La morte è vetro … La poesia è luce (Gassid Mohammed)

DSCF3156

La morte è vetro … La poesia è luce

 

Un processo da favole

 

“Certe poesie causano la morte”. Così dice un proverbio arabo. Il poeta Ashraf Fayad però non l’ha portato alla condanna a morte la sua poesia, ma l’invidia, l’ingiustizia e un sistema giudiziario corrotto e ridicolo.

Mentre leggevo il verbale del processo di Ashraf, trasmessomi dall’amica e poetessa irachena Mona Kareem, che è in contatto diretto con la famiglia di Ashraf, non ho potuto fare a meno di ricordarmi di un processo letterario bizzarro; quello di “Meursault” nel romanzo di Albert Camus (L’Étranger). Infatti, l’accusa principale su cui si concentra il Pubblico Ministero era l’indifferenza e l’insensibilità di Meursault nei confronti della morte di sua madre, piuttosto che il crimine di aver assassinato un uomo. Così è anche il processo di Ashraf, dove tra i capi d’accusa ho trovato: il ritrovamento d’immagini di donne nel suo cellulare, l’essersi lasciato influenzato dalla filosofia occidentale, l’avere scritto su Twitter: “Odio gli uomini”, “L’egoismo è il signore delle virtù”, “La storia è un uomo ipocrita”. E altri capi d’accusa sarebbero stati individuati nella sua poesia, dove dice: “Una bottiglia di vino che sta per finire” e che a detta del Pubblico Ministero elogia l’ubriachezza. In un altro verso dice: “Il sole sta a letto perché la sua temperatura è troppo alta” in cui, sostengono, deride il sole che è uno dei miracoli di Dio.

Non si sa se ridere o piangere di queste accuse, ma se questo processo fosse un’invenzione letteraria, ci sarebbe stato molto da ridere. Se nel caso del processo letterario di Camus si ha a che fare con un uomo che ha ucciso, in quello saudita c’è un uomo che sta per essere ammazzato.

 

Ashraf Fayad è il poeta – vittima dell’anno. Non è però la prima né l’ultima, anzi non è nemmeno l’unica vittima: basti ricordare il minorenne condannato a morte, Ali al Nimr, con l’accusa di terrorismo. Tutto quello che ha fatto al Nimr è manifestare, certo però che manifestare in Arabia Saudita deve essere tanto terrorizzante per lo Stato, per cui, seguendo questo ragionamento, l’accusa non suona poi così strana! Se la condanna a morte non ha ucciso ancora il poeta Ashraf Fayad, sappiate che ha ucciso suo padre: appena al padre che era del tutto sano è giunta la notizia della condanna, è stato colpito da un improvviso ictus cerebrale, e dopo alcuni giorni in ospedale è deceduto. In Arabia Saudita, in realtà, si decapita di tutto: poesia, opinioni, manifestazioni, pensieri. Tutto quello che dà vita, in Arabia Saudita causa morte. È lo stato totalitario e dittatore che governa più a lungo nel mondo, negli ultimi secoli. Se alcuni dittatori, come Mussolini, Hitler, Saddam e Mubarak hanno governato due, tre o quattro lustri, la famiglia Saud governa ormai da un secolo. I dittatori, spesso, adottano un ideale nel cui nome assoggettano e governano la popolazione. Il motivo della lunga durata della famiglia Saud, a mio avviso, è proprio la scelta di questo ideale: la religione. In Arabia Saudita, come si sa, si trovano i due luoghi più sacri del mondo islamico: la Mecca e la moschea/ tomba del Profeta Muhammed. Per tale motivo lo stato saudita considera se stesso il custode e il protettore dell’Islam. Tant’è vero che il governatore fa precedere il proprio titolo di re con la frase “khadem al haramain” (Il servitore dei due santuari). Si deve notare però che il sistema governativo che utilizza la copertura della religione, sia in Arabia Saudita sia in Iran, e nel cui nome commette i più orribili crimini, danneggia e macchia lo stesso spirito dell’Islam, che ha poco o nulla a che fare con le loro leggi. Paradossalmente questo sistema sta segnando la decadenza del regime saudita, ignaro, a quanto pare, di cosa stia avvenendo nel mondo. Infatti, grazie alle TV satellitari e a internet, il mondo ormai è una specie di gruppo di camere, ognuna delle quali dotata di almeno quattro finestre. Tutto quello che fai in una stanza, da qualche finestra si vede, così tutti sono affacciati su tutti. Basta un semplice clic per sondare i crimini che si fanno in uno stato o nell’altro. Tuttavia, con tale sistema e sempre in nome della religione, lo stato saudita strangola la libertà, uccide il confronto e condanna il pensiero che va contro il loro folle regime.

