“Mobral” racconto di Julio Monteiro Martins, trad. Reginaldo Cerolini, con commento sulla Nuova Destra Brasiliana

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Il 28 ottobre del 2018 Jair Bolsonaro è stato eletto presidente del Brasile e proprio da oggi, primo gennaio 2019, prenderà posto alla direzione della nazione. Quest’uomo, ex militare di estrema destra, definito a buon titolo Trump do Brazil (Trump brasiliano), non ha mancato di palesare le sue riserve sull’omosessualità, che detto per un paese dove la libertà di genere fa parte dell’identità nazionale da prima ancora dei diritti LGBT significa con la maggioranza dei voti essere ripiombati immediatamente in un’atmosfera da dittatura. Il Brasile è stato una dittatura fino a non molto tempo fa: 1985.

La vittoria di Bolsonaro, unita alla recente uccisione dell’attivista Marielle Franco, che denunciava nelle favelas la violenza della polizia, riapre e conferma anche in Brasile, mio Paese di nascita, la forza di una destra mondiale che si propaga. Personalmente sono preoccupato.

Oggi non si usa più con enfasi riferirsi ai terroristi e per assurda unilaterale associazione islamici, ma si preferisce il termine immigrati illegali, per intendere ed imprimere nella mente un’idea di invasione di corpi estranei che attentano ad una presunta unità quando non anche purezza di razza, di idee, di tradizione, di genere, di credo etc. E non serve un catastrofista geopolitico per testimoniare la crisi umanitaria che l’ultimo decennio dei grandi stati ha deciso di affrontare con una durezza nei confini e dentro senza pari.

A me viene in mente- ed in aiuto- l’intelligenza dell’amico Julio, dello scrittore, attivista ed editorialista di Sagarana Julio Monteiro Martins, che cresciuto in un paese di dittatura, essendo stato a New York City[1] ed avendo conosciuto l’Europa attraverso l’Italia, aveva una visione globale del mondo molto peculiare. Per questo motivo ritorno ad uno dei numerosi libri scritti da lui As forcias Disarmadas (Le forze disarmate(ed. Anima, 1983). Si tratta del suo sesto libro, ed è un libro che descrive la violenta quotidianità brasiliana nella prospettiva di una dittatura che è divenuta respiro e per chi era di classe media o alta quasi impalpabile. Ho scelto di tradurre il racconto Mobral, perché ha una prospettiva di critica sulle forze disarmate, in questo caso l’omosessualità e il mondo delle droghe, contro le resistenze fragili, in questo caso i ragazzi di vita brasiliani, in subordinazione e dipendenza dalle forze armate: i militari e la polizia[2].

È un monito per chi ha dimenticato che vivere sotto le destre storiche ed estremiste significa gradualmente o repentinamente perdere diritti ed umanità. Su questo non ci devono essere dubbi.

 

MOBRAL

Ho trovato la porta del mio appartamento spalancata, mi sono subito reso conto che fosse successo qualcosa di terribile. Quando i miei occhi si scontrarono con lo scempio che aveva trasformato il mio salotto e l’ufficio, ho avuto voglia di sedermi sul pavimento e piangere. Solamente questo.

La televisione era rimasta accesa ed ora captava una commedia italiana, raschiata da una fascia orizzontale di colore nero che andava dal basso verso l’alto dello schermo, tentando di ipnotizzarmi, il che, considerate le circostanze, non sarebbe stato una cattiva idea. Ma come? Dovevo ricorrere a provvedimenti, inscenare il tipo di ‘cittadino oltraggiato’. Un orrore.

Non farò la fatica di descrivere lo stato di distruzione in cui si trovava l’appartamento, perché è facile da immaginare. Basti dire che tutte le mie piante erano state recise con coltello all’altezza delle radici e poi ammassate sopra il fuoco vivo. Cose da pazzo oligofrenico. Scene di devastazione. Una vaccata …

Tirai fuori dalla tasca una cannino già pronto, mi sono chiuso in bagno (l’unico baluardo dimenticato dai vandali) e ho bruciato l’asse seduto nel water, pensando a cosa fare una volta uscito da lì, tentando di ricordarmi cose simili successe a miei amici, pensando se alcuni di quei disastri fosse coperto dalla garanzia, e nel momento di maggiore scoramento a cui queste fatti portano pensavo ad una ‘denuncia alla polizia’, ad un  ‘ verbale sull’accaduto’, avevo queste uscite.

Non so da quanto tempo stessi immerso in quei pensieri, assurdamente paranoici per la mia testa, quando il telefono suonò. Suono una volta, due, molte volte. Lo lasciai suonare. Stavo già sudando freddo. Il telefono non smetteva. Uscì dal bagno e, presi il ricevitore dal gancio.

– Lei è della casa del signor Alvaro Bernardes?

– Sono proprio io.

– Qui è il commissario di vigilanza del distretto 12°. Distretto di Polizia.

