La pazienza del fuoco – di Marie-Claude San Juan (trad. Sana Darghmouni)

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La pazienza del fuoco …

Marie-Claude San Juan (trad. Sana Darghmouni)

 

Leggo una poesia di Erri De Luca,

dedicata a un prigioniero.

E, come se stesse guardando dalla finestra nella sua cella,

fuori da giorni e luoghi reali,

lo vede toccare un pezzo di legno,

dell’unghia e del tempo.

 

Nessuna finestra aperta permetterebbe di vedere

Ashraf Fayadh

Grattare forse un muro

dell’unghia e del tempo.

No.

Ma lo immagino

Lottare contro la stanchezza delle tristezze

Con in testa frammenti di poesia,

o lettere

o mentre soppesa il fardello dei giorni e dei giorni,

appesantiti anche di distanza e di spazio.

 

Lo immagino circondato da una folla invisibile

da corpi prigionieri e corpi liberi,

fantasmi che ci perseguitano anche

fantasmi che siamo anche noi.

 

La pelle di un poeta prigioniero

ha lo spessore di mille memorie,

in pergamena indistruttibile.

I suoi occhi la profondità dei ciechi vedenti,

eterni come Rimbaud.

I suoi occhi sono uno specchio in cui la dittatura annega

e

annegherà.

Le mani si scontrano con la pietra delle celle,

lo spirito

NO.

 

Le nostre parole sono bottiglie nel mare.

Ma anche pioggia acida

Che denuda l’infamia

con forza.

Le nostre parole, gocce telepatiche di dolcezza,

attraversano i confini.

Vaghiamo nell’eco di grida silenziose

ma siamo

il rumore

bastione.

E camminiamo con i palmi pieni di frasi

da gettare

davanti ai dittatori.

 

Anche in prigione la tua anima balla, Ashraf Fayadh,

perché le poesie, con o senza dei

(e poco importa)

valgono la coreografia di essere.

La tua anima balla

e dò del tu alle anime danzanti,

con o senza il dio degli altri.

Perché poco dovrebbe importare a nessuno

che un pensiero libero sia parola contraria

(Direbbe Erri De Luca)

e che abbia la lucidità

di chi vede il sangue del petrolio.

 

E noi, folla intorno a te,

conosciuti sconosciuti,

fantasmi presenti-assenti,

non rassegnati,

non paralizzati.

Non dimentichiamo,

nemmeno le giornate estive al sole.

Non dimentichiamo.

né te, Ashraf Fayadh,

né gli altri rinchiusi nel mondo

vittime di tirannie con ideologie artificiali,

questi totalitarismi appena mascherati

che a volte si nascondono dietro un falso dio senza trascendenza.

 

Noi,

implicati,

coinvolti.

Storditi dalla crudeltà del teatro umano,

ma che scriviamo un altro pezzo

nell’urgenza delle mani tese.

 

I nostri sussurri hanno la pazienza del fuoco

contro ogni potere mortale.

 

La patience du feu…

 

Je lis un poème d’Erri De Luca,

dédié à un prisonnier.

Et, comme s’il regardait par la fenêtre dans sa cellule,

hors jours et lieux réels,

il le voit toucher un bout de bois,

de l’ongle et du temps.

 

Aucune fenêtre ouverte ne permettrait de voir

Ashraf Fayad

grattant peut-être un mur

de l’ongle et du temps.

Non.

Mais je l’imagine

luttant contre la fatigue des tristesses

avec des bribes de poèmes dans la tête,

ou des lettres

pesant le fardeau des jours et des jours,

lourdes aussi de distance, d’espace.

 

Je l’imagine entouré d’une foule invisible

de corps prisonniers et de corps libres,

fantômes qui nous hantent aussi,

fantômes que nous sommes aussi.

 

La peau d’un poète prisonnier

a l’épaisseur de mille mémoires,

en parchemin indestructible.

Ses yeux la profondeur des aveugles voyants,

éternels comme Rimbaud.

Ses yeux sont un miroir où la dictature se noie

et

se noiera.

Les mains se heurtent à la pierre des cellules,

l’esprit

NON.

 

Nos mots sont bouteilles à la mer.

Mais aussi pluie acide

décapant l’infamie

à force.

Nos mots, télépathiques gouttes de douceur,

traversent les frontières.

Nous errons dans l’écho de cris silencieux

mais nous sommes

le bruit

rempart.

Et nous marchons avec des paumes pleines de phrases

à jeter

au front des dictateurs.

 

Même en prison ton âme danse, Ashraf Fayad,

car les poèmes, avec ou sans dieux

(et peu m’importe)

valent chorégraphie d’être.

Ton âme danse

et je tutoie les âmes qui dansent,

avec ou sans le dieu des autres.

Car peu devrait importer à quiconque

qu’une pensée libre soit parole contraire

(dirait Erri De Luca)

et qu’elle ait la lucidité

de qui voit le sang du pétrole.

 

Et nous, foule autour de toi,

connus inconnus,

fantômes présents-absents,

non résignés,

non paralysés.

N’oubliant pas,

même les jours d’été au soleil.

N’oubliant pas.

Ni toi, Ashraf Fayad,

ni les autres emmurés du monde

victimes des tyrannies aux idéologies factices,

ces totalitarismes à peine masqués

qui se cachent parfois derrière un faux dieu sans transcendance.

 

Nous,

concernés,

impliqués.

Abasourdis par la cruauté du théâtre humain,

mais écrivant une autre pièce

dans l’urgence des mains tendues.

 

Nos murmures ont la patience du feu

contre toute puissance mortifère.

 

 

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Marie-Claude San Juan: scrive e fotografa. Cultura meticcia (Nord Africa, Spagna andalusa, Provenza). Formazione letteraria (DEA di letteratura comparata su Edmond Jabès). Animazione di seminari di creazione (scrittura, creazione visiva, lettura di immagini). Pubblicazione su riviste (tra cui À L’Index, Babel heureuse, Les Cahiers du Sens, Le Capital des mots). Collezioni di frammenti con pré # carré éditeur, 2008 e 2018. A maggio 2020 uscirà “Ombres géométriques frôlées par le vent “, ed. Unicité, Parigi (fotografie e testi).

 

 

 

 

Immagine di copertina di Alberto Guadagno

 

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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