NANNI BARBARO: IL MONDO RIACE

foto Enzo Infantino_3

E’ destino, felicissimo destino, che Riace sia il nome destinato a proiettare la Calabria nella storia.

Intanto i Riace sono due: quella Marina, dove sono stati trovati i Bronzi; e quella superiore, dove Mimmo Lucano ed i suoi collaboratori hanno trovato qualcosa che è destinata a fare storia, come i due guerrieri venuti dalla Grecia Antica.

Tuttavia occorre dire che quella del Modello Riace non ha dei tratti di originalità troppo evidenti, per chi conosce bene la mentalità calabrese dell’entroterra reggino e per chi, come me, ha avuto la fortuna di viverla, proprio quella dimensione sociale, nella quale la condivisione e il sostegno reciproco erano ordinaria prassi di vita.

La mia è finita precocemente per via del fatto che sono nato e cresciuto nella immediata periferia di una città importante che, come tutte le città, ha teso ad espellere molto velocemente da sè modelli di comportamento solidali che invece sono rimasti ben radicati ed efficaci man mano che ci si allontana dalla grande città.

In realtà, prima di Riace, c’è stato qualcosa di simile a Badolato, in provincia di Catanzaro, molti anni prima: altro paese spopolato dalla emigrazione e ripopolato attraverso una operazione di “impianto” di una piccola comunità albanese, che poi ha gettato la basi per una comunità ormai radicata e sedimentata. Però li c’era il non secondario vantaggio dell’esistenza, nelle vicinanze, di antichi insediamenti di origine grecanica ed albanese e l’integrazione è stata una specie di “ritorno a casa”.

Riace no. Riace è frutto di una operazione geniale di Mimmo Lucano, spinta dapprima dalla generosità ma mossa poi da un pragmatismo socialista che non ha molti eguali nella storia e temo non ne abbia alcuno in Italia (da ciò le forti perplessità da parte degli italiani stessi, i sospetti, gli ostacoli, i sabotaggi).

In realtà Mimmo Lucano è un terzomondista d’eccellenza, uno che ritengo abbia capito cosa sia il concetto etico ed economico di comunismo e lo ha messo in pratica.
Tuttavia, Riace, a visitarla, non ha niente di eclatante o di sconvolgente. Non è un “laboratorio” che potrebbe sfasciarsi da un giorno all’altro in assenza del suo ideatore.

Riace – questo è il bello – è un pezzo di Calabria di un tempo che rivive per mezzo di persone che vengono dalle povertà calabresi di sessanta o ottant’anni fa e quindi anche dello spirito di solidarietà che si accompagnava a quella povertà.

Riace è l’unico pezzo d’Italia che si è offerto di ospitare e soprattutto di rispettare quelle consuetudini, che probabilmente sarebbero continuate per chissà ancora quanto se tutto l’entroterra reggino non fosse stato letteralmente spolpato dalla emigrazione.

Sbaglia, quindi, chi stigmatizza le reazioni negative di tanti emigrati italiani verso il Modello Riace. Credo ci sia più rimpianto e invidia verso questo modello che una vera avversione di principio.

Dovremmo, dovrebbe, Mimmo Lucano e tutti noi fare in tempo a convincere tutti che con quel modello sociale il calabrese potrebbe persino immaginare di tornare e i giovani di non dover più partire.

Non è un “modello” contrapposto a qualcuno o a qualcosa: è un semplice laboratorio di umanità che attende che altra umanità vi si accosti.

Quando questa ennesima notte italiana, di paura e di rancore sarà passata, Riace sarà il primo faro che sarà visibile ad una umanità che uscirà ancora una volta piegata e ferita dalla ennesima ubriacatura fascista.

Nanni Barbaro

Reggio Calabria

8-10-2018

Barbaro

Nanni Barbaro è nato ad Archi di Reggio Calabria il 10 dicembre del 1956. Ha conseguito il Diploma di Assistente di Comunità Infantili ed è dipendente del Comune di Reggio Calabria, dopo esserlo stato del Comune di Bologna. Scrittore autodidatta, è autore di decine di commedie brillanti in vernacolo. Ha pubblicato una silloge poetica di intonazione civile, Oltre il muro, nel 1990, con la prefazione di Mons. Italo Calabrò. È stato allievo del Maestro Rodolfo Chirico e ha frequentato numerosi seminari teatrali, letterari e cinematografici. È attualmente responsabile per il teatro dell’associazione culturale “Anassilaos”. Appassionato di musica, è parte della tribute band Cantando De Andrè in qualità di cantante. Ad Archi è nato, ad Archi conta di finire i suoi giorni. Senza fretta.

foto in evidena di Enzo Infantino, foto dell’autore: Valerio Saraceno.

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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