Le mie nuove amiche: ieri e oggi in Siria. Del domani non abbiamo parlato. Intervista di Raffaella Piazzi a tre rifugiate siriane

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Le mie nuove amiche: ieri e oggi in Siria. Del domani non abbiamo parlato.

Loro sono tre ragazze siriane che vivono in Italia. Non dirò i loro nomi per sicurezza e per maggior rispetto della loro privacy. Per cui loro sono due ragazze druse che chiamerò Razan e Samira e una ragazza ismaelita che chiamerò Fadwa. Studentesse e rifugiata …persone.

Io sono Ravaille o Rafae ..il mio nome Raffaella è difficile da dire

La prima domanda è “chi sei” chi siete e da dove venite?

Fadwa: Io vengo dalla Siria ho 30 anni e in Siria vivevo nella zona di SALAMIYYA che si trova vicino sia ad Hama che ad Homs. Due città tristemente famose. La città è un importante centro dell’attività dei Nizariti ismailiti una minoranza etnica e religiosa completamente esclusa dai social media, ossia nessuno parla di noi a differenza di altre minoranze di cui si parla molto. Siamo una piccola comunità molto aperta e tollerante ma da sempre contrastata e non riconosciuta dal regime. Alcuni d noi che erano favorevoli al cambiamento si sono schierati con la rivoluzione altri si sono schierati con il presidente (forse dovrebbe essere scritto con la lettera maiuscola ma non me la sento proprio). Molte persone avevano paura che se fosse caduto il regime poteva salire al potere un’altra forma di dittatura religiosa e radicale ed è l’idea di cui il regime si è fatto promotore per fare pensare alla gente “meglio Assad, l’attuale presidente, piuttosto che i radicali islamici”. Molto semplice. Con la paura si fanno tante cose Personalmente io sono contro il regime di Bashar Al Assad e la mia famiglia crede negli ideali di Karl Marx. Siamo di sinistra.

Mi rivolgo alle altre due ragazze e con la mano le invito a parlare, stessa domanda che ripeto

Parlatemi di voi chi siete? Da dove venite? Come era la vita in Siria?

Razan e Samira: Noi siamo due studentesse siriane trentenni. Siamo venute qui per studiare. Veniamo dalla Siria e la nostra comunità è quella Drusa. I Drusi sono una piccola comunità che vive nel sud della Siria nella città di Asswayda e anche nel nord, a Idlib. Veniamo considerati un sottogruppo dell’Islam anche se ci sono grandi differenze accettiamo tutte le altre religioni

Quando andavo fuori dalla mia città come donna non ho mai sentito alcuna pressione oppure alcuna discriminazione da parte di nessuno perché tutti comprendevano e rispettavano la differenza tra il modo con cui io ero stata cresciuta e che era differente da quello di una donna islamica (come ad esempio per quanto riguarda portare il fazzoletto Hijab che io non indosso né ho mai indossato e bere l’alcol ad esempio che per noi non è vietato, a differenza che nell’Islam, o altre uguaglianze tra uomo e donna che abbiamo nella nostra società). Come donna drusa ho sempre avuto più libertà rispetto ad altri gruppi religiosi: i Drusi assomigliano molto ai Cristiani perchè hanno in un certo senso tradizioni e valori molto vicini.

Samira: Prima della rivoluzione io lavoravo, durante gli studi mi occupavo di turismo e così ho visto la Siria attraverso gli occhi dei turisti. Noi avevamo un’eredità storica bellissima davvero grande ma se si guardava bene si vedeva che avevamo perso molti dei nostri diritti.

 

Parlami della Siria prima di venire qui. Come era?

Fadwa: In Siria io ho studiato alla facoltà di Scienze al dipartimento di Chimica ed ho lavorato nell’industria farmaceutica in un laboratorio di analisi.

Prima della guerra vivevamo in pace tra di noi anche se eravamo diversi con tradizioni diverse con religioni diverse; ma dopo l’inizio della guerra chiunque possedeva un’arma e i villaggi hanno iniziato la guerra anche tra di loro perché alcuni appoggiavano il regime siriano del presidente ed altri no … alcuni appoggiavano il regime perché siamo una minoranza, siamo pochi, non siamo forti e si aveva paura.

La maggior parte dei giovani della nostra regione ha cercato di andare via perché nessuno voleva combattere questa guerra. Così molti sono andati in Libano a lavorare altri in Turchia e poi illegalmente fino all’Europa, per richiedere asilo politico.

 

Perchè la rivoluzione? Una domanda difficile…

 

Razan e Samira: La rivoluzione è arrivata dopo circa 40 anni di dittatura e mancanza di libertà politica. Nel periodo del padre di Assad, l’idea di rivoluzione era un sogno che non potevamo nemmeno sognare e chiunque pensasse o iniziasse a fare qualcosa finiva in carcere o veniva ucciso.

