GIOVENTÙ: UN PRESENTE CHE È GIÀ FUTURO! INCONTRO CON I LICEI DI PATTI (Messina), a cura di Reginaldo Cerolini

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GIOVENTÙ: UN PRESENTE CHE È GIÀ FUTURO! INCONTRO CON I LICEI DI PATTI (Messina)

Riflessioni di Reginaldo Cerolini sull’incontro 

“Je est un autre:  Io è un altro” Arthur Rimbaud

“La mia pelle non è un confine \ ma un inizio senza fine” –La pelle- R. Cerolini

 

Ci sono esperienze che hanno la forza di cambiare il modo in cui percepisci la vita, ci sono esperienze che possono allargare i sensi tanto da segnarti. Per me quest’esperienza è avvenuta alla medie, in una scuola di Arese (dalla dirigente scolastica ad una serie nutrita di insegnanti), e poi all’Università, a Bologna, con alcuni docenti illuminati  (Babini, La Polla, Natali, Vecchi) che mi hanno trasformando da ragazzo a giovane uomo. Oggi come oggi, penso a quei tempi come a momenti di svolta esistenziale che ancora riverberano la loro forza su di me, e credo di poter dire che segni come questo sono ovunque.

Recentemente, il 17 aprile 2021,  mi è capitato di avere con Pina Piccolo e Emeka Attilio Obiarinze un incontro via zoom con le scuole superiori di Patti, in Sicilia, e devo dire che sono rimasto sbalordito. Si è trattato di un corale raro incontro d’anime che ha fatto sentire tutta la sua viva umanità. Di loro a parte la preparazione, la competenza e la forza analitica, mi ha colpito il respiro vitale e l’attenzione verso una storia, la mia, con un margine ampio di complessità, raccontata con diretta sincerità come ho imparato a fare, verso chiunque entri nel mio orizzonte di senso e di significato. Quindi, invece di auto-censurarmi come poeta, critico, scrittore, antropologo o regista-sceneggiatore, ho dato spazio alla problematica esistenziale che è intercorsa in questi momenti di improbabile  realizzazione pubblica. Avevo il dovere davanti alla loro lealtà ed onestà di mostrare la mia verità esistenziale- la fragilità radicale nella natura vivente- e la mia costante ricerca di senso come bambino abbandonato, bambino adottato, negro, omosessuale, ex-tossicodipendente insomma lo scandalo che sono anche per me stesso in un tentativo costante di integrazione e di possibili equilibri. Mi ha stupito da parte di questa gioventù intelligente l’assenza di giudizio e la condivisione dell’esperienza di confronto propriamente a livello umano. Non hanno mancato di fare a noi domande calzanti, precise, articolate, interventi ampi acuti, spiazzanti, analisi puntuali e piene di mordente verità. Da quel giorno è rimasta dentro di me questo fuoco che mi ricorda che esistiamo per le relazioni umane e per la qualità universale di queste esperienze, e per quanto sia dimenticato dal sentimento necrofilo della bugiarda attualità è poi solo questo che conta. Davvero. Perché fuori da logiche di potere, di partiti, di ideologie, di classismo, di genere, di fedi, di razzismi la vita chiama (invoca ed evoca) se stessa alla relazione e così tutto ciò che si allontana da questo quadro di unicità superorganica, semplicemente implode e muore. Ringrazio per tanto i ragazzi della scuola di Patti, la loro umanità sentita con la forza delicata e radicale della giovinezza (giovane solo perché sensibile e viva all’esistenza, ovvero lucidamente connessa con il senso universale), ad essersi aperti con me, con Pina e con Emeka, così come lodo Patti (i ‘sud’ del mondo è le cosiddette ‘periferie’, rendiamocene conto, sono pura forza rivoluzionaria) ed i suoi dirigenti scolastici e docenti, per tenere viva e reale la fiamma della conoscenza e della condivisione. Ho gratitudine e speranza, per quelli che vedo come feraci semi di un presente che è già futuro.

I nostri ringraziamenti alla Biblioteca di Patti,  e alle  docenti e alla dirigente, in particolare alle docenti Lucia Lopresti, Anna Milici e Marilia Gugliotta, la quale ha condotto con grande sensibilità una  sessione zoom molto complessa durata oltre due ore, con la partecipazione di 100 allievi. Ci auguriamo in futuro di poter condividere con i lettori e le lettrici di LMS un montaggio dello zoom.