– Mi dica …

– Il problema è questo: c’è un ragazzo qui, che è stato arrestato mezz’ora fa in Leblon[3]  mentre tentava di importunare una ragazza minorenne. Lui era piuttosto drogato. La polizia è arrivata in tempo per evitare che il ragazzo venisse linciato dalla gente di quartiere, che voleva fracassarlo di botte, sa com’è … Anche i famigliari della ragazzina… Bene, il ragazzo ha detto che sta abitando con lei signore, e che è di Barra Mansa[4] e che a parte lei non conosce nessuno a Rio de Janeiro. Il suo nome corrisponde a quello del tesserino falsificato di università ed è Jorge Natalino dos Santos. Ha chiesto che lei signore venisse qui, per parlare con lui. Ha anche detto che il suo soprannome è Mobral.

– Mobral… Quel figlio di puttana!

– Come?

– No niente.

– Allora? Signore lei conosce il ragazzo? È suo parente?

– Parente, no. È un …conoscente. È ferito per caso?

– Solo alcune lievi escoriazioni a livello lombare. Niente di serio. Lui ha vomitato molto dopo essere giunto qui, ed ora sta tranquillo, seduto in fondo alla cella. Ho messo il ragazzo da solo perché non avesse problemi, sa com’è…

– La ringrazio per la gentilezza…

– Si figuri, signor Alvaro. Quello che complica la situazione è questo: il ragazzo è maggiorenne, lui stesso ha confessato di avere diciotto anni compiuti. Se fosse minore, io lo avrei anche liberato per lei signore. Ma in questa situazione, sa com’è, chi finirà con avere delle grane sono io …

– Capisco… Facciamo questo: lei mi dia il numero del distretto dove si trova, ed io richiamo entro dieci minuti, d’accordo?

– Non c’è problema…

Riattaccai e corsi verso l’armadio. Aprì l’anta di mezzo, dove tengo le droghe, e … chiaro! Erano scomparse tutte le compresse di Mandrix e di Quaaludes che mia cugina aveva portato da New York.

Chiaro che doveva essere stato Mobral, chi altri? Domani sarei dovuto andare a comprare il paio di tennis Nike che mi aveva chiesto, e una boccetta della mia colonia, che lui adora … Figlio di puttana! Ma mi è servita come lezione. Non serve essere buoni con i delinquenti …

– Per favore, Sergio Macaco c’è?

– Un momento…

– Sergio? Oh uomo[5], come stai? Sono Alvaro Bernardes.

– Ciao, artista. Come vanno le cose?

– Ho dei problemi, amico. Ho bisogno che tu spezzi una lancia in mio favore…

– Che cosa succede?

– Uno dei miei ragazzi… è rimasto incastrato, ha fatto una porcheria e si trova nel 12°. Distretto. Il commissario in servizio mi ha chiamato da lì, ma io ho trovato il tipo un po’ ambiguo, e un po’ allusivo… Deve star pensando a del denaro in nero, insomma di fatturare su di me. Il ragazzo ha già detto chi sono, è il tizio si deve essere fatto delle illusioni che puoi capire…

– Guarda, Alvaro. Io non conosco proprio il personale del 12° Distretto. È un gruppo che è stato trasferito da Petropoli. Io sto uscendo proprio adesso per appendere qualche carne[6] là in Baixada. Alcune persone che si sono messe ad assaltare il commercio di uno dei nostri, capisci? Ma, in ogni modo, io chiamerò lì e parlerò con gli uomini, poi ti richiamo, va bene?

– Va bene. Aspetto la tua chiamata…

Lui ha rotto persino il porta-ritratto, così bello, che Gustavo mi aveva portato da Zurigo, con una foto meravigliosa di James Dean. Ma lo giuro, giuro su quello che ho di più sacro, che mai più nella mia vita porto questi ladruncoli suburbani sadici dentro casa mia.

Da adesso sarà così: scoperemo in Hotel, se vuoi… Niente cose come uno whiskerino, delle scarpe da tennis Nike, niente di tutto ciò. Quanto è? Mille? Duemila? Prono ecco qui!. Adesso, ciao. Vai. Sparisci. Basta soffrire nelle mani di questi mostri, di questi pazzi…

Santa Maria[7]! Ha strappato il divano nuovo e le poltrone col rasoio… Quel frocetto figlio di puttana! Viene voglia di sbranare chi ha coraggio di trattare così le cose. Ma io so il motivo di tutta questa rivolta… Finché era lui a fottermi, stava alla grande. Per loro, chi monta non è frocio, solo chi dà il culo. Che stronzo… Ma il ragazzino stava lì afferrandomi il cazzo e sussurrandomi all’orecchio: “fottimi… fotti il mio culetto… te lo sto chiedendo…” Non avrei dovuto fotterlo. Ma adesso, chi può negarlo? Loro amano essere inculati, li fa impazzire. Solo che una volta che sono venuti, la rivolta esce fuori. Loro rimangono odiandosi, e con l’odio per tutto il mondo, è chiaro. Nella loro cultura, essere frocio è alla fine, una disgrazia, peggio dei cani rognosi. Così è venuta con effetto ritardato l’esplosione. Il giorno dopo è esplosa: il fare a pezzi l’appartamento e poi la molestia della ragazzina per confermare a sé stesso il machismo da bambolotto…

– Pronto!

