IL QUARANTENNE – UN VIAGGIO NELL’IMMAGINARIO DEI GIOVANI (Parte I) di Paola Rizzo

Paola27Senza titolo

IL QUARANTENNE – UN VIAGGIO NELL’IMMAGINARIO DEI GIOVANI

(allacciate le cinture e non avvicinatevi troppo ai ventenni: potrebbero mordere)

(il personale di bordo provvederà a distribuire ai passeggeri un KAFFÈÈÈ!1!!1! in omaggio)

 

Denotare e connotare:

Paola1Senza titolo

Questa è la definizione di “quarantenne” reperibile – attraverso una veloce ricerca – sulla Treccani online. Consultando qualunque altro vocabolario, otterreste una spiegazione simile. Vi trovereste, cioè, dinnanzi a un’enunciazione concernente il valore denotativo del lessema: il significato-base, esplicito, puramente referenziale di cui esso è depositario. Non trovereste ulteriori definizioni concernenti il valore connotativo del termine: la gamma di accezioni metaforico-allusive che, in determinati contesti comunicativi, una parola può assumere. Come sempre accade, la lingua d’uso non si lascia facilmente imbrigliare dalle definizioni e, in questo momento, nessun vocabolario potrebbe informarvi sul significato che la parola “quarantenne” ha – da qualche anno a questa parte – cominciato a veicolare nella lingua d’uso degli italofoni (e specialmente nella lingua d’uso dei giovani italofoni).

Nell’ambito delle enciclopedie (enciclopedie del tutto particolari), potreste trovare qualche nuova informazione riguardante la voce “quarantenne” solo affidandovi all’irriverente “Nonciclopedia” che – anche se non riesce ad essere esaustiva nella sua “analisi” del “Quarantenne su Facebook” – merita comunque una veloce sbirciata (link: https://nonciclopedia.miraheze.org/wiki/Quarantenne_su_Facebook).

Molti di voi, probabilmente, neppure sospettano che i giovani – nel corso di un’ordinaria conversazione – tendono sempre più spesso a pronunciare frasi del tipo: “Questa cosa è molto quarantenne”; “Non voglio avere le quarantennite”; “Non fare il quarantenne”. Frasi in cui quel termine, eventuali (e creativi) derivati, sinonimi praticamente intercambiabili (tra i quali “cinquantenne” concorre con particolare diffusione e fortuna) si caricano di un valore connotativo inedito e attualmente non registrato. Non registrato per un motivo: che quella gamma di accezioni metaforico-allusive, addensatesi attorno alla parola, è ancora in via di assestamento e si lega a un magma concettuale dai contorni estremamente mobili e tutto da esplorare.

Progressivamente, infatti, “quarantenne” sta cominciando a indicare un tipo umano, un atteggiamento, una disposizione mentale, un modo di comunicare e – con questo valore aggiunto – la parola può anche essere utilizzata in relazione a un referente esterno che magari non ha neppure quarant’anni, ma che manifesta caratteristiche riconducibili alla sfera semantica cui quel termine fa capo.

Tuttavia, prima di ricostruire il tipo di evoluzione cui sta andando in contro la parola, concentriamo – da subito – l’attenzione sul medium attraverso il quale tale evoluzione sta prendendo forma. Già, perché le nuove sfumature semantiche del lessema “quarantenne” si stanno cristallizzando proprio entro quello spazio virtuale in cui oggi – in tutta la sua concretezza – si palesa il gap insanabile che intercorre tra giovani e adulti: il web. Una buona istantanea della percezione che i giovani tendono, oggi, ad avere del “quarantenne medio” intento ad utilizzare il web ed interagire sui social potrebbe fornirla l’immagine sottostante:

 

Paola2Senza titolo

Se vi fa ridere, già conoscete e usate la parola “quarantenne” al di fuori del suo valore letterale; se non riuscite a coglierne l’umorismo, questo pezzo si propone di chiarire perché, davanti a una creazione del genere, un ragazzo riderebbe in modo incontenibile.

 


 

I prodromi: come tutto ebbe inizio

Per risalire ai primordi del fenomeno linguistico con cui abbiamo a che fare (che, come tutti i fenomeni linguistici, è anche un fenomeno culturale) dobbiamo, infatti, necessariamente partire dal contesto in cui si è iniziato a fare un uso connotativo della parola “quarantenne”: “Il proliferare delle immagini di merda sulle bacheche dei quarantenni” (link: https://www.facebook.com/proliferare/). Un progetto lanciato su Facebook il 28 ottobre 2014, in tempi in cui la gloriosa bacheca personale non ancora era stata sostituita dal più intimo diario. Nella sezione “informazioni”, la pagina rende esplicita la sua vocazione. Troviamo infatti questa descrizione:

Paola3Senza titolo

“Il proliferare” nasceva dalle esperienze che il suo fondatore, Massimo, aveva personalmente vissuto esplorando vari gruppi su Facebook frequentati da un’utenza costituita, principalmente, di persone sui quarant’anni e veleggianti oltre la soglia dei quarant’anni (al link seguente trovate una breve intervista in cui Massimo ripercorre le origini della sua creatura: https://www.dailybest.it/web/perche-quarantenni-postano-immagini-merda-facebook/). Questo tipo di utenza veniva raccolta sotto la macrocategoria di “quarantenni” che, fin dall’inizio, conteneva dunque soggetti non necessariamente “quarantenni” nel preciso valore anagrafico della parola, ma includeva gli adulti in genere (individuati attraverso un termine di riferimento “post quem”) e – in seguito – la stessa parola sarebbe stata utilizzata con accezioni ancora più larghe: per indicare individui e gruppi di individui che, sul web particolarmente, si rendono immediatamente riconoscibili per certi atteggiamenti e schemi di pensiero caratterizzanti.

