Intervista e selezione dei testi di Bartolomeo Bellanova
-Come potete definire “Le braccianti di euripide”?
“Le braccianti di euripide” è un collettivo artistico che nasce dall’esigenza di un gruppo di amiche di raccogliere e condividere i propri lavori. Delle baccanti, di queste misteriose figure deliranti, in perenne stato di trance, seguaci di Bacco (dio del vino, del teatro, della musica e dell’arte) non rimane però che un nome storpiato: come braccianti, preferiamo definirci “manovalanza artistica”, probabilmente mosse da un sentimento di riverenza nei confronti dell’arte che però allo stesso tempo non volevamo ingabbiasse il nostro bisogno di espressione. Le braccianti di euripide sono Ananke, Perseide, Aura, Eride, Argo. L’idea è quella di riportare l’arte a una dimensione meno romantica, più concreta, quotidiana e trasversale. Per questo motivo la nostra raccolta di produzioni artistiche si è alimentata, più che da pretese estetiche, da una necessità: la nostra necessità di raccontarci e raccontare. La nostra narrazione è un fare individuale ma anche collettivo: una volta a settimana, con una raccolta (in)differenziata poetica, il #martedicarta, raccogliamo e condividiamo i lavori di esterni al gruppo, chiunque voglia raccontarsi e raccontarci un pezzo della propria storia.
–Dove è avvenuto l’incontro e come?
L’idea di mettere su un collettivo nasce a Bologna e ci è venuta in uno dei tanti pomeriggi passati insieme, finiti spesso a parlare di noi, nei quali giocavamo a pensare di organizzarci per fare insieme con l’arte, questa altra amica in comune, cose spesso molto complicate da realizzare. La progettualità ci attirava e ci spaventava allo stesso tempo. Il collettivo in questo senso è stato l’incontro di cinque amiche, persone con vite, progetti futuri e propensioni artistiche diverse che hanno scelto di unirsi sulla base di un’idea comune di condivisione dei propri lavori all’interno di un progetto condiviso e condivisibile. Ciò che fin da subito ci ha unite e su cui ci siamo trovate d’accordo è stato il riconoscimento di questo nostro comune impulso, un bisogno di trovare uno spazio insieme per i nostri lavori artistici, che ognuna di noi fino a quel momento aveva prodotto in solitaria o in altri collettivi o ai quali non riconosceva alcun valore.
–Quando nasce ufficialmente l’attività del collettivo?
L’attività del collettivo nasce ufficialmente con la creazione della pagina facebook, nel gennaio 2018. Questo era per noi il primo semplice passo, il più immediato, per iniziare a fare qualcosa insieme, dal momento che di solito restavamo sospese ad immaginare di fare cose ben più grandi di noi, che puntualmente non riuscivamo a concretizzare. E’ stato pensando a come chiamare la pagina che è venuto fuori il nome “Le braccianti di euripide”, nome proposto da una di noi che in quel momento stava studiando per l’esame di Storia dello spettacolo nel mondo antico. La contraddizione che emerge dalla contemporaneità di queste due azioni è tenuto insieme proprio nel nome del collettivo: così incredibilmente lontane dalle seguaci di Bacco, cosi incredibilmente vicine al fare concreto. E viceversa!
–Sotto il vostro logo campeggia l’affermazione “narrare è resistere”, che per me è importante, potete esplicitarne il senso nella vostra attività artistica?
“Narrare è resistere” è il titolo di un paragrafo presente in “Un po’ per amore, un po’ per rabbia” un libro di Pino Cacucci. Il paragrafo si apre con le parole incise, probabilmente con un chiodo, su una pietra nel campo di sterminio di Bergen Belsen: “io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia”. Il senso di queste parole rimaste anonime è alla base di quello che stiamo cercando di fare nella nostra attività artistica di collettivo, è il nostro tentativo di dare una risposta al vuoto narrativo, che in questo momento storico, vive in noi e ci circonda. La nostra resistenza si realizza in un’azione concreta, nella nostra volontà di raccontare e raccontarci, re-esistere, tornare ad esistere di nuovo, recuperando la nostra storia, le nostre parole, il nostro nome, le nostre passioni, uno spazio in cui muoversi e soprattutto, uno spazio di incontro e di relazione con l’altro: un racconto che si apre all’altro, che chiede la sua presenza, che cerca uno scambio è un racconto che si arricchisce e che genera una pluralità fertile ed una complessità di punti di vista. Accoglierli significa trasformare una resistenza individuale in una resistenza collettiva, una preghiera personale in un coro sacro di voci e di silenzi, come è accaduto in alcune nostre serate del #martedicarta live.
-Cosa sono e come si svolgono i #martedicarta e cosa intendete per “raccolta (in)differenziata poetica”?