 

Il processo nel verbale

 

I capi d’accusa principali e più pesanti a carico del poeta, secondo il verbale del tribunale che ho letto personalmente in lingua araba, sarebbero: apostasia, diffusione dell’ateismo, l’aver proferito blasfemie contro Dio e il suo profeta, e altre accuse. Per affermare l’accusa, la giuria si è basata su due fattori: il primo è la testimonianza di tre persone, il secondo è l’interpretazione della sua poesia contenuta nel libro “Le istruzioni sono all’interno”. Per quanto riguarda il secondo fattore, la poesia, lo tratto alla fine dell’articolo, con la traduzione e interpretazione della poesia. C’è da dire però che il libro è uscito nel 2008 (casa editrice al Farabi) a Beirut. Perché allora tali accuse non sono state fatte prima? I tre testimoni contro Ashraf sono un giovane e due membri della polizia religiosa. Il giovane, come vedremo più avanti, ha avuto una lite con lo stesso poeta, ed è stato lui stesso a denunciarlo e a testimoniare contro di lui. I due membri della polizia religiosa, invece, hanno interrogato Ashraf, e sostengono che l’accusato ha dichiarato la sua apostasia. Ashraf, per difendersi, ha chiamato a testimoniare tre persone che lo conoscevano da vicino. Tali testimoni hanno affermato che il poeta non era ateo, e che ha organizzato una mostra che contiene delle opere artistiche che invitano ad abbracciare l’Islam. E hanno affermato anche che alcune persone si sono convertite all’Islam grazie allo stesso Ashraf. Hanno spiegato inoltre che il giovane che ha testimoniato contro il poeta aveva avuto prima una lite con Ashraf, e l’aveva persino minacciato. Così la testimonianza del giovane è stata rifiutata. Nell’ultima seduta del processo il poeta ha negato di aver proferito blasfemie contro Dio e il Profeta. Il tribunale ha chiesto all’accusato, cioè al poeta, di rinunciare a quel che ha scritto nel libro, e di pentirsi. L’accusato si pente, ma rimane l’accusa di tenere foto di donne nel suo cellulare, per cui viene condannato a quattro anni di prigione e ottocento frustate. Questo era lo stato delle cose al 2013. Successivamente l’accusato ha fatto un ricorso, ma il risultato si è rivelato disastroso: nel 2015 il suo caso è stato studiato da una giuria diversa, la quale ha negato la testimonianza dei testimoni a favore di Ashraf, e ha affermato che la dichiarazione di apostasia, presumibilmente proferita dall’accusato stesso, alla polizia religiosa, bastava per condannarlo a morte. Il pentimento, secondo loro, non bastava per salvare l’accusato, poiché è una cosa tra l’uomo e Dio. Per cui hanno proclamato una nuova sentenza in cui il poeta è stato condannato a morte.

 

Retroscena del processo.

