Mostra di Hassan Vahedi e Seyed Mojtaba Vahedi, Inaugurazione 5 aprile 2019, ore 18 Roma

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Mostra di Hassan Vahedi  e Seyed Mojtaba Vahedi,

Inaugurazione  5 aprile 2019, ore 18

Galleria Horti Lamiani

Via Giolitti 163 – Roma

Orari di visita dal lunedì al venerdì 11- 18,30

fino al 30 aprile

A cura di Cartastraccia.

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Il numero 14 de La Macchina Sognante ospita foto di diversi dipinti di Hassan Vahedi e di tessuti ricamati del fratello Seyed Mojtaba Vahedi.

Sotto trovate un commento critico di Pina Piccolo, che accompagna i quadri di Hassan Vahedi, stimato artista di cui abbiamo pubblicato fotogallerie ne La Macchina Sognante N. 13 e in The Dreaming Machine n. 3.

 

 

 Di fiori, steli, contiguità e arti

È con grande piacere che oggi, 21 marzo, data che segna l’equinozio primaverile, e in cui si festeggia il Nowruz, il Capodanno degli iraniani, come pure la Giornata mondiale della Poesia, mi accingo a scrivere queste brevi considerazioni su alcune opere d’arte pittoriche di Hassan Vahedi e tessili del fratello Seyed Mojtaba Vahedi.

Nella loro infinità di forme e di colori, e con la loro carica simbolica di veicoli di trasformazione e anticipatori di nuova vita, i fiori sono un soggetto privilegiato sia per la primavera che per la poesia. Non è quindi sorprendente che anche l’arte pittorica e quella tessile se ne siano appropriate nel corso dei secoli e nei diversi continenti. Tuttavia, quello che mi colpisce delle opere qui esposte è la carica di personalità, quasi in senso antropomorfico, della quale i fiori sono investiti: non sono soggetti passivi che si lasciano ritrarre ma piuttosto nella loro rappresentazione si trovano in costante dialogo e interazione sia con gli strumenti che ne permettono la realizzazione, cioè i colori e il pennello (e, dietro di essi, l’artista!), sia con il supporto sul quale si trovano ad essere adagiati.

Volendosi rifare a soluzioni artistiche dell’antichità, sono in un certo senso il correlativo oggettivo a livello botanico degli animali nelle fiabe. Nelle fiabe di Fedro, ad esempio, vediamo attribuite alla volpe doti intrinseche di furbizia, al leone di forza e superbia, al lupo di cattiveria, ma con il pennello di Hassan Vahedi, forse proprio perché proveniente da una tradizione artistica in cui esistono restrizioni aniconiche che hanno indotto gli artisti a interagire, sfiorare, sforare e talvolta giocosamente trasgredire quei limiti alla rappresentazione del creato, sembra che il discorso si voglia allargare non solo a tratti psicologici ma perfino ad ammiccamenti  alla storia dell’arte e alla pittura come genere artistico, partendo proprio dalla rappresentazione floreale.

Cominciando dal soggetto più umile, cioè i papaveri, nella loro versione bianca e rossa, Hassan sembra attribuire a quei fiori forti doti di dinamismo e vivacità: fiori di campo, quindi popolari e non aristocratici, che sono ritratti in una serie di primi piani nella loro esuberanza di colore e di forma. Sembrano addirittura voler trasgredire il limite dell’inquadratura, pretendere con prepotenza di spuntare sopra la superficie piatta e uscire dai limiti previsti dal supporto. In una tela di alcuni decenni precedente, in una ‘panoramica verticale’ dominata dal colore rosso che viene generosamente utilizzato anche per gli steli, i papaveri appaiono disposti in maniera leggermente più ordinata, quasi a voler imitare i fusti del bosco di betulle di un’altra tela, dove pennellate esili alternano il bianco a ombreggiature azzurrine che si estendono in flessuosità verticali individualizzate, quasi comandate, in centro e in primo piano, dal fusto più diritto che spicca su tutti per biancore. Ritorna l’ombreggiatura azzurrina in un’altra rappresentazione di papaveri che a volte diventano clamorosamente azzurri, anch’essi con la loro forma tondeggiante, impegnati a spezzare la verticalità degli steli.

In un’altra serie di dipinti, il pittore sembra invece giocare sulla piattezza delle tappezzerie floreali proponendo pennellate che potrebbero suggerire tronchi o steli, con definizioni che vanno dal realismo all’impressionismo, fino a sfociare nell’astratto.