Il macrofenomeno (e quello più epidermico), che Massimo aveva notato, nel 2014, nelle corso delle sue indagini in incognito nei gruppi “da quarantenni”, già è intuibile dal nome stesso della sua creatura: “Il proliferare di immagini di merda sulle bacheche dei quarantenni”. La pagina – con un atteggiamento irriverente e canzonatorio – inquadrava un primo aspetto (per molti versi innocuo e tutto da ridere) dello spirito quarantenne. Da questo intento scherzoso, tuttavia, “Il proliferare” avrebbe posto le basi di un’indagine (tutta sospesa tra il serio e il faceto) che il web – e particolarmente il web utilizzato dai giovani – avrebbe variamente articolato intorno alle abitudini di un’intera generazione. In quel lontano 2014, forse Massimo non sapeva ancora che inevitabilmente la sua inchiesta spassosa, incentrata su gruppi e pagine social con target quarantenne, lo avrebbe portato – e insieme a lui tanti fedeli de “il proliferare” – a scoprire altre cose intorno ai quarantenni e a dover necessariamente ampliare i confini della loro ricerca.

Che tuttavia i confini di quella ricerca si fossero ormai ampliati notevolmente – rispetto all’originaria caccia di immagini ridicole – risultava definitivamente chiaro in data 30 gennaio 2016, quando la pagina de “Il proliferare” lanciava su Facebook (e poi su Telegram) un gruppo (link: https://www.facebook.com/groups/proliferare/) aperto ai contributi di tanti zelanti “ricercatori” desiderosi di segnalare post, pagine, commenti rintracciati sul web e riconducibili alla categoria “quarantenne”. Questa la presentazione del gruppo che – tra l’altro – ormai ha quasi del tutto rimpiazzato la sua pagina madre:

Paola4Senza titolo

Dobbiamo evidenziare, di questo piccolo manifesto programmatico, alcuni punti chiave. Innanzitutto, si precisa che “essere quarantenni non è una questione anagrafica ma bensì uno stile di vita”. Questo significa molto: già nel 2016, “quarantenne” circolava sui social non più solo col suo significato neutro, di base, ma in riferimento a una condizione dell’essere, “a uno stile di vita” appunto. E poi, occorre tenere a mente quello “state lontani dalle fake news e dai glitter colorati”: “Il proliferare” aveva già scoperto – senza neanche averne intenzione, per un caso di serendipità – molto altro sui quarantenni: non solo la loro tendenza ad apprezzare immagini glitterate e di cattivo gusto, ma la (decisamente meno innocua) propensione a dare credito a qualunque (dis-)informazione, notizia, voce di corridoio reperita sul web.

È proprio dalla pagina de “Il proliferare” e dal gruppo che da essa è sorto che – poco a poco – la parola “quarantenne” ha cominciato a modificare la sua semantica. E noi seguiremo questo processo usando soprattutto nella prima parte della trattazione, come manuale propedeutico, proprio i post de “Il proliferare” per poi allargare l’orizzonte ad altri spazi virtuali che ne hanno raccolto l’eredità e che hanno variamente contribuito a mettere in luce specifiche declinazioni dell’essere quarantenne. La trattazione sarà – per comodità pratica – suddivisa in sezioni che tentano di fissare alcune tendenze salienti del “quarantenne medio” avvertite e rilevate dai giovani nel contesto di internet e quindi alcuni valori che la parola ha assunto. Le sezioni, si tenga presente, sono strettamente comunicanti, formano un tutt’uno organico e hanno confini labilissimi.

 


 

Buongiornissimo: la socialità raccolta in una tazzina di KAFFÉÉÉ

In cosa consistevano le prime “immagini di merda” sbeffeggiate da “Il proliferare” e a cosa si lega, originariamente, la sua fama? Per avere una risposta, partiamo dall’esordio della pagina che – il giorno della sua fondazione – balzava sulla piazza di Facebook con quest’immagine, reperita da Massimo in una delle sue retate:

Paola 1Senza titolo

 

Al di là della risata più immediata che il cattivo gusto di queste creazioni grafiche suscitava, già esse consentivano di cogliere un primo aspetto della fenomenologia quarantenne: il bisogno spasmodico di condividere con gli altri la propria routine. Fin dai primi post de “Il proliferare”, si nota che – attraverso collage e immagini esteticamente discutibili – i quarantenni sentono un forte bisogno di costruire forme di socialità sostanzialmente superficiali, non impegnative, limitate al saluto di cortesia, alla chiacchiera generica intorno alla tazzina di caffè. Scorrendo velocemente la gallery della pagina, trovate tante immagini legate alle incombenze più disparate e, progressivamente, glossate da “Il proliferare” attraverso pungenti didascalie.

