Claudia Piccinno è stata ospite de lamacchinasognante (numero del 31.03.16) con la silloge “Ragnatele Cremisi – concentriche memorie” (Edizioni la Lettera Scarlatta – Settembre 2015). Ora torna con “Ipotetico approdo” (Ed. Mediagraf – 2017), che sintetizza nel titolo la ricerca di un porto agognato al di là delle tempeste causate dalle malattie fisiche e sociali quali la violenza, la guerra, la sopraffazione e il razzismo, che si abbattono sugli uomini giorno per giorno. L’autrice è guidata in questa incerta ricerca dalla bussola di passione e altruismo che l’accompagna nello svolgersi della silloge, sentimenti forti che Claudia ci suggerisce con decisione per interpretare la vita di ognuno di noi.
La prima poesia, che dà il titolo alla raccolta, si occupa dei due amanti protagonisti del noto film “Titanic”, dove Jack e Rose sono l’uomo e la donna d’oggi che ruotano su pianeti distanti, ma cercano la ricomposizione del senso lacerato delle loro vite nel comune ipotetico approdo della loro unione, non necessariamente terrena.
Ipotetico approdo
… pensando al Titanic
Jack arrivò a scompigliare
giorni sempre uguali
ribaltando le rotte
di viaggi mentali.
Non fu per Rose
incontro bramato
eppure attorno alle mura
lui si fece fossato,
ancora di salvataggio,
cuscinetto frangiflutti,
piano di emergenza,
interlocutore solidale,
quasi un uomo normale.
Rose non sa nuotare
ma è attratta dal mare,
ha freddo dentro
e teme che il fuoco
possa fare centro.
Rose è ferma sulla polena
delle sue paure,
non ha più meta
né affidabile baricentro
ma vuole credere che
il suo Jack virtuale
condivida un affetto reale.
Jack e Rose non si ritroveranno
nel quotidiano incedere
di pianeti distanti,
ma le loro anime pellegrine
si riconoscono in un ipotetico approdo
al margine di lustrini e vetrine,
sconosciuto ai naufraghi
e a tutti i naviganti.
Il tema dell’approdo è ripreso in “Piano b” dove Claudia ci svela l’inutilità di opporsi con la razionalità alle onde improvvise nel nostro navigare rappresentate da ciò “che l’anima persegue a suo volere, e che ti vede oggetto di un approdo nei meandri sconfinati di un abbraccio”, nonostante la ragione e il corpo fuggirebbero per evitare di illudersi invano.
Il piano b
Brillai di luce autonoma
alla periferia del tuo sguardo,
ribellandomi al pensiero
di un sentire irrazionale.
Macinai chilometri di asfalto
per ancorare al terreno ogni mio passo,
ingurgitando dubbi per non volare altrove
e poi schiantarmi al suolo.
Di un credo e di un colore sbiadito
improvvisa corazza rimediai
per non concedere al cuore
vane attese o subdole speranze.
Non avevo considerato il piano b
quello che l’anima persegue a suo volere,
e che ti vede oggetto di un approdo
nei meandri sconfinati di un abbraccio.
Nelle latitudini delle tue braccia
io riposerò.
Lo sguardo di Claudia si allarga in “Il coraggio dei perdenti” al dramma delle migrazioni forzate, soprattutto dei minori costretti a scappare, anche da soli, dalla loro terre martoriate da guerra, odio e fame, in cerca di un difficilissimo approdo sulle coste dell’abbondanza e del benessere dove trovano non già mani e pane, ma troppo spesso paure, muri e indifferenza.
Il coraggio dei perdenti
Ha gli occhi grandi Ismael,
la bocca arsa Ikrahm,
voce squillante Aziz.
Sono lontani dal treno del vento,
dal kindertransport inglese
quando la guerra flagellava
l’Europa.
Sono i bambini in cammino
occhi innocenti di oggi,
agnelli di via crucis
per terra e per mare
quelli che vediamo sfilare al tg
noi servi di Caronte,
noi i “civili”
ostaggio dell’indifferenza,
vittime e forse complici
di tanta assuefazione.
Stiamo sul ciglio del sentiero
affollato di mani tese,
noi… stiamo immobili
col braccino nascosto
che non si scomponga
in offerte d’aiuto.
Ha gli occhi grandi Ismael,
la bocca arsa Ikrahm,
voce squillante Aziz.
Frastuono di bombe
nei loro ricordi,
piaghe ai piedi
e geloni alle mani.
Il manganello delle guardie
non risparmia nessuno,
è peggio dell’altalena
delle maree,
sembra la fame dei pescecani.
Miseria, fame, epidemie.
Ismaèl, Ikrahm, Aziz;
partire, restare, tornare
la civile Europa ha inventato
un dispositivo micidiale:
il campo profughi
per farci assuefare
alla diaspora degli innocenti
all’ottusità delle nostre menti
al coraggio senza pari
dei perdenti.
L’accoglienza disinteressata è, per contro, narrata in “Nawal la regina del molo” dove l’autrice porta ai nostri occhi l’umanità di Nawal Soufi, detta “l’angelo dei profughi” la ragazza catanese di origini marocchine che ha aiutato a sbarcare in Italia oltre ventimila rifugiati, fornendo le coordinate delle loro posizioni in mare alla guardia costiera.
Nawal, la regina del molo
La chiamano l’angelo dei clandestini
chè vigila sull’approdo
di adulti e bambini.
Lei avvisa la guardia costiera
prima che imperversi la bufera.