Segue un collage di testi, immagini e video costituito da due parti:

I.  Poesia. II Musica con alcune riflessioni della prodigiosa gioventù dei licei di Patti, inviate a La Macchina Sognante dalle loro splendide insegnanti,

2.  Musica. Riflessioni  di Emeka Obiarinze e video da lui proposti, compreso il suo come parte di OR Klan,  la traduzione inglese realizzata dagli studenti della sua canzone Non sono Tyson, come pure un video realizzato dagli allievi della II C scientifico  musica e società


POESIA: Parte I

Le poesie a cui si riferiscono le/gli studenti sono le seguenti:

PER CHI CAMMINA SUL MONDO, di Reginaldo Cerolini

Sono Chi Cammina sul mondo,

e tutto ciò che è terra mi appartiene

Sono Chi Cammina sul mondo

e non ho sesso, ceto, religione, partito

e fazione perchè sono ogni cosa

Sono Chi Cammina sul mondo

e la mia vita la leggi nei miei occhi

e sulla mia carne

Sono Chi Cammina sul mondo

col privilegio del dolore per le onde infrante sui corpi,

le foreste divelte o incendiate, le tempeste, le acque

prosciugate o inquinate, gli scioglimenti dei ghiacciai,

per gli animali massacrati ed il frastuono tellurico delle viscere

Sono Chi Cammina sul mondo

e passo sulle strisce di terra con i cestini

del disprezzo, della mattanza, dell’amore

e del diritto alla gioia da ripartire con equità

Sono Chi Cammina sul mondo

col terribile sguardo di chi custodisce

la nuova legge della Storia

senza sconti per i detrattori

di vita, realtà e memoria!

Reginaldo Cerolini 2 settembre 2019

Ora che sai, di Pina Piccolo http://www.pinapiccolosblog.com/ora-che-sai/

3 poesie della professoressa Anna Milici http://www.lamacchinasognante.com/ma-non-per-lira-di-poseidone-3-poesie-di-anna-milici/

 

La poesia tratta dell’uguaglianza dell’uomo senza distinzione alcuna. Essa evidenza che basta essere presenti fisicamente nel mondo per farne completamente parte e ogni uomo è uguale e va riconosciuto come tale.

Cerolini ,nella seconda strofa della poesia. accenna al fatto di “non essere un ceto, una razza, una religione, ma essere ogni cosa”; qui lo scrittore vorrebbe dire che ogni persona non va identificata per il posto in cui è nata, la religione in cui crede o il colore della propria pelle, ma deve essere rispettata e accettata per quello che è internamente e per ciò che fa ogni giorno e le cose precedentemente elencate non sono motivo di diversità e, quindi, disprezzo.

La diversità è generata dall’ignoranza della gente e, a sua volta, l’ignoranza è generata dalla paura che porta a svalutare e, talvolta odiare, chi riteniamo simile a noi.

Ciascuno di noi uomini deve avere la libertà di poter esprimersi come meglio crede e non essere sminuito perché  sotto gli occhi di qualcuno appare inferiore. Sveva Barbiera II B CLASSICO

 

Cerolini, a parer mio, prova in questa poesia a descrivere tutti gli uomini riducendoli ad una persona sola ed

immedesimandosi in essa: nella prima parte parla dei criteri con i quali solitamente etichettiamo le persone,

dicendo di non poter essere classificato in nessuno di questi poiché si ritrova in tutti quanti. Poi descrive

tutti gli orrori commessi dagli uomini rappresentandoli come dei rimorsi, come delle macchie indelebili, che

porta sulla coscienza. Negli ultimi tratti io vedo un tentativo di descrivere le emozioni che l’uomo prova, e la

volontà di mettere fine alle discriminazioni di ogni genere e di garantire a tutti gli stessi diritti senza nessuna

distinzione.

Mi ritrovo in molti di questi versi, anche se, secondo me, è sbagliato ridurre tutti gli uomini ad un solo

insieme, perché comunque ognuno di noi è diverso dagli altri ma allo stesso tempo merita lo stesso

trattamento. Gabriele La Macchia

 

‘’sono chi cammina nel mondo’’.

sei chi cammina nel mondo e se inciampi nessuno si accorge che sei

caduto.Per capire basta guardare negli occhi e tutto è più chiaro.’Col

privilegio del dolore’ , come si fa a essere privilegiati a soffrire senza

ribellarsi.Custodisci la nuova legge della Storia perché la stai vivendo .