La stessa piattezza viene riproposta nei trittici di legno: in una parte sembra presentarsi la forma del crisantemo stilizzato, nell’altra l’alternarsi di forme floreali stereotipate in rosso e nero è il prodotto di uno stencil. In un altro trittico le pennellate acquistano corposità e quelle che potrebbero essere aristocratiche orchidee nere su un drammatico sfondo rosso sembrano preannunciare atmosfere cupe, quasi alla Edgard Allan Poe. Anche in questo caso l’ombreggiatura azzurrognola sembra voler interferire con una rappresentazione realistica e indicare la presenza dell’artista. Lo stesso risultato inquietante viene raggiunto nel dittico che ripropone orchidee cupe stavolta su uno sfondo azzurrino ombreggiato in rosso.

Un altro trittico risolleva un po’ le sorti a livello psicologico proponendo fiori dalle sfumature rosate e rossastre su sfondo blu con pennellate di verde a suggerire foglie e steli. Si potrebbe trattare di gerani o fiori ‘addomesticati’, ma a suggerire l’ambiguità ci pensa la tela centrale con fiori scuri  nella zona bassa: potrebbero essere pansé nere dai contorni rosati, rappresentate non tanto nel loro habitat naturale ma come bouquet, perciò mediate da un ulteriore intervento umano di addomesticamento. I fiori dalle tinte rosse e gialle sgargianti e dalle forme tondeggianti di un altro dittico potrebbero a prima vista sembrare più rassicuranti ma anche lì la verticalità viene colmata da pennellate blu elettrico, un colore poco presente in natura, alterando così una serena illusione naturalistica. Un effetto simile si ha in una tela che sembrerebbe rappresentare le chiome di un albero colto nel pieno del suo rossore autunnale ma lo sfondo blu elettrico, provvisto stavolta di ombreggiature, ne tradisce l’appartenenza alla categoria di opera d’arte umana.

Osservando un’altra tela, noto che si distacca dalle serie precedenti non solo per quanto riguarda il colore (si vede un fiore composito giallo su sfondo verde con steli neri), ma anche perché, a parte la maggiore corposità delle pennellate, lo sviluppo verticale sembra volutamente e bruscamente interrotto, come se l’artista avesse deciso di regalare allo sguardo del fruitore solo una parte di una situazione floreale. Lo stesso richiamo all’esecuzione del quadro avviene anche altrove: in una tela l’elemento floreale nel lato sinistro sia per colori che per forme e pennellate sembra essere  governato dall’impressionismo mentre nel lato destro assume contorni più sfocati che si avvicinano all’astrazione. Lo stesso accade per il bordo superiore del quadro, in entrambi i lati.

Due tele maggiormente si avvicinano ai ricami e all’arte tessile e potrebbero costituire il raccordo tra le opere dei due fratelli. Nella prima, all’interno della cornice del quadro una pennellata azzurra definisce una seconda cornice oblunga che suggerisce la forma del telaio. Ma anche qui la pittura tende a strabordare e quelli che potrebbero essere tappezzerie o ricami floreali stilizzati fuoriescono dal telaio in maniera simmetrica sul lato destro e sinistro; sotto queste ‘tappezzerie’ si aggirano taluni residui dispersi di arte tessile o di natura. All’interno del telaio oblungo si susseguono immagini che ricordano in maniera realistica rose rosse provviste di stelo e foglie, poi un intreccio di fili di natura botanica o forse di natura tessile, rammentando così la labilità del confine tra natura e opera umana. In una tela recente vi è ancora il richiamo alla doppia cornice, questa volta delineata nella parte superiore del quadro con pennellate di verde che fanno pensare alle foglie di una tappezzeria o a quelle di un contesto naturale. Proprio al centro di questo quadro appare la stilizzazione di una foglia che appartiene esplicitamente a quel tipo di artigianato,  e lo stesso accade per le due foglie accanto alle gambe della donna che sembrano essere il negativo di quella centrale. La coppia blu su cui l’artista ha poi aggiunto ulteriori pennellate moderniste per suggerire asimmetria richiama Picasso e l’arte del primo Novecento ma ha anche agganci con le scene evocate dal fratello artista tessile, nelle cui opere lo spazio scenico è riempito, fino a strabordare, di figure umane, animali, angeli, strutture naturali o costruite dagli uomini, oggetti vari in una contiguità che suggerisce il sublime.

E forse qui sta la differenza di fondo tra le opere dei due: la contiguità in Hassan sembra riportare verso un senso di inquietudine, il grottesco nell’accezione suggerita da Wolfgang Kayser, con il suo carico di modernità.

 

 

Pina Piccolo

Imola, 21 marzo 2019

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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