 

Ashraf, il palestinese esiliato, è nato e cresciuto in Arabia Saudita, senza esserne stato mai cittadino. Tuttavia è uno degli artisti di spicco in Abha, la città in cui ha vissuto ed è stato condannato a morte. È un giovane poeta e pittore, curatore di mostre e un organizzatore attivo nonostante i suoi trentacinque anni. Ashraf ha persino partecipato alla Biennale di Venezia, rappresentando l’Arabia Saudita.

La sorella del poeta, in una testimonianza trasmessa in una televisione araba, afferma che Ashraf è stato arrestato nel 2013, a causa di una lite avvenuta in un locale con un saudita che ha insultato il fratello e l’ha intimidito con varie minacce, tra cui quella del rimpatrio e della condanna a morte. Sicuramente, credo, se Ashraf fosse saudita piuttosto che palestinese, non sarebbe stato così facile per il giovane saudita minacciarlo. Il minacciatore ha dei conoscenti tra gli agenti della polizia religiosa. E, infatti, qualche ora dopo la lite, Ashraf è stato arrestato per un giorno e in seguito è stato rilasciato perché non c’era nemmeno un’accusa a suo carico. Cinque mesi dopo, alla fine del 2013, Ashraf è stato convocato dalla commissione delle indagini, e il primo gennaio, dopo essersi recato dalla commissione, è stato incarcerato fino a oggi. All’inizio, sempre secondo la sorella di Ashraf, non è stata confermata l’accusa di apostasia, tuttavia è stato condannato a quattro anni di prigione e ottocento frustate. Il capo d’accusa per questa condanna era il ritrovamento nel suo cellulare d’immagini di donne con le quali avrebbe avuto rapporti illeciti. Le immagini, in realtà, non hanno nulla di spudorato, essendo di donne vestite e per altro artiste e colleghe del poeta e pittore Ashraf. Il 17 novembre 2015 il tribunale ha modificato la precedente condanna, e secondo le nuove accuse, cioè quella di apostasia, ha condannato il poeta a morte. In seguito a questa notizia è deceduto il padre. Questa è la testimonianza della sorella, Raida Fayad, che non ha denunciato o sfiorato, nemmeno con una parola, il regime o il sistema giudiziario saudita, nonostante sia sicuramente a conoscenza di dettagli molto importanti che vedremo più avanti. I motivi per tale atteggiamento da parte della sorella sono due: anzitutto la famiglia del poeta vive ancora in Arabia Saudita, per cui non poteva certo rischiare di criticare il regime. L’altro motivo mi è stato comunicato da un amico scrittore eritreo che è cresciuto in Arabia Saudita. Questo amico mi diceva che la prima cosa che viene chiesta all’arrestato è di non avvisare i media o creare confusione mediatica, e che lo si minaccia di punizioni severe. Tali affermazioni lo scrittore le ha sentite personalmente da alcuni amici che sono stati arrestati.

 

Alcuni attivisti invece avanzano un’altra ipotesi: ossia che il motivo dell’arresto di Ashraf e l’aggravarsi della condanna sia un video che il poeta ha girato, in cui si vede la polizia religiosa arrestare un bambino e trattarlo con violenza. Questa ipotesi, in realtà, non è molto strana, forse non sarà il motivo principale della questione, ma di certo uno dei diversi motivi, e trova un suo riscontro nella versione dettagliata che ha fornito un amico di Ashraf, lo scrittore e giornalista saudita Bandar Khalil, che per altro combacia con quella fornita della sorella.