Giorni della settimana:

Paola6Senza titolo

Festività:

Paola7Senza titolo

Mesi dell’anno:

Paola4Senza titolo

Condizioni meteorologiche:

Paola5Senza titolo

Momenti della giornata:

Paola6Senza titolo

Questo è il primo nucleo tematico su cui si innestava l’umorismo de “Il proliferare”. La miccia era ormai innescata: il primo valore connotativo con cui il termine “quarantenne” cominciò a circolare si legava al contagioso sberleffo di modalità di utilizzo dei social ridicole, che tradivano un’abitudine a esprimersi in forme non problematiche e banali. Il proliferare si guadagnò presto la fama di “pagina del buongiornissimo” e il tormentone si diffuse a macchia d’olio.

Ecco solo alcuni esempi:

Paola7Senza titolo

Paola8bis

Paola13Senza titolo

Paola10Senza titolo

 

Paola12bisSenza titolo

Paola12Senza titolo

 

 

Paola17Senza titolo


 

Richieste di attenzione: PULIZZIA KONTATTI e PERSONE FALZE

A questa costante presenza sui social spesso si coniuga – così come le primissime inchieste sul modus operandi del quarantenne online hanno palesato – il diffondersi di sentimenti rancorosi verso chi non è egualmente attivo e solerte sulla piazza virtuale, verso chi non sostiene con il proprio “mi piace”, non commenta, non condivide il post appena pubblicato.

E qui affrontiamo un secondo punto della fenomenologia quarantenne: il bisogno di attenzione e di approvazione, la ricerca sui social di una risposta immediata a un’incessante esigenza di esprimersi. Non importa quanto futile sia il contenuto del post appena pubblicato, se un contatto su Facebook passa oltre e non manifesta il proprio assenso, va censurato e magari anche eliminato dai contatti attraverso la famigerata “pulizia contatti”. L’impegno nell’assicurarsi uno stuolo fedele di amici attivi e pronti a manifestare il loro sostegno si manifesta, ad esempio, anche attraverso l’abitudine di avviare catene di Sant’Antonio digitali – circolanti su diari e chat – che dovrebbero fungere da comodi strumenti per mantenere costantemente salda l’interconnessione tra utenti diversi. Anche intorno a questi atteggiamenti, “Il proliferare” ha raccolto documentazione e varie pagine e singoli utenti hanno dispensato la loro parodia.

Paola14Senza titolo

 

Paola15Senza titolo

Paola16Senza titolo

 

Paola17Senza titolo

 

 

Paola18Senza titolo

Paola19Senza titolo

Paola20Senza titolo

Paola25Senza titolo

Paola21Senza titolo

 

Qualcuno ha persino provveduto a creare su Facebook una pagina parodistica propriamente intitolata “Pulizia kontatti e perzone falze”

Paola22Senza titolo

Ma davvero i quarantenni sono così ansiosi di allontanare dai loro spazi social(-i) gli utenti che non si rivelano disponibili ad interagire? Da una ricerca empirica, pare che profili chiaramente appartenenti a quarantenni (e over) siano piuttosto propensi a fare periodiche “pulizie contatti” e a manifestare insofferenza verso gli amici poco reattivi.

24primaSenza titolo

24bisSenza titolo

25bSenza titolo

Insomma, a dispetto della radicata convinzione in base alla quale i giovani sono sempre attaccati al loro smartphone, “Il proliferare” metteva da subito in luce l’insospettabile rapporto simbiotico che intercorre tra quarantenni e tecnologie ed evidenziava un costante bisogno di far sentire la propria voce attraverso le tecnologie. Per altro, l’impressione che quarantenni facciano un uso massiccio e intensivo delle risorse digitali e soprattutto dei social sembrerebbe fondata.

Nel 2016, “Nielsen” – multinazionale statunitense specializzata nelle ricerche di mercato – ha raccolto, per il suo “Social Media Report 2016”, dei dati che sconfessano il luogo comune secondo cui sarebbero i Millennials (“Nielsen” considera “Millennials” i nati tra il 1981 e il 1995) gli “users” o “heavy users” più attivi sui social media (per “heavy users” si intendono coloro che trascorrono, in media, più di 3 ore al giorno sui social). L’indagine condotta da “Nielsen”, infatti, rivela che: Surprisingly, the heavy social media user group isn’t Millennials. In fact, Generation X (ages 35-49) spends the most time on social media: almost 7 hours per week versus Millennials, who come in second, spending just over 6 hours per week. They’re female, 25% of their time online is spent on social media (vs.19% of males), and they reach across cultures. They’re likely to be on Facebook on Sundays via smartphone, while watching primetime.” (link: https://www.nielsen.com/us/en/insights/report/2017/2016-nielsen-social-media-report/#)


 

Un linguaggio da iniziati: nozioni di base

Già dalla rapida rassegna di immagini proposte nelle due sezioni precedenti, si può intuire un altro aspetto rilevante del fenomeno che stiamo analizzando. Non solo il termine quarantenne si è – nel corso di poco tempo – caricato di nuovi valori ma, intorno alla figura del quarantenne intento a smanettare con le nuove tecnologie, si è strutturato tutto in linguaggio parodistico volto a “fare il verso”, a scimmiottare il modo di comunicare del quarantenne.

