Le parole accanto silloge poetica di Michela Zanarella (Interno Poesia Editore 2017)

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La raccolta poetica di Michela si compone di due parti distinte. Nella prima parte la poeta si rivolge soprattutto a un “tu” dialogante, a una presenza spirituale  che incarna l’anima della sua terra di nascita.

Gli affetti più cari della sua gioventù emergono sotto forma di trame di ricordi, nostalgie, struggimenti, rarefatta bellezza di natura sospesa tra mare e vette all’orizzonte, tra nebbia e ghiacciai.  Tra tutte le presenze famigliari si staglia più nitida e definita la figura del padre a cui la poeta è unita da un rapporto di amore profondo, così come profondamente dolorosa è stata la separazione fisica da lui, separazione avvenuta non per un accidente della vita, ma per una scelta consapevole anche se malinconica e pesante da sopportare. L’apertura della silloge è fondamentale per comprendere lo svolgersi di questo ricchissimo rapporto che sorregge Michela anche nelle scelte, nelle gioie, nelle traversie e nei dolori dell’età adulta.

 

Impara a custodire il tempo

Impara a custodire il tempo – mi dicevi

come se fossi in punta di piedi

a sciogliere le trame della vita.

E io che non capivo

fingevo di contare le nuvole

tra cumuli d’azzurro

per farle esistere anche oltre la luna.

Mi chiedevo, sai, cosa fossero i giorni

e perché dopo la luce ci fosse il buio

ma non sapevo che tu volessi insegnarmi

ad amare gli attimi,

quelli fatti di respiri accennati

e quelli infranti quasi alla deriva.

Allora era un gioco

indovinare il senso delle tue parole

e dare un ordine alle stagioni,

ora è la misura dei miei passi

che ho scelto in piena volontà

per farmi donna adulta

che sa quanto conta un’alba

e quanto valgono i silenzi

nascosti tra le lacrime.

Non so se ho imparato abbastanza

ma riesco ad aprire gli occhi al cielo

e a non buttare via niente

di ciò che appare e scompare.

Tengo stretta la tua voce

e quel consiglio sussurrato piano

che mi ricorda di te

e delle estati consumate

a chiamare lucciole sui prati.

 

Il cammino a ritroso nei ricordi e nelle radici della poetessa continua attraverso le immagini di passato e di sentimenti vivi nel presente:

 

Dove la Brenta

 

È l’odore di nebbia

che mi rassicura.

Sto nelle schiene verdi

della mia terra

dove la Brenta

ha rami limpidi

e voci silenziose.

Mi è cresciuto in vena

quel docile orizzonte

fragile di sole

e so dove hanno fermento

le nuvole.

Legata ai vezzi del cielo

lascio che il tempo smuova

le sorti della pianura.

Se ascolto la pelle

vedo lembi di fiume

e ad un palmo la mia origine.

 

Non posso dimenticare

 

Non posso dimenticare

le sere spese ad inseguire lucciole

tra i campi

e quel mondo alle spalle della luna

mentre il canale taceva

di rane ormai lontane.

Se il tempo mi ha portato altrove

non è colpa delle stelle

e nemmeno del vento

che ha rimediato la mia assenza

con altre stagioni in fasce.

Domani,

quando la nebbia riempirà il cielo

e avrà preso il posto delle nuvole

io la sentirò stringermi l’anima

come se mi appartenesse ancora

quel strappare confidenze alla pianura

chiudendo a ragnatela

le polveri della terra,

una terra che mi sfugge solo nella distanza

ma che è pur sempre

radice che confina col mio sangue.

 

 

In lontananza

 

Ci pensi a quel tempo che abbiamo stretto

mano nella mano

senza stupirci se io inciampavo

dietro ai tuoi passi grandi di padre.

Sono passati gli anni

e di allora ricordo

che mi spaventava la tua assenza.

Ti cercavo come si cerca l’aria

quando la luna scompare

e non rimane che un margine di luce

addosso alla notte.

Lo so, la vita ti insegna presto

a capire le distanze

e a sfiorare l’ombra di un volto di spalle

confondendo il tono del cielo

con un silenzio che prega il ritorno.

Ho scelto di andare

senza lasciare incompiuti i miei sogni

senza pensare che mi saresti mancato

come quando da bambina t’inseguivo

per le scale

e oggi ti parlo da donna

che conosce a memoria le tue rughe

e che ti chiama con la mente

a respirarmi in lontananza.

 

Dalla visione più intima, personale, riservata della dimensione degli affetti, “Nel silenzio che rimane” ci conduce ad una più universale ricerca del senso del dolore e della morte:

 

Nel silenzio che rimane

 

Potrei far finta

che il dolore non mi appartiene

ma non so guardare il cielo

senza sentire il peso di una terra

che spreme anime e confini

giorno dopo giorno.

È una conta di lacrime

che scompone mani

fino a spingerle a scavare senza fine

dove parla solo l’odore impregnato della pietra.

E allora il buio torna ad inasprire

i miei occhi

di una pioggia che sa di vite spente

accanto alle macerie.

Ancora l’estate preme sulle strade

ma tuona addosso alle pareti

un calore che assomiglia all’inferno

e fa sparire sogni e smantella sguardi

come un inganno che nel sonno

moltiplica la morte.

No, non posso dimenticare

chi è svanito come polvere

e si è fatto angelo

di un altro tempo,

così cerco un senso

nel silenzio che rimane

scrivendo nella notte

di tutta quella luce che scompare.