Un gruppo di artisti, tra cui Bandar Khalil e Ashraf Fayad, avevano progettato di fare una sorta di “cinema segreto” ad Abha. Dopo aver attuato il loro progetto, per la serata della proiezione del film hanno scelto come spettatori un gruppo di giovani “colti e intellettuali”. In questo gruppo c’era un giovane radicale che, dopo la proiezione, ha fatto una lunga predica religiosa contro il film che, come diceva Bandar Khalil, era inopportuna in quell’ambiente artistico e, addirittura, disgustosa, per i contenuti lontani dallo spirito artistico. Quel giovane, afferma Khalil, è la stessa persona che, alcuni mesi dopo, ha avuto un conflitto con Ashraf nel locale. Pare che la reazione di Ashraf abbia fatto arrabbiare ulteriormente quel giovane radicale che ha iniziato a insultare e minacciare il poeta. La polizia religiosa ha fatto irruzione nel locale e ha arrestato Ashraf, ma il giorno dopo il poeta era già libero, per insufficienza di prove. E qui arriviamo ai dettagli importanti forniti soltanto dal giornalista e scrittore saudita Bandar Khalil.

 

Uno degli agenti della polizia religiosa che aveva arrestato il poeta faceva anche parte della commissione incaricata delle indagini. Quest’uomo ha incitato il giovane radicale a sporgere una denuncia, nella veste di lettore, accusando Ashraf di ateismo o apostasia, e di offendere Dio nella sua raccolta “Le istruzioni sono all’interno”. Ashraf è stato imprigionato, poi condannato a quattro anni e ottocento frustate. Ha fatto ricorso, ma il risultato è stato catastrofico: la condanna a morte. Secondo le affermazioni del giornalista Khalil, Ashraf gli ha detto personalmente che quel giovane radicale non aveva fatto tutto questo da solo, ma che c’era dietro a lui un altro artista della città. Questa è, secondo il mio amico lo scrittore eritreo, la versione più attendibile e discussa, e che ora si sta cercando quell’artista che ha distrutto la vita del poeta palestinese esiliato. Ad Abha gli artisti si accusano a vicenda, e la questione non è ancora risolta.

Ashraf dunque è un Gesù tradito da un Giuda artista. È vittima di una congettura che trova poi come più grande carnefice il sistema giudiziario saudita. Infatti, paradossalmente, i testimoni contro Ashraf sono due membri della polizia religiosa che avevano interrogato prima Ashraf, per cui loro non sapevano nulla, tuttavia hanno testimoniato dicendo che il poeta ha dichiarato la sua apostasia. Mentre il terzo è lo stesso giovane radicale con cui il poeta ha avuto, in precedenza, un conflitto. Il padre di Ashraf, prima di morire, aveva affermato che nel corso dell’interrogatorio da parte di cinque ufficiali delle indagini, il figlio è stato costretto ad affermare l’accusa sotto il peso di gravi minacce. Chissà quante cose sono state elaborate dietro le quinte, e nei corridoi bui del sistema giudiziario? È assurda anche l’accusa che, tra l’altro, ha fatto scaturire una mole di critica e d’indignazioni in tutto il mondo. I giudici, competenti in materia di legge ma di certo non in quella artistica, critica e poetica, non hanno chiesto il parere dei critici specializzati per farsi interpretare i versi del poeta. Li hanno interpretati da soli e hanno deciso che sono offensivi rispetto al divino, e da qui deriverebbe l’ateismo del poeta. Se avessero chiesto l’opinione degli specialisti, avrebbero capito che non c’è nulla di offensivo, che è pura arte, nulla di più.

 

 

Le poesie considerate capi d’accusa

 

Ora, per capire un po’ di più la questione, cerchiamo di tradurre e spiegare alcune poesie dell’opera “Le istruzioni sono all’interno” che sono state considerate dei capi d’accusa nel processo. Potremmo capire, forse, alcuni motivi in più per l’accanito odio della polizia religiosa, del sistema giudiziario e, infine, del regime per il poeta e i suoi versi.

 

1-

Fu detto: insediatevi in essa [la terra] 

Alcuni nemici di tutti

Andatevene da essa [la terra] 

E dal fondo del fiume guardate a voi stessi, lassù

Che quelli più in alto concedano compassione a quelli sotto

Poiché i nullatenenti randagi

Sono come sangue non esitabile nel mercato di petrolio.