Noi avevamo una espressione che diceva “anche i muri hanno orecchie” (l’abbiamo anche in italiano) che significava che anche dentro casa non si parlava del presidente e del governo perché la polizia poteva venire a sapere e venire a prenderti.

Bashar Assad, il figlio, permise l’esistenza di partiti permettendo alle persone di parlare e pensare più liberamente rispetto al padre ma era lo stesso un dittatore ma in un modo moderno. Il paese continuava ad essere vittima dei furti della famiglia Assad e dei loro parenti ed il cambiamento non fu abbastanza. La gente era cambiata ed iniziò la rivoluzione ma come tutti i regimi dittatoriali invece di ascoltare cercò metterli a tacere.

 

Oggi che sta succedendo? chi sono i buoni chi sono i cattivi in questa guerra?

Razan e Samira : Oggi non si può più vedere la rivoluzione i buoni si sono fatti da parte perché loro non volevano essere complici dell’uccisione di altre persone …tutto era iniziato per avere la libertà e le parti in causa adesso non sono più il regime e i ribelli … loro sono piccoli eserciti in una guerra che vede altri come USA Russia, Gran Bretagna, Turchia Iran e altri ancora.

L’esercito siriano sembra diventare il buono perché combatte ISIS e in un’altra battaglia i buoni diventano cattivi perché combattono i civili siriani.

Molti siriani oggi sono felici di vedere arrivare l’esercito siriano perchè sanno che così non ci saranno più bombe da parte loro o che verrà interrotto l’assedio.

 

Samira: Il 25 luglio del 2018 che noi chiamiamo il mercoledì nero, tre villaggi ad Asswayda che sono sotto il controllo del regime, vennero attaccati dall’ISIS e vennero uccise circa 250 persone tra uomini donne e bambini e persone anziane e vennero rapite 40 donne e bambini che oggi ancora non sono stati liberati. Il problema per queste donne e bambini è che oggi si trovano in una situazione terribile sia da un punto di vista psicologico che fisico. Per esempio una donna che era incinta ha perso il bambino per il trauma. Purtroppo nessuno parla di questa tragedia. Noi abbiamo cercato di contattare le organizzazioni che si occupano di diritti umani per spingerli a parlare di questi rapimenti ma siccome siamo una minoranza non facciamo notizia e non se ne parla.

Il fatto è che l’ISIS è ancora lì ad Asswyda e le persone sono ancora in mano loro …perché questa presenza ingombrante del grande nemico dell’OCCIDENTE non interessa? Perché ci si concentra solo su Idlib?

(per approfondire: www.theguardian.com/world/2018/jul/25/dozens-dead-suicide-attack-Siria-sweida-isis

www.hrw.org/news/2018/08/25/Siria-isis-holding-children-hostage)

 

Cosa è l’assedio? Lo so è un’altra domanda davvero sciocca ma qui molti non lo sanno e non l’hanno nemmeno capito.

Fadwa: La mia città è stata assediata. L’assedio è quando tutto viene controllato e non circolano più i beni di prima necessità liberamente …I cibi iniziano a scarseggiare ma anche le medicine. Tutto. C’è solo il mercato nero a prezzi altissimi. La guerra è così c’è chi si arricchisce sulla pelle degli altri.

L’assedio ti porta alla fame, a non poterti curare per qualsiasi tipo di malattie, neppure quelle lievi.

 

Ciò che oggi si è ottenuto era quello che si voleva?

 

Samira: Se faccio un paragone tra la situazione prima della rivoluzione e dopo, ovviamente, posso dire che prima era meglio. Ma io capisco anche che ogni rivoluzione nel mondo e durante i secoli ha bisogno di tempo per arrivare a raggiungere gli obiettivi. E poi la nostra rivoluzione è stata rubata da milizie armate che non avevano nulla a che fare con noi, per cui è troppo complicato, come è anche difficile, parlare di lati positivi della rivoluzione con un regime che è ancora in carica, il chè significa che l’obiettivo principale non è stato ancora raggiunto.

Razan: Il regime è stato in grado di restare al potere dopo 8 anni di conflitto non perchè le gente lo voglia ma perchè ha fatto leva sull’ignoranza politica della persone e la loro incapacità di gestire la rivoluzione e perchè il regime lavorava nel diffondere idee come ad esempio quella che se la rivoluzione avesse vinto le minoranze sarebbero state eliminate, per cui la sola via di uscita era la protezione del regime .

Secondo me non si può dire che la rivoluzione abbia avuto successo o che oggi la Siria è peggio di prima e la Siria non ha ottenuto niente dalla rivoluzione, a causa del mediocre lavoro dei leaders dell’opposizione. Da una parte, molti di loro hanno seguito interessi personali ed anche hanno venduto loro stessi e la speranza della gente che credeva in loro,  e dall’altra c’è stata l’abilità del regime e le sue maggiori possibilità economiche. La gente è stata abbandonata fuori e dentro la Siria ad affrontare i risultati dei loro errori e delle loro decisioni.

