In memoria di Benedetta Davalli, cofondatrice de lamacchinasognante.com

maxresdefault

E’ con grande tristezza che annunciamo la scomparsa di Benedetta Davalli,  poeta e critica, cofondatrice de lamacchinasognante.com, che ci ha lasciati il 24 giugno 2017. I funerali verranno celebrati il primo luglio alla Pieve di Bagnacavallo. Benedetta è stata una persona molto importante per La Macchina Sognante e di grande generosità umana, ha contribuito moltissimo con le proprie poesie, tra cui ricordiamo  quella dedicata a Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, e molte recensioni, tra cui ricordiamo quella da lei fatta alla collettanea “Della propria voce”  In sua memoria le proponiamo entrambe qui. Nel numero 8 del contenitore che uscirà a ottobre approfondiremo i suoi scritti e la sua figura

 

Questa Madre

da lamacchinasognante.com n5

Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, ci ha fatto dono della sua profondità materna, sia con le sue dichiarazioni essenziali sul riconoscimento del figlio, sia con la sua forza civile nella lotta che ha intrapreso perchè si sappia la verità. Lotta che noi della Macchina sognante non solo condividiamo ma anche sosteniamo.

 

Questa madre

che ha ingoiato un calice di fuoco

e lotta contro la ferocia

di orride torture alla carne della sua carne

e posticipa il suo pianto

a che giustizia sia compiuta

 

scrivo questo urlo di dolore

 

perché senta che non è sola

che il mondo vive la sua ferita

e che la sua fermezza

germoglia e contagia e scalda

la radice del nostro essere umani

e sarà unguento per il corpo

dissacrato del figlio.

Si spenga l’oscurità dell’orrore

 

e si apra il compianto del mondo.

 

Poesia inedita di Benedetta Davalli, per gentile concessione dell’autrice  LogoCC

 

 

Recensione alla collettanea “Della propria voce”

apparsa nel numero 4 de La Macchina Sognante, di Benedetta Davalli

 

Questa prima parola che non so

dire- ma che per nulla al mondo potrei tacere.

Questi versi di Paola Cimatti si possono considerare l’incipit di questa antologia, lo spazio di offerta di lettura e la condizione sperimentata da chi scrive, che non sa, ma cerca girovagando nella propria mente perché percepisce qualcosa di ineffabile, ma come dirlo, scriverlo, rappresentarlo? Poi Leila Falà pone un quesito fondante con soli due versi:

ma non è forse stato sempre così / lancinante, pericoloso e ultimo il cambiamento?

Mi sembrano due elementi peculiari delineati con pacata originalità da queste due poete appartenenti al gruppo femminile di poesia, alias Gruppo 98. C’è un movimento sottile nei testi        che scorrono come se queste poete stessero nuotando in un mare ora di seta, ora mosso o molto mosso come il grido lanciato da Loredana Magazzini: “decenni di lavoro costante / annullati da migliaia di sguardi / che dicono no, non esisti, non esisti / non tentare di esistere senza di me.

È il tema che ci accompagna per tutta la vita, questo nostro testardo cercare di esserci a oltranza e per il solo fatto che esistiamo.

Nella prefazione di Leila Falà e nelle postfazioni di due terapeute è descritta la motivazione profonda del dare corpo, quindi un esistere in divenire, in trasformazioni ripetute dove il dare corpo non è distinto, per noi donne, dal farsi corpo vivo desiderante. Scrive Zara Finzi:

stanotte / brinderò da sola, rinuncerò al rimorso di vivere / senza lasciare il mondo a / un’altra generazione / brinderò al dolce turbamento di / una quinta diminuita, ignorando / la banalità che stermina / ironia senso destino e” come il pieno vuoto di Serenella Gatti Linares quando scrive:

“Alternanza nella vita di donna / tensione a un cerchio perfetto / invece sono diagonali / linee sghembe/.” Ecco il pregio di questa collettanea che non ha temuto di presentarsi sghemba. Un tempo usare la stoffa a sghembo era un arte perché gli abiti o le gonne potevano perdere lo stile o l’armonia. Tutte le poete, mi sembra, hanno attraversato questo timore e si sono ascoltate con le loro voci, si sono specchiate l’una nell’altra come un’esperienza del prendersi cura di sé non diversamente dal prendersi cura dell’altra e collocarsi quindi in una condizione che viene percepita vitale, non ovvia o scontata. Scrive Alessandra Vignoli: “Sola minuscola / nel cosmo infinito / sottile quasi schiacciata / in quel volo / che misura l’animo / e mi straccia ogni pensiero.