– Sono Sergio Macaco. Artista, il discorso è questo: è un casino…

– Come?

– Il tuo caso è complicato… Il ragazzo ha sciolto la lingua, ha denunciato tutti quanti, quel tuo amico architetto, l’altro della Banca di Stato, tutti i ragazzi… Ha detto che erano tutti ‘cavallini’ di polvere ed eroina, anche Lidia, che non c’entra niente col traffico. Ha dato la posizione di ognuno ed ha risposto a quello che i poliziotti hanno chiesto. Ha persino detto che tu tenevi roba in casa per venderla. Ha sciorinato alla grande … e gli uomini di polizia sono allerta…

– Cosa faccio adesso Sergio?

– Guarda, non per niente ma al tuo posto io, prenderei una decisione seria. Questo ladruncolo è pericoloso. Ti va a mettere nei guai.

– Quanto vuoi per tirarlo fuori di là e portare il ragazzo qui?

– Non fare questo, uomo. Pensa bene… Facciamolo sparire questo tipo. Questo libero ti fotte la vita…

– Io non farò ammazzare il ragazzo, Sergio. Lì dove si trova è già troppo. È un ragazzino… Sta solamente giocando al poliziotto…

– Guarda, Alvaro, io sono amico da circa quattro anni. Sai che non ti direi questo. Se vuoi liberare il ragazzo, io non voglio responsabilità. Ti darà solo merda, mi ascolti?

– Qual è l’altra soluzione che proponi… Io non ho il coraggio di fare un patto di questo tipo…

– Lascia fare a me, già fatto. Tu non dovrai fare niente. Ventimila ed è tutto risolto. Tu paghi quando ti va. Approfitto del fatto che ero già pronto a fare una capatina di servizio per alcune sparatorie, un pezzo di carne in più non peserà nella bilancia di San Pietro…

– Non so… è fottutamente difficile prendere una decisione come questa…

– Come? Vuoi risolvere questo velocemente, già questa notte, o preferisci entrare nel peggior incubo della tua vita? Smettila di essere tonto, uomo.

– Allora, va bene ma è così: nessuno mai dovrà sapere di questa decisione. Mai. Neanche sognarlo, sentito, Macaco?

– Cosa mi dici, Artista? Io sono il silenzio fatto tomba…

– Questo posso anche essere capace di pensarlo… Bene, domani pomeriggio mi dai un colpo di telefono, e sistemiamo la questione del denaro, va bene?

– Non preoccuparti. Già fatto. Tu sei un genio. Io sono un tuo fan. Lascia fare a me… Dormi tranquillo, che con il paparino qui è tutto pulito? Ci vediamo.

– Che casino, mio dio? Una e mezza del mattino. A quest’ora avranno già ammazzato Mobral? Mi fanno orrore questi atti di violenza. Orrore! Se potessi dormirei una settimana intera, solo per non pensare a questo. Poverino Mobral… con quel suo volto di fuoco privo di successo…Dio mio che paura questa condizione… Dove è la bottiglia? È sparita cazzo! Ah è qui. Io dovevo alzarmi alle 8 del mattino per lavorare… Neanche per sogno… Mi sono già promesso che con questi ragazzi, nella mia vita mai più… Sto pensando persino di sposarmi con una donna molto ricca, che diventi molto grassa, partorendo una figliolata grande così… Così nessuno mi scasserà più le palle… Ghiaccio…. Dove è il ghiaccio? È qui… Uno. Due. Basta. Questo drink, voglio dedicarlo al mio amico Mobral, che Il Padre del Cielo gli dia un paio di scarpe da tennis Nike, capito, Mobral? Molto bello… Sono fottuto, ma mi piaci molto, capito ragazzino? Tu sei delizioso capito? Salute…

 

[1]                     Non lontano da dove io stesso -come scoprii con lui- sarei andato ad abitare.

[2]                     L’intelligenza di questo racconto è la divisioni, senza sconti, in 4 ordini feroci di sopravvivenza, 1) L’ordine della polizia (legittimato) 2) L’ordine squadrista (illegalmente legittimato) 3) L’ordine dell’Intellighenzia (che legittima propria forma di inferiorità sociale – l’omosessualità e l’uso delle droghe- attraverso il prestigio di casta e la banale ricchezza) 4) Il sub-ordine (deprivato di diritti di cittadinanza ed umanità) di chi vive usando il proprio corpo  e soccombe agli ordini superiori.

[3]                     Noto quartiere di lusso di Rio de Janeiro, famoso per i ristoranti, le boutique di alta moda, e per la frequentazione di facoltosi membri dell’omosessualità carioca.

[4]                     Nome di un quartiere popolare di Rio de Janeiro.

[5]                     Nel testo dice ragazzo, giovane, come modo di dire ma io ho preferito uomo, per distinguere meglio la loro relazione di amicizia dal ragazzo Mobral

[6]                     Il riferimento è agli squadroni della morte che su richiesta della classe media o alta brasiliana andavano a prelevare, uccidere i molesti o problematici ragazzi di strada.

[7]                     In originale nel testo ‘Minha Santa Leocàdia’.

 

Immagine in evidenza: Foto di Melina Piccolo

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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