Il Sumak Kawsay (Ariruma Kowii)

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La mitologia kichwa relativa alla fondazione dei popoli identifica situazioni, personaggi e forme di pensieri che si muovono in coppia e cercano e selezionano i posti in cui procedere alla loro fondazione; così per esempio nel mito del popolo kichwa otavaleño, gli Otavalos dovettero percorrere lunghi cammini fino ad incontrare il luogo ideale e procedere alla sua edificazione; una situazione simile si verifica nel mito fondazionale dei cañaris, secondo cui quando si verificò l’inondazione del villaggio, la coppia di fratelli venne alimentata da due wakamayas, si innamorano e il popolo cañari crebbe.

L’azione di cercare, selezionare, definire e persistere in coppia è importante in quanto valore che accompagna le persone. L’azione di definire significa determinazione, costanza; la definizione del posto integra una visione estetica e una conoscenza degli spazi; la selezione degli spazi è caratterizzata inoltre dalla conoscenza dell’energia positiva e negativa, elementi importanti nella definizione e selezione del posto. Questi aspetti permettono di capire l’importanza che i nostri antenati avevano nel garantire che il contorno diventasse un tutto, una ragion d’essere dell’individuo, della natura e della popolazione, affinché questo si integri con l’essere degli individui e della collettività.

Fino agli anni 70 gli abitanti delle comunità, bambini, giovani o anziani, conoscevano i luoghi energetici, per questo motivo, e a seconda della situazione, le persone evitavano di passare dinanzi a quelli che venivano considerati negativi e se tali luoghi erano inevitabili, i passanti dovevano recitare una preghiera e fumare una sigaretta fin quando non si fossero allontanati dal posto. Questa pratica viene perpetuata ancora dalle persone anziane che sono abituate a spostarsi a piedi da un posto all’altro.

Il senso estetico dello spazio si traduce nell’importanza che i nostri avi attribuirono all’identificazione di spazi che contribuissero in modo evidente alla cura dello spirito. Per questo motivo nel caso di Otavalo, i cinque laghi, le colline, le montagne che circondano il posto, costituiscono l’aria che noi otavaleñi respiriamo per rinnovare le energie, rigenerarci e continuare nella pratica quotidiana.

In questa pratica i nostri avi erano soliti salire verso luoghi sporgenti da dove fosse possibile vedere l’orizzonte e il firmamento con grande ampiezza. Questi luoghi, che attualmente sono conosciuti come belvedere, erano usati per sviluppare un sistema di cura noto come samry o waylla che consisteva nel compiere il seguente rituale:

Le persone portavano offerte nei posti considerati sacri come nel caso del belvedere; queste venivano depositate in un punto centrale, vi appiccavano un fuoco su cui lanciavano incenso affinché il suo fumo avvolgesse l’ambiento e lo purificasse; dopo le suppliche e i ritmi che interpretavano, vi si incorporavano, respiravano profondamente e contemplavano l’orizzonte, ne diventavano un tutt’uno e meditavano nel mezzo di tale pace, in un esercizio che rendeva reale la frase: kawsarishkanimi, ovvero “sono tornato di nuovo alla vita”.

Attualmente a Otavalo, nella collina chiamata Chinpaloma o Rey Loma, le persone anziane sono ancora solite lasciare tumines[1]– presenti che lasciano ai piedi dell’albero mitologico del lechero -, in questo punto che si trova sulla cima della collina, fanno le loro preghiere e chiedono alle divinità di trasmettere loro energia. Una situazione simile si ripete presso la Cascada de Peguche, in Wantuk Rumi, alle pendici del vulcano Imbabura, dove gli anziani lasciano tumines, le afferte alla allpa mama, alla pacha mama. I tumines o presenti, simbolizzano e sintetizzano i valori, la gratitudine che la comunità kichwa ha nei confronti della natura e delle persone, garantendo con queste azioni il mantenimento dell’equilibrio in tutti gli aspetti della vita delle persone e della natura.

