Lettera di Abdellatif Laâbi ad Ashraf Fayadh, trad. di Sana Darghmouni

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Lettera di Abdellatif Laâbi ad Ashraf Fayadh, pubblicata come prefazione alla traduzione francese “Je vis des moments difficiles”

 

Mio caro Ashraf,

Mi piacerebbe cominciare questa lettera, anche se non è mia abitudine, con una citazione: “il coraggio è una questione di organizzazione”, come diceva André Malraux. Perché questo? Sai che sono stato io stesso imprigionato per degli anni e che ad un certo momento di questa esperienza, la mia vita è stata messa in pericolo. Quindi posso un po’ mettermi nei tuoi panni, provare a indovinare ciò che attraversa il tuo spirito, cuore e intestino, immaginare come ti organizzi appunto affinché il coraggio non ti manchi. Su questo ultimo punto, so, sappiamo che hai una risorsa di primo ordine: la poesia, che non esiterei a definire come una scuola di coraggio. E il vero coraggio non risiede in ciò che questa scuola ci insegna a praticare: la verità su sé stessi, qualunque cosa ci costi, il rifiuto dei consensi, di qualunque natura, l’indipendenza dai poteri costituiti, il legame con la lingua nella quale ci esprimiamo, la fedeltà alla parola data in quel che scriviamo?

Avendo letto le tue “Istruzioni sono all’interno”, prima in arabo e ancora più intimamente traducendole in francese, ho acquisito la convinzione che hai perfettamente onorato le esigenze di un tale insegnamento e ben integrato i principi della sua etica. Ed è ciò che ti permette sicuramente di tenere, nella tua cella, la testa alta, ma che dico, nelle stelle. Di tenere, anche nella notte scura, gli occhi aperti sul tuo interno e sull’esterno, sulla condizione umana.

Sai Ashraf, mi capita di avere un’idea folle, persino stravagante, quella di pensare che nei paesi dove regna l’arbitrario o dove la libertà è violata, o la dignità umana è calpestata, allora il vero posto del poeta è…in prigione! E’ da questa roccaforte o da questa “cittadella d’esilio” che può meglio denunciare il regime che opprime il suo popolo. In effetti, è questo regime che denuncia sé stesso, nel modo più eloquente, mettendo il poeta in prigione!

Dai, torniamo alle cose più sensate ed eminentemente desiderate! La tua libertà piena e totale, che noi, in tutto il mondo, migliaia di poeti e centinaia di migliaia di cittadini, esigiamo. Sì, continuiamo a costruire questo sogno, e crediamoci fermamente! Manteniamo la speranza, insieme.

Ti abbraccio.

Fraternamente.

Abdellatif Laâbi

 

 

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Abdellatif Laâbi  è un poeta marocchino, nato a Fez nel 1942. Nel 1966, nel suo paese, dove era insegnante di francese, ha fondato con altri poeti  l’importante rivista letteraria  Souffles,  considerata punto d’incontro  per poeti che sentivano l’emergere  della necessità di  una presa di posizione poetica  e del suo rinnovamento. La rivista ben presto servì a cristallizzare  tutte le  energie creative marocchine  comprese quelle di pittori, registi, operatori teatrali, ricercatori e intellettuali. La rivista venne messa al bando nel 1972 , ma per tutto il periodo delal sua breve esistenza  aprì la vita artistica del paese alle esperienze culturali di altri paesi  sia del Maghreb che del Terzo Mondo. A causa delle sue convinzioni politiche e dei suoi scritti, Abdellatif Laâbi fu incarcerato, torturato e condannato a dieci anni di prigione  per “reati di opinione” che scontò tra il 1972 e il 1980.  Nel 1985 fu costretto all’esilio in Francia.

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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