 

Quel “disse” nel primo verso si riferisce a Dio, se vogliamo seguire la tradizione coranica. I primi tre versi si ispirano ai versetti coranici che descrivono la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso e la loro discesa in terra, come recita il versetto coranico: “E dicemmo: “O Adamo, abita il Paradiso, tu e la tua sposa. Saziatevene ovunque a vostro piacere, ma non avvicinatevi a quest’albero, ché in tal caso sareste tra gli empi. Poi Iblîs li fece inciampare e scacciare dal luogo in cui si trovavano. E Noi dicemmo: “Andatevene via, nemici gli uni degli altri. Avrete una dimora sulla terra e ne godrete per un tempo stabilito”.

Come si vede il corsivo nel versetto coranico è simile ai versi del poeta. Nel versetto coranico “Nemici gli uni degli altri” si riferisce all’inimicizia tra l’uomo e “Iblis” cioè Satana. Entriamo quindi in una sfera mitologica, troviamo l’eterna lotta tra bene e male, secondo i miti religiosi. Mentre il poeta modifica il registro “Alcuni nemici di tutti”, che secondo me non ha a che fare con i demoni, ma esprime l’inimicizia tra i pochi “alcuni” che controllano il mondo e il resto “tutti”. Sono quei pochi, a livello politico o economico, che controllano il mondo, decidono le guerre e quant’altro. Ma è applicabile anche a livello locale: sono sempre i pochi potenti che controllano il popolo. Basti pensare, ad esempio, che la famiglia Saud controlla una popolazione intera in Arabia Saudita. Questa inimicizia, non più tra uomini e demoni ma tra uomini e uomini, diventa anch’essa materia mitologica.

 

Negli ultimi due versi della poesia c’è uno stile assolutamente coranico, non sfugge all’acuto lettore che conosca la lingua araba e il Corano.  Questo tipo di figura retorica ricorre molto frequentemente nel Corano. Certo che in italiano non è evidente in come in arabo, ma cerco di rendere l’idea.

I due versi sono questi:

Poiché i nullatenenti randagi

Sono come sangue non esitabile nel mercato di petrolio.

Esempi dal Corano:

“le loro azioni saranno come cenere sulla quale infuria il vento”

“Coloro cui fu affidata la Torâh e che non la osservarono, assomigliano all’asino che porta i libri”

 

Tuttavia, come ben vediamo, non c’è nessuna offesa a Dio o al Corano, anzi, il fatto che il poeta si ispiri al Libro Santo testimonia sicuramente a favore dello stesso, poiché viene ritenuto fonte di ispirazione per la cultura e l’arte.

 

2-

È innocuo il petrolio

se non fosse per la miseria che lascia

a contaminare il mondo

 

Il giorno in cui si anneriranno i volti di coloro che scoprono un altro pozzo

e t’insufflano in cuore la vita … per resuscitare la tua anima in forma di petrolio

per l’uso pubblico

Questa è la promessa del petrolio .. e il petrolio non manca alla sua promessa.

 

fine ..

 

Vediamo che il verso “Il giorno in cui si anneriranno i volti di coloro che scoprono un altro pozzo” si basa sul versetto coranico: “Il Giorno in cui alcuni volti si illumineranno e altri si anneriranno, a quelli che avranno i volti anneriti [sarà detto]: “Avete rinnegato dopo aver creduto? Gustate il castigo della miscredenza. E coloro i cui visi si illumineranno, saranno nella Misericordia di Allah e vi rimarranno in perpetuo” (Corano, Sura Al Imran “III”, versetti 106-107).

 

Mentre nei versi

E t’insufflano in cuore la vita … per resuscitare la tua anima in forma di petrolio

per l’uso pubblico”

vediamo che il poeta si riferisce a una forma di resurrezione, usando questa metafora per condannare lo sfruttamento del petrolio e delle persone. Il poeta in questi versi si ispira ai versetti coranici: “Quindi gli ha dato forma e ha insufflato in lui del Suo Spirito” (Corano, As-Sajda [XXXII], versetto 9). Oppure: “Sarà soffiato nel Corno ed ecco che dalle tombe si precipiteranno verso il loro Signore” (Corano, Sura Ya Sin [XXXVI], versetto 51).

Nel penultimo verso troviamo la similitudine con alcuni versi coranici:

Il poeta scrive: “Questa è la promessa del petrolio … e il petrolio non manca alla sua promessa”. Nel Corano si ripete una forma simile, in diversi versetti:

– “Promessa di Allah. Allah non manca alla Sua promessa, ma la maggior parte degli uomini non sa

– “[nel Giorno in cui] si spaccherà il cielo. La promessa [di Allah] si realizzerà.”
- “e dicono: “Gloria al nostro Signore! La promessa del nostro Signore si realizza

Come vediamo il poeta sostituisce la parola “Allah o Signore” con quella di “Petrolio”. L’uso di questa metafora serve a suscitare nell’anima del lettore l’idea dell’assoluto male del petrolio, non certo quella di un’offesa a Dio.

 

In un verso il poeta dice: “e alcune labbra esclamanti dei bei nomi dell’amore”. In questo verso il poeta sostituisce la parola “Dio” con quella di “amore”. I famosi “bei nomi di Dio”, che sono 99, sono riportati nel Corano in diversi versetti. Un versetto recita: “Di’: Invocate Allah o invocate il Compassionevole, qualunque sia il nome con il quale Lo invochiate, Egli possiede i nomi più belli” (al Isra [XVII], versetto 110). Ma se vogliamo condannare il poeta per questa similitudine, vogliamo dunque privare Dio dell’aggettivo “amore”. Ciononostante non vi è nulla di blasfemo in tutto questo.

 

3-

 

Perdonami per le tue ripetute morti sul mio letto

Perdonami per aver dimenticato l’odore del tuo sudore esausto sul mio letto

Non c’è altro amato all’infuori di te … ed io ero fra coloro che disperano.

 

In questi versi il poeta si ispira ai versetti coranici seguenti:

– “Dissero: Quello che ti annunciamo è la verità, non essere fra coloro che disperano”. (Al-Hijr [XV], versetto 55).

– “Non c’è altro dio all’infuori di Te! Gloria a Te!”. (Al-Anbya [XXI], versetto 87).

 

4-

 

Scusami … perdonami

Per essermi rifiutato di spargere le mie lacrime

O ripetere il tuo nome durante la notte e agli estremi della solitudine.

Rivolgo il mio volto verso la ricerca del calore delle tue braccia

Non c’è altro amato all’infuori di te … solo te … e sono il primo a innamorarmi.

 

In questa poesia invece troviamo un richiamo ai seguenti versetti coranici:

– “Sopporta dunque con pazienza quello che dicono, glorifica e loda il tuo Signore prima del levarsi del sole e prima che tramonti. GlorificaLo durante la notte e agli estremi del giorno, così che tu possa essere soddisfatto”. (Corano, Sura Ta-Ha [XX], versetto 130).

– “In tutta sincerità rivolgo il mio volto verso Colui Che ha creato i cieli e la terra: e non sono tra coloro che associano”. (Corano, Sura Al-An’am [VI], versetto 79).

– “Di’: In verità la mia orazione e il mio rito, la mia vita e la mia morte appartengono ad Allah Signore dei mondi. Non ha associati. Questo mi è stato comandato e sono il primo a sottomettermi”. (Corano, Sura Al-An’am [VI], versetti 162-163).

 

È sempre, come vediamo, un uso dello stile coranico senza che vi sia alcuna offesa o blasfemia, è pura arte che intende rifarsi alla tradizione coranica, per un motivo molto semplice e risaputo: lo stile coranico, come retorica e linguaggio, è considerato nel mondo arabo uno stile sublime, aulico e di alto livello letterario e linguistico. Il poeta non ha nessuna intenzione di riprodurre i versetti coranici, anche perché, e tutti lo sanno, è impossibile, come lo dice lo stesso Corano: Diranno: “Lo ha inventato lui stesso”[il Corano]. Piuttosto [sono loro che] non vogliono credere. Producano dunque un discorso simile a questo, se sono sinceri”. Nessuno dunque può riprodurre i versi del Corano. Dove sta la blasfemia allora?

Sarà forse per questa poesia:

 

5-

Notte ..

a cui manca l’esperienza del tempo

manca la pioggia dirotta

per cancellare tutti i resti deviati del tuo passato

e liberarti da tutto ciò che chiamavi virtù

dal cuore con la vana capacità d’amare

di svagare,

di intersecarsi con il tuo dichiarato ripudio dell’inconsistente religione

della falsa rivelazione

con la tua fede in divinità che avevano perso la loro gloria.

 

A quale religione e divinità si riferisce il poeta? Possiamo concludere davvero che si riferisse alla religione islamica e ad “Allah? Peraltro la parola “divinità” in quanto sostantivo e non aggettivo, nella lingua araba non si riferisce affatto ad Allah, soprattutto quando è al plurale, come l’ha usata il poeta. Infatti, nella teologia islamica, come ben si sa, Dio è uno e unico, è anche per questo che si dice “monoteismo”. Invece “divinità” si riferisce alle divinità pagane, ed è sempre usata in modo negativo nel Corano. Riportiamo alcuni esempi:

“Veramente affermate che ci sono altre divinità insieme con Allah? Di’: “Io lo nego!”. Di’: In verità Egli è un Dio Unico”. (Corano, Al-An’am [VI], versetto 19).

–  “Se nei cieli e sulla terra ci fossero altre divinità, oltre ad Allah, già gli uni e l’altra sarebbero corrotti”. (Corano, Al-Anbya [XXI], versetto 22).

Ci sono quasi diciassette versetti nel Corano che citano in maniera negativa la parola “divinità”. Come si può concludere che il poeta intendesse fare professione di ‘apostasia’, cioè abbandono della propria religione, in quella poesia, non parlando nemmeno in prima persona? Come si può pretendere ciò nel mondo della poesia, in cui nulla si dà per scontato, nulla è facile da interpretare, nulla può essere letto alla lettera? Dove sono andate a finire le figure retoriche, la retorica stessa di cui gli arabi si vantano come nessun altro?

 

6-

 

I profeti sono andati in pensione

non aspettate dunque un profeta inviato a voi … e per voi

per voi gli osservatori presentano i resoconti giornalieri

e ottengono alti stipendi

quant’è necessario il denaro

per una vita dignitosa!

 

In questa poesia, secondo il verbale, il poeta deride i profeti e manca loro di rispetto.

 

Forse la blasfemia di Ashraf va cercata nel sociale. Credo che le sue attività culturali abbiano infastidito un po’ di persone, e abbiano suscitato in loro l’invidia e l’ira. Un’ira legata ad alcune sue poesie che toccano temi sociali e, in un certo senso, anche sessuali. Queste ‘blasfemie’ sono imperdonabili, a quanto pare, nella società saudita, per cui la condanna è sempre la morte.

In una sua poesia il poeta scrive:

 

7-

 

Con il petrolio … resisterai!

aprirai i ben serrati reggiseni

per succhiare le ciliege e ciò che è intorno

e per godere del soave tra le gambe …

e ciò che il godimento benedice.

 

In un’altra invece scrive:

 

8-

 

Un uomo e una donna che indossa il burka nero stanno in piedi sul pendio di una montagna

un corvo li osserva dal cielo come se vedesse se stesso nello specchio

in compagnia di un uomo che non ama …

un uomo che non sa che (Abbas ibn Firnas) era una barzelletta storica

non fa ridere se non un corvo

non costretto a sognare di volare

 

Questa immagine in cui il poeta assimila la donna con il burka a un corvo, per denunciare lo stato della donna in Arabia Saudita, infatti, è stata riportata nel verbale del tribunale come uno dei capi d’accusa. Nel verbale c’è scritto che il poeta deride la donna velata, e la assimila a un corvo che vede se stesso nello specchio.

 

 

Altre poesia

 

9-

 

Asilo: stare in piedi in coda alla fila …

per ricevere un pezzo di patria.

stare in piedi: un atto che tuo nonno faceva … senza saperne la ragione!

il pezzo: sei tu!

La patria: un documento da mettere nel portafoglio.

Il denaro: carte con sopra dipinti le immagini dei leader.

L’immagine: ti rappresenta fino al tuo ritorno.

Il ritorno: mitologica creatura … uscita dai racconti della nonna.

Fine della prima lezione

Passo la parola a te perché impari la seconda lezione: che cosa è … la tua esistenza?

 

10-

 

I bambini sono dei passeri

che non costruiscono i propri nidi in alberi secchi

e il compito dell’UNHCR … non è quello di piantare

alberi.

 

11-

 

E quando ci sarà del tempo …

perché il tempo faccia con te i conti … chiamerai disperatamente

e pregherai … ciò che avevi smarrito davanti ai cimiteri dei racconti

di cui ti ritieni, per orgoglio, l’unico protagonista

L’unico …

Protagonista … dei vicoli

mentre osservi le macchine della spaziatura … passare davanti a te

come il tempo …

come la tua sigaretta tremante …

come i tuoi rossi occhi

come il tuo cappotto bagnato del sudore delle figlie della notte

 come un discorso di un avvocato a L’Aia.

 

12

 

Sotto la linea del silenzio

Le zanzare sono troppo fastidiose

Come se esportassero il sonno dalla tua cella

Poiché il tuo modo di dormire è una dichiarata violenza

Agli accordi di Ginevra … e agli accordi internazionali.

 

Gassid Mohammed, testo distribuito  con licenza  Licenza Creative Commons  Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

 

Per cenni biografici, appelli a sostegno del poeta e ulteriori informazioni su Ashraf Fayad, come per l’elenco aggiornato degli eventi che si svolgeranno in Italia il 14 gennaio nell’ambito della giornata internazionale a suo favore,  consultare l’apposito spazio sul sito di Editoria araba https://editoriaraba.wordpress.com/2015/12/21/iniziative-italiane-per-il-poeta-ashraf-fayadh/

 

 

Volantino Ashraf

 

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo

Poster per evento “Free Fayadh” realizzato da Gassid Mohammed.

Riguardo il macchinista

Gassid Mohammed

Gassid Mohammed è uno dei macchinisti fondatori de lamacchinasognante.com. Ha contribuito fino al numero 4 e si è ritirato a dicembre del 2016. Un grande bambino che insegue le farfalle da una vita. È nato a Babilonia, a qualche passo dell’Eufrate. Casa sua è eretta sulle basi della Torre di Babele, nessuno ci crede ma è così. È cresciuto in un piccolo paesino in campagna, con le pecore, le mucche, le galline, le farfalle, le api e tutti gli animali e gli insetti. Tutto il suo corpo è costituito dall’Eufrate, non solo perché ci faceva il bagno ogni giorno per tante ore, ma anche perché le piante e le verdure che piantava e faceva crescere erano irrigate dall’Eufrate. Gli piace molto la natura perché ha passato la sua infanzia e l’adolescenza negli orti e nei campi. Il suo orto aveva una collina coperta di erbe e fiori, a lui sembrava fosse il resto dei giardini pensili. Ovviamente nessuno ci crede, ma c’è poco da fare. Da bambino aveva sempre inseguito le farfalle, e le insegue tuttora, e lo farà per sempre.

Pagina archivio del macchinista