Oppure Anna Zoli: “La parole incompresa / incrina l’aria / come sasso nel vetro / e rimane sospesa / nel tunnel del non detto / in riluttante attesa.

Questa consapevolezza dell’incomprensione e della sospensione mi suggerisce una capacità di navigare le alterne vicende del nostro vivere con la forza che vi regala l’esperienza e la voglia di scoprire e di riconoscere la vita anche attraversando condizioni difficili come scrive Giovanna Zunica: “Pensieri affamati / si arrampicano su muri scorticati / scivolano su ringhiere malferme / balzano su tetti assolati / s’avvinghiano a fili del bucato.” Che piacere mi trasmette quest’ultimo verso, ci restituisce il nostro lavoro quotidiano del riordino di casa lo scrive anche Paola Tosi: “Chissà dove sono quei versi / che mentre scopavo (nel senso di pulire) / sgambettavano in testa./ Dicevo più tardi li debbo annotare.” E ancora Vania Virgili: “C’è una terra di passo / che non so dire dove / ogni forma è aperta da confini e / ponti accarezzano le menti.

Ascolto questi versi come un canto che avete intonato tutte voi poete, canto in cui il ritmo restituisce radici all’essere donne pensanti, all’essere poete, al riconoscersi tali. Del resto anche leggendo i vostri curricula è chiaro che sono di tutto rispetto quanto a pubblicazioni e premi ottenuti, insieme a frequentazioni significative nel mondo della poesia. Io stessa ho fatto parte della ‘Società poetica arte della lingua materna’ che voi citate nella descrizione del vostro percorso poetico. Ho quindi esperienza della lettura/ascolto che si esperimenta nel gruppo e del cambiamento/rottura del canone che si può esperimentare lavorando insieme. Questo permette di pensare la poesia anzi il mondo della poesia come relazione e nutrito da altre dimensioni artistiche, proprio come i titoli delle immagini di Donatella Franchi come Il gioco delle sorelle, Messaggi di una Preziosa o Arbusti lungo il fiume dell’inclinazione. Sono immagini che ci restituiscono una condizione del poetare che lievita la nostra umanità e trasforma la competizione in condivisione.

 

PAOLA ELIA CIMATTI

 

Questa prima parola

 

Questa prima parola

che non so dire

– insetto molesto –

questo fastidio

di un pensiero indigesto

non ancora formato

mia scommessa – mio pungolo

che preme e trattiene

unghia rotta – bastone e carota.

Questo mazzo di chiavi – mio spazio abitabile.

Questa prima parola che non so

dire – ma che per nulla al mondo

potrei tacere.

 

 

 

 

LEILA FALA’

 

Rannicchiata

(da un’immagine affiorata nel dormiveglia)

 

Rannicchiata

come bambina

sul gradino della porta

che introduce alla tua casa.

 

Minuscola eppure

hai capelli solo bianchi

guardi e pensi se stare ancora

oppure entrare.

 

La casa al chiuso offre l’interno

il gradino offre la strada

il giardino offre l’esterno.

Lo stare è la perenne soglia.

 

Lo sguardo al lontano

la fronte al pavimento

i gomiti sulle ginocchia

le mani pencolanti foglie.

 

Ne resta di tempo per fare

per essere ancora altro.

Rinnovarsi? È con stanchezza

che pensi al da farsi.

Energia da trovare.

 

Come se sbagliare costasse tutto.

Come se tornare fosse interdetto.

 

Ma non è forse stato sempre così

lancinante pericoloso e ultimo il cambiamento?