Nel linguaggio social del quarantenne medio, un semplice saluto come “buongiorno” può diventare un superlativo “buongiornissimo”; le parole sono deformate in grafie sgangherate (“caffè” diventa “KAFFÈÈÈ”); l’uso del caps look serve a dare rilevanza a pensiero che viene espresso interamente in maiuscole (in barba alla netiquette che prescrive di “non scrivere in maiuscolo o in grassetto un intero messaggio, poiché può venire inteso come urlare nei confronti dell’interlocutore”); nella foga di accompagnare qualsiasi frase con punti esclamativi, il quarantenne si scorda di premere il tasto shift e quindi scrive sequenze di “1111!!!!”

Questo linguaggio derisorio, pieno di sgrammaticature, ortografiche grottesche, maiuscole inopportune, scarsa dimestichezza con la tastiera querty, noi lo ritroviamo costantemente ogniqualvolta ci imbattiamo in qualche parodia dell’utente quarantenne. Un ottimo compendio del nuovo codice linguistico con cui abbiamo a che fare viene offerto dallo youtuber “SopralaPunk” che scrive e canta la canzone-inno dei quarantenni in un video dal titolo “Kaffè!11!!!1! – PARODIA QUARANTENNI SU FACEBOOK buongiornissimo” (link: https://www.youtube.com/watch?v=VPxW7PyMN4w). Il quarantenne si presenta come un “KUARANTENNE”, ama fare “FOTO AI KATTINI”, si scaglia contro “LA GENTE FALZA!11”, ha intenzione di fare “PULIZIA KONTATTII1111!!!!”.


 

Disinformazione: troll, volenterosi, creduloni

Sempre “Il proliferare” – fin dalle sue prime mosse – già riusciva a cogliere un altro degli aspetti più drammaticamente attuali della fenomenologia quarantenne, con un post che avrebbe quasi fatto da apripista a tante pagine variamente incentrate sul problema della disinformazione circolante sui social.

Paola26Senza titolo

In fondo, quel caso di disinformazione additato da “Il proliferare” (consistente nell’errata attribuzione di una citazione) era “innocuo”, ma la stessa dinamica – estesa a situazioni ben più gravi – emerge oggi in tutta la sua pericolosità. Inoltre, spesso, è proprio nella forma di “falsa citazione” che una fake news trova modo di diffondersi: parole attribuite a personaggi che non le hanno mai pronunciate, oppure estrapolate da un discorso più ampio, al di fuori del quale possono veicolare un messaggio totalmente diverso da quello di partenza. E, quindi, intorno alla disinformazione del quarantenne medio, ancora “Il proliferare” puntava il dito in altre occasioni e con altri post polemici.

Paola27Senza titolo

È da queste prime osservazioni, che sarebbero nate tante pagine impegnate – con atteggiamenti diversi (in tono serio, sarcastico, risentito, satirico…) – a mettere il dito nella piaga delle fake news e della loro pervasività.

Un’emergenza causata dalla credulità di utenti spesso non appartenenti alla categoria dei nativi digitali e, quindi, più esposti al rischio di non sapersi orientare nel mare magnum del web e privi di strumenti (e della volontà) di discernere tra le numerosissime fonti reperibili online (insomma, parliamo proprio dei quarantenni). Quindi, è proprio intorno ai casi di inarrestabile propagazione di notizie false che si sarebbe addensato un ulteriore valore del termine “quarantenne”: colui che abbocca facilmente a titoli sensazionalistici e non verifica le fonti delle notizie.

Gian Marco Saolini (link: https://www.facebook.com/gmsaolini/) si serve dei social per “scatenare un gioco di reazioni” (così egli stesso si esprime in un’intervista rilasciata a “Radio Cusano Campus” – nella trasmissione “Un giorno da ascoltare” – il 12 febbraio 2019. Di seguito, il link di un articolo de “Il Fatto Quotidiano” contenente – insieme all’audio integrale di quell’intervista – anche stralci salienti delle dichiarazioni di Saolini: https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/12/saolini-il-creatore-di-bufale-su-facebook-se-le-persone-fossero-normodotate-con-un-fact-checking-di-2-secondi-capirebbero-tutto/4967108/).

Sulla propria pagina Facebook, Saolini carica assiduamente video – i cui titoli (scritti rigorosamente a lettere maiuscole) mirano a suscitare immeditato scalpore – in cui assume le identità più disparate, ecco solo alcuni tra i suoi tanti ruoli: “MARINAIO LICENZIATO DALLA NAVE DELLA ONG AQUARIUS”, “AGENTE DELL’INTERPOL CHE SVELA LA VERITÀ SULL’ARRESTO DI CESARE BATTISTI“, “UOMO DELLA SCORTA DI SAVIANO CHE SI È DIMESSO“, “CAPO ULTRAS DELLA JUVENTUS“, “OPERAIO FIAT PENALIZZATO PER PAGARE CRISTIANO RONALDO”, “MEDICO DI NADIA TOFFA”. Sostanzialmente, Saolini cavalca i temi caldi del momento, costruisce su di essi una notizia falsa e fa saltare allo scoperto gli indignati di turno.