Vita Sofferenza Distruzione. Chi cammina in cima al mondo lo vede da

tutte le angolazioni ma lui non vede te.Cammini con la consapevolezza del

mondo .Cammini senza meta ma con speranza. Carlo Merlo

 

 

La poesia mi ha da subito trasmesso un sentimento di consapevolezza, ha risvegliato in me qualcosa che già sapevo ma che avevo dimenticato quasi del tutto. Ciò che il poeta vuole raccontare è la storia di chi cammina sul mondo ovvero di chi ogni giorno deve combattere per la propria vita in contesti di povertà, di fame, disordini politici o sociali. Parla indirettamente di quelle persone che devono affrontare lunghi viaggi per avere l’aspettativa di una vita migliore in un altro paese e che sono spesso vittime dei flutti del mare. Il poeta, inoltre, si sofferma sulla sofferenza generale: l’ambiente che risente delle brutte abitudini dell’uomo come l’inquinamento, degli animali che vengono uccisi ingiustamente e fa intendere in modo quasi impercettibile l’idea che noi, popoli occidentali, ci soffermiamo sui nostri problemi quando là fuori ci sono guerre e ingiustizie e quelli che ne pagano le conseguenze sono sempre i popoli più svantaggiati dal punto di vista economico e politico. Una frase in particolare che mi ha colpita è “e del diritto alla gioia da ripartire con equità” perché mi fa riflettere sul fatto che tutti gli esseri umani sono posti sullo stesso piano indipendentemente dalla condizione in cui si trovano e che quindi sono tutti degni di avere il sacro diritto alla felicità. Questo ci insegna ad andare oltre al nostro giudizio e a considerarci tutti uguali. Annalisa Pantano

 

Questa poesia, scritta da Reginaldo Cerolini, parla di lui e tutti coloro che camminano sul mondo, sulla terra, un testo molto profondo e toccante. Già dalla seconda strofa mi colpisce il modo in cui si descrive, tralasciando le solite etichette imposte dalla società, perché sostiene di poter essere ogni cosa. Afferma che per conoscere tutto ciò che ha passato e lo ha segnato, basta leggere nei suoi occhi e nella sua pelle, e sono d’accordo perché sono convinta che ogni cosa che ci capita ci cambia dentro e aggiunge un tassello in più alla nostra personalità e ai nostri modi di fare. Tratta argomenti che per noi sono ormai pane quotidiano, parla del privilegio del dolore per tutte le catastrofi che accadono oggi nel mondo, il privilegio del dolore è un concetto abbastanza complicato poiché parla del dolore come se fosse un beneficio. Elenca il disprezzo, la mattanza, l’amore e il diritto alla gioia come cestini da dover dividere con equità alle persone, anche se credo che nel mondo poi non siano distribuiti così bene.  E infine parla di coloro che tengono uno sguardo terribile custodendo la nuova legge senza sconti per coloro che hanno diffamato la vita, la realtà e la memoria.  Sofia Princiotta II B CLASSICO

 

Riflessione poesia ‘’per chi cammina sul mondo’’

Il poeta scrivendo vuole fare una sorta di denuncia contro tutti i problemi che sono presenti sul nostro pianeta. Parla delle onde infrante sui corpi  di quelli che hanno perso la vita per cercare un avvenire migliore e che ora giacciono sul fondale marino. Le foreste incendiate e gli scioglimenti dei ghiacciai stanno portando all’estinzione di moltissime specie animali. Osservando le acque prosciugate o inquinate, il pensiero corre ai poveri bambini africani che soffrono per la sete o, per non morire, bevono acqua sporca e si ammalano. “Equità”: questa è la parola che mi ha colpito di più, purtroppo viviamo in una società dove esistono le persecuzioni, le discriminazioni e dove non si è liberi di esprimere la propria sessualità o religione,dove,se sei povero, vieni deriso e ti senti così piccolo e insignificante che vorresti scomparire. Dobbiamo imparare ad essere più forti e ad rialzarci perché la cattiveria delle persone non finirà mai, ma l’importante è camminare sempre a testa alta e lottare contro tutte le discriminazioni. DAVIDE GUMINA II B CLASSICO

 

