Intervista al poeta Omar Baz Radwan di Sana Darghmouni

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D: La macchina sognante ti dà il benvenuto e ti ringrazia per aver accettato questa intervista.

Prima di tutto potresti parlare al lettore italiano di te, delle situazioni più significative della tua vita, e soprattutto del motivo della tua scelta di vivere fuori dal Libano. I motivi che ti hanno portato a questa scelta erano politici o puramente personali? Ci potresti raccontare questo, oltre alla tua diretta esperienza con l’immigrazione e la sua influenza sul tuo stato d’animo?

R: Sono un poeta arabo (libanese) cresciuto in Occidente, tra gli Stati Uniti, l’Africa (nelle scuole americane) e poi in Europa (Irlanda). Pertanto la mia scelta di scrivere in inglese non è stata in realtà una scelta dato che sono cresciuto in un ambiente di lingua inglese. Questa è sempre stata una sfida per me, in quanto come poeta l’arabo mi appaga più dell’inglese. La lingua araba ha la capacità di penetrare luoghi della psiche con una sola parola, luoghi che la lingua inglese può descrivere solo ricorrendo a dei paragrafi. Per questo motivo, sono sempre stato in esilio nel mio paese e tra i miei stessi lettori, che possono leggere la mia opera solo attraverso la lente della traduzione o attraverso una dubbia smorfia postcoloniale.

Ho sempre cercato di sfuggire ai tumulti politici, sia in Liberia con la cacciata del presidente Samuel Doe nei primi anni ’90 che in Libano poi, con l’attacco di Hezbollah a Beirut nel 2008. Mio padre era vicino al regime governante in Liberia allora e io ero più giovane. Mi ricordo la nostra famiglia tenuta in ostaggio dai ribelli Taylor per dieci giorni, la morte di mio zio per mano loro e il suo assassinio dinanzi a tutti noi. Questo è stato il primo catalizzatore che ha infiammato la mia inclinazione poetica e determinato il mio stile. Ho capito il lato più oscuro della vita e da allora posso esprimermi solo attraverso il linguaggio e precisamente attraverso quello della poesia. Il Libano, d’altro canto stava vivendo al confine tra la vita e la morte su base quotidiana e questo mi ha portato al misticismo che si rivela tra gli spazi dell’”essere” (vivo) e del “non essere”. Inoltre, il misticismo e la spiritualità hanno assunto una grande importanza nella mia scrittura dal momento in cui cominciavo a scoprire un taglio di confronto tra l’Oriente e l’Occidente, soprattutto negli scritti di Blake e dei romantici, così come in nomi moderni come Rilke, Ungaretti e Transtromer, Hesse, il misticismo sufi oltre anche alle filosofie esoteriche orientali.

Ho attualmente completato una tesi di Dottorato sulla poesia arabo-americana contemporanea colmando il divario tra il primo misticismo di Gibran e le influenze occidentali, e la poesia politica più contemporanea prodotta dalla comunità araba in America dopo gli eventi dell’ 11 settembre e lo stereotipo dell’arabo/terrorista musulmano.

D: Ci potresti parlare della tua esperienza poetica e della tua opera, ci potresti anche sintetizzare il tuo percorso artistico?

R: La mia scrittura è un risultato diretto della mia ricerca ultima del potenziale umano e della mia fede nel suo sforzo verso un’esperienza umana migliore e più armoniosa, sia su un piano universale che a livello personale. La mia scrittura è iniziata in un’età molto precoce nella nostra comunità in Liberia. Ero solito riunire le persone anziane la domenica pomeriggio e parlare di luoghi immaginari pieni di vita e di grande speranza per tutti. E questo era solo l’inizio. La mia ricerca della bellezza tra i residui della realtà e la verità della distopia in cui viviamo mi hanno portato a scoprire letture avvincenti e idee nel tempo e nelle varie culture e lingue che esprimono lo stesso potenziale per l’umanità. L’umanità per me è un trampolino di lancio verso grandi inizi, piuttosto che una breve esperienza che termina con la morte. L’umanità è stata tuttavia estremamente e volutamente/consapevolmente disillusa attraverso il tempo e deve senz’altro maturare verso la trascendenza/unità prima o poi (concetto Blakiano di “Los” – Il matrimonio del cielo e dell’inferno). Quindi, tutto questo mi ha portato a letture sufi, misticismo, letture esoteriche, sia occidentali che orientali, filosofie dell’Estremo Oriente, ha avuto delle implicazioni nella mia vita e mi ha fatto giungere alla consapevolezza sensuale di esperienze che superano il corpo e i limiti dei sensi. Nessuna droga è stata implicata (a parte erbe naturali e rimedi) dato che sono fermamente convinto che qualsiasi farmaco di cui abbiamo bisogno è innatamente a nostra disposizione attraverso la mente e la sua disciplina, piuttosto che una necessità per coinvolgere la fantasia.

D: So che tratti molto il tema dell’amore nelle tue poesie, ma alla luce di quello che i paesi arabi stanno vivendo attualmente e nell’ambito degli eventi e dei conflitti che scuotono il mondo ogni giorno, la tua poesia ne ha subito le influenze? Hai scritto poesie che raffigurano eventi tragici che attraversano alcuni stati arabi, come l’esilio, la guerra, il problema dei bambini e altro?

