MADRE IL FANGO ROSSO INVADE LA NOSTRA CASA: IN MEMORIA DI FRANCESCA GARGALLO, SELEZIONE POETICA

07 donna radici

(immagine di copertina: dalla Fotogallery di Francesca Brà e Enrica Luceri)

 

In ricordo di Francesca Gargallo, scomparsa lo scorso 3 marzo, condividiamo un estratto dalla sua opera. Abbiamo scelto quattro sue poesie apparse in edizione italiana all’interno di Se posso partecipo (Aracne editrice, 2020), traduzione di Valeria Manca. La selezione dei testi è a cura di Lucia Cupertino.

 

 

I

Cantano le nostalgie con meno
assiduità, le migranti.
È lo stesso desiderio, però
quello che dedicano ai cantari
e i colibrì
i geroglifici nelle cortecce delle loro selve.

Può essere
come dicono nelle università
che abbiano
la gola chiusa
o che sopportino il peso del dolore dei loro compagni
(con tanto peso respirare fa male).

Senza voce
raccolgono caffè
quando attraversano la frontiera
afone lavano biancheria altrui
nascondono le grazie nel refettorio
della casa del migrante.

Temono, ovviamente, lo stupro.
La minaccia in abiti militari.
I poliziotti esigono gratificazioni corporee
e la schiavitù sessuale è un affare per i trafficanti.
In media due stupri costa il pedaggio
che pagano le sconcertate farfalle
dal verde Usumacinta ai cactus dell’Arizona.

Quando sono ancora alla frontiera si iniettano
anticoncezionali per un mese.

Le coraggiose timorose
gracchiano i loro canti
e incitano alla rabbia.
Non è la paura.

Sanno che i debiti non hanno genere
e lo stato riconosce
che le rimesse sono l’incasso principale.
Corruzione
delinquenza
traffico incitano al viaggio.

Espatriate senza nome
nascoste nei bordi
di una lingua senza luogo
hanno dimenticato le strofe
si sono cancellate le poesie
le loro divinità ricevono lodi consunte.

Le guardo vagare sui bordi delle autostrade
compro loro il biglietto di una corriera
perché me lo chiedono a voce bassa.

Non è la paura.

Conservano l’aroma delle mattine
la festa patronale
anche se non difenderebbero
un baule di ricordi inadeguati.

Dicono che la lingua è materna
che ballata passeranno alle figlie
varrà un canto questa agonia di popolo muto?
Le loro stesse madri le hanno benedette senza lodi.

Non hanno quasi parola propria, le migranti.
Solo sulla porta del bagno
una dama di parasole e ventaglio
unico corpo di tette.

Non è la paura.
La loro audacia è silenziosa
le migranti non indietreggiano
davanti all’indicibile.
Lasciare la casa spiega le loro ali.

 

I

Cantan sus nostalgias con menor
asiduidad, las migrantes.
Es la misma añoranza, sin embargo
la que dedican a los cántaros
los colibrís
los jeroglífìcos en las cortezas de sus selvas.

Puede ser
como dicen en las universidades
que tengan
la garganta cerrada
o que asuman la carga de dolor de sus compañeros
(con tanto peso respirar duele).

Sin voz
pizcan café
al cruzar la frontera
áfonas lavan ropa ajena
disimulan las gracias en el comedor
de la casa del migrante.

Temen, por supuesto, el estupro.
Las acecha desde los atavíos militares.
Los policías exigen sus gratificaciones de cuerpo
y la esclavitud sexual es negocio de traficantes.
En promedio dos violaciones cuesta el peaje
que pagan las azoradas mariposas
del verde Usumacinta a los cactos de Arizona.

Todavía en la línea se inyectan
anticonceptivos para un mes.

Las valientes temerosas
graznan sus cantos
e incitan al coraje.
No es el miedo.

Saben que las deudas no tienen género
y el estado reconoce
que las remesas son su primer ingreso.
Corrupción
delincuencia
tráfico apuran el viaje.

Expatriadas sin nombre
escondidas en las aristas
de una lengua sin lugar
se les han borrado las coplas
sus dioses reciben alabanzas desgastadas.