Poco dopo aver aperto i nostri canali social abbiamo iniziato a ricevere dei messaggi di persone che ci chiedevano di condividere qualcosa di loro sulla pagina. La nostra idea è quindi nata da questa richiesta di accoglienza di contenuti artistici altri nel nostro contenitore d’arte. L’immagine che ci è venuta è stata immediatamente quella della raccolta e spesso chi ci chiedeva di pubblicare, non lo aveva mai fatto prima: quello che ci veniva inviato era percepito come “scarto” di qualcosa: pagine chiuse in un cassetto, poesie mai lette ad alta voce, disegni mai condivisi sui social, ma che avevano un bagliore di vita, di storia. Cosi è nato il #martedicarta e prende questo nome perché nella zona in cui viviamo il martedì passano a raccogliere la carta, cosa che rimanda romanticamente al prodotto artistico raccolto. E’ (in)differenziata proprio perché abbiamo deciso di non selezionare con criteri artistici ciò che che ci veniva inviato e abbiamo dato la possibilità a chiunque di condividere con noi anche in anonimato o sotto pseudonimo. Raccogliamo un po’ di tutto, non solo poesia; quindi, ci teniamo a specificarlo, il carattere “poetico” di questa iniziativa va inteso in senso lato. Quest’anno il #martedicarta è diventato un evento e la raccolta (in)differenziata poetica uno spazio reale di condivisione di contenuti all’interno di uno spettacolo vero e proprio.
-Come vedete il vostro futuro artistico?
Sicuramente insieme. E solo apparentemente è una risposta semplice. A guardare meglio, il nostro futuro è legato molto alle due anime che caratterizzano il nostro collettivo: un’anima rivolta verso gli altri, che cerca l’interazione artistica, che lavora nell’ottica di una sensibilizzazione, di una sorta di “riabilitazione artistica” e che solo lo spazio di una narrazione comune e condivisa restituisce; e un’altra anima, che ha vita propria, parallela ma contemporanea all’altra, ed è quella che rappresenta lo sviluppo del collettivo, che tiene insieme i desideri, una pluralità di futuro che ognuna di noi intravede per questo progetto e che indirizza le nostre attività.
-Progetti in corso o in programma per il 2020?
Vogliamo continuare a girare con serate itineranti per Bologna, nei locali, nei centri sociali, nei circoli ricreativi. Abbiamo sospeso momentaneamente l’esperienza del #martedicarta live, che prevedeva un momento a microfono aperto (che probabilmente riproporremo nuovamente), e stiamo lavorando ad uno spettacolo solo nostro, ma che prevederà una collaborazione più strutturata con altri artisti. Vorremmo anche organizzare delle residenze artistiche, in luoghi lontani dalla città, e dei laboratori creativi, nelle scuole e negli ospedali, e stiamo pensando per questo motivo di costituirci associazione culturale.
1.
Tra la filosofia e la noia
Ti ho incontrata lì,
Nella tempesta che illumina la notte,
Dove il sole e la luna giocano alle ombre cinesi,
e le stelle parlano, di passato e di futuro.
Ti ho portata lì,
Dove il riso e il pianto si mischiano,
Dove la paura e la voglia non sono nemiche,
Dove mille lingue pronunciano parole bellissime
e non ci sono domande e non dovrai dare risposte.
“la più alta forma di godimento è il desiderio inespresso”
È così che il tempo non esiste e tu sei eterna, per sempre.
Ma qui non è lì e il tempo è eterno e amore tu non esisti,
e domani è una promessa che proprio non puoi mantenere.
Turista solitaria nel viaggio della vita e della morte,
Ti ho lasciata lì, e sarei voluta restare anch’io.
Ma lì ci sei tu,e non c’è noi e non c’è io.
Non è un lamento, non è una gioia,
è solo quel che è.
Dove lì è qui,
dans le centre de mon coeur.
(Eride)
2.
Il passo svelto
Delle notti di fine anno
Le correnti gelide
Dei suoi ritmi in levare,
I loro tacchi rotti:
Il “voi”, il “noi”,
Siamo multipli di un’inesistenza.
Oggi ciechi, domani storpi,
Ieri solo sordomuti.
.
Ci resta qualche minuto,
Lo spazio di una stanza da letto
La perdizione del legame di sangue
Il soffocamento dei numeri.
(Aura)
3.
Segui il sentiero
Di pietra
L’inizio è la fine
Labirinto per non perdersi
Nel centro
L’albero della vita
Mostra le foglie
Alla luna piena
Passi di danze
Riti antichi
Intorno a un fuoco
Le zanzare come scintille
E copre d’autunno
Gli alberi
Il sole
Che vuole sorgere
(Perseide)
4.
