I FIGLI DELLA MESOPOTAMIA
Poesie di Doğan Akçali
RABARBARO
Al sorgere del sole iniziava la gioia sui nostri visi
Un sacco nelle mani, la prima colazione e un paio di cose
Metà di marzo o inizio d’aprile
Cresceva e si univa la felicità infantile nei nostri occhi
Quasi come una gara tra di noi
Il terreno era bagnato e franava sotto i piedi
Le pietre rotolavano tra i nostri piedi
Nonostante tutto raccoglievamo i rabarbari
Ci incontravamo all’ombra dei platani, vicino alla fontana
Bevevamo la sua acqua ghiacciata
Eppure sapevo che il rabarbaro apparteneva ai curdi
Perché cresce in luoghi difficili, montuosi, rocciosi, come i curdi
Cresce come pelle esposta al sole
Non vive negli orti, nei giardini
È una pianta che ama vivere nelle difficoltà
Non si fa cibo col rabarbaro da noi.
E più tardi ho capito che l’amore è bello quando si raccoglie
E più tardi ho sentito dagli europei che il rabarbaro si fa dolce
E più tardi ho saputo che vive come noi curdi, appartiene ai nostri monti
Il rabarbaro è una pianta che appartiene alla geografia curda.
E l’amore ha un sapore acidulo, come il rabarbaro.
IL MARE NON È PIÙ LIMPIDO
Il mare non è più blu
Le grida sono rimaste
Le vite trattenute dalle alghe
Il mare non è più limpido
I pesci hanno pianto i bambini
E il mare ha raccolto le onde
Le onde si sono arrabbiate
I corpi senza vita sulla spiaggia
Il mare non è stagnante
Che tante vite ha rubato!
Quante lacrime hanno versato!
E quanto aspettare impotente!
Il mare è l’inizio di una storia triste.
MERAVIGLIA DEL MONDO
Ti conosco dalla storia leggendaria
Alla costruzione di Babilonia
Nel periodo della regina Semiramide
Nei giardini pensili
Nella cultura della Mesopotamia
Nei libri sacri
E sei la mia meraviglia nel mondo bella mia
Ti conosco di una storia liberata, celebrata
Nel periodo del fabbro Kawa
Nella città di Ninowa
Accendendo il fuoco della libertà
E ardendo le torce da una mano all’altra
Sulle montagne
Ti conosco dalle storie vinte
A Kobane
Sei una combattente della libertà
E ti conoscerò bella mia
Amore mio
Io so e anche tu saprai
Che la Mesopotamia sarà il nostro amore fluente.
LA LUCE SANTA
Mi sento come le città assediate da tutti i lati
Mi sento disperato
I sogni vengono bombardati
Le speranze vengono circondate dai fili spinati
I sentimenti vengono sparati senza scrupoli
Le gioie vengono saccheggiate
Spengono le luci negli occhi dei bambini
Fanno aumentare le grida delle madri
Mi sento come il mio paese diviso in quattro parti
Voglio credere in una luce divina
Abbraccio la mia luce
Come abbracciare la terra
Come abbracciare le stelle, le nuvole, il cielo
Come abbracciare il mare, le montagne, la natura
Come baciare la fronte della vita
E corro verso la mia luce santa
Mi perdo consapevole nella luce.
Seguendola entro in un cuore santo
E tutte le belle cose diventano l’amore
E io divento l’amore negli occhi santi
Come Luce Santa.
DAL BUIO ALLA LUCE RESISTENTE
La storia è un simbolo della resistenza
La storia è una ribellione alla persecuzione
Noi possiamo cambiare la storia
Oppure la storia ci cambia
Noi possiamo riscrivere la storia
Oppure la storia ci può scrivere nel buio
Noi possiamo giudicare la storia
Oppure la storia giudica la falsa gente
E ogni storia è la fine di un dittatore
Ogni canzone è una sintesi della vita
In ogni canzone aumenta la voce della gioia
In ogni canzone aumenta il grido di vittoria
Le canzoni distribuiscono la speranza in ogni luogo
E la storia scorre nei fiumi, nelle canzoni combattenti
Nascono gli eroi impavidi, le eroine impavide
Le leggende nascono con la storia scritta con le lettere d’oro
Le leggende infinite nascono dal buio alla luce
E ogni canzone è il continuo della storia scolpita
E ogni canzone è la storia vissuta.
LA COLPA È NOSTRA
Siamo stati colpiti in tanti
Siamo colpiti ancora
Colpo di stato
Colpo di stato dei taciturni
La colpa è nostra
Colpa dei taciturni.
Aspettiamo di morire silenziosamente
Siamo stati uccisi in tanti
Siamo uccisi spietatamente
Davanti agli occhi di tutto il mondo
Il silenzio del mondo ci sta soffocando
L’oscurità ci sta soffocando
E un giorno il fuoco toccherà tutti
Il fuoco si estenderà in Mesopotamia
C’è il massacro in Kurdistan
C’è un genocidio nel paradiso di Dio.
IL TEMPO È IN SILENZIO
E l’assassino è venuto con la morte
E la morte ha conosciuto il suo tempo
Il tempo è già in silenzio
Sul tempo ci sono le macchie di sangue.
Sul tempo ci sono le tracce dei proiettili.
E la pace è stata colpita
L’uomo di pace è stato colpito
I piccioni della pace sono stati colpiti
Il giorno ha cominciato a piangere
Il sole ha taciuto
Ed il tempo si è vergognato di sé.
Ma l’umanità non si è vergognata
E l’assassino ha cominciato a prendere ogni giorno un corpo.
L’assassino è abituato ad uccidere
E ora a chi tocca?
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Doğan Akçali, poeta curdo, nasce nel villaggio di Akcali, Adiyaman, in Turchia nel 1980. Esule politico, in Italia da cinque anni, ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, scegliendo poi l’italiano come lingua poetica. “La poesia è stata per me la prima esperienza di vera libertà” dice di sé il poeta.Le sue parole risentono profondamente delle esperienze giovanili di oppressione e di violenza, sono pervase di dolore, amarezza, rabbia, coraggio, romanticismo e nostalgia per gli affetti lontani. Nei suoi versi compare spesso il tema della politica, della vita quotidiana lontana dalla patria, delle mille difficoltà dell’esule. Il poeta le affronta sempre con orgoglio e grande energia, non di rado con levità d’animo, lasciando spazio a esperienze ed emozioni universali e fortemente vitali come l’amore.
Foto in evidenza di Teri Allen-Piccolo.
Foto dell’autore a cura di Doğan Akçali.