Dei suoi tanti video e delle sue multiformi identità, merita particolare attenzione un caso del giugno 2018 che potrebbe fare storia. Saolini, in quell’occasione, si presentò come un “CANTANTE DEI PEARL JAM CHE CHIEDE SCUSA AGLI ITALIANI PERCHÉ HA DOVUTO LANCIARE QUEL MESSAGGIO”. Quale messaggio? Nel giugno 2018, i Pearl Jam – nel corso del loro concerto allo stadio Olimpico di Roma – sostennero, con tanto di hashtag, la campagna “aprite i porti”, pronunciandosi esplicitamente a favore dell’accoglienza ai migranti. La scelta scatenò un’ondata polemiche: Rita Pavone, ad esempio, consigliò alla band di “farsi gli affari loro” e Salvini – figuriamoci – diede tempestivamente man forte alla Pavone. Nel bel mezzo della tempesta, arrivò Saolini, con il suo video immancabile: recitò la parte di un generico cantante dei Pearl Jam desideroso di chiedere perdono agli italiani e di rivelare che sarebbe stato il PD a costringere la band a pronunciarsi sui porti aperti. Tutto questo accompagnato da un approssimativo e simulato accento inglese (link del video: https://www.facebook.com/gmsaolini/videos/2041481909218045/?v=2041481909218045).

Il video diventa subito virale. Nel cumulo dei commenti, uno (oscillante tra il divertito e l’amareggiato) chiama in causa, tra i solerti divulgatori della bufala, proprio “i 50enni buongiornissimo kaffèèè” e individua il tipo di pubblico propenso ad alimentarsi di disinformazione.

28bSenza titolo

Ma è una visione fondata? Davvero il terreno su cui una fake news del genere può attecchire più facilmente è quello dei quarantenni-cinquantenni? Controllando commenti e condivisioni ed esplorando i profili da cui tali commenti e condivisioni partono, purtroppo, un qualche fondamento a quell’osservazione di Nico, è possibile trovarlo. Emerge drammaticamente che i non nativi digitali sono particolarmente propensi ad accogliere come vera una qualsiasi informazione rinvenuta sulla rete. E la loro reazione a queste bufale spesso si risolve in considerazioni sgangherate, prive di logica e cariche di livore.

 

Paola29Senza titolo

 

 

Paola30Senza titolo

Inoltre, tra i commenti che corredano il video di Saolini, possiamo notare una tendenza che ritroveremo puntualmente in tante altre pagine che affrontano il fenomeno delle fake news e sono impegnate nell’intercettare l’utenza media delle bufale. In pagine del genere, gli autori dei commenti si polarizzano in tre fazioni:

1) quelli che credono nella veridicità della notizia; 2) i “volenterosi” che commentano per avvertire altri internauti della falsità della notizia, sperando di essere ascoltati;

 

30bSenza titolo

 

3) i troll, cioè quelli che – consapevoli della falsità della notizia – stanno al gioco e utilizzano lo stesso codice beffardo della pagina su cui stanno scrivendo: non solo non rivelano che la notizia è falsa, ma ne avallano l’attendibilità con il preciso obiettivo di attirare il maggior numero di creduloni.

Sotto al video del pentito “cantante dei Pearl Jam” hanno scritto dei troll che hanno pienamente accolto e riproposto il gioco istrionico di Saolini. Tra i vari troll, ecco due improvvisati specialisti del caso che dichiarano di conoscere, per personale esperienza, i retroscena del torbido fattaccio e un terzo simpaticone che rivisita un tormentone nazionale.

31bSenza titolo

 

A proposito dei commenti dei troll, tra l’altro, dobbiamo rilevare un dato altro saliente: molti di essi presentano quel codice comunicativo di cui abbiamo già parlato: scimmiottano il linguaggio “da quarantenni”. La loro presa in giro, cioè, è specificamente rivolta a una determinata di utenza. I loro sgangherati commenti sono immediatamente riconoscibili come ironici da chi è pratico dei social, da chi conosce l’intento canzonatorio insito in un certo modo di esprimersi. Tra i molti esempi, sempre sotto lo stesso video di Saolini, questi due commenti offrono dei paradigmi di trollata che si configura – tanto per nella forma quanto nel contenuto – come parodia del quarantenne internauta:

32bSenza titolo

 

Notiamo certi stilemi del linguaggio quarantenne in entrambi. Un accumulo di punti esclamativi che si trasformano in cifre nel primo commento: questo tipo di scrittura simula la foga del quarantenne medio, che – desideroso di corroborare il proprio pensiero gridandolo – nella fretta, scorda di tenere premuto il tasto freccia quando digita e, per sbaglio, realizza lunghe sequenze di “1”. Nel secondo commento, troviamo le robuste “k” che sostituiscono le deboli “c”. Sul piano del contenuto, compaiono certi evergreen dell’immaginario collettivo del quarantenne: poteri forti che macchinano nell’ombra, la dittatura dei comunisti (anzi, dei “komunisti”) e del PD (anzi, “Piddì”) in combutta col malefico Soros.

Ma quel video ebbe più di un risvolto tragicomico perché, tra i vari creduloni, emerse il nome di un illustre quarantenne: quello di Gianni Alemanno che condivise su Facebook la recita di Saolini considerandone assodata la veridicità per poi cancellare il post, grazie agli avvertimenti dei suoi followers che gli rivelarono la messinscena. Qualche celere eroe, comunque, riuscì – prima che Alemanno potesse ripulire la scena del delitto – a immortalare, a colpi di screenshot, la spassosa (e, allo stesso tempo, inquietante) leggerezza con cui un uomo impegnato in politica (che dovrebbe, più di chiunque altro, preoccuparsi di verificare l’attendibilità di una notizia, prima di diffonderla) era caduto nella trappola di Saolini.