Nei miti sulla fondazione del popolo kichwa, è importante notare la presenza della coppia, donna-uomo, nelle persone, nelle montagne, negli oggetti. La presenza della dualità è in vigore ovunque, come, per esempio, nel mito degli amori di Taita Imbabuta e Mama Catacachi o, in loro assenza, nei figli che riescono ad avere. Una situazione simile è evidente nel caso delle semine: sarà sempre importante garantire la presenza di semi maschi e femmine, per poter in tal modo ottenere una buona produzione. La dualità nel mondo kichwa si ritrova nella quotidianità e nei rituali che si realizzano per la cura.

La dualità nei miti dei popoli ancestrali proporziona il messaggio dello stare, dell’avanzare assieme, dell’essere presente; stabilisce la differenza ma al tempo stesso il rispetto, l’amore, la reciprocità e l’uguaglianza con cui marcare l’importanza del concetto di complementarietà, equilibrio ed equità.

Faccio riferimento a questi aspetti perché l’ambiente costituito e compreso come un’entità dotata di energia, ci ricorda che siamo una parte complementare della natura che invita, sfida e inspira noi individui a ricomporci in modo definitivo nella nostra realizzazione individuale e collettiva. Nelle comunità, contemplare le montagne, la nascita di un’alba o il tramonta, trasporta l’individuo verso altre dimensioni, fatto che aiuta a rinnovare permanentemente l’energia o alla sua mancanza, come nel caso della situazione che hanno dovuto sopportare le nostre comunità per mantenersi presenti, vive. La natura in sé si sostanziava in una spinta che invitava ad afferrarsi alla vita e a lottare per lei, a lottare per un presente e un futuro migliori.

L’importanza dei luoghi, la natura, l’universo, la sua conoscenza con riferimento alle sue virtù energetiche, i suoi cicli, è fondamentale, per questo motivo la presenza delle wakas[2], nella provincia di Imbabura e nelle comunità andine in generale, ha un significato profondo del quale la generazione dei nostri nonni e dei nostri genitori difficilmente è riuscita a separarsi.

Infine, i posti e gli individui sono profondamente vincolati. Il livello di influenza è mutuo e sono elementi che riportano costantemente alla memoria la relazione spirituale che si è riuscita a sviluppare tra le persone e la natura; per questa stessa ragione la comunità quichua si rivolge costantemente alla pacha mama, ovvero all’universo.

Il sumak kawsay e le espressioni spirituali

In questo esercizio di ricostruzione delle forme di pensiero del popolo quichua è necessario realizzare un’archeologia delle parole, indagare sul parlato quotidiano, così come tra i gesti e i rituali. Fondamentalmente in questi si concentrano espressioni che condensano processi, i significati della visione del mondo della popolazione quichua che hanno contribuito a mantenere latente la sua filosofia. Di seguito alcuni esempi:

Allpa Mama: allpa-terra, Mama-madre, ovvero la madre terra.

Pacha mama: pacha-tempo/universo, significa madre dell’universo.

Yaku mama: yaku-acqua e Mama-madre.

Waka Mama: waka-sacro, Mama-madre, si riferisce ai posti considerati sacri dove si è soliti depositare i tumines o i pagamenti, una sorta di retribuzione per i favori che si ricevono dalla terra e dalla vita.

Inti tayta: inti sole e tayta padre, il padre sole.

Killa mama: killa, luna, Mama, madre.

Achik: ciò che è luminoso.

Le espressioni mama e taita fissano una forma del pensiero, una visione del mondo che stabilisce la differenza con la visione del mondo occidentale; in queste espressioni resta implicita l’idea di natura, di universo come essere vivo e, cosa ancora più importante, si considerano la madre e il padre del popolo quichua, generando un livello di parentela di padre, madre e figli, un tutto che si integra l’uno con l’altro e che, nel caso in cui non venisse tenuto in considerazione o che non porti a termine la sua funzione, metterebbe a rischio la totalità, il benessere integrale di tutti.

Il concetto secondo cui la natura è viva e che molti dei suoi elementi sono considerati come divinità minori dei popoli ancestrali, ha fatto sì che la natura venga considerata come sacra; in questa dimensione le azioni di sviluppo si rimettevano all’obbligo di prendere dalla natura solo ciò di cui si ha bisogno e non abusare di lei.