Las miro deambular a orillas de las autopistas
les compro el boleto de un bus
porque me lo piden
a media voz.
No es el miedo.

Guardan el aroma de las mañanas
la fiesta patronal
aunque no defenderían
un baúl de memorias inadecuadas.

Dicen que la lengua es materna
¿qué trova pasarán a sus hijas
valdrá un canto esta agonía de pueblo mudo?
Sus mismas madres las bendijeron sin loas.

No tienen casi palabras propias las migrantes.
Solo en la puerta del baño
una dama de parasol y abanico
único cuerpo de tetas.

No es el miedo.
Su audacia es silente
las migrantes no arredran
ante lo indecible.
Que dejar la casa despliega las alas.

 

II

Ad Anabel Flores Salazar, giornalista di 27 anni, in memoriam

Il suo corpo caldo di latte,
il bassoventre ancora fuori posto,
quindici giorni dopo il parto scriveva.
Nelle mattine di tortillas
mattiniera come la sua provincia,
con il figlio di due anni scriveva.
Cronache, a volte una immagine
la parola semplice del giornale
ancora una, l’ultima
diciannove giornalisti assassinati a Veracruz
Facevano paura
con le loro penne da poveri
definendo delitti possibili

Niente da fare
approfittavano di date importanti per gli articoli con cui mangiavano
Regina Martínez Pérez la strangolarono nella sua casa
e batterono sul tavolo martello di condanna
la rivista importante
la sua inchiesta dettagliata

Di Yolanda dicono che era sorridente
un buongustaio Misael
Miguel Ángel y Miguel riflessivi e a volte
amanti di un buon caffè.

Sommamente concentrato
offuscato
dalla foto in cui non è venuto bene
l’assassino di scrivani
li veste di borse di plastica e ferite.

Per le cronache inedite la tirarono fuori
da casa all’ora della colazione
Anabel, da poco madre,
piena di latte e sonno dormito male.
Non diffonderanno la foto del suo corpo morto.
Uniformi e gesti bruschi l’hanno strattonata
avevano ordini e nessun dubbio.

Dice la mia amica che non può immaginare la sua terrificante agonia
il suo dolore per lasciare senza latte il bebè di quindici giorni
senza madre il figlio di due anni.
Non può ascoltarlo non può leggerlo non ne può più.
Messico è il sostantivo di disgusto.

 

II

Para Anabel Flores Salazar; periodista, 27 años, in memonam

Su cuerpo cálido de leche,
la entrepierna todavía descolocada,
a los quince días de parir escribía.
En las mañanas de tortillas,
tempranera como su provincia,
con el hijo de dos años escribía.
Crónicas, en ocasiones una imagen
la palabra sencilla del diario
una más la última
diecinueve periodistas asesinados en Veracruz
Eran de temer
son sus plumas de pobres
calificando delitos probables

Ni hablar
aprovechaban fechas importantes para las notas del pan
A Regina Martínez Pérez la estrangularon en casa
y sonaron en la mesa a martillo de condena
la revista importante
su precisa investigación

De Yolanda dicen que era sonriente
de buen paladar Misael
Miguel Ángel y Miguel reflexivos y tal vez
amantes de un buen café.

Sumamente centrado
ofuscado
por la foto que le desfavorece
el asesino de escribanos
los viste de bolsas de plásticos y heridas.

Por crónicas inéditas la sacaron
de su casa a la hora del desayuno
Anabel, la mamá reciente,
gorda de leche y sueño mal dormido.
No difundirán la foto de su cuerpo muerto.
Uniformes y gestos bruscos la empujaron
tenían órdenes y ninguna duda.

Dice mi amiga que no puede imaginar su terrorífica agonia
su dolor por dejar sin leche al bebé de quince dias
sin madre al hijo de dos años.
No puede escucharlo no puede leerlo no puede más.
México es un sustantivo de hartazgo.

