L’ultimo aggiornamento sulla vicenda del nostro compianto Giulio, risale al 6 settembre 2017 con un mio articolo pubblicato su lamacchinasognante n. 8 nel quale ripercorrevo i principali fatti e misfatti da quel maledetto 25 gennaio 2016. Il titolo scelto per il pezzo dell’anno scorso fu: “Se Giulio Regeni non è più solo Giulio Regeni”. Sul suo assassinio si stava giocando una partita enorme fatta di interessi economici pubblici e di aziende di Stato, di politiche e strategie pre-elettorali, culminata nella nomina del nuovo ambasciatore al Cairo avvenuta il 14 agosto, giorno notoriamente di alacre lavoro per l’amministrazione pubblica e negli accordi dell’allora Ministro degli Interni Minniti con le milizie libiche che non potevano prescindere dalla “normalizzazione” dei rapporti con l’Egitto di Al Sissi, soprattutto per la zona del paese sotto il controllo del generale Haftar, degno sodale del suo pari grado egiziano.
Nei giorni scorsi si sono concluse le lunghissime indagini a cui ci siamo attaccati per nutrire una sbiadita fiammella di speranza nel buio sempre più fitto che ci circonda. Si trattava, in particolare, di analizzare un impressionante numero di giga di video riprese dalle telecamere della linea 2 della metro, e non soltanto quelli presenti nelle stazioni El Bohoth e Dokki (in quest’ultima fu agganciato per l’ultima volta il cellulare di Regeni) nell’orario compreso tra le 19 e le 21 del 25 gennaio 2016. La nota divulgata dagli uffici giudiziari è disarmante: “Gli accertamenti compiuti dalla Procura di Roma e dalla Procura generale d’Egitto hanno permesso di verificare l’assenza, tra quanto si è riusciti a recuperare, di video o immagini relative a Giulio Regeni all’interno o in prossimità di stazioni della metro del Cairo. […] Dall’esame delle registrazioni acquisite è emerso che vi sono diversi ‘buchi’ temporali in cui non vi sono né video né immagini”, pertanto “sono necessarie ulteriori indagini tecniche per accertarne le cause”. I filmati analizzati rappresentano il 5% del totale ripreso quel giorno dalle telecamere posizionate all’interno della metropolitana del Cairo. Per gli inquirenti non è emerso “nessun materiale di interesse investigativo”.
Non dovremo scomodare l’astronomia per comprendere questi buchi neri in cui si è perduto il povero Giulio e si sono liquefatte le sagome della decina di agenti speciali probabili suoi aguzzini, basterebbe chiedere ai registi egiziani che stanno tessendo e disfacendo questa tela fatta di false collaborazioni, depistaggi e insabbiamenti continui.
Ė grave che si torni praticamente al punto zero delle indagini: anche se non ci si aspettava una svolta decisiva, era legittimo pretendere almeno di trovare delle tracce, degli indizi per continuare nella ricerca della verità e per combattere insieme ai genitori di Giulio.
Il fatto di questi giorni di ancor maggior gravità è però politico.
Il Ministro degli Interni Matteo Salvini, in merito a quello che ha definito il “problema Regeni”, ha affermato di “comprende bene la richiesta di giustizia della famiglia di Giulio Regeni, ma per noi, l’Italia, è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l’Egitto”.
Il sequestro, la tortura e l’uccisione di un cittadino italiano all’estero si trasforma da “caso” a “problema” e diventa un affare di famiglia, lanciando un messaggio chiaro sul disimpegno totale dello Stato italiano nella ricerca della verità.
Ai buchi neri dei video di sorveglianza si somma un mortifico blob, un enorme buco nero di Stato che sta ingoiando ogni residuo senso dello stato di diritto dentro a una spregiudicata malvagità che è strumento di un preciso calcolo politico.
In tutto questo il povero Giulio ha smesso di rappresentare anche solo un tenue imbarazzo per il governo italiano guidato ora da chi ne ha decretato la definitiva sepoltura. Cosa potevamo aspettarci da chi ha costruito il proprio potere sulle fake news delle invasioni, da chi gioca a tennis con le navi cariche di bambini, donne e migranti violati come se fosse in un set di Wimbledon e da chi irride le torture dei lager di detenzione libici?
In questo momento così triste è fondamentale far percepire ai genitori e agli amici del povero Giulio la vicinanza di ognuno che non accetta di farsi ingoiare la coscienza da quell’enorme buco nero che ingrassa ogni giorno dei nostri peggiori istinti.
Con dispiacere e rabbia non trovo nulla di meglio che chiudere queste poche righe con le stesse del mio precedente articolo, anche se avrei voluto davvero un epilogo molto diverso: caro Giulio di “miserie umane”, come tu hai scritto, è pieno il mondo.
28 giugno 2018
Immagine in evidenza: Foto di Teri Allen Piccolo.