Lei indirizza i migranti
a guardarsi dai tanti
che cercano manovalanza
fingendosi santi.
Nawal è esile e bella
ed è di tutti loro la sorella,
la temono i timonieri notturni,
la scansano gli avventori diurni.
Nawal ha un fazzoletto in testa
ed una competenza assai molesta.
Sfama e veste i fratelli del mare,
esortandoli a non inciampare nel male.
Nawal è minuta e ha l’espressione arguta,
un progetto in mente e non teme più niente.
Nawal la regina del molo,
li protegge tutti
dall’ inganno e dal dolo.
Dedicata a Nawal Soufi
In “Fantasioso erede di Pitagora” Claudia gioca sapientemente con i segni matematici svelando la sua preferenza per il “per” che rappresenta il “moltiplicatore d’amore” non arruolato dal capitale rapace che lo vorrebbe invece moltiplicatore di guadagni e dividendi.
Fantasioso erede di Pitagora
La vita mi tatuò dei numeri
sulla parte sinistra del cuore.
Li riprenderò per farne puro canto
che annulli i calcoli del dare e avere
e cancelli le divisioni col resto di tre.
Fu il tre a rimanere illeso
da somme e sottrazioni.
Quel tre che non volle
concedere parità
nel confronto delle altrui opinioni.
Aridità prevalse nel conteggio
e l’ira del per si scatenò.
Io sono il per
fantasioso erede di Pitagora,
non amo gli utili, né il dividendo,
fui brevettato per divulgare
multipli d’amore.
La denuncia di una società falsa e ipocrita a cui Claudia non intende aderire è ben sintetizzata in “Nei sorrisi mediatici” e sviluppata ulteriormente in “Cuore cucito” dove sotto accusa sono la nostra ignavia e il nostro silenzio complice del tornaconto.
Nei sorrisi mediatici
Residuo di petrolio
nel cuore di un’ameba
si fa plastica nelle strette di mano,
nelle rivalse di comari ignoranti.
Plastica nei sorrisi mediatici
collaudati per pedigree.
Plastica nelle strettoie verbali
per saggiare
l’ingenua di turno.
Plastica, plastica ovunque.
Ed io… resto vetro.
Cuore cucito
Ho spalle grandi che si piegano
pei colpi d’inconcludenza altrui,
ho gambe forti
che percorrono sentieri solitari,
ho cuore lacero cucito e rattoppato
mille volte,
ho mente acuta che s’infervora
di rabbia al tuo cospetto.
Odio l’ignavia,
l’ambiguità latente e la evidente,
odio il silenzio galeotto
e complice del tornaconto.
Ho questi limiti
che gemmano stupore,
io non mi adeguo
a questo mio livore.
La silloge si chiude con “Dolore e forza” un lirico e commosso omaggio alla madre, dove Claudia la omaggia della sua eredità rappresentata dalla forza che le ha impresso in ogni battaglia della vita.
Dolore e forza
Sto abitando il tuo dolore madre mia.
Sento le vene tumefatte delle tue braccia.
Annuso il rantolo di un cuore stanco.
Guardo il tuo sonno intermittente
come la goccia che cade lenta
a ricucire l’ennesimo strappo di un corpo martoriato.
Ho respirato la tua forza senza averlo mai saputo
sin dal mio viaggio nel tuo liquido amniotico.
Questa è l’eredità della tua stirpe… madre.
Dolore e forza.
E rinascita.
Perché insieme a te rinascerò
ancora una volta, oggi come ieri,
domani e sempre.
Ci sono eredità che si moltiplicano,
come fossero spilli sopra
l’asse di equilibrio.
Dolore e forza.
E rinascita.
Note bio-bibliografiche: Claudia Piccinno nasce a Lecce nel 1970, ma si trasferisce giovanissima in Lombardia e poi in Emilia Romagna dove attualmente vive. Presente in oltre sessanta raccolte antologiche, già membro di giuria in vari premi letterari a carattere nazionale e internazionale. Insegnante di ruolo nella scuola primaria, Laurea in LINGUE E LETTERATURE STRANIERE, ha al suo attivo le seguenti pubblicazioni: silloge “La sfinge e il pierrot”, Aletti Editore, 2011, silloge “Potando l’euforbia” in Transiti Diversi, Rupe Mutevole Edizioni, 2012, silloge “Il soffitto, cortometraggi d’altrove”, La Lettera Scarlatta Edizioni, 2013 (edizione in italiano), silloge “Il soffitto, cortometraggi d’altrove”, La Lettera Scarlatta Edizioni, 2014 (edizione bilingue italiano-inglese), silloge “Tabahnha” (Il soffitto), Edizioni Majdah, 2014 (edizione in serbo), silloge “Ragnatele cremisi”, La Lettera Scarlatta Edizioni, 2015. Autore in primo piano a far data giugno 2015 del gruppo mondiale Pentasi
B World Friendship Poetry che si occupa di promuovere la poesia in inglese, improntata al rispetto e alla valorizzazione delle differenze. Referente scolastica del territorio per educazione alla lettura. Ha ottenuto premi di rilievo a concorsi di poesia nazionale e internazionale,(tra cui una menzione d’onore a Parigi al 1st Word Literary Prize); il suo componimento “Nel blu” è riprodotto su stele in maiolica affissa sul lungomare di Santa Caterina di Nardò ( Le) e su mille cartoline per il primo premio al concorso fotografico Pensalento.
Immagine in evidenza di Tracy Allen.