Di questa poesia mi piace particolarmente la parte che dice: “ Sono chi cammina sul mondo, e non ho

sesso, ceto, religione, partito e fazione, perché sono ogni cosa”. Siamo ogni cosa, ecco ciò che mi tocca il

cuore ogni volta che la leggo. Siamo ogni cosa e nessuno può giudicarci perché solo noi sappiamo quello

che abbiamo sofferto. “ La mia vita la leggi nei miei occhi e sulla mia carne”, è questo che afferma

l’autore, Reginaldo Cerolini, tutto il passato delle persone è cicatrizzato in esse. Questa poesia, secondo

me,  è un’affascinante dedica a chi ha sofferto e soffre ancora, che offre

conforto, rifugio a chi si sente solo, perché a volte si pensa di essere gli unici a stare male o a provare

certe emozioni, e sembra di sprofondare; invece, sentendo questi versi, si può comprendere che ci sono

altre numerose persone che camminano sul mondo e soffrono allo stesso modo e, prendendone atto, non

si può neanche immaginare il sollievo che si prova. Non so se sia corretto, ma è quello che mi suscita;

anche se non posso capire da vicino cos’è la sofferenza di chi realmente cammina sul mondo, un po’

credo che ognuno di noi può ritrovarsi nelle splendide parole di Cerolini. Alessandra Donzì 

 

Il testo di Reginaldo Cerolini è, a mio parere, una delle più belle poesie contemporanee. I versi  parlano della vita, della realtà, di una persona che, indipendentemente da “sesso, ceto, religione, partito e fazione”, intendendo, a  mio parere, che gli uomini, pur essendo protesi verso  obiettivi diversi, sono come tutti uguali. Infatti questa poesia parla di dolore, di sofferenza, e di quanto sia un privilegio poter provare delle emozioni. L’autore afferma che tutti, pur soffrendo nell’essere giudicati e disprezzati,  saranno capaci di creare una società nuova e migliore, che sarà, come dice nel testo, “senza sconti per i detrattori di vita, realtà e memoria”. Ma la nuova società potrebbe essere anche  peggiore, perché non sappiamo cosa ci riserva la vita, e il terribile sguardo di chi cammina sul mondo, se inteso nel modo sbagliato, potrà essere capace di scatenare una rivoluzione e cambiare le leggi che muovono la società e la vita. Luisa Cavallaro II B Classico

 

“Per chi cammina sul mondo”: ecco già il titolo ci fa comprendere come se fosse qualcosa che riguarda tutti perché tutti trascorriamo il tempo, che è la vita.  Nel corso della poesia, mi ha colpito il punto in cui egli afferma che la sua vita la leggi negli occhi e nella sua carne; intende far capire com’è il suo carattere, la sua personalità. In un altro punto, dice che egli è col privilegio del dolore, per le onde infrante sui corpi, ovvero di un qualcosa che ti manca. Inoltre parla  anche delle foreste: non ha importanza se sono state  incendiate,  se determinate acque sono state prosciugate o inquinate. Fa riferimento inoltre agli animali massacrati. Parlando poi del diritto alla gioia, ci dice che se sia piena oppure no non ha importanza; e perciò bisogna che si riparta con equità  ovvero  con quella virtù, che consente l’attribuzione o il riconoscimento di ciò che spetta al singolo in base a una interpretazione umana e non letterale della giustizia. Continuando il poeta afferma che sa sorvegliare con attenzione e con cura in modo da non subire gravi conseguenze e far trionfare la vita,la realtà e la memoria.  Questa poesia  mi ha fatto soffermare su alcuni aspetti che probabilmente avevo trascurato, grazie alla testimonianza dell’autore. ALEANDRO GRANATA II B CLASSICO

 

Se dovessi scegliere una parola per definire la poesia direi “realtà” perché descrive varie situazioni che si verificano quotidianamente. Il concetto-chiave che viene argomentato in ogni strofa è la vita dell’uomo nel mondo. Lo scrittore afferma che tutti siamo uguali e dobbiamo essere trattati allo stesso modo.

