Intervista di Bartolomeo Bellanova a Virgilio Violo, Presidente di Free Lance International

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Virgilio parlaci brevemente dell’Associazione..

Facile identificarci all’estero, soprattutto nei Paesi più evoluti del nostro, basta la parola: giornalista “free lance”. Parola che evoca libertà, coraggio, spirito d’avventura, abnegazione, ma soprattutto fedeltà al proprio ideale, alle ragioni che lo sospingono ad un’arte così meravigliosa e al contempo così difficile. Il professionista dell’informazione è l’occhio vigile della società, colui che fotografa la realtà, non importa con quale mezzo. E’ “il controllore”. In questi Paesi a cosiddetta “democrazia compiuta”, dove esiste editoria pura, è considerato il giornalista per eccellenza, non lo è nel nostro, dove questo termine non è compreso, suscitando tutt’al più considerazioni tra il benevolo e l’ilare. Da noi il controllore è controllato, anzi è abolito o peggio, la categoria non esiste, non essendoci alcuna legge che lo salvaguardi per la funzione che espleta, così delicata per la stessa democrazia.

La nostra associazione vuole rifarsi a questo ideale. Siamo i figli di nessuno, coloro che credono nel proprio lavoro e nel ruolo affidatogli da una seria professione. Coloro che cercano di sopravvivere all’umiliazione di non avere padrini, che si aggrappano alla propria professionalità e dignità. Non pretendiamo d’avere l’esclusiva, non sappiamo se vi siano altre associazioni come la nostra e se vi sono, che siano le benvenute. Il nostro impegno è quello di contribuire a costruire la casa comune perché i “desaparecidos”   prendano coscienza che un giorno potrebbe essere accordato loro ciò che la ragione ancora gli nega.

In questi anni abbiamo organizzato convegni, promosso iniziative, ci siamo battuti per i colleghi in difficoltà e per i diritti umani, abbiamo creato delle strutture regionali in quasi tutta la penisola, istituito responsabili dell’associazione all’estero, in Europa e in America e quella sul video-giornalismo, ultima frontiera per i free lance. In questi anni la tecnologia c’è venuta incontro e quello che cercavamo di costruire, più per fede che per interesse, è diventata realtà sempre più palpabile. Con l’avvento della rete c’è stato dato di superare quegli ostacoli che altrimenti sarebbero stati insormontabili, dialoghiamo oramai con il mondo.

Ora Virgilio mi piacerebbe che ci parlassi del tuo amico e collega Antonio Russo, una testimonianza di coraggio personale e di vera libertà che i mandanti e gli esecutori del suo assassinio rimasti impuniti vorrebbero trascinare per sempre nell’oblio, ma che vive ancora nel nostro ricordo.

Antonio Russo venne adottato all’età di 8 anni da Beatrice Russo, giovane plurilaureata (farmacia e biologia) di Francavilla al Mare che scelse di non avere figli dal suo compagno e pensò di adottarne uno. Scelse Antonio, che prese il suo cognome, in un istituto di suore a Chieti. Purtroppo l’unione tra Beatrice ed il suo compagno, con il tempo, non si rivelò molto felice e indussero la mamma di Antonio a separarsi da questo per diverso tempo ed Antonio a cercare in altri la figura paterna.

La vita del futuro giornalista fu marcata da un’infanzia molto triste, almeno fino all’età dell’adozione e nei suoi reportage in zona di guerra, come inviato di radio radicale, tenne sempre conto delle situazioni drammatiche dei bambini. A Tagliacozzo, in montagna, dove la mamma aveva acquistato una casa per poter trascorrere le vacanze, Antonio trovò il suo padre adottivo: un allevatore di cavalli che gli insegnò l’amore per gli animali, tanto da indurlo ad acquistare un cavallo e intraprendere gli studi di veterinaria.

Ben presto, però, il suo trasferimento a Roma lo allontanò dalla facoltà di veterinaria e spinse ad essere sempre più attento alle tematiche sociali. Nella capitale il suo trascorso fu caratterizzato da un un’intensa vita di relazione con le categorie che più attiravano la sensibilità del nostro: intellettuali underground, artisti, diseredati, stravaganti, tutti erano oggetto della sua amicizia. Del resto Antonio aveva la dote non comune di poter dialogare con chiunque, identificandolo gli altri come un loro pari. Abbandonati gli studi di veterinaria si segnò alla facoltà di sociologia e molti amici ancora ricordano i suoi appassionati e competenti interventi nei dibattiti sulle tematiche sociali internazionali. Accettò qualsiasi lavoro per mantenersi (fu anche muratore) e, preso da simpatia verso il movimento federalista europeo, vi aderì partecipando alla vita del movimento e fondando una casa editrice che editò dei volumetti dedicati ai principi ispiratori del movimento federalista. Nascono anche le simpatie per il partito radicale il quale, dopo un’esperienza del nostro in testate minori, gli sarà trampolino di lancio per proporsi come collaboratore a radio radicale. In redazione non legò molto con i colleghi dai quali era spesso emarginato evidentemente per motivi di scalata alla carriera, al contrario legò molto con l’altro personale della stessa radio.

Armato di coraggio, di volta in volta Russo si proponeva ai suoi capi redattori come inviato in zona di guerra (Algeria, Africa-guerra Tutsi, Kossovo, Cecenia). Il rispetto dei diritti umani fu la strada maestra e faro del suo lavoro. Di grandissima cultura, la sua indole lo spinse a schierarsi sempre dalla parte dei più deboli. Fu il Vice-presidente della Free Lance International Press, associazione internazionale di giornalisti free lance nata a Roma nel ’95 e di cui lui fu generoso sostenitore.

Formidabile maestro di giornalismo e per me di vita, riusciva come pochi, ad entrare subito in sintonia con chi gli era a fianco e a fotografarlo nell’onda radio. Lavorava non per se ma per l’umanità, per se non chiedeva nulla se non la possibilità di servire.

Generoso, altruista, quando tornava dalle sue missioni all’estero e veniva nella nostra sede, era come se fosse tornato a casa dal fronte e la prima cosa che ci chiedeva era quella di andare a mangiare qualcosa tutti insieme; guai a tentare di mettere mano al nostro portafogli per contribuire.

Ricordo che un giorno, in occasione di un suo momentaneo ritorno dal Kossovo, nel mostrarmi le foto che aveva fatto e voleva vendere in Italia, me ne regalò una, che conservo gelosamente, e dopo aver scritto la dedica mi disse: ”così ti ricorderai di me !”. Gli diedi una pacca sulla spalla e sorrisi ammonendolo a non dire sciocchezze. Purtroppo aveva ragione!

Il suo omicidio in Georgia (16 ottobre 2000) è da imputare, molto verosimilmente, a della documentazione in cui era entrato in possesso sugli eccidi compiuti in Cecenia da parte dei russi. Una sua lapide è stata posta al cimitero di Arlington, negli Stati Uniti, nel settore dedicato ai martiri per la libertà di stampa.

 

Link al sito dell’ Associazione di giornalisti free lance a carattere internazionale  http://www.flipnews.org/

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

 

 

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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