introdurrà nei circoli intellettuali cittadini e, in particolare, a Giorgio Morandi, evocato in una poesia, « Paesaggio 1926 », a lui dedicata. In un’intervista apparsa del 1987, Borgonzoni ricorda i tanti pomeriggi passati da Nella nel suo studio di pittore, in via Saragozza. L’incontro con Borgonzoni e con Galassi, direttore del Giornale della Sera, rappresentano così un punto di svolta per Nella, che partirà per Roma nel 1949 (poco prima di Pasolini, che arriva a Roma « povero come un gatto del colosseo » nel gennaio del 1950).
Le sue Poesie, uscite proprio in quell’anno, riscuoteranno un enorme successo e questa giovane « poetessa operaia » inconterà anche Elsa Morante e Maria Bellonci, così ricordata, in una pagina scritta molti anni dopo, nel febbraio del 1982: « No, davvero, non mi vedevo al fianco della sultana delle lettere che mi aveva esibito come un piccolo fenomeno da baraccone vestito da poetessa-operaia ».
E così, nel 1953, forse un po’ amareggiata e disincantata, Nella decide di andare a Parigi, dove lavora come artigiana e continua a scrivere poesie, ma anche saggi: insieme alla compagna, Edith Zha, scrive nel 1980, Les femmes et l’amour homosexuel.
Proprio lo stesso anno in cui, dall’altro lato dell’oceano, Adrienne Rich scrive il suo Compulsory heterosexuality and Lesbian Existence.
La biografia di Nella, che si snoda così fra Bologna, Roma e Parigi, ci aiuta a ricomporre la memoria di una poetessa in cui si intersecano tante storie diverse, che filtrano nei suoi testi. Senza scadere nel biografismo, la poesia di Nella ci fa pensare al suo essere, in primo luogo, una migrante. Tra Italia e Francia : migrante che si troverà a vivere in un altro paese, per molti anni, e che sceglierà di esprimersi, nel proprio lavoro poetico, in una dimensione plurilingue, fra italiano e francese. Non mancano, nella ricca collezione di manoscritti dell’IMEC, esempi di autotraduzione o di scrittura in un’altra lingua. La stessa edizione di Marie-José Tramuta, del resto, presenta un nucleo principale di testi in italiano, ma anche alcuni testi, che risalgono soprattutto agli anni ottanta e alla raccolta Douze poèmes de deuil, in francese. In secondo luogo, il suo essere una donna lesbica, che nelle proprie poesie non nasconde la natura omoerotica dei propri sentimenti e che rivendica, anche attraverso un testo teorico, la propria identità. La bella poesia My darling sister, tra le tante, è un esempio rappresentativo. E poi, il suo essere stata un’operaia, una ragazzina che passava dalle dieci alle dodici ore al giorno a soffiare il vetro in una fabbrica, esperienza che ritorna a più riprese, in molti testi, attraverso immagini particolarmente dolorose.
Sono solo tre aspetti, che meriterebbero però di essere approfonditi e studiati, per entrare con ancora più consapevolezza nell’universo poetico di Nella. Marie-José Tramuta ha avuto il grande merito di portare alla luce questa eredità sommersa e attualmente dirige una tesi su di lei all’Università di Caen. Come ha raccontato nella serata del 12 dicembre scorso, il suo incontro con la poesie della jeune fille à l’usine è stato quasi folgorante, un incontro che ha subito preso le forme di una vera e propria sorellanza. Ora occorre, anche nel contesto italiano, lavorare su Nella e sulla sua poesia, per vivificarne il ricordo, a partire dalla città in cui questo « soffio poetico », fra le pareti di un’aula delle scuole elementari, nel caldo infernale di una vetreria, ha potuto prendere vita.
Grazie a Giambattista Borgonzoni, che per primo mi ha parlato di Nella Nobili e a Marie-José Tramuta.
di Jessy Simonini, per gentile concessione dell’autore. Tre poesie di Nella Nobili selezionate da Jessy Simonini si trovano seguendo questo link nella sezione Poesia di questo numero de La Macchina Sognante.
Jessy Simonini studia Filologia romanza all’Ecole Normale Supérieure di Parigi. Si interessa alle forme e ai protagonisti della poesia contemporanea.
Immagine in evidenza: Foto di Micaela Contoli.