Antonella Selva attivista dell’associazione Sopra i Ponti, é concreta fautrice del dialogo interculturale è autrice del graphic novel “Femministe. Una storia di oggi”. Pubblichiamo qui la recensione del volume dell’antropologa e femminista Caterina di Loreto e le parole di Antonella Selva in ricordo di Fatima Chamcham, ispiratrice della storia a fumetti ma anche di tante lotte nella vita reale.
FEMMINISTE. UNA STORIA DI OGGI di Antonella Selva, edizioni NuovaS1, Il girovago, Bologna, ottobre 2015. (commento di Caterina Di Loreto) |
Tre donne. Tre realtà e storie molto diverse che agiscono, sognano, sperano e vivono sotto i portici della multietnica e attiva Bologna.
Le storie e i vissuti delle tre protagoniste si intrecciano attraverso flash back e spaccati di vita quotidiana, andando a delineare le sfumature e le complessità che costituiscono le realtà di Irma, Hayat e Afkar.
Tre generazioni di donne che si incontrano e si scontrano mostrando le difficoltà di comprendersi e dialogare.
Una femminista italiana con un passato di lotte di piazza, una trentenne marocchina, in Italia per lavorare e riuscire a sostenere la sua famiglia, e una adolescente, di seconda generazione, che vive sulla sua pelle i contrasti, in questi tempi di chiusura e di terrore verso lo straniero, della sua identità di ragazza italiana ma anche di giovane donna con tradizioni marocchine e religione musulmana.
La storia ci fa entrare e vivere, con gli occhi delle protagoniste, i contrasti e la difficoltà di comunicazione e del superamento degli stereotipi.
La fatica di chi è donna bianca e occidentale ai giorni nostri di riconoscersi nella lotta ai diritti di tutte le donne, superando i pregiudizi che circolano sull’essere donne con vissuti e culture diverse andando così a superare una esclusione affinché venga raggiunta una reale emancipazione di tutte.
Torna la tematica del velo, punto caldo della storia che “svela” (mi venga permesso il gioco di parole) l’ipocrisia, e di un tradizionale matrimonio che consentono però di trovare una nuova chiave d’incontro e di scambio.
Antonella Selva non ci lascia ad un solo finale ma ci invita a danzare con le protagoniste e ad immaginare tutti i possibili immaginari futuri che potranno nascere dall’incontro di più donne, di tutte le donne.
Il libro fa riflettere sull’importanza dell’abbracciare il concetto nuovo di “femminismi”, abbandonando un femminismo antiquato e stantio che dimentica l’intersezione con tante altre componenti della vita di una donna, ovvero religione, cultura, classe sociale, etnia, che rendono più complessi e diversificati i bisogni e le battaglie da condurre per ottenere uguaglianza di diritti e possibilità.
“Femministe. Una storia di oggi” riesce a tradurre tale complessità in una soluzione semplice grazie ad illustrazioni molto belle e all’aiuto di una storia vera, lascia la mente piena di interrogativi e di desiderio di conoscere e iniziare a dialogare con l’altro così da comprendere meglio la nostra realtà.
Ricordo di Fatima (di Antonella Selva)
Questo libro si deve a Fatima Chamcham.
E’ nato, è stato concepito inizialmente come un tributo a lei, la donna in carne e ossa che ha ispirato il personaggio di Hayat nel fumetto, alla sua forza straordinaria. Praticamente devo a lei, all’idea di raccontare la sua storia, se, dopo quasi 35 anni, ho ripreso la bizzarra idea giovanile di fare fumetti e finalmente l’ho realizzata. E’ stato perché, come tutte le persone che l’hanno conosciuta, mi ha colpito nel profondo la sua personalità e la sua storia, in cui mi sono immersa nei circa due anni circa di lavorazione del fumetto. E’ stato perché sentivo necessario che questa personalità e questa storia fossero conosciute. E le ho messo accanto gli altri due personaggi, di pura fiction, proprio per raccontare quanto perdiamo del mondo a causa dei pregiudizi.
Il 22 maggio scorso Fatima è mancata, a soli 36 anni, a causa di una crudele malattia. E’ difficile capacitarsene.
Fatima va ricordata, la sua memoria tramandata perché era una persona speciale, una donna coraggiosa e forte che non ha mai esitato a prendere la parola e alzare la sua voce per difendere i diritti dei più deboli, affrontando a viso aperto anche l’autorità dei notabili, degli uomini di potere. Lei che debole avrebbe dovuto esserlo per nascita: donna, povera, rurale, immigrata, ma che aveva in sé la forza che viene dall’essere nel giusto.
Ma anche una donna solare, allegra e accogliente, che non ha mai smesso, in mezzo a ogni avversità, di sostenere chi le stava vicino con il suo sorriso aperto e contagioso, fino ai suoi ultimi giorni di sofferenza, che ha affrontato senza un lamento, con una forza, una dignità e una fede esemplari.
Con l’associazione di migranti marocchini Sopra i ponti l’avevamo conosciuta nel 2008 a Foum Zguid, suo paese natale, poi dal 2009, immigrata a Bologna, dove ha sempre lavorato come assistente agli anziani, era entrata nell’associazione ed era stata subito eletta nel comitato direttivo. La sua integrità di giudizio, la sua franchezza e la sua conoscenza concreta e consapevole della realtà sociale e culturale marocchina mancheranno.
Qui a Bologna, nei pochi anni in cui ci ha vissuto, lavorato, studiato, militato, fondato una famiglia, ha conosciuto e interagito con tante realtà culturali, associative e istituzionali e in tutte, ne siamo certi, ha lasciato un segno e un ricordo vivo. Spero che questo libro possa contribuire a diffondere il ricordo di Fatima anche al di là della cerchia pur ampia di chi l’ha conosciuta e amata, perché credo che la sua memoria debba entrare a pieno diritto nella storia e nella memoria collettiva di questa città.
Caterina Di Loreto nasce ventotto anni fa in un piccolo paese di mare in Abruzzo. Ama e vive la città di Bologna da dieci anni in sella della sua bicicletta portando il mare nel petto e cercando di lasciare gli occhi e la mente liberi dai pregiudizi. A Bologna ha scoperto tante parole nuove come disabilità, genere, femminismi e collettività, con cui sta cercando di costruire il suo personale cammino in questa vita. Ha tante cose ancora da imparare, viaggiare e leggere storie rimangono da sempre la sua scuola preferita.
Antonella Selva: cinquantasei anni, bolognese di nascita e cittadina del mondo di adozione, visto come vanno le cose in Italia presto chiederà la cittadinanza al re del Marocco (del resto i suoi figli ce l’hanno già). Tanto tempo fa, dalle fila della nuova sinistra cominciò ad aprire gli occhi sul mondo, da allora quasi tutto è cambiato, ma non il suo sguardo. Rifiuta caparbiamente di comprarsi un cellulare, ha venduto la macchina e ha staccato il decoder della TV. Ammira Cuba perché è il primo paese che ha superato la dipendenza dal petrolio.