Sebbene queste pratiche si conservino ancora oggi, cominciano a indebolirsi per l’assenza di studi che permettano di conoscere a fondo questa visione del mondo che è importante recuperare perché potrebbe costituire un pensiero alternativo che aiuti a prendersi cura dell’ambiente e della maniera d’essere delle persone.

Il sumak kaway, azioni e valori della comunità quichua

La minka: si riferisce al lavoro obbligatorio che ogni ayllu deve compiere nell’interesse della comunità in opere che sono di carattere collettivo, come per esempio un canale di irrigazione, la costruzione di una strada, una piazza o qualunque edificio di carattere sacro o in opere che riguardino varie comunità. La minga è un meccanismo di lavoro collettivo che fomenta il risparmio, stimola il lavoro e potenzia la produzione. Questa tradizione nel caso delle comunità ha permesso di superare e affrontare l’oblio e l’esclusione del sistema coloniale e repubblicano.

L’ayni: è caratterizzato da un sentimento di solidarietà della famiglia e della comunità in lavori che non richiedevano tempi prolungati come per esempio il tetto di una casa, la semina del mais, ecc. L’ayni è retto dal principio di reciprocità, ovvero dal makipurarina.

Il maki purarina: maki mano, purarina stringere o darsi la mano, ovvero aiutarsi mutuamente che equivale a reciprocità. Si riferisce al sentimento di solidarietà che i componenti di un ayllu devono esprimere nei confronti dei loro familiari, degli abitanti della comunità. Questo comportamento viene osservato con molta attenzione dagli anfitrioni di un’attività produttiva o di una festa, che registrano i tumines che portano gli accompagnatori e, in questo modo, sono consapevoli degli obblighi che hanno nei confronti di tutti e di ognuno di loro.

Il maki purarina aiuta a far sì che i livelli di comunicazione e l’inter-relazione delle persone siano sempre vive; questa pratica contribuisce a conoscersi, riconoscersi, a fare in modo che le persone si aiutino reciprocamente o, in sua assenza, sappiano chi c’è e chi vive loro attorno.

Yanaparina: la solidarietà come valore fondamentale. La situazione storica delle comunità ha fatto sì che queste, in alcune circostanze, si coalizzassero e rafforzassero i vincoli di unità; questo valore permette in generale che gli ayllus e i suoi componenti si appoggino mutuamente e riescano così a superare le difficoltà, raggiungere obiettivi concreti e di beneficio per la comunità.

Il sumal kawsay e i principi per la sua costruzione

Wawakunaka yurakunashna wiñan, alli wakichikpika alli wiñan, mana alli wakichikpika mana alli wiñankachu. Si è soliti dire che le persone crescono come le piante. Se le cure sono adeguate, la loro crescita e i loro frutti sono buoni, ma se non ci si prende cura di loro, allora neanche i frutti saranno soddisfacenti.

Nelle comunità agricole si realizzano i tumines o i presenti, ovvero il permesso che si chiede alla madre terra per intervenire su di lei e procedere a prepararla. Questo implica: concimarla, nutrirla con acqua e humus, arare la terra, realizzare la semina, proteggerla, realizzare la raccolta, nutrirla nuovamente o, in sua assenza, lasciare che riposi. Ognuna di queste azioni sarà articolata in base al ciclo lunare, la sua precisione permetterà di garantire una buona produzione.

Le comunità artigiane e commercianti combinano questi cicli con le dinamiche e la realtà economica della popolazione; nel primo caso dovevano avere una conoscenza adeguata delle piante dalle quali ottenevano i distinti colori, così come degli animali che le rifornivano della materia prima di cui avevano bisogno.

In ogni situazione sono presenti i seguenti valori:

L’ama killa, no alla pigrizia; ama llulla, no alla menzogna; ama shua, no al furto. Questi valori si sintetizzano nell’importanza del lavoro come asse fondamentale per garantire il benessere individuale, familiare e collettivo.

Llankayka kushikuypa shunkumi kan, questo pensiero kichwa significa “il lavoro è il cuore della felicità” e si sostanzia nella trilogia precedentemente descritta.

Pakta kawsay, l’equilibrio.

La trilogia anteriore che si regge sul lavoro permette di garantire l’equilibrio individuale, familiare e collettivo. Attualmente nelle comunità kichwas, a prescindere dal deterioramento delle loro matrici culturali e spirituali, si conservano resti di queste pratiche.