La gente oggi ha aperto la mente dopo la rivoluzione iniziando a capire che la società in cui vivevamo non era abbastanza  per creare la Siria che sognavamo (ma a che prezzo!)

Samira: Io ancora oggi visito la Siria e mi sento così triste perchè vedo cose che non avrei immaginato potessero accadere come parlare di religione della convivenza tra credi diversi. Anche la situazione economica è molto brutta e la classe media è morta, è scomparsa: adesso ci sono uomini ricchissimi o persone molto povere che non hanno denaro per mangiare. Il crimine oggi è all’ordine del giorno si è arrivati ad uccidere per denaro o a rapire sempre per soldi o a commerciare in organi e le droghe sono ovunque. La cosa peggiore adesso è che ci sono giovani armati anche nelle scuole.

Oggi non possiamo parlare dei risultati di questa rivoluzione perchè è davvero troppo difficile e non è nelle mani solamente dei siriani. Dobbiamo parlare di eserciti appoggiati da superpotenze che combattono sulla nostra terra. La rivoluzione quella vera (quella di attivisti come di Razan Zeituneh, di Samira Khalil, di Fadwa Soleiman) iniziò per fermare il regime dittatoriale di Assad e dopo 7 lunghi anni maledetti il regime è ancora lì e migliaia di persone sono morte.

Ed io sto ancora sognando una Siria libera….

 

Fadwa come sei venuta in Italia?

Nel 2015 mio marito ed io abbiamo deciso di sposarci ma lui doveva fare il servizio militare per il governo … doveva andare in guerra anche se lui non voleva combattere in questa guerra maledetta. Cosi si è trasferito in Libano: non è stato facile, ci è riuscito dopo una serie di tentativi falliti ed è stato difficile per lui vivere lì. Il Libano non è un posto in cui vivere. Costa tutto tantissimo e la sanità è a pagamento. Mio marito ha deciso di contattare le associazioni che si occupavano di corridoi umanitari. Siamo arrivati qui grazie a loro.

Cosa pensi dei “corridoi umanitari”?

Fadwa: Sono una grande opportunità. Si arriva in aereo non usando una barca che può affondare e se si pensa a tutti quelli che sono morti è una vera fortuna. Arrivi ed hai un aiuto per un certo periodo di mesi (firmi un contratto), hai un appartamento, hai un contributo economico e piano piano shuia shuia devi camminare da solo. Hai dei mediatori che ti seguono.

Alcune cose sono positive altre, meno. A volte c’è la sensazione che ci sia mancanza di libertà di azione, il ché va a scontrarsi con il bisogno di autonomia che le persone istintivamente hanno e con l’obiettivo ultimo del progetto che sarebbe quello che i rifugiati ce la facciano sa soli… A volte le persone hanno paura, come se si temessero la rabbia di chi li sta aiutando! Meglio fare tutto ciò che dicono …perché?

…e le famiglie che vogliono tornare indietro o andarsene dall’Italia? Qual è la tua opinione al riguardo? come vivete qui?

Stiamo studiando italiano. Non parlo ancora e non capisco. Io parlo inglese ma voglio imparare la lingua italiana in fretta. So che alcune famiglie sono andate via e non si trovano bene qui e forse vanno via perché non sanno cosa fare, la vita qui è diversa e non è facile lasciare il passato dove è. Adattarsi, imparare una nuova lingua conoscere nuove persone. Pensare ad un lavoro e a trovare una casa. Per gli stranieri oggi è difficile. (a volte anche per gli italiani) A volte sembra impossibile. Ma non possiamo pensare di aspettare sempre che succeda qualcosa. Dobbiamo pensare noi al nostro futuro. L’aiuto è un aiuto che finisce.

Io sto cercando la pace e di avere semplicemente una opportunità per vivere una nuova vita A volte in fondo al corridoio “umanitario” si trovano porte chiuse.

Grazie amiche!

Dedicated to Razan Zeituneh Samira Khalil e Fadwa Suleiman.

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Raffaella Piazzi nata a Bologna laurea in lingue presso l’Università di Bologna dove ha anche conseguito una laurea in Educatore sociale. Da anni attiva nel mondo del volontariato prima nell’ambito dei “special needs” poi nell’inclusione sociale nel senso più ampio del termine. E’ una bridge builder, una costruttrice di ponti! Attivista dei diritti umani collabora con gruppi ed associazioni nel supportare i migranti.

 

Foto dell’intervistatrice a cura di Raffaella Piazzi.

Immagine in evidenza: Foto di Tracy Allen.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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