 

Dalle riflessioni di Michela sulle esperienze di vita personali e famigliari nasce la “La vita ti cambia”:

 

La vita ti cambia

 

La vita ti cambia

da quando apri gli occhi

e lasci il posto al seno

di tua madre

prima di affondare le labbra

in un amore che sa di latte

silenzio dolce, istinto distratto

che cerca subito il mondo

al primo singhiozzo.

Nemmeno si conosce l’aria

e già si grida per respirare

accanto alla luce

aggrappati ad uno sguardo

che non ha segreti.

Così impari a fuggire

tra i fiori del tempo

succhiando a memoria il destino

inciampando, inciampando ancora

senza capire

che a volte il buio non capita

ma è cucito sulla pelle

tatuato in un disegno preciso.

La vita ti cambia

come un fiume che si adegua alla corrente

ed è chiaro

che non sei più lo stesso

neppure nelle cellule

una volta che ti perdi

fino a calpestare la notte

fino a nutrirla di lacrime.

Allora aspetti che sia la pioggia

a lavare via le polveri

dei giorni spezzati

e ti rendi conto che solo il cielo

sa proteggerti

come in un sogno a colori.

Negli ultimi versi la lirica si apre ad una visione di accettazione del mondo con tutto quanto la vita può offrire e privare, fino a raggiungere la consapevolezza di aver maturato il coraggio ad affrontare la vita ed il destino imprevedibile e beffardo che l’esistenza ci propone ogni giorno, in “Apro la pelle ai giorni”:

 

Apro la pelle ai giorni

 

Apro la pelle ai giorni

e mi faccio coraggio

oggi per domani e domani ancora

fino ad innamorarmi della notte

e poi del giorno

come se fossi al primo inchino

alla vita.

Perché non posso spaventarmi

della prima ombra che appare

o della ferita che sanguina appena.

Allora cammino a piedi scalzi

tra le cose

inciampo cado mi rialzo

e consumo gli occhi ad esplorare il cielo

pur di non perdermi nemmeno un attimo

della luce che nasce

o del sole che si spegne nella sera.

Conservo anche l’odore delle macerie

ed il peso delle lacrime

sulle guance

senza smettere di amare

quel poco che basta

per dare un senso al fiore

o al ramo che si spezza.

Esisto, esisto senza ritirarmi dal tempo

e vengo al mondo ogni ora

diventando l’aria che respiro

aggrappandomi come una bambina

alla mano di un destino

che mi chiede dove andare

prima di orientarsi dentro al cuore.

 

La seconda parte della raccolta si apre con la dedica “Ai poeti” . Qui Michela dipinge una dozzina di immagini liriche, per la maggior parte omaggi ai suoi geni ispiratori: da Giacomo Leopardi ad Alda Merini, passando per i “poeti maledetti” francesi fino a Kerouac e Pasolini.

 

Ti cerca ancora la solitudine messicana

a Jack Kerouac

Ti cerca ancora la solitudine messicana

che ti ha reso straniero senza forma

per le strade del mondo

di occhi e crepe

ampi come l’eternità.

Nelle palpebre

il peso di una vita avida

e dannata,

un meditare all’eccesso

che sfianca la mente

fino a ridurla ad una patria senza storia.

E fai deviare parole

nei tuoni isterici del tempo

nell’alba senza poesia

che guarda l’istinto fuggire

a precipizio sui sensi.

Cadi e cede la ragione

come la margherita che si strappa

o la pioggia che spettina la polvere.

Lo so, non serve essere salvati

da un buio necessario

come un blues che fa schioccare le dita

prima che il silenzio curvi le labbra

a inventare altro.

Ridete – hai detto – e suonate il trombone

fino a provare il fuoco

 

 

Mi accompagna la notte

a Pier Paolo Pasolini

Mi accompagna la notte

nei vicoli vuoti di periferia

ed è un andare ardente

di silenzi

come le tue barbare verità,

strette in un vivere

troppo umano.

Le parole escono sfrontate

dietro ombre abbandonate

agli sfoghi del tempo.

Non è che buio

quello che resta

come un vento che scotta

e spaventa.

Ed io che sono partecipe

di una tempesta ancora accesa

dico che non è giusto

quel dolore che ti hanno imposto

nella sera più cupa

cuore d’inverno

tramando il tuo inferno

all’idroscalo.

 

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Michela Zanarella è nata a Cittadella (PD) nel 1980. Dal 2007 vive e lavora a Roma. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012), L’estetica dell’oltre (2013), Le identità del cielo (2013), Tragicamente rosso (2015). In Romania è uscita in edizione bilingue la raccolta Imensele coincidente (2015). È inclusa nell’antologia Diramazioni urbane (2016), a cura di Anna Maria Curci. Autrice di libri di narrativa e testi per il teatro, è redattrice di Periodico italiano e Laici.it. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, arabo, spagnolo, rumeno, serbo, greco, portoghese, hindi e giapponese. Ha ottenuto il Creativity Prize al Premio Internazionale Naji Naaman’s 2016. È ambasciatrice per la cultura e rappresenta l’Italia in Libano per la Fondazione Naji Naaman. È alla direzione di Writers Capital International Foundation. Socio corrispondente dell’Accademia Cosentina, fondata nel 1511 da Aulo Giano Parrasio.

 

Foto dell’autrice a cura di Michela Zanarella.

La foto in evidenza è della nostra webmaster, Micaela Contoli, di OpenMultimedia

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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