 

III

Colpa della compagnia mineraria sul Fiume Dulce

Prima fu il rumore nel pomeriggio domenicale
non ci fu allarme
solo un eco sotto il sole
un tuono di acqua

Si è rotta la diga, gridò la donna che arrivò correndo
Madre corri, corri madre
Non ti girare indietro,
madre il fango rosso invade la nostra casa
la lama oscura trascina via le tue piantagioni
gli animali, le foto, il passato
la oscura lama

Sali madre, sali sulla collina
guarda che il bambino si arrampica sull’aguacate,
la capra fugge sul monte
guarda che il vecchio piange il suo lavoro nell’orto
Andiamo madre che la piazza si tinge di scuro
si inonda il campo di calcio

Non mi lasciare. Non ti lascio

Vicino, dove ritornerai a vivere con me?

Speranza, distruzione, speranza

Dove andrà a vivere il mio fiume?

 

III

Culpa minera con el Rio Dulce

Primero fue el ruido en la tarde dominguera
no hubo alerta
solo un eco bajo el sol
un trueno de agua

Se rompió el dique, gritó la mujer que llegó corriendo

Madre corre, corre madre
No voltees, madre
a nuestra casa la invade el barro rojo
la lama oscura arrastra tus plantaciones
los animales, las fotos, el pasado
la oscura lama

Sube madre, sube al cerro
mira que el niño trepa el aguacate,
la cabra huye al monte
mira que el viejo llora su trabajo en el huerto
Vamos madre que la plaza se tiñe de oscuro
se inunda la cancha de fútbol

No me dejes. No te dejo

Vecino, ¿dónde volverás a vivir conmigo?

Esperanza, destrucción, esperanza

¿Dónde va a vivir mi río?

 

IV

Fukushima perché Chernobil non è stato sufficiente

Il terremoto ha distrutto le loro case,
solleva il panico l’onda nel mare.
Intanto, quattro reattori nucleari compiono il loro destino
si inonda di radiazioni l’atmosfera
ci sono eroi inutili tra i pompieri
e la madre che piange suo figlio è inconsolabile.

La Russia e il Giappone progettano
una centrale marittima
che navighi senza testimoni
nelle acque di un Artico morto.

 

IV

Fukushima porque Chernòbil no fue suficiente

El terremoto ha destruido sus casas,
enarbola el pánico la ola del mar.
Mientras,
cuatro reactores nucleares cumplen su destino
se inunda de radiaciones la atmósfera
hay héroes inútiles entre los bomberos
y la madre que llora a su hijo es inconsolable.

Rusia y Japón planean
una central marítima
que navegue sin testigos
en las aguas de un Ártico muerto.

 

Francesca-Gargallo

FRANCESCA GARGALLO CELENTANI

Scrittrice, viaggiatrice, madre di Helena, membro di diverse reti di amici e amiche, Francesca Gargallo è una femminista autonoma che a partire dall’incontro con le donne in dialogo ha provato a generare una vita migliore per le donne in varie parti del mondo. Si è laureata in Filosofia presso l’Università La Sapienza e ha un dottorato in Studi Latinoamericani presso l’Unam del Messico, si occupa principalmente di storia delle idee femministe e cerca di comprendere gli elementi di ogni cultura nella costruzione del femminismo, inteso come azione politica “per le donne” e registrare le reazioni che suscitano nel mondo accademico, politico e della vita quotidiana. Innamorata delle arti plastiche, cerca nelle opere artistiche espressione di piacere e forza d’essere donne; narratrice, nei suoi personaggi ha la possibilità di proporre altri punti di vista sulla realtà che non siano misogini; viaggiatrice, dà valore ai passi delle donne e all’incontro in un mondo che appartiene a loro. Tra i suoi romanzi ricordiamo: Estar en el mundo; Marcha seca; La decisión del capitán, tra gli altri. Il suo libro di racconti Verano con lluvia è stato letto da femministe di vari paesi e ha ricevuto buona critica. Tra i suoi libri di ricerca: Garífuna, Garínagu, Caribe (sulla storia del popolo garifuna);  Ideas Feministas Latinoamericanas (una storia delle idee femministe in America Latina); , Saharaui, el pueblo del sol  (riflessione sulla storia del popolo Saharawi per trent’anni in esilio in Algeria).  Nata a a Siracusa, 1956. Vive in Messico dal 1979.

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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