L’equilibrio non si riferisce unicamente alla stabilità dei membri della comunità, ma anche all’equilibrio emotivo che ogni persona deve raggiungere; detto equilibrio costituisce una garanzia affinché la comunicazione sia orizzontale e adeguata e non venga colpita da alterazioni dovute all’incomunicabilità che, alla fine, potrebbero compromettere la riuscita degli obiettivi.

L’equilibro, nella sua forma più antica, riusciva a garantire il benessere integrale dell’individuo, della famiglia e della comunità. La sua destabilizzazione era considerata un rischio che poteva colpire il loro benessere; in questo senso, per esempio, se un componente della comunità non partecipava a una minga per pigrizia, l’obiettivo era compromesso, dovuto alla generazione di uno squilibrio o, in sua assenza, a un ritardo nel compimento della meta. A tal riguardo è importante ricordare che nelle minga a ogni ayllu (famiglia) si assegna un compito specifico affinché questa sia portata a termine.

L’affettazione se pur superabile può tuttavia ritardarla e soprattutto può generare un malessere all’interno dei componenti della comunità; un malessere che prevarrà per un tempo e provocherà danno all’animo della popolazione.

Alli kawsay: l’armonia.

Come si è già detto precedentemente, l’equilibrio permette di sostenere l’armonia dell’individuo, della famiglia e della comunità. Un individuo, una famiglia, una comunità che raggiunge questa dimensione può contagiare l’ambiente circostante e fare in modo che le diverse attività siano positive; influisce persino sullo spazio e sul posto su cui fluisce detta energia; se fosse colpita, invece, succederebbe il contrario e i risultati non sarebbero sempre quelli sperati. L’armonia garantisce fluidezza.

Wiñak kawsay: la creatività.

La presenza di questi valori è l’ingrediente che motiva le persone a ricreare e creare nuove iniziative. La creatività è retta da un meccanismo chiave denominato tinkuy. Il tinkuy è la ricerca permanente di nuove innovazioni, al cui fine gli elementi esistenti sono in revisione e confronto permanenti; da tale frizione sorge una nuova luce, un nuovo elemento che contribuisce a superare il precedente.

Il tinkuy viene simbolizzato nei rituali dell’inti raymi con le danze di guerra che richiamano alla mente il confronto delle comunità per mantenere l’egemonia degli spazi rituali; ma il confronto tuttavia non genera inimicizie, una volta conclusosi l’inti raymi le comunità mantengono i rapporti di sostegno e solidarietà.

Samay, la serenità.

Apprendere a coltivare la serenità dell’orizzonte, dei laghi all’alba, è un compito di perseveranza e disciplina orientato ad imparare a creare meccanismi che permettono di controllare reazioni compulsive, azioni compiute senza una meditazione previa. I Yachak nel realizzare le guarigioni hanno l’abitudine di fare un taglio e di mantenere il dialogo per recuperare energia e poi continuare fino al suo culmine. Un agricoltore è solito fermarsi a metà giornata e respirare a fondo, guardare ciò che lo circonda, il lavoro realizzato e continuare poi con i suoi lavori fino a portarli a termine.

Coltivare con serenità nelle azioni di lavoro, di insegnamento, aiuta a far sì che ogni atto si sviluppi in pace e nel rispetto verso l’altro che, in questi casi, è un riflesso del nostro io o di ciò che vogliamo trasmettere.

Runakay, il saper essere.

Il runakay è la somma di tutti gli elementi precedentemente descritti. Runa significa letteralmente persona, essere umano. Il runakay sintetizza la realizzazione dell’essere umano; per raggiungere questa dimensione è indispensabile apprendere a compiere poco a poco tutti e ognuno dei valori descritti in precedenza.

Il sumak kawsay

È una ancestrale concezione andina della vita che si è mantenuta viva in molte comunità indigene fino ai nostri giorni. Sumak significa ciò che è ideale, bello, buono, la realizzazione; e kawsay è la vita, con riferimento a una vita degna, in armonia ed equilibrio con l’universo e l’essere umano. In sintesi il sumak kawsay indica la pienezza della vita.