Paola35Senza titolo

Su “Il proliferare” comparve, inoltre, un post in cui Gianni Alemanno veniva dichiarato “membro ad honorem” del gruppo, esempio fulgido del quarantenne medio.

Paola36Senza titolo

Saolini (e molte pagine che adottano uno stile simile al suo) è stato comunque oggetto di critiche. Lo si accusa di diffondere disinformazione e di farlo a spese di chi non ha molta dimestichezza del web. La difesa di Saolini è sempre la stessa: non dovrebbe essere lui l’oggetto delle accuse, ma chi si sente autorizzato a condividere un’informazione senza verificarla. “[…] gli strumenti per riconoscere una bufala ci sono, ma la gente non vuole scoprirli. […]” (dichiara Saolini in quell’intervista sopra segnalata). Tra le varie critiche online, eccone una che ci interessa particolarmente perché individua il target delle “vittime” di Saolini, troviamo proprio il termine su cui stiamo riflettendo: “quarantenni” che, secondo questa utente, sarebbero prede facili perché “poco pratici con i social”.

Paola37Senza titolo

L’incapacità, insomma, di orientarsi nella rete, è percepita come uno dei motivi principali per cui i quarantenni sono così propensi a considerare fededegna ogni notizia variamente recuperata su internet. E la convinzione che i quarantenni (e over) siano assidui propagatori di fake news è ben testimoniata da post come questi:

Schermata 2019-09-27 alle 17.39.23

Paola39Senza titolo

“Non cielo dicono” (un nome un programma, link: https://www.facebook.com/noncielodicono/) sfrutta lo stesso tipo di tecnica di cui si serve Saolini, ma riversandola non nei video, quanto in alcune immagini scandalistiche che riportano bufale il più delle volte assolutamente inverosimili, che suscitano una risata immediata in coloro che Saolini definirebbe “normodotati” ma che, puntualmente, vengono prese per oro colato da una certa utenza. Dal florilegio di commenti (che potete accertavi essere stati scritti da chi rientra proprio anagraficamente nella categoria “quarantenne”) estrarrò solo alcuni casi sparsi. Le notizie cui questi commenti fanno da corredo sono assolutamente inverosimili, eppure c’è chi ci crede davvero.

Ecco un caso da manuale: “Non cielo dicono” posta una foto bizzarra, volutamente ritoccata con effetti scadenti per rendere ancora più gustoso lo spettacolo degli stizziti che abboccheranno all’amo. Sembra un trollata a cui nessuno riuscirà a prestare fede, è tutto troppo grottesco: un’immagine di Luigi Di Maio su cui è stata sovrapposta una posticcia capigliatura femminile, delle improbabili mani che potrebbe aver disegnato un bambino e un maldestro cartello applicato con Paint. E, invece, persino con trollate del genere, “Non cielo dicono” riesce ad attirare dei sinceri indignati.

Paola58Senza titolo

Proprio quando pensi che una fake news sia così ridicola e inverosimile da non poter mai essere ritenuta veridica, ti sbagli. Una disincanta follower della pagina, giustamente, si rassegna a un disarmante “e invece…” dinnanzi all’orda travolgente dei creduloni:

Paola41Senza titolo

 

Perché una fake news sia efficace, deve – ovviamente – toccare qualche vulnus fortemente attuale e, su questo punto, “Non cielo dicono” è all’avanguardia. In questo caso specifico, la pagina fa leva sulla rabbia endemica suscitata dalla mal tollerata ingerenza – nelle questioni politiche nazionali – degli altri Paesi membri dell’UE, percepiti – da una certa opinione pubblica – come bacchettoni e smaniosi di rimpiazzare i governi eletti dal popolo (e stiamo parlando della Lega e dei 5 Stelle) con grigie cravatte di tecnocrati asserviti alla tirannia di infide potenze straniere. Insomma, è l’ambizione frustrata dello Stato sovrano il fulcro di questa fake news di “Non cielo dicono”. La didascalia che accompagna l’immagine è genericissima: si fa riferimento a una parlamentare francese non meglio identificata e, soprattutto, si chiede la risposta dei lettori che, puntualmente, reagiscono all’appello. Vediamo come si è concretata la reazione. Intanto, è sempre evidente la classica tripartizione:

1) I troll che giocano sulla fake news e si ergono a testimoni della sua veridicità, con un’ironia che “il quarantenne medio” non riesce a decodificare:

Paola42Senza titolo

2) Poi ci sono i “volenterosi” che tentano di rendere esplicito il tono satirico della pagina:

Paola43Senza titolo

3) Poi arriva la cavalleria dei creduloni (e abbiamo per le mani, ripeto, dei quarantenni e ultraquarantenni) con commenti che sono un concentrato di rabbia, risultano privi di argomentazioni e si risolvono in parole piccate e offensive:

 

Paola44Senza titolo

Paola45Senza titolo

E, dopo questa carrellata, segnalo un commento particolarmente utile alla trattazione sull’utente (ultra-)quarantenne che stiamo svolgendo:

Paola46Senza titolo

E, infatti, i commenti avvelenati che trovate sotto questa fake news sono, incredibilmente, tutti riferibili a quel range d’età e così avviene costantemente per ogni assurdità messa in rete da varie pagine fabbrica-bufale.

Oltre alle pagine che irridono la credulità del quarantenne medio e propongono bufale al limite dell’inverosimile per stanare qualche preda, esistono però spazi virtuali che – risolutamente – tentano di sradicare la disinformazione. Sono gli avamposti dei debunkers: coraggiosi  che svolgono il prezioso (e snervante) lavoro di rintracciare le fake news e di avvertire gli internauti del loro contenuto fallace.

Dal 2014, si impegna instancabilmente in questo infausto lavoro “Bufale.net” attivo, oltreché su un’autonoma pagina web (link: https://www.bufale.net/), anche su Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, WhatsApp e YouTube. Il fatto che ci preme sottolineare è che proprio la redazione di “Bufale.net” ha avuto l’occasione di considerare come un bacino di utenza particolarmente sensibile alla condivisione di bufale sia proprio quello dei quarantenni. Questo è avvenuto in tre particolari segnalazioni.

La prima la trovate a questo link: https://www.bufale.net/disinformazione-acchiappalike-profughi-liphone-buttano-la-pasta-perche-vogliono-lo-chef-senegalese/.

La redazione – il 20 settembre del 2017 – si è occupata della circolazione di una fake news partita dal profilo di un certo “Roby” che denunciava lo scandalo dei “Profughi con l’iPhone che buttano la pasta perché vogliono lo chef senegalese”. Oltre a rilevare la falsità della notizia – confezionata ad arte per fomentare un’ondata di reazioni xenofobe e razziste  – “Bufale.net” inquadrava anche il genere di pubblico cui si rivolge preferenzialmente “Roby” e individuava quel pubblico attraverso la tipologia di contenuti proposti dal profilo. Sono contenuti che conosciamo fin troppo bene, contenuti “quarantenne friendly”: buongiornissimi, catene di “Amen e condividi se hai un cuore”, il tutto proposto da un profilo palesemente fake che sfoggia la foto allettante di un modello brasiliano.

 

 

Sì, ci risiamo.

Oggi di nuovo torniamo sull’argomenti dei mendicanti  del web ed è il caso della pagina Roby, che si presenta al pubblico con un’immagine profilo che mostra l’effige di Luca Arantes, modello brasiliano dall’aspetto che di sicuro buca lo schermo:

Lucaarantesimages (4)

In tutti i post più cliccati di Roby si presenta una corposa carrellata di Buongiornissimi e di “metti Amen e condividi se hai cuore”. Dopo aver attirato a sé una consistente fetta d’utenza affamata di contenuti del genere, ecco spuntare di tanto in tanto un post disinformatore e fuorviante. Forse per accrescere l’ego con una pioggia di like, o forse perché davvero gli autori credono a ciò che pubblicano.

In questo frangente, “Bufale.net” fa un riferimento generico a “una consistente fetta di utenza” che, comunque, gli addetti ai lavori riescono ad identificare con precisione. Quale tipo di utenza “Bufale.net” intendesse additare, lo verifichiamo – attraverso una terminologia perspicua e attraverso l’uso specifico del termine “quarantenne” – in un altro articolo volto a segnalare l’ennesima bufala partita dal profilo di “Roby” (link: https://www.bufale.net/bufala-acchiappaclick-questo-e-uno-dei-mostri-di-desiree-bufale-net/). Un articolo in cui “Bufale.net” non solo chiama direttamente in causa i quarantenni (quando, tra i contenuti di tipici di “Roby”, menziona “un Corto Maltese, un Mugsy ed un buongiornissimo scontornati male dal quarantenne medio che posta immagini disturbanti su Facebook”), ma utilizza anche quel linguaggio parodia che è sorto intorno ai modi di comunicare dei quarantenni online e questo avviene quando è indicato, come obiettivo specifico delle bufale di “Roby”, quello di “canalizzare l’indinniazione collettiva”.
“Indinniazione” (e altre forme egualmente alterate della parola, come “indinniazionehh”, “INDINNIAZIONEEE”, “Indinniazione1!!1111”) rientra, infatti, nel lessico derisorio dell’“idioma quarantenne” e trova largo impiego, nell’ambito di questa sorta di slang, per mettere il ridicolo la propensione  – avvertita, appunto, come tipica dei quarantenni – a infiammarsi di collera dinnanzi all’ingiustizia del momento (che, in parecchi casi, è un’ingiustizia denunciata da una fake news… un’ingiustizia, insomma, che non esiste).
Un giovane utente, a fronte dell’invasione di “quarantenni indignati” su Facebook, arriva alla soluzione drastica di scappare su Instagram per non dover più assistere impotente al moltiplicarsi di un’insofferenza generazionale:

40Senza titolo

Ma torniamo al caso preso in esame da “Bufale.net” che fornisce questa descrizione dell’archetipo rappresentato dal profilo di “Roby”:

41Senza titolo

Nella fake news smascherata dai debunkers di “Bufale.net”, “Roby” preleva – verosimilmente attraverso una veloce ricerca nella galleria immagini di Google – la foto di un criminale di colore, associata a un caso di stupro dell’aprile 2018, e la spaccia come foto di “uno dei mostri di Desirèe”. Una fake news concepita ad hoc per attirare una massa di click attraverso cui possono subito trovare sfogo sentimenti di xenofobia e deliri giustizialisti. Ma davvero la maggior parte degli “indinniati” che si tirano i capelli dinnanzi a questa bufala rientra nella categoria “quarantenni”? Passando in rassegna i commenti che accompagnano la bufala scopriamo che, purtroppo, tendenzialmente è così.

42Senza titolo

 

43Senza titolo

44Senza titolo

In un terzo episodio, “Bufale.net” – di nuovo – tira in ballo i quarantenni e lo fa polemizzando contro un sito (“VoxNews”) che, arrogandosi il diritto di fare giornalismo d’inchiesta, diffonde frequentemente notizie prive di fonti, praticando un’arte che – dice “Bufale.net – “credevamo fosse appannaggio della vittima media de Il profierare delle immagini di merda sulle bacheche dei quarantenni”. Le vittime delle fake news sarebbero, insomma, le stesse vittime della satira mordace de “Il proliferare”: i quarantenni.

45Senza titolo

Inoltre, aprendo il link dell’articolo (https://www.bufale.net/nessuna-fonte-scontri-tra-nigeriani-e-centri-sociali-durante-manifestazione-antirazzista-bufale-net/?fbclid=IwAR35hkXptBr7QvXWRlA619oh7gmGPPQnobIE8mqN-dsYN-B_AnuicK33E9Q) non si potrà fare a meno di notare l’immagine significativa che “Bufale.net” ha posto in cima alla pagina.

46Senza titolo

L’immagine di un signore attempato che la redazione di “Bufale.net”, evidentemente, immagina come il tipico consumatore di bufale.
Anche singoli utenti hanno l’occasione di restare attoniti dinnanzi alla propensione dei quaranta-cinquantenni a manifestare sul web atteggiamenti astiosi che, spesso, si addensano proprio intorno a qualche fake news.
Una ragazza – che, sarcasticamente, esordisce con “che belli i quarantenni indignati” – condivide sul suo diario un’immagine fatta circolare su un gruppo destinato alla classe dei nati negli anni ’50: “Amicizie tra i nati negli anni ‘50” (link: https://www.facebook.com/groups/1476990022548023/).  L’immagine contiene una fake news che trasforma un redivivo Tupac – ovviamente la maggior parte dei leoni da tastiera classe anni ‘50 non riconosce o peggio non sa neanche chi sia stato Tupac – in un generico cantante americano che annulla concerti per protestare contro Salvini. Gli irritati lettori non si peritano affatto di verificare la fonte della notizia, è sufficiente scorgere la foto di un uomo di colore che contesta il patriota Salvini per esplodere in una furia incontenibile:

47Senza titolo

Andando direttamente alla fonte (link: https://www.facebook.com/groups/1476990022548023/permalink/2178219702425048/), è disarmante constatare come, intorno a un’immagine del genere, si sia raccolto un coro berciante di “indignati”, nonostante qualche volenteroso abbia tentato di portare qualche briciolo di razionalità.

48Senza titolo

49Senza titolo

Nel bel mezzo di commenti simili, due ragazzi (introdottisi, senza le necessarie credenziali anagrafiche, nella classe dei “nati negli anni ‘50”) osservano – impotenti – il triste spettacolo

50Senza titolo

Qualche animo premuroso ha cercato di arginare la deriva di disinformazione circolante sul web proponendo persino un decalogo (anzi, un “trecalogo”) al quarantenne credulone:

51Senza titolo

Insomma, pare che tra i quarantenni (ed over) il rischio di diventare prede della disinformazione sia elevato e questo per una serie di motivi, spesso interconnessi: scarsa dimestichezza con il web, assenza di un’educazione intorno al problema delle fonti, il bisogno urgente di dare espressione a sentimenti di ostilità e rancore che molte fake news fomentano.
Proprio con l’intenzione di far acquisire almeno un po’ di confidenza con i social a questi speciali internauti un po’ “ageé”, una ragazza si dichiara disponibile a tenere un apposito corso di aggiornamento:

52Senza titolo

Un’altra soluzione – avanzata da un ragazzo molto più  “pragmatico” – propone invece un deciso taglio del nodo gordiano:

53Senza titolo

 

E qui ci interrompiamo per darvi quei tre mesi di digestione necessari per affrontare la seconda parte del saggio che inizia con la sezione  

Quello che i poteri forti non dicono: GOMBLOTTO!!111

 

Inedito, per gentile concessione dell’autrice.

Paola Rizzo49937828_2246034435609665_8730812452771463168_n-1024x989

Paola Rizzo. Sono nata nel 1997, studio Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Messina. Ho la certezza che le discipline umanistiche possano svolgere una fondamentale funzione civilizzatrice anche (e soprattutto) oggi, in un tempo che spesso si rivela disumano. Mi piace ragionare intorno alle lettere e alle arti e andare in cerca dell’uomo attraverso ciò che leggo, osservo, ascolto. Scrivo tenendo sempre a mente le parole di Franco Fortini – “Nulla è sicuro, ma scrivi.” – nella speranza che qualcosa, in questo ombroso ventunesimo secolo, torni ad essere sicuro: almeno la nostra umanità.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

Pagina archivio del macchinista