Il Gatto Lupesco (da anonimo del XII secolo) – di Walter Valeri

KALFULIKAN

attore  in maschera Lele Piovene
maschera di Sarah Sartori

(Trombe tibetane. L’attore che calza la maschera del Gatto Lupesco sale sul palcoscenico allestito difronte al Teatro Comunale di Vigonza)

 

Venite venite, venite gente: zente zentazza
nuova razza d’appestati pupazzi sanza
faccia lacrime asciutte come il lago d’Ariccia

che una storia moderna v’ò  da raccontare
piena di luce piena di niente fatta di frecce
rabbia di servi untori vittime a schiattare
affatto innocenti e tanti contatori de balle:

sono lamenti  orticarie per eccesso di rabbia
sabbia fine per nuove clessidre e  popoli in gabbia.                               .
Dunque: io sono il Gatto Lupesco c’ama ringhiare
sul muso grifagno di ‘sto buio Carnevale:

così come tutti chi per lode e chi per danno vanno
per piazze o per vie così m’andava anch’io l’altro ziorno
per un giardino antico a nuovo amore già pensando
col grugno smorto  nella palta d’un rinato affanno.

Allora, uscito dal cammino entrai in vie disuse ove
incontrai duo alti barattieri finanzieri gabellieri
del  Governo di quaggiù, che disse ” Altolà chi se’ tu?”
Signori miei: “Quel ch’io sono è quel che appare.

Io sono lo Gatto Lupesco che a ciascheduno do il fiasco
poi raffio sgrugno e patapaffio chi non dice veritate.
Però voi onde andate? Vorrei sapere voi chi sete
e poi da qual partito malo sbandati voi venite? ”

E quelli  “Ora c’intendi siamo di Renzi servitori
e direm’ se vuoi sapere: sgovernanti siamo d’Italia
poverita trista blanda da Firenze impataccata

com’è  Roma anco lei: ladrona bionda, bigoncio  vivo
merda matrigna spuzolenta  bosco di mai viste falsità
impregnata di bugie e sanguisughe a volontà.
Non eletti siamo stati da popolazzo invero poco astuto

ma da noi istessi nominati e da lonza a doppia faccia
sovranista neo-papista di famiglia pasta frolla
lumache nepotiste cornucopie fanfaluche magia tutto

che non sappiamo più onde è venuto andato sparuto
il mandato col suo acerrimo nimico ‘papete satan
papete satan e sleppe
‘. Ma torniam a questa terra
cotta da promesse, tristi sbotti gonzi sovranisti

stracchi morti fra veneti e venete a sbigonzolare.
E io: “Vi riccomando ciascheduno, poveri grulli
d’ignavia incipriati  che vittima innocente non sarà
chi si scavò la fossa sbadigliando nelle proprie ossa”.

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Così da me partirono vispi neri in un bosco, lurido
pieno di macchie e di spernacchi. Poi solo andai
nella conca di Vigonza venti miglia a sud di Pava ove
dormii con riligioso Drago di nome Mario

c’anzi ch’io partisse mi chiese  ‘per ove’? E io: “Bueno
vado a Venessia la gran bagascia storpia per la pandamia
disertata da conforto c’ora è terra dell’antico Egitto, vo’ li’
a zercare li saracini d’oggi, pagania di fantasmi:
Tudeschi, Giamponesi, Ammaracani, Svizzari e Franzosi
che solo banche bancheri son rimasti battendo da ladroni
tutti tristi in ritirata dando a loro il peggio della vita”.
Ed egli a me ridendo santo sbuzzerato sanza pianto:

“Va’, va’…va’ tosto, che non ti dian per sperso
scancherato nello rovescio mondo che Carnovale
torni novamente porti ciaccolato facondia d’aiuti
gioia de Ruzante  e d’Alavarotto alla pavana zente”

Poi fu messa sulla brace la braciola  grassa vento alle vele
luce sui denti della notte e grida e sghignazzi a piena voce:
allora tremò tutta la terra per tanta festa e soffi d’amore
fra le gambe intorcinate d’omini e done de bona volontate.

E adesso che go’ dito tuto pagheme da bevere, rusteghi
malnati deme vino rosso e poi del ciaro de quelo bono
de quelo dei  Piovene e poi: evviva, salut, viva! Bevemo tuti
uguali in allegrezza che Iddio ce guardarà da’ vizi de la guera.

 

(Mima un bicchiere pieno di vino nella mano destra. Ne versa a terra poi brinda, beve e s’asciuga la bocca con la manica. Rutta. Buio.
Nel Buio della piazza torna inaspettata la voce possente del Gatto Lupesco. Invita in malo modo gli spettatori  ad abbandonare la festa):

 

Pussa via! No’ ghe xe luna in zielo ‘stasera
ne’ alta ne’ basa, ande’ adeso…arri!
arri ande’, torne’ a le vostre case, via
dase’ un morso ai vostri bambini

dise’ lori che xe mi, el Gato Lupesco
che glielo manda. Ande’ dispare’, basta cussi
la festa xe finia, baseve coi denti  adeso
fra voiartri. e poi magneve i oci e la lengua

de’ vostri vesini diseve false storie
urle’ fra voiartri come segno de pace e
sboriosi ande’ in malora, qui adesso, ora
de corsa…ah,ah,ah!

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Carnevale di Vigonza, 14 febbraio 2021

 

Immagine in evidenza: fotografia dell’installazione luminosa per la salvaguardia dei popoli nativi, Corporación Traitraico e Delight Lab, il Kalfulikan.

Riguardo il macchinista

Walter Valeri

Walter Valeri poeta, scrittore e drammaturgo è stato assistente del premio Nobel Dario Fo e Franca Rame dal 1980 al 1995. Ha fondato il Cantiere Internazionale Teatro Giovani di Forlì nel 1999. Successivamente ha diretto il festival internazionale di poesia Il Porto dei Poeti a Cesenatico nel 2008 e L’Orecchio di Dioniso a Forli' nel 2016. Ha tradotto vari testi di poesia, prosa e teatro. Opere recenti Ora settima (terza edizione, Il Ponte Vecchio, 2014) Biting The Sun ( Boston Haiku Society, 2014), Haiku: Il mio nome/My name (qudu edizioni, 2015) Parodie del buio (Il Ponte Vecchio, 2017) Arlecchino e il profumo dei soldi (Il Ponte Vecchio, 2018) Il Dario Furioso (Il Ponte Vecchio, 2020). Collabora alle riviste internazionali Teatri delle diversità, Sipario, lamacchinasognante.com Dal 2020 dirige i progetti speciali del Museo Internazionale della Maschera “Amleto e Donato Sartori”. È membro della direzione del prestigioso Poets’ Theatre di Cambridge (USA).

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