La vita di ogni uomo è scritta sulla propria pelle  e incisa nello sguardo: solamente vedendo negli occhi una persona riusciamo a capire lo stato d’animo e immaginare cosa ha affrontato a sua volta. Oggi continuano a ripetersi storie che dovrebbero appartenere al passato, ad esempio il massacro di animali, le immense foreste infuocate, ma soprattutto la mancanza di collaborazione tra gli umani, come non dare il giusto aiuto alla gente che viaggia per il mare aperto nella speranza di una nuova vita e tutto ciò, come dice il poeta nella poesia, è un dolore immenso. Un’ altra sofferenza è l’essere giudicati da individui che, pur non conoscendo, denigrano  per l’ abbigliamento, il colore della pelle oppure l’ orientamento sessuale . Molta gente si sofferma a giudicare solamente l’apparenza e non capisce che in realtà  l’aspetto esteriore è soltanto la “cornice”  ,invece, i pensieri ,i modi di fare, l’animo e il carattere sono il “dipinto” di noi stessi e chi i disprezza è  come se spaccasse la tela dell’intero quadro. Secondo me , tali vicende, nell’epoca in cui viviamo non dovrebbero più esistere, ma appartenere a dei capitoli di storia ormai chiusi perché ciascun essere umano ha i propri diritti, doveri e  libertà assoluta nell’esprimere le proprie vicissitudini attraverso l’arte, musica o altro. E  nessuno dovrebbe svilire qualcuno per sentirsi superiore: a parer mio, chi si ostina a deridere  lo fa perché non è felice della propria vita o non ha ottenuto quello che desidera. Sophia Priolo II B CLASSICO

 

Le prime due strofe di questa poesia iniziano col raccontare la guerra contro chi non riconosce l’uguaglianza, dicendo che tutto appartiene a tutti senza differenza di sesso, ceto, religione e fazione. Poi racconta prosegue dicendo che si può capire  che cosa una persona abbia sofferto attraverso gli occhi o il colore della carne  come dimostra il suo esempio. E passando sulle strisce di terra con i cestini del disprezzo e dell’amore ci dimostra che,  se si attraversa un momento difficile nella vita, non bisogna darsi per vinti, anche se si immagina di essere uno scarto della società.

Inoltre è importante non ammettere sconti per i razzisti che colpiscono con il loro terribile sguardo chi si guadagna da vivere in  strada.

Poi alla fine si ribella con tutto questo , esclamando tre parole fondamentali della nostra esistenza : “Vita, Realtà e Memoria” Alessandro Stroscio II B CLASSICO

 

La parte che mi ha  particolarmente colpito  è quella dove dice “Sono chi cammina sul mondo e non ho sesso, ceto, religione, partito e fazione perché sono ogni cosa”.

perché tocca un punto molto delicato ma soprattutto attuale,

Non è giusto giudicare  ed etichettare tanto più se si tratta di sesso: ci sono persone che si sentono intrappolate in un corpo che non appartiene loro e scelgono di intraprendere un  percorso di cambiamento..

Ho fatto l’esempio solo del sesso poiché è la tematica  che riguarda e tocca piú da vicino noi giovani. Non so se questo sia il senso e il messaggio che lo scrittore voleva trasmettere, ma io ho recepito questo. Valentina Melita II B CLASSICO

 

Un essere vivente che possiede abilità cognitive, avente nell’indole il controllo volontario del proprio essere o meno, ha patologicamente paura della paura.

Il più grande paradosso psicologico mai riuscito a districare della genesi della natura dell’uomo, quale quello sopra introdotto, è stato, nella maniera più silenziosa possibile, un grande prione nella mente umana, un imbroglio deficitario che ha ammalato la morale complessità cellulare dell’essere che l’ha ospitato.

La paura è un’emozione primaria, un impulso, una difesa, una rievocazione di un ricordo orrido, può essere un’emozione innata, una fantasia che altera la percezione della realtà e la pietra grezza della paura, che presenta dunque questa lavorazione pregiata della sfaccettatura, prevede che l’uomo ne prediliga una e vi si specchi.

L’occhio onnisciente della moralità, l’occhio sapiente e imperturbabile del pensatore ricondurrebbe eppure ogni origine di questa grossolana fralezza dell’uomo ad una semplice non conoscenza, ad una disarmonia del tollerare, ad una fobia della scoperta imminente.

È vero o no che il componente maestro della moltitudine di eventi antitetici alla moralità dell’uomo, quali scontri bellici, genocidi, ostilità sociali, il razzismo, la xenofobia, lo sciovinismo, il sessismo e ogni ineguaglianza irrazionale non è altro che combinazione esecrabile di paura, fanatismo e smodatezza dell’essere conformista ad un sentimento di intolleranza tradizionale?

L’uomo può andare oltre l’involucro invalicabile della paura dell’ignoto?

L’uomo deve combattere la paura e conoscere l’ignoto, eppure egli spesso commette il grave errore di eseguire le azioni con ordine inverso, combattendo l’ignoto (opprimendolo e rendendolo sterile di condivisione morale) in modo da conoscere la motivazione della propria paura: questa può fungere da spiegazione per spiegare quanto la paura dell’ignoto sia frutto di irrazionalità.

Quanto scritto è una riflessione dal carattere introspettivo, un’ipotetica risoluzione etica della problematica della paura dell’ignoto e dell’odio derivante, nata posteriore all’incontro al quale il 17 aprile ho avuto la fortuna di partecipare attivamente; definisco che tale incontro sia stato stimolo vibrante per il pensiero individuale e collettivo e che sia stato testimonianza dell’assolutezza della dignità umana. Claudia Papa, allieva della Prof.  Bucca Alessandra.

 

RIFLESSIONI SULL’INCONTRO DI SABATO 17

Sabato 17 Aprile, nella mia scuola,  si è svolto  un bellissimo incontro il quale mi è davvero rimasto nel cuore con Pina Piccolo, Reginaldo Cerolini e Chunkwuemeka Attilio Obiartize. Ascoltare le parole di questi tre personaggi , mi ha molto emozionato e soprattutto mi ha reso davvero felice  avere parlato con loro. Credo che siano stati un vero e proprio esempio per tutti noi ragazzi che abbiamo avuto l’onore di ascoltarli. Per quanto mi riguarda quello che maggiormente mi ha colpito è stato il dottor. Reginaldo Cerolini. Da quando ha preso la parola durante l’incontro, sono rimasto subito colpito dal suo modo di esprimersi e dalla sua storia che mi ha emozionato tantissimo. A primo impatto mi è sembrata una bellissima persona con un cuore davvero grande e questa mia sensazione è stata poi confermata dalle sue risposte alle nostre domande. Durante il suo discorso, ho notato che il suo modo di pensare alle volte è molto simile al mio! Inoltre sono rimasto molto  soddisfatto per la sensibilità con la quale Emeka ha risposto alla domanda rivolta da me a nome di tutti i miei compagni di classe. Spero davvero un domani di poter rifare questo incontro, perché credo che conferenze come queste siano  un’occasione di crescita per tutti noi ragazzi e per questo motivo porgo i miei ringraziamenti a Emeka, Pina e Reginaldo per aver accettato di partecipare e alla Preside e tutti gli insegnanti della nostra scuola, per averci dato la possibilità di un confronto con delle mentalità colte e molto aperte! Grazie mille e spero di poter rivivere questa esperienza anche in presenza.  VINCENZO MARINO 2B   LICEO CLASSICO

 

[…] “Sono Chi Cammina sul mondo col privilegio del dolore per le onde infrante sui corpi,

le foreste divelte o incendiate, le tempeste, le acque

prosciugate o inquinate, gli scioglimenti dei ghiacciai,

per gli animali massacrati ed il frastuono tellurico delle viscere”, queste parole mi fanno venire i brividi, soprattutto se penso a quanta verità si nasconde dietro ad esse.

So che questa espressione “col privilegio del dolore…” potrebbe sembrare qualcosa di terribile, ma purtroppo o per fortuna il dolore fa parte di noi e, che ci piaccia o no, ci fa sentire vivi, e secondo me, è meglio così, preferisco provare sofferenza, angoscia, rabbia, piuttosto che indifferenza.

Perché in fondo è questo che sta uccidendo tutti questi poveri migranti, tutte queste PERSONE, è questo che sta distruggendo il nostro pianeta, la crudele indifferenza.

So che questa espressione “col privilegio del dolore…” potrebbe sembrare qualcosa di terribile, ma purtroppo o per fortuna il dolore fa parte di noi e, che ci piaccia o no, ci fa sentire vivi, e secondo me, è meglio così, preferisco provare sofferenza, angoscia, rabbia, piuttosto che indifferenza.

Perché in fondo è questo che sta uccidendo tutti questi poveri migranti, tutte queste PERSONE, è questo che sta distruggendo il nostro pianeta, la crudele indifferenza.

“Sono Chi Cammina sul mondo

e passo sulle strisce di terