Jean Trounstine è autrice e co-autrice di sei libri, alcuni tradotti in varie lingue. Insegna al Middlesex Community College di Bedford, in Massachussetts un corso molto seguito che ha per titolo ‘Voci da dietro le sbarre’. È una università pubblica di buon livello, facilmente accessibile a studenti appartenenti a diverse identità etniche e strati sociali, la cui missione è principalmente quella di formare ed educare gli studenti ad essere responsabili, sensibili ad una visione di comunità sia locale che globale. Jean Trounstine è anche un’attivista militante, che ha insegnato e lavorato per oltre dieci anni alla Framingham Women’s Prison; un carcere femminile dove, fra le altre cose, ha diretto otto produzioni teatrali. “Quando mi si chiede cosa m’abbia ispirato ad insegnare in prigione, rispondo che non l’ho fatto solo perché amo la letteratura e il teatro. Ma perché, pur essendo un ambiente repressivo, offre una speranza reale. Durante una lezione o una produzione teatrale tenuta in carcere si può verificare un cambiamento sostanziale nella vita delle detenute. Per molte di quelle che ho incontrato, l’educazione offriva una vera e propria speranza: la letteratura e il teatro per loro era un momento di libertà. Per questo sentivo una chimica, un profondo legame fra la loro vita e la mia.” Il suo libro più apprezzato difatti riassume l’esperienza di quegli anni passati a lavorare in carcere: Shakespeare Behind Bars: The Power of Drama in a Women Prisons, del 2001. Non solo le ha dato una fama notevole, a livello nazionale, grazie alla ripetuta presenza nelle trasmissioni della National Public Radio, ma anche presso tanti docenti, personale e magistrati, che operano direttamente a contatto con il mondo carcerario.“ Lì ho cominciato a capire che le donne finite in carcere non sono una sorta di ‘bene sociale danneggiato’. Molte di loro hanno subito gravi ingiustizie. Hanno vissuto una vita tremenda fuori dal carcere; a causa di una società che le discrimina per genere, ceto sociale o razza. Sono tante Desdemona che soffrono a causa di uomini gelosi, Lady Macbeth al servizio della carriera dei mariti, tante Porzia travestite da uomo per poter far strada nella società governata dali uomini, e tante Shaylock che, tradite dalla legge, finiscono col farsi giustizia con le proprie mani.” Shakespeare Behind Bars è l’efficace racconto di sei donne incarcerate che, ciascuna a modo suo, grazie al potere del teatro riesce a trascendere la penosa condizione del carcere. Oltre all’intensa attività nelle carceri del Massachusetts Jean Trounstine non ha mai cessato di partecipare a conferenze internazionali e seminari per condividere con altri e altre donne la propria esperienza. “Anche per apprendere e confrontare le diverse condizioni di donne in cacere in altri paesi. Nel mondo in cui voglio vivere non si chiude una donna in carcere e poi si butta via la chiave. È un mondo in cui non si può continuare a governare con la legge del taglione ‘occhio per occhio, dente per dente’. Vorrei vivere in un mondo dove le donne che stanno in carcere devono avere la possibilità di trasformare la propria vita grazie alla parola scritta, alla musica che sta in un verso, ad una poesia che può attraversa le sbarre di una prigione e vivere libera in mezzo agli altri, per sempre”. Anche per questo Jean Trounstine è anche una poeta di notevole spessore. Ha scritto un libro di versi toccanti Almost Home Free, edito dalla Pecan Grove Press, quindici anni fa. “Nel gennaio del 2000 quando erano appena finite le celebrazioni del nuovo millennio, ho scoperto un nodulo nel mio seno destro. Ero in Texas, nella casa di mia suocera, mille miglia lontana da casa. Come tutti quelli che entrano nel tunnel buio del cancro ho temuto fortemente per la mia vita. Ho lottato usando la chemio e soprattutto affidandomi all’aiuto dei famigliari e amici che mi trasmettevano speranza. La mia stessa natura m’ha spinto a cercare conforto nella scrittura. Così è iniziato un mio viaggio interiore personale. Un viaggio che m’ha fatto capire come l’arte sia molto più importante per un artista quando ha a che fare con la propria sopravvivenza personale, poco importa di che natura. La prima stesura di Almost Home Free era all’inizio una scrittura libera, con parole e pensieri che nascevano in grande libertà, uno dopo l’altro. Poi, durante la cura vera e propria del cancro e il processo di guarigione, le parole hanno trovato una loro nuova forma, sono diventate un libro di poesia. Oggi penso a queste poesie come ad una specie di narrazione che descrivono un intero anno di vita. Le parole di un’ammalata di cancro legate anche alla storia della sua famiglia; la lotta vissuta e il modo di esprimerla in mezzo all’incertezza. Una poesia dopo l’altra, le parole mi hanno insegnato che chi è nella condizione di incertezza e sopravvivenza è anche nel momento più intenso della propria vita. È un po’ la storia di come nessuno di noi può fare della casa in cui vive un dolore intenso la propria casa, senza liberarsi”. Per lei la vita e la scrittura sono diventate chiaramente la metafora di una prigione in cui trovare una forma di libertà. Così è nata e nasce la letteratura e la pratica della poesia. Inoltre Jean Trounstine non a caso è co-fondatrice della sezione femminile di un programma innovativo per donne in libertà vigilata, dal titolo significativo Changing Lives Through Literature. Un programma in fase avanzata che ha vuto un’importante conferenza riassuntiva e vari seminari a Dedham, nello stato del Massachusset, nel 2014. Per l’occasione l’organizzazione del convegno, di cui Jean Trounstine è stata promotrice e protagonista, ha stampato e messo a disposizione di tutti i partecipanti un importante documento che riassume le tappe, i punti salienti dell’intero programma realizzato nel corso degli anni con l’aiuto del sistema giudiziario dello Stato e della magistratura. Chi ha creato Changing Lives Through Literature? “Il professor Robert Waxler e il giudice Robert Kane, nel 1991, in collaborazione e sostegno del Massachusetts Trial Court Judicial Institute. Era ed è ancora oggi un intervento educativo realizzato nelle carceri molto importante, con tanto di attestato ufficiale e certificato di frequenza.” Si basa sull’idea che studiare la letteratura può trasformare la vita dei detenuti e detenute che sono in carcere o in libertà provvisoria. Dall’anno della sua fondazione il programma ha conferito attestati oltre 5000 partecipanti che hanno avuto l’opportunità di leggere libri di letteratura, dibatterne in forma aperta e democratica, sotto la guida di professori o docenti professionisti, alla presenza di personale giudiziario abilitato e, spesse volte, dello stesso giudice del tribunale che partecipa come osservatore. “È un programma in continua espansione che ha ricevuto vari riconoscimenti nazionali ed è stato recensito dai maggiori quotidiani e media statunitensi. Il successo dipende interamente nel credere che la letteratura moderna sia lo strumento migliore per esplorare l’identità umana, la sua natura.” Lo sponsor principale è il Massachusset Trial Court Judicial Institute, creato nel 1998 con lo scopo di sviluppare veri e propri aggiornamenti, programmi educativi nuovi per giudici e funzionari che operano nei tribunali, favorendo collegamenti e collaborazioni con il mondo accademico”. Il giudice suggerisce ai detenuti in libertà provvisoria di partecipare ad un corso di Changing Lives Through Literature che si tiene nella loro città di residenza. Il programma consiste nel leggere e commentare a voce alta, assieme ad altri detenuti e detenute in libertà provvisoria, alcuni racconti con incontri settimanali o bi-settimanali di due o tre ore ciscuno, sotto la guida di un docente e di un tutor designato dal tribunale. Incontri che si svolgono nel tardo pomeriggio e compatibili con gli orari e le altre attività dei detenuti. “È importante inoltre che il docente sia una persona di buon livello culturale ed entusiasta; che sappia scegliere racconti facilmente comprensibili e accessibili ai partecipanti. Per questo esiste già una lista compilata di autori ed opere collaudate nel tempo, di cui s’è sperimentato la validità educativa, la capacità di coinvolgimento emotivo e l’efficacia.” Molti programmi durano da sei a dieci incontri, con la consegna dell’attestato nel corso dell’ultimo incontro che si svolge in tribunale e viene consegnato con una cerimonia pubblica, in presenza dei famigliari, dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza. Da un rapporto recentemente compilato dalla Rand Corporation, uno dei maggiori enti statunitensi che compie studi accreditati e credibili su vasto raggio negli Stati Uniti, in merito ai programmi educativi e di riabilitazione che si attuano nel sistema carcerario, risulta chiaramente che quei detenuti che partecipano a programmi culturali educativi tendono, in forma significativa, ad eludere la recidiva e a non tornare in carcere per nuovi crimini. Dopo vent’anni di esperienza personale sul campo Jean Trounstine conferma con fermezza che “Grazie allo studio della letteratura contemporanea i detenuti diventano esperti lettori, sviluppano una proprietà di linguaggio che apre loro nuove visioni, favorisce nuove prospettive, arricchisce il loro senso di umanità e capacità di pensiero, stima e auto-riflessione”. Changing Life Through Literature era ed è anche il titolo di una prima anotologia di testi, compilata nel 1999 da Jean Trounstine assieme a Robert Waxler, ad uso dei tanti detenuti per questo specifico programma. Vi spiccano i nomi di scrittori autorevoli, quali: T. Coraghessan Boyle, Joyce Carol Oates, Toni Morrison, and Raymond Carver. Il secondo volume del genere, edito nel 2005, ha per titolo Finding A Voice ed è un momento molto importante di riflessione e dibattito sul come e perché, nel corso degli anni questo programma si è modificato. Il volume contiene, oltre ad una vasta bibliografia, suggerimenti preziosi ed espliciti consigli per coloro che si apprestano a realizzare nelle carceri americane questo programma educativo. La fatica più recente di Jean Trounstine è stata la stesura di un nuovo libro che ha per titolo Boy With a Knife: A Story of Murder, Remorse, and A Prisoner’s Fight For Justice, 2017, finalista per l’importante Media For A Just Society Award, un premio e un riconoscimento per autori che, con il loro lavoro di scrittori, incidono ed ampliano la conoscenza della società contemporanea americana. Una testimonianza e critica rovente nei confronti del sistema giudiziario statunitense che ancora oggi permette di giudicare e condannare in larga misura dei minori a pene e detenzioni del tutto simili a quelle degli adulti. Un grido di allarme ben documentato che si basa sulle lettere e l’esperienza personale di Karter Reed, un giovane minore detenuto nelle carceri americane “dove ogni anno, indiscriminatamente, quasi duecentocinquantamila minorenni vengono processati, sottoposti a sentenze e detenzioni simili o del tutto pari a quelle degli adulti.” È un libro straordinario e di toccante umanità, che vuole dimostrare come occorra cambiare le leggi e il sistema di detenzione per i minori che commettono reati, anche gravi, contro la società. “Bisogna al più presto promuovere nuovi programmi culturali ed educativi all’interno e al di fuori dei centri di detenzione per i giovani in libertà provvisoria. Programmi soprattutto legati alla letteratura e al teatro, se non si vuole perdere o annichilire un’intera generazione di minorenni” ripete instancabile e con coraggio indomabile Jean Trounstine, senza possibili vie di fuga, scuse o soluzioni di continuità.
* Questa intervista era stata commissionata e realizzata a suo tempo per la rivista europea “Catarsi, Teatri delle diversità” e la Rivista “CERCARE, carcere anagramma di” n. 2, che sarà presentata ufficialmente a Firenze il 14 dicembre 2018