UN LUMINO SOTTO I PORTICI
L’invisibile è visibile agli occhi
Ce lo ricorda un lumino sotto i portici
Che l’esistere non è mai indifferente
Che c’è vita solo se c’è ricordo
E questa luce grida forte io ti vedo
Tra le gambe della gente
E il tuo vuoto è il mio vuoto
E i tuoi gesti si son fatti fiori
Che crescono sulla tua casa
Che ha per tetto le volte
E le finestre sulla strada
Di persone che muovono se stesse
Verso altre direzioni verso altre abitazioni
Io ti vedo e questo basta
Per dire di aver vissuto
In questa porzione di spazio
Che ci è stata affidata
Oggi ci sono tornata
Già qualcun altro l’aveva occupata
E c’era solo un girasole a ricordare
(Perseide)
5.
Si è spezzato così tante volte
Che abbiamo superato la scissione dell’atomo. È diventato quark,
Per poi essere supernova
Incontenibile nella sua aritmia.
Batte batte batte
Come sassi contro la latta tirata da bambini stanchi
Fa il rumore della grandine ogni volta che perde un altro pezzo
E io non mi chino neanche più a raccogliere
Col dorso del piede li nascondo sotto il tappeto delle mie convinzioni.
Hanno detto che i mosaici
Sono il punto più alto dell’umanità
Unire piccoli pezzi con pazienza
Ma io li ho persi tutti e ho le mani bucate
Nell’anomalia di una ligure
Che non trattiene niente e lascia tutto.
(Argo)
6.
Se cercherai nelle mie sacche lacrimali
Troverai il vuoto
Sarai assalito dal ricordo del sale,
Dalla secchezza delle palpebre e la loro incapacità di chiudersi.
Una volta che avrai finito tutte le lacrime,
Andrai a lavarti la faccia per disegnarne altre dieci, cento e mille
come loro.
Le tratteggerai una ad una, divenendo il Pierrot di te stesso.
E quando avrai creato sul tuo volto
il tuo personale oceano,
in quel momento esatto
tornerai a respirare.
(Argo)
7.
Pietro avrebbe dei piedi bruttissimi
Sintesi di me e di te.
Avrebbe delle ciglia lunghe
Lunghe e nere come le curve degli ostacoli che abbiamo affrontato.
Mani tozze con cui prendersi il mondo
Occhi verdi con cui guardarlo
Fanculo il carattere remissiva.
Li avrebbe per una lotta senza tempo,
Per la speranza che quel colore si porta.
Dicono Che il mondo si divide in due categorie
C’è chi vince
C’è chi perde
C’è chi fa figli
Chi fatturato
Noi produciamo il niente
Inutili lanci nel vuoto
Virtuosismi di stelle
buttati in versi senza ore
Nuvole di parole buttate leggere
Polvere di angoscia
Presa a piccole dosi.
Ma Pietro non esiste
E non esisterà
Non esisterà perché è un nome rubato
Perché ci sono dei cortocircuiti
Nel mio essere donna.
E spilliamo lacrime per un amore banale
Che non avrà memoria
E viviamo come neuroni a specchio
Che ci ricordano che siamo in grado di essere
Solo quello che possiamo imitare.
(Argo)
8.
Conterei tutte le cose che non ti ho detto
Abaco di un lessico costruito
In 20 anni di solitudine
Che già mi sembra abbastanza.
Cercarti tra centinaia di persone e riconoscere la curva che fanno le tue labbra sottili nascoste da quei baffi incerti
Capire se
Sono stata l’origine di quel tornante
Pericoloso, svolta piano
Parlarti spiegandoti l’ovvio
Che mi manchi come se mi avessero tolto un pezzo
ma che ne so io
Che i pezzi anche se funzionano male
Li ho tutti
Conosco la forma delle nocche delle tue dita il suono dei tuoi passi
Potrei disegnare il ritmo del tuo camminare
Scalzo su superfici in legno
Le vibrazioni della tua voce
Quando non sai scegliere le parole.
Potrei contare quanti capelli ti strappi
Quando qualcosa ti preoccupa
O quale bottone dimentichi di allacciare
Quando sei in ritardo
Quali scarpe sceglierai per camminarmi vicino.
Con te la neve faceva un rumore diverso.
(Argo)
9.
Averti
Poche sillabe
Destinate
Non è per sempre
Impazzisce la crema
Se cambi direzione
Pochi giri di campo
Poi la conta al microfono
Ti giudicheranno
Come il migliore degli atleti
Diretto bacchettato orchestrato
come un coro di flauti
In modo andante
Sonora colonna delle tue vicende
Verso la fine, verso l’inizio che è stato
L’incominciato
Il partito, ritornato
Verso il bambino mai nato
L’adulto
Che fai finta
di non essere,
Diventato
(Aura)
10.
Restate soli
Fate a meno delle mani
Degli altri
Che accarezzano
Le vostre spighe
Pronte al raccolto.
Non è per il pane
Che siete al mondo.
Curate la radice
Dalle sembianze di uomo
Sotto qualsiasi terra.
Al buio
Respirate l’umido
Delle vostre distanze.
Poi
Uscite
Dissestate la superficie
E restate umani
Come un filo d’erba
Tra fili d’erba
Erba infestante
Tra le dita di un bambino
Che gioca a scoprire
Il mondo
Su un marciapiede.
(Ananke)
11.
Non trovo ancora
La parola
Per pescare il senso
Viscido che sfugge
Ore ad attendere
Che si aprisse il mare.
Ho sempre preferito
La terra e i frutti
Qualsiasi attesa
Vive altrove
E si torna a dire
Quando è maturo.
(Ananke)
12.
In principio era il ritmo
Espansione e dilatazione dell’universo
Variazione ordinata di cambiamenti
Il cullare del mare con le onde
Le metamorfosi della luna
Lo strisciare del serpente
E il galoppo del cavallo
Il giorno e la notte
Il seme e il frutto
Il crescere dei rami
Pioggia fulmine e poi tuono
Il verso dell’animale
Poesia e musica
Linee angoli curve
Il martello sul metallo
I campi arati
E i canti popolari
Il camminare dei nomadi
Le migrazioni stagionali
Tamburi e ingranaggi
Danze di corpi
L’amore coi corpi
Fame e sazietà
Lavoro e riposo
Respiro
In principio era il pulsare
Dell’organo che batte
(Perseide)
Notizie biografiche delle cinque braccianti di euripide:
Anastasia Luceri nasce a Poggiardo (Le) nel 1991, ma cresce sul mare, a Brindisi. Si trasferisce a Bologna dove si laurea in Italianistica e Scienze linguistiche con una tesi in Poesia Italiana Del Novecento su Umberto Fiori, ma solo dopo averlo conosciuto di persona. Qualche mese dopo presenta l’ultimo lavoro del poeta nella libreria bolognese Modo Infoshop. Quello che non possono le canzoni, la scrittura, il teatro e un diploma in arte terapia, lo fanno Le braccianti di euripide.
Enrica Luceri nasce a Brindisi nel 1995. Amante e curiosa verso ogni forma d’arte, dalla scrittura alla musica, dal disegno alla fotografia, nel 2014 ha l’onore di accompagnare alle percussioni Riccardo Sinigallia sul palco dello YEAHJASI!-Brindisi Pop Fest e nel 2017 torna a collaborare con il festival come fotografa ufficiale. Dal 2014 vive a Bologna dove studia Italianistica presso la facoltà di Lettere e Beni culturali. Attraverso il collettivo condivide per la prima volta con amici ed estranei le sue poesie, i suoi disegni e le sue fotografie.
Federica Della Rosa nasce a Brindisi nel 1995 e dall’età di tredici anni fino ai diciannove prende lezioni private di piano, incominciando a scrivere e a comporre canzoni e poesie. Nel 2014 si trasferisce a Siena dove si laurea in Lettere moderne. In questi anni si dedica principalmente allo studio della poesia, appassionandosi parallelamente alle discipline esoteriche e approfondendo la pratica della tarologia. Da due anni risiede a Bologna, dove frequenta il Corso di studi in Italianistica e lavora come assistente di una nota compagnia internazionale di autolinee, lavoro che le permette di viaggiare spesso e di abitare le stazioni. Con le braccianti riprende a comporre e a suonare.
Francesca Brà classe 91 di origini salentine, spinta dalla passione per la ritrattistica si avvicina al mondo del tatuaggio facendone la sua professione. Si trasferisce a Bologna per affinare la tecnica e fare nuove sperimentazioni. Entra a far parte dello storico studio Black Market Tattoo e si unisce al collettivo artistico “Gli infanti” partecipando a varie mostre. Ne “Le braccianti di euripide” è illustratrice e, ispirata dal gruppo, occasionalmente, performer.
Rebecca Buselli nasce a La Spezia nel 1994. Vive a cavallo tra la Liguria e la Toscana fino al 2014, anno in cui s’iscrive alla facoltà di Lettere Classiche all’Università di Bologna. Nel 2018 si trasferisce a Torino e si iscrive alla scuola Holden, frequentando i corsi di Storytelling e narrazione per le imprese. Partecipa ad alcuni concorsi di poesia, ma è ne “Le braccianti di euripide” che trova il suo vero posto.