MAGIA
Parole superflue come vecchi soprammobili
Da riporre in cantina con i versi vergati che
Si dichiarano estranei e piovono addosso
Come pioggia a primavera bagnano guardano
Perplessi e silenziosi in verità spiego l’arcano
Rincorro il sogno delle ore prima dell’alba
Aggrappato come naufrago al suo scoglio
La luce di Turner torna ad avvolgere case
E litorali di nere sabbie e cavalli che in fila
Sul bagnasciuga spruzzano acqua sugli zoccoli
Tornano a trotto sulle dune sazi di brezze
Sanno il percorso fino al limite della riserva
Amano terrapieni stretti e l’odoroso mirto
Brillano nelle trasparenze di specchio ove
Un mago si congeda riverente dal proscenio
Con un inchino dopo il gran finale di magia
Torno a rovistare fra le memorie d’infanzia
Umile antidoto al quotidiano smarrimento
AZIZ DI DANKALIA
Il mio nome era Aziz di Dankalia
A scuola sono Fiorella e basta
Con una scodella di latta
Facevo mucchietti di berberè
Mia madre ne faceva cartocci per il mercato
Quel gioco puzzava di spezie alla sera
L’acqua lontana…solo dal pozzo vicino ai rovi
Anche il padre lontano… dicevano Svezia
Io non sapevo pronunciare quel nome di donna
La odiavo gelosa perché era lei a togliermelo
La madre morì nel giaciglio e non giocai più con le spezie
La zia bambina raccolse le povere cose per andare dal padre
Due anni di strade botte e urla e lunghe soste nel sole
Una notte la barca, vento caldo e giusto per prendere il mare
Buio che bruciava di sale la lingua che invocava il nome
La forza del mare dissero che aveva un numero alto
Un uomo bianco mi sollevò dall’acqua e passai tante braccia
Lingue e volti stranieri che guardavo in silenzio
La piccola collina di berberè fu desiderio di madre
Ma ormai compariva la tavola piatta dell’isola
In forma di stelo trasparente nella luce bianca
Su braccia di donna fui Fiorella
Aziz
il mio doppio
per sempre.
ASPETTANDO LAMPEDUSA
Gli occhi chiudili e la bocca come una carezza
Sollevi il lenzuolo e lasci che la luce penetri
Dallo scuro socchiuso come lama che traversa
Scorre lontano il fiume largo ch’altri riceve
Incessante il mare fra stormi e isole incontro
Vedevi nella notte bui di lune e pallori d’albe
Il villaggio pieno di verde lungo strade di bimbi
Dove con la tua gente chiedevi pane e pioggia
Allineata sulla strada esausta e flebile il respiro
Ora un corteo d’ombre porta foto e gocce salse
Che immemori vagano sospese nella breve storia
Sul bimbo fisso lo sguardo nel filo di luce
Ma gli occhi non videro il punto in cui scomparve
Nell’acque scure d’un gorgo che s’avvitò
Come chiodo su legno incurante del martello
HALAB *
Su graffiti di grotte e pietre tombali
Paleolitica roccia sul fondale riposa
Un’icona su affreschi di chiese lacustri
Stanca d’anni lunghi di guerre e sangue
Ferma chiede pietà all’antiche pietre
Andando alla deriva nel buio vuoto
Narciso dolente nel gorgoglio di sassi
Come cani che conoscono la preda
Sono l’isola che affiora nel silenzio
Quel tocco che ha paura dei marosi
Ripárati nel sonno rincuora la risacca
Che profughi accoglie da Halab la martire
Al dolore senza tempo degli schiavi
Risponde dallo speco lento compianto
Che nel filo di dolore infilza parole
Che incontrai su un sasso di luna
Incauto tormento del silenzio d’acque
Il mio canto si congiunse nella notte
- Il nome arabo di Aleppo, città martire della Siria
MEMINI
Dovrei pensarti non così lontano amico caro
Ma so quale luogo abiti fra lunghi filari di vite
Le betulle qui non hanno prezzo nelle notti urlano
Senza fine alla luna ghiacciata e le terre nere
Hanno paura per molte verste s’odono voci roche
Scricchiolii ch’annunciano imminenti crolli
I lupi fuggono e all’alba i contadini si segnano
Nessuno osa cantare il dolore qui già germogliano
I frutti nel gorgoglio d’acque e tacciono i vicoli
Dove è tutto un mugolio di gatti padroni di pietre
E gerani a guardia delle ore deserte della tua siesta
Attendo il giorno per ascoltare le tue parole
All’imbarco alla stessa ora di oggi in cui voliamo
Al di sopra delle stesse nuvole fra cielo e terra
Ricordi Malastrana metafora del mondo? La corsa
In auto verso i sogni blu e le luci di Turkulimano?
A quel tempo i versi non si scioglievano liquidi
Come su questo treno su cui scorrono abeti storditi
Dall’inverno col ghiaccio che rapprende le radici
Ed io non vedo oltre il vuoto di un mancato sms
Mentre scivola il ricordare fra memoria e nostalgia
In questo vagone semideserto di volti senza nome
VENTUNO DICEMBRE MILLENOVECENTOQUARANTADUE
Riconosco la foto nascosta fra la biancheria
Accarezzo il volto sbiadito nei lini ingialliti
Il giovane soldato disperso in guerra insepolto
Inutile martirio nella sacca del Piccolo Saturno
Disperso fu il responso burocratico del distretto
Morto i maghi riferirono con increscioso stupore
Vivo per la madre che rifiutò la messa in scena
Vestiti e scarpe l’attesero per anni nell’armadio
A lungo s’udì i suo passo stanco nell’inverno
Ora il ricordo ignora il pallore smunto delle foto
Chiede il sorriso del corpo le lunghe mani il volto
Lo scodinzolare del cane fra le braccia sulla porta
L’aia ferma nel sole e il muto sorvolo delle rondini.
Giovanni Perrino (1946) è nato a Palermo e vive a Mantova. Allievo di Natalino Sapegno all’Università “La Sapienza” di Roma, tesse con passione legami e sintonie fra lingue e culture diverse a partire da quella russa. In qualità di dirigente dell’Ufficio Istruzione presso l’Ambasciata d’Italia a Mosca, ha dato impulso a molti progetti per la diffusione e l’insegnamento della lingua italiana in Russia. In collaborazione con E.Evtushenko e con E. Solonovich, insigne traduttore di poesia italiana, ha dato vita al premio Lerici Pea-Mosca con l’obiettivo di tradurre e far conoscere al pubblico dei due Paesi gli autori emergenti e le dinamiche in atto nei rispettivi ambienti letterari. Sue poesie sono pubblicate in varie antologie e in riviste italiane, russe e armene.
Ha pubblicato, tra l’altro, le seguenti raccolte: Malastrana, Ed. All’Antico Mercato Saraceno 2004, Ellis Island. Poesie dopo l’11 settembre, Interlinea 2007, Dorso d’asino, possibili rallentamenti, Interlinea 2012; Liturgia degli anni, Raffaelli 2017; e-mail: pobedy@hotmail.it
Immagine in evidenza di Tracy Allen.