Otavalo, dicembre 2008.

[1] Tumin: parola quichua, prodotti che si offrono alla madre terra, alla natura, all’universo (N.d.A.).

[2] Waka, parola quichua: posto sacro (N.d.A.)


 

El Sumak Kawsay

 

La mitología kichwa referente a la fundación de los pueblos identifica situaciones, personajes, formas de pensamiento que transitan en pareja, buscan, seleccionan los lugares para proceder a la fundación de los pueblos, así por ejemplo en el mito del pueblo kichwa otavaleño, los Otavalos tuvieron que caminar largas jornadas hasta encontrar el lugar ideal y proceder a la construcción del mismo, similar situación sucede en el mito de la formación de los cañaris, cuando inundado el pueblo, la pareja de hermanos es alimentado por dos wakamayas, se enamoran y el pueblo cañari crece.

La acción de buscar, seleccionar, definir, persistir en  pareja es importante como valores que acompañan a las personas, la acción de definir significa determinación, constancia, la definición del lugar integra una visión estética y un conocimiento de espacios, la selección de los espacios se caracterizan además por el conocimiento de la energía positiva y negativa, elementos importantes en la definición y selección del lugar. Estos aspectos permiten comprender entonces la importancia que daban nuestros ancestros en garantizar que el entorno se convierta en un todo, en una razón de ser del individuo, de la naturaleza y de la población, para que éste se complemente con el ser de los individuos y de la colectividad.

Hasta la década de los años 70 en las comunidades, sus pobladores, niños, jóvenes, mayores tenían conocimiento de los lugares energéticos, por esa razón y según el caso las personas evitaban pasar frente aquellos que eran considerados negativos y si dichos lugares eran inevitables, los transeúntes debían hacer una oración y fumar un cigarrillo hasta lograr alejarse del mismo, esta práctica se mantiene aún en las personas mayores que acostumbran a trasladarse a pie de un lugar a otro.

El sentido estético del lugar, se traduce en la importancia que pusieron nuestros antepasados en identificar espacios que visualmente contribuyan a la sanaciòn del espíritu, por esa razón en el caso de Otavalo, los cinco lagos, las lomas, las montañas que bordean el lugar, constituyen el aire que los otavaleños respiramos para renovar las energías, recomponernos y continuar en el día a día.

En esta práctica nuestros antepasados acostumbraban subir a lugares prominentes que permitían visualizar el horizonte y el firmamento con mucha amplitud, estos lugares que en la actualidad son conocidos como miradores eran utilizados para desarrollar un sistema de sanación conocido como el samary o el waylla que consistía en cumplir con el siguiente ritual:

Las personas llevaban ofrendas a los sitios considerados sagrados como es el caso del mirador, estas eran depositadas en la parte central, hacían fuego y en el lanzaban sahumerio para que su humo envuelva el entorno y lo purifique, luego de las plegarias o los ritmos que interpretaban, se incorporaban, respiraban profundo y contemplaban el horizonte, se sumían en el y meditaban en medio de dicha paz, en este ejercicio se hacia realidad la frase, kawsarishkanimi, nuevamente he vuelto a vivir.

En la actualidad en Otavalo, en la loma denominada Chinpaloma o Rey Loma, las personas mayores aun acostumbran dejar tumines[1] -presentes que dejan junto al árbol mitológico del lechero-, en este lugar que se encuentra en la cima de la loma, hacen sus oraciones y piden a los dioses que les transmita su energía, similar situación se repite en la Cascada de Peguche, en  Wantuk Rumi en las faldas del Imbabura, los mayores dejan los tumines, las ofrendas a la allpa mama, a la pacha mama. Los tumines o presentes, simbolizan y sintetizan los valores, el agradecimiento que la comunidad kichwa tiene para con la naturaleza y las personas, garantizando con dichas acciones mantener el equilibrio en todos los niveles de vida de las personas y de la naturaleza.

En los mitos fundacionales del pueblo kichwa, es importante notar la presencia de la pareja, mujer-hombre, en las personas, en las montañas, en los objetos. La presencia de la dualidad está vigente en todo momento, así por ejemplo en el mito de los amores de Tayta Imbabura y Mama Cotacachi o en su defecto en los hijos que logran tener. Similar situación en el caso de los sembríos, siempre será importante garantizar la presencia de semillas hembras y varones, y de esta forma lograr una buena producción. La dualidad en el mundo kichwa está presente en la cotidianidad y en los rituales que se realizan para la sanación.

La presencia de la dualidad en los mitos de los pueblos ancestrales, emite el mensaje de estar, avanzar juntos, estar presente, establece la diferencia pero al mismo tiempo el respeto, el amor, la reciprocidad y la igualdad con lo cual refrenda la importancia del concepto de complementariedad, equilibrio y equidad.

Hago referencia a estos puntos porque el entorno constituido y comprendido como una entidad dotada de energía, nos recuerda que somos parte complementaria de la naturaleza, nos invita, nos reta e inspira al individuo a reconstruirse permanentemente en su realización individual y colectiva. En las comunidades contemplar las montañas, el nacimiento de un amanecer o el ocaso, transporta al individuo a otras dimensiones, lo cual ayuda a una renovación permanente de la energía o en su defecto como en el caso de la situación que han debido soportar nuestras comunidades a mantenerse presentes, vivos. La naturaleza en sí se constituía en una motivación que invitaba a aferrarse a la vida y a luchar por ella, a luchar por un presente y por mejores días.

La importancia de los lugares, la naturaleza, el universo, su conocimiento respecto a sus virtudes energéticas, sus ciclos, son fundamentales, por esa razón la presencia de las wakas[2], en el caso de la provincia de Imbabura y de las comunidades andinas en general, tienen un significado profundo del cual la generación de nuestros abuelos y de nuestros padres difícilmente han logrado desprenderse.

En suma, los lugares y los individuos están íntimamente relacionados, el nivel de influencia es mutuo y son elementos que permanentemente rememoran la relación espiritual que ha logrado desarrollarse entre las personas y la naturaleza, por esa misma razón la comunidad quichua, constantemente se refiere a la pacha mama, es decir al universo.

El sumak kawsay y las expresiones espirituales

En este ejercicio de reconstruir las formas de pensamiento del pueblo quichua es necesario realizar una arqueología de las palabras, indagar en el habla cotidiana, así como en los actos y los rituales, fundamentalmente en estos que concentran expresiones que condensan procesos, sentidos de la visión del mundo de la población quichua y que han contribuido a mantener latente su filosofía, a continuación algunos ejemplos:

Allpa Mama: allpa-tierra, mama-madre, es decir madre tierra.

Pacha mama: pacha-tiempo/universo, significa madre del universo.

Yaku mama: yaku-agua y mama-madre.

Waka Mama: waka-sagrado, mama-madre, se refiere a los sitios considerados sagrados en donde  se acostumbra a dejar los tumines o los pagos como una retribución de los favores que se recibe de la tierra y de la vida.

Inti tayta: inti sol y tayta padre, padre sol.

Killa mama: killa, luna, mama, madre.

Achik: lo luminoso.

La expresión mama y tayta fijan una forma de pensamiento, una visión del mundo que establece la diferencia con la visión del mundo occidental, en estas expresiones esta implícito la idea de naturaleza, universo como un ser vivo y lo que es mas, es considerado como la madre y el padre del pueblo quichua, generando con ello un nivel de parentesco de padre, madre e hijos, un todo que se complementa el uno al otro  y que en caso de no ser tomado en cuenta o que no cumpla con su función pone en riesgo la totalidad, el bienestar integral de todos.

La concepción de que la naturaleza tiene vida y que muchos de sus elementos son considerados como los dioses mayores de los pueblos ancestrales, dio lugar a que la naturaleza sea vista como sagrado, en esa dimensión las acciones de desarrollo se restringían bajo el mandato de tomar de la naturaleza solamente lo que se necesita y no abusar de ella.

Estas prácticas si bien se mantienen aún, comienzan a debilitarse por la ausencia de estudios que permitan conocer a profundidad esta visión del mundo y que es importante recuperarla porque puede constituirse en una alternativa de pensamiento que ayude a cuidar el ambiente y la manera de ser de las personas.

El sumak kaway, acciones y valores de la comunidad quichua

La minka: se refiere al trabajo obligatorio que cada ayllu debe cumplir con los intereses de la comunidad en obras que son de carácter colectivo como por ejemplo un canal de riego, la construcción de un camino, una plaza o alguna edificación de carácter sagrado o en obras que comprometen a varias comunidades. La minga es un mecanismo de trabajo colectivo que fomenta el ahorro, estimula el trabajo y potencializa la producción. Esta tradición en el caso de las comunidades ha permitido superar y enfrentar el olvido y la exclusión del sistema colonial y republicano.

El ayni: se caracteriza por el sentido de solidaridad de la familia y de la comunidad, en labores específicas entre los ayllus o entre los miembros de la comunidad, en labores que no demandaban tiempos prolongados como por ejemplo el tejado de una casa, la siembra de maíz, etc. El ayni se rige por el principio de reciprocidad, es decir por el makipurarina.

El maki purarina: maki mano, purarina, estrechar o darse la mano, es decir ayudarse mutuamente, equivale a la reciprocidad. Se refiere al sentido de solidaridad que los miembros de un ayllu deben expresar con sus familiares, con los vecinos de la comunidad. Esta conducta es observada con mucha atención por los anfitriones de una actividad productiva o de una fiesta, de registrar los tumines que llevan los acompañantes y de esta forma tener presente las obligaciones que adquiere con todos y cada uno de los mismos.

El maki purarina ayuda a que los niveles de comunicación, la interrelación de las personas se mantenga vigente, esta práctica contribuye a conocerse, reconocerse, a que se ayuden mutuamente o en su defecto conozcan quienes están y viven a su alrededor.

Yanaparina, la solidaridad como un valor fundamental. La situación histórica de las comunidades ha motivado a que en ciertas circunstancias estas se cohesionen y fortalezcan los lasos de unidad, este valor permite que los ayllus y sus miembros por lo general se apoyen mutuamente y  puedan superar dificultades, lograr objetivos concretos y de beneficio comunitario.

El sumak kawsay y los principios para su construcción

Wawakunaka yurakunashna wiñan, alli wakichikpika alli wiñan, mana alli wakichikpika mana alli wiñankachu. Se suele decir que las personas crecen igual que las plantas, si los cuidados son adecuados su crecimiento y sus frutos son buenos, si no se los cuida, entonces los frutos tampoco serán satisfactorios.

En las comunidades agrarias se realizan los tumines o los presentes, es decir el permiso a la madre tierra para intervenirla y proceder a prepararla, esto implica: abonarla, nutrirla de agua y humus, arar la tierra, realizar la siembra, protegerla, realizar la cosecha volver a nutrirla o en su defecto dejar que descanse, cada acción articulada al ciclo lunar, su precisión permitirá garantizar una buena producción.

Las comunidades artesanas y comerciantes combinan estos ciclos con la dinámica y la realidad económica de la población, en el primer caso debían tener un conocimiento adecuado de las plantas de las cuales obtenían los distintos colores, así como de los animales que les abastecía de la materia prima que necesitaban.

En todos los casos están presentes los siguientes valores:

El ama killa, no a la pereza; ama llulla, no a la mentira; ama shua, no al robo, estos valores se sintetizan en la importancia del trabajo como el eje fundamental para garantizar el bienestar individual, familiar y colectivo.

Llankayka kushikuypa shunkumi kan, este pensamiento kichwa significa “que el trabajo es el corazón de la felicidad”, y se sostiene en la trilogía anteriormente mencionada.

Pakta kawsay, el equilibrio.

La trilogía anterior regida por el trabajo permite garantizar el equilibrio individual, familiar y colectivo. En la actualidad en las comunidades kichwas a pesar del deterioro de sus matrices culturales y espirituales conservan rezagos de estas prácticas.

El equilibrio no se refiere únicamente a la estabilidad de los miembros de la comunidad, se refiere también al equilibrio emocional que debe lograr cada persona, dicho equilibrio constituye una garantía para que la comunicación sea horizontal y adecuada y no se vea afectada por alteraciones de incomunicación que finalmente pueden afectar el logro de los objetivos.

El equilibrio en su antigua forma procuraba garantizar el bienestar integral del individuo, la familia y la comunidad, su desestabilización era considerado como un riesgo que puede afectar su bienestar, en este sentido por ejemplo, si un miembro de la comunidad por la pereza no participaba en una minga, el objetivo era afectado, debido a que se genera un desequilibrio o en su defecto un retraso en el cumplimiento de la meta, al respecto es importante recordar que en las mingas a cada ayllu (familia) se le asigna una tarea específica para que en esta sea cumplida.

La afectación si bien es superable, esta sin embargo puede retrasarla y sobretodo generar un malestar el interior de los miembros de la comunidad, un malestar que prevalecerá por algún tiempo y daña el ánimo de la población.

Alli kawsay, la armonía;

Como se anota anteriormente el trabajo, el equilibrio permite sostener la armonía del individuo, la familia y la comunidad. Un individuo, una familia, una comunidad que logra estas dimensiones puede contagiar su entorno y lograr que las diferentes actividades  sean positivas, influye incluso en el espacio y en lugar por donde fluya dicha energía, de ser afectada en cambio sucede lo contrario y los resultados no siempre serán los esperados, la armonía garantiza fluidez.

wiñak kawsay, la creatividad.

La presencia de estos valores es el ingrediente que motiva en las personas a recrear y crear sus iniciativas. La creatividad está regida por un mecanismo clave que se denomina el tinkuy. El tinkuy es la búsqueda permanente de nuevas innovaciones, para lo cual los elementos existentes se encuentran en permanente revisión o confrontación, de dicha fricción surge una nueva luz, un nuevo elemento que contribuye a superar lo anterior.

El tinkuy se lo simboliza en los rituales del inti raymi con las danzas guerreras que rememoran la confrontación de las comunidades por mantener la hegemonía de los espacios rituales, la confrontación sin embargo no genera enemistad, concluido el inti raymi las comunidades mantienen los lazos de apoyo y solidaridad.

Samay, la serenidad.

Aprender a cultivar la serenidad del horizonte, de los lagos al amanecer, es una tarea de perseverancia, disciplina, está orientado a aprender a crear mecanismos que permiten controlar reacciones compulsivas, acciones sin previa meditación. Los Yachak al realizar las curaciones tienen la costumbre de hacer un corte  y mantener el diálogo para recuperar la energía y luego continuar hasta culminar la misma. Un agricultor acostumbra a detenerse en medio de la jornada y respirar con profundidad, mirar su entorno, el trabajo realizado y continuar con sus labores hasta concluirla.

Cultivar la serenidad en las acciones de trabajo, de enseñanza, ayuda a que cada acto se lo desarrolle en paz y respeto hacia el otro que en estos casos es un reflejo de nuestro yo o de lo que pretendemos transmitir.

Runakay, el saber ser.

El runakay es la suma de todos los elementos anotados anteriormente. Runa literalmente significa persona, humano, el runakay sintetiza la realización del ser humano, para lograr esta dimensión es indispensable aprender a cumplir paulatinamente, todos y cada uno de los valores descritos anteriormente.

El sumak kawsay

Es una concepción andina ancestral de la vida que se ha mantenido vigente en muchas comunidades indígenas hasta la actualidad. Sumak significa lo ideal, lo hermoso, lo bueno, la realización; y kawsay, es la vida, en referencia a una vida digna, en armonía y equilibrio con el universo y el ser humano, en síntesis el sumak kawsay significa la plenitud de la vida.

 

Otavalo, diciembre 2008.

[1] Tumin: palabra quichua, ofrenda de productos que se ofrecen a la madre tierra, a la naturaleza, al universo.

[2] Waka: palabra quichua, lugar sagrado.

 

Testo tradotto da Maria Rossi

 

ariruma kowiiAriruma Kowii è un poeta quichua otavaleño dell’Ecuador. Ricercatore in letteratura orale del popolo quichua e promotore della campagna in difesa delle lingue indigene; è stato sottosegretario all’Educazione per il Dialogo Inerculturale 2006-2010. Docente e direttore dell’Arte di Lettere e coordinatore della Cattedra per i Popoli Indigeni dell’America Latina dell’Università Andina Simón Bolívar di Quito.

 

 

 

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo

Foto dell’autore a cura di Ariruma Kowii.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

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