“Le Pupazze” sincretismo religioso nella Calabria grecanica – di Maria Zappia

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29666354_10213415033764801_534810646_nIl sincretismo religioso così presente tra i popoli sudamericani ed africani, trova nella Calabria di lingua greca una importante manifestazione la domenica delle Palme e si esprime in un rito in cui sacro e profano si fondono in una commistione di gesti ed immagini in cui il folklore lascia il posto alla riflessione antropologica sulla stratificazione di popoli e sulla contaminazione di culture eterogenee diffusa in tutto il meridione di Italia. A Bova Superiore, lungo il percorso di quella che universalmente, nel mondo cattolico, è la processione delle Palme compaiono delle misteriose sagome vegetali, evocative di una femminilità sontuosa e fertile. Sono le “Pupazze”, realizzate con rami e fiori intrecciati: diverse per dimensioni, realizzate con rami di olivo della varietà sinopolese e foglie di palma, si distinguono in madri e figlie e vengono realizzate, nei giorni precedenti la festa, dall’intera comunità del piccolo centro, che manifesta in questi momenti, una forte identità culturale. Fulcro dell’intera manifestazione è l’ingresso in chiesa delle sagome, ai fini della benedizione, momento che rinsalda e pacifica le due diverse culture che il piccolo borgo esprime: quella ellenofona degli originari abitanti dei luoghi e quella cristiana dei successivi conquistatori.

29344931_10213407805904109_102098715_nAll’occhio dell’osservatore curioso e smaliziato non può sfuggire la profonda diversità simbolica tra le figure vegetali multicolori e le tradizionali statue che altrove vengono portate in processione durante i riti pasquali: in effetti, la chiave per comprendere l’origine delle Pupazze va nella direzione dei culti misterici e orfici diffusi nel mondo ellenistico. Bova è il centro linguistico dell’area grecanica calabrese, un’enclave dove tutt’ora ci si esprime in greco antico, geograficamente vicina a Locri, sede di un importante tempio dedicato a Persefone. Ecco dunque chiarita la presenza, nel corteo Bovese, di sagome piccole -“figlie” – e sagome più grandi -“madri”- entrambe adorne di fiori e frutta, ad identificare le mitiche divinità Persefone e Demetra. Creature squisitamente femminili legate al ciclo della natura: l’una materna energica e feconda, l’altra fragile e bisognosa di protezione che manifestano anche il legame madre-figlia e la proiezione del sé spesso esistente tra esseri di uguale sesso ma di diversa età.

29745470_10213407805504099_264362883_nSecondo la narrazione mitologica Ades, signore dell’oltretomba, rapì la giovane Persefone mentre raccoglieva fiori in un campo e la condusse nel regno dell’oltretomba. La madre Demetra, disperata, la cercò per nove giorni senza nutrirsi ed allorquando apprese che Zeus in persona aveva promesso in sposa l’amata figlia al fratello, rifiutò di tornare sull’Olimpo e si stabili ad Eleusi dove assunte le sembianze di vecchia svolse il ruolo di nutrice di Demofonte, figlio del re Celeo. Lasciato il palazzo, in segno di ricompensa fu eretto in Eleusi un santuario all’interno del quale Demetra si rifugiò. Quando Persefone tornò in superficie, a seguito delle suppliche della madre a Zeus, Demetra divenne gioiosa e fece rifiorire la terra e le messi che prima durante l’assenza della figlia aveva inaridito.

Grata dell’ospitalità ricevuta dagli abitanti di Eleusi Demetra insegnò a costoro l’arte dell’agricoltura e in seguito la città divenne il centro dei suoi riti misteriosi.

29663613_10213407805144090_999249399_nCosì spogliato dalle stratificazioni successive imposte dalla tradizione cattolica, che operò un processo di latinizzazione forzata a partire dai secoli XV e XVI probabilmente determinò l’aggiunta, nel rito della palma all’olivo, quello delle sagome vegetali, presso le popolazioni antiche altro non era che un rito propiziatorio della fertilità che ripropone il fondamentale nesso tra l’agricoltura e il destino degli uomini. La rinascita di Persefone e l’ascesa dall’oltretomba per otto mesi l’anno simboleggia, in altri termini, la rinascita di tutte le piante e ripropone l’eternità della vita che replica le generazioni.

L’altra peculiarità della “Pupazze”, anch’essa altamente simbolica e determinata dall’essere portate in processione dagli uomini e dall’essere adornate, proprio come divinità pagane, con monili fatti di frutta e fiori in un tripudio di colori che più che identificarsi con la sobrietà pasquale manifesta sia la rinascita dello spirito dopo i rigori invernali e sia uno speciale tributo maschile alla fecondità del genere femminile. Ed infine, le figure vegetali, rivivono, sia pure ridotte in ramoscelli, all’interno delle case dei Bovesi allorquando, distrutte le Pupazze al termine della processione, sul sagrato della chiesa, e ridotte in “steddhi” vengono collocate dai singoli partecipanti, in camera da letto o in campagna. La “steddha, di valore beneagurante, ripropone la duplicità insita in tutto il rito poiché l’elemento naturale, umile e terrestre, per effetto dell’acqua benedetta, diviene una sorta di talismano che bruciato serve per togliere il “malocchio” e per fare degli scongiuri.

A Bova dunque s’intrecciano sacro e profano, elevazione mistica e riti arcaici, tutti racchiusi in femminee trionfanti visioni che ricongiungono l’uomo alla propria autentica dimensione culturale ed antropologica.

 

 

 

Servizio a cura di Saverio Caracciolo,  per gentile concessione del videomaker, con clip scelte appositamente per accompagnare l’articolo di Maria Zappia.

 

 

 

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Maria Zappia, nata nel 1965, è calabrese ed esercita la professione di avvocato civilista. E’ tra i collaboratori della rivista giuridica on line “Persona e Danno” curata dal Prof. Paolo Cendon e rivolge la propria attenzione a tematiche di diritto civile: sostanziale e processuale. Si occupa prevalentemente di responsabilità medica, di diritto del lavoro privato e pubblico, diritto dei minori e della famiglia, di responsabilità civile. Ha approfondito l’istituto degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. Nelle discipline penalistiche ha affrontato, in più occasioni, la fattispecie della diffamazione sui social. Rivolge i propri interessi nei riguardi di letteratura e poesia scrivendo su Zoomsud, giornale on line diretto dal giornalista Aldo Varano. Ha vissuto lunghi periodi in Marocco e i prolungati contatti con la realtà del Maghreb, le hanno permesso di ampliare i propri orizzonti umani e culturali.

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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