 

 

 

LOREDANA MAGAZZENI

 

Sei donna di valore

 

Sei donna di valore, ma te lo dico in privato

in pubblico mi presentano uomini

poeti, essi hanno il polso della

situazione poetica, si confrontano con altre

cerchie poetiche. Noi, ci troviamo in privato

parliamo piccolo. L’affetto che sentiamo

l’una per l’altra è cosa di poco conto

per chi guarda da fuori. Noi non vediamo

noi stesse, se ci affacciamo allo specchio

poetico: decenni di lavoro costante

annullati da migliaia di sguardi

che dicono no, non esisti, non esisti

non tentare di esistere, senza di me.

 

 

 

 

ZARA FINZI

*

strane mattine di teste girate

e mancamenti

il capezzolo mi fa male

le stanze colonizzate dalla noia.

strade, isacchi sgozzati

foderi spalancati di strumenti

posati a terra per l’obolo

giallo sul viola del velluto.

mi confessa la vetrina del negozio

in cui non mi riconosco

leggera euforia l’ombra dell’ombra

dopo questa luce provvisoria.

stanotte

brinderò da sola, rinuncerò al

rimorso di vivere

senza lasciare il mondo a

un’altra generazione.

brinderò al dolce turbamento di

una quinta diminuita, ignorando

la banalità che stermina

ironia senso destino e

il n’importe quoi col suo precipizio e la

sua impossibile redenzione.

amami per sempre – canticchio, merde

al mondo iper-reale che

decreta la nostra scomparsa.

cosa c’è di più bello che un

attimo insignificante?

 

 

 

SERENELLA GATTI LINARES

 

*

 

pieno vuoto

alternanza nella vita di donna

tensione a un cerchio perfetto

invece sono diagonali

linee sghembe

esilio interiore

desiderio di diverso

come questo verso

interrotto a metà

nel giusto verso

 

 

 

ALESSANDRA VIGNOLI

 

*

 

Sola minuscola

nel cosmo infinito

sottile quasi schiacciata

in quel volo

che misura l’animo

e mi straccia ogni pensiero

sento le stelle

come sorelle lontane

ricche di ali di fuoco appassionante

Così – madida di sudore – mi sveglio

gli occhi fissi a quel miraggio

 

 

 

 

ANNA ZOLI

 

*

 

La parola incompresa

incrina l’aria

come sasso il vetro

e rimane sospesa

nel tunnel del non detto

in riluttante attesa

 

 

 

 

GIOVANNA ZUNICA

 

Pensieri affamati

 

pensieri affamati

s’arrampicano su muri scorticati

scivolano su ringhiere malferme

balzano su tetti assolati

s’avvinghiano a fili del bucato

colano per grondaie logore

s’infognano in acque scartate

riaffiorano in torrenti tumultuosi

guizzano come anguille

sfuggono corrono pensieri

 

 

 

 

 

PAOLA TOSI

 

*

 

Chissà dove sono quei versi

che mentre scopavo (nel senso di pulire)

sgambettavano in testa

Dicevo più tardi li debbo annotare

Annotare Annotare Annotare

Intanto pulivo gli specchi

Il tempo di stare con me era quello

creare, creavo

creavo pulito

Poi come un’arancia ammaccata

(sul viso una traccia di lotta)

cercavo frenetica

matita e quaderno

ma i versi, quei versi

li ho persi per sempre

 

 

 

VANNIA VIRGILI

 

(C’è una terra di passo)

 

C’è una terra di passo

che non so dire dove

ogni forma è aperta da confini e

ponti accarezzano le menti.

Vedo figure nitide

che cantano ogni lingua, donne

riflesse senza più gli specchi:

figlie figlie nostre siamo

nidi affettuosi siamo case

in cerca del mare originale dove

tutto è mortale e respira

infinito

Stretti

ai vostri fianchi

i nastri di seta e

i fiumi delle nascite

Figlie

figli per voi le foci, le finestre,

il largo il mito gli abbandoni

poesie tratte da A.a. V.v. DELLA PROPRIA VOCE, qudulibri 2016

“Veste da viaggio della Preziosa” di Donatella Franchi
cm.130xcm.88, carta di riso, acquerello, inchiostro – fotografia di Guido Piacentini

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

Pagina archivio del macchinista