Indio ha capito che il Dio dei bianchi era cattivo (Gabriel Viriato Raposo Macuxi, trad. Loretta Emiri)

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Per la sua attinenza a quanto sta accadendo oggi in Amazzonia, rilanciamo questa poesia pubblicata ne La Macchina Sognante n. 1, a gennaio 2016.

 

 

Guarda,
quando bianco è arrivato alla nostra terra,
indio pensava che bianco era dalla parte di Dio,
indio pensava che Dio era venuto a visitarlo.
Infatti, bianco ha tutto e indio non ha nulla:
bianco ha filo spinato, noi non abbiamo;
bianco ha libro, noi non abbiamo;
bianco ha accetta, noi non abbiamo;
bianco ha macchina, noi non abbiamo;
bianco ha aereo, noi non abbiamo.
Ma, bianco è venuto ed ha rubato le nostre terre:
e l’indio non poteva più cacciare.
Ha detto che le terre buone erano sue,
ha detto che i pesci dei fiumi e dei laghi erano suoi.
Poi, ha portato le malattie.
Poi, ha insidiato le nostre donne!
E l’indio si è ribellato.
Allora, il bianco ha ucciso i nostri avi,
li ha uccisi, li ha massacrati molto,
e indio fuggiva così veloce come la cosa più veloce.
Ed allora, indio ha capito che
il Dio dei bianchi era cattivo.

Poi, bianco ritornava dicendo che egli era buono,
che voleva abitare vicino a noi,
e noi eravamo contenti.
Diceva:
“Compare, è buono che io sia qui.
Io non porto via le tue terre.
E mentre io sono qui,
ci sarà carne per te e per i tuoi figli”.
E indio diceva:
“ Va bene, padrone, resta qui”.
Il bianco prometteva e non dava,
e continuava a portar via le nostre terre.
Diceva che le terre erano sue,
che il cervo era suo, che il pesce era suo,
e che era tutto suo.
E indio aveva fame molta.
Sai cos’è la fame?
La fame non è uno scherzo, sai?
Io te lo dico, la fame non è uno scherzo.

Traduzione a cura di  da Loretta Emiri.

Gabriel Viriato Raposo, indio macuxi, nacque intorno al 1920 nel villaggio Raposa, in Roraima, nell’estremo nord del Brasile. Un missionario raccolse su nastri di magnetofono la testimonianza di Gabriel che, trascritta e tradotta dal portoghese all’italiano, venne poi trasformata nel libro “Ritorno alla maloca”, Gabriel Viriato Raposo, EMI, Maggio 1972.

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Riguardo il macchinista

Loretta Emiri

La scrittrice Loretta Emiri è una delle macchiniste fondatrici e ha collaborato particolarmente al numero zero della rivista. Si è ritirata dal gruppo operativo a ottobre del 2016. È nata in Umbria nel 1947. Nel 1977 si è stabilita in Roraima (Brasile) dove ha vissuto per anni con gli indios Yanomami. In seguito, organizzando corsi e incontri per maestri indigeni, ha avuto contatti con varie etnie e i loro leader. Ha pubblicato il "Dicionário Yãnomamè-Português", il libro etno-fotografico "Yanomami para brasileiro ver", la raccolta poetica "Mulher entre três culturas". In italiano ha pubblicato i libri di racconti "Amazzonia portatile" (Manni, 2003), "Amazzone in tempo reale" (Livi, 2013) – che ha ricevuto il premio speciale della giuria del Premio Franz Kafka Italia 2013, “A passo di tartaruga – Storie di una latinoamericana per scelta” (Arcoiris, 2016), il romanzo breve "Quando le amazzoni diventano nonne" (CPI/RR, 2011). È anche autrice dell’inedito "Romanzo indigenista", mentre del libro "Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più", anch’esso inedito, è la curatrice.

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