R: Non evito tali situazioni ma non vi sono nemmeno completamente (direttamente) immerso. Certo gli eventi sono reali e devono essere affrontati in arte così come con altri mezzi, ma credo che la poesia abbia la capacità di attingere oltre alle immagini di sofferenza e di dolore. Ha la capacità di entrare in quello che io chiamo uno stato di “nulla”, dove l’etereo (il linguaggio universale dell’amore, gratitudine e trascendenza) è tradotto nella lingua della mente. Credo che la poesia sia l’unico genere in grado di evadere dalla realtà, ma di portare tutta la forza del lettore dentro di essa, anche solo sussurrando qualcosa al di là del fisico. Non posso esprimere il politico come cosa veramente importante e imminente senza la speranza della trascendenza poetica. Anche questo risale nuovamente alla mia fede nell’umanità e nel fatto che l’umanità è una sola entità che deve rialzarsi dalla polvere. Non sono né un poeta romantico eremita né uno che crede nell’auto esilio, lontano dal “rumore e dal furore”. Penso di essere d’accordo sia con Shelley che con Byron su questo tema: quello che voglio dire è che credo nella politica di libertà di Shelley, ma allo stesso tempo, sono completamente d’accordo con Byron, vale a dire che si tratta di uno sforzo personale per trascendere e realizzare il potenziale umano individualmente. L’amore per me è reale, e non ideale ed è politico, nel senso yeatsiano, cioè “c’è un altro mondo, ma è questo”.

D: Il Libano e Beirut hanno sempre ispirato i poeti e hanno coperto una grande posizione per i simboli e le immagini che racchiudono. Infatti Beirut è “la signora del mondo” per Nizar Qabbani, come è “la tenda e la stella” nelle poesie di Mahmud Darwish. Che spazio ha il Libano nelle tue poesie? Il Libano è presente nella tua scrittura? E’ una tua musa ispiratrice?

R: Sì, il Libano (e Beirut e in particolare) è decisamente fonte di ispirazione per me. Culturalmente, il Libano è un amalgama di campi profughi e di martirio così come anche di moda di alto livello, auto di fantasia e di cosmopolitismo, nel senso moderno del termine. E’ un paese in grado di essere completamente invischiato nella causa araba/palestinese, ma distaccato da essa e occidentalizzato nelle sue prospettive. Quindi, a parte le magnifiche bellezze naturali e l’ospitalità di questo paese, esso fornisce anche l’opportunità di sperimentare il mondo attraverso una grande finestra, un fluido stato intermedio tra due estremi, il quale, se gli si sopravvive, insegna a vivere in uno stato di esistenza su una linea di confine continua dove si è immersi in opportunità, scelte, passioni, storie, non identità, nonché radici e cultura tutto in una volta. Principalmente, il Libano mi ha fatto innamorare di cause e di simboli quali Che Guevara, Yasser Arafat, l’OLP, il misticismo arabo-indiano/persiano, il Romanticismo inglese, Leonora Carrington, Gibran, e lo spirito fenicio di avventura e di impresa. E credo che questo sia un’esposizione salutare per chiunque, non solo per gli scrittori, finché si è saldamente radicati da qualche parte, e per me è l’io (personale e mistico – cioè il potenziale umano che ho citato sopra), così come anche la poesia.

D: Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato e alla fine ti preghiamo di regalarci qualche tua poesia da tradurre in italiano e da pubblicare nella nostra rivista.

Il piacere è mio.

Intervista realizzata da Sana DarghmouniLogoCreativeCommons

 

 

 

Ultimo valzer

 

Prima della tua partenza

questa era una casa

dove la musica, seppur triste,

dipingeva le pareti fin sopra le cime

degli alberi

 

Pesce sulla terra – i tuoi fiumi mi attraversano

momento stupendo, torna e stammi vicino

 

Dolce arresa, non mentire.

Un’altra immagine che sbiadisce nei campi, un altro cancello di legno giallo,

e un giardino.

 

La festa in giardino

 

Mentre cresceva il crepuscolo su colte grida

le facce pendevano di perle e ori sui

tavoli e il ritornello era gaio

e il ritornello era discreto.

E’ troppo tardi per mettersi a ballare, troppo

tardi per farsi un’amante, ora.

 

Un gruppetto stanco di alberi afferra il piede del declivio

Io ritorno all’usata armonia.

 

Tra le maglie del reticolo di rami vedo facce

e fughe rinate.

 

Ti sveglierò

 

L’ora della luce nera nelle vene

di stolte grida negli specchi,

dei terrificanti precipizi della sete.

 

 

Siediti un attimo

 

Ottima idea, siediti accanto a me in questa sedia vuota

dove me ne sto seduto da tutta una vita,

parlami

in questo limine, nell’ora che ti avviluppa.

 

Arrenditi alla terra brulla, grande Pesce,

e dalla polvere più infima e cieca

della tua carcassa,

la musica riempirà i fiumi delle mie vene.

 

Il valzer

 

Con la morbidezza dei primi passi

arriva la promessa di un‘Età dell’Oro.

Traduzione della poesia dall’inglese di Pina Piccolo LogoCreativeCommons

 

Omarbaz

Omar Baz Radwan (29 gennaio 1980), autore di due libri, collezioni di poesia e di riflessioni sui sogni, sulla follia e sull’amore, cose che rendono la realtà un po’ più sopportabile (almeno per lui). Il suo ultimo libro, My Poetry Room (recentemente pubblicato a Beirut da World Book Publishing) è un esperimento con il linguaggio, creando immagini e ritratti ispirati ai suoi viaggi in Irlanda, Beirut, Istanbul e Africa. Tratta di persone, luoghi, esperienze ed emozioni catturate lungo la strada. Ha recentemente completato una tesi di Dottorato in letterature comparate all’Università di Dublino in Irlanda sulla Poesia arabo-americano contemporanea. Ama leggere, e quando non sta leggendo, sta scrivendo e quando non sta scrivendo sta raccogliendo pezzi d’antiquariato, l’occupazione di un signore (scherzava). Per lo più, gli piace sognare ad occhi aperti.

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Foto dell’autore a cura di Omar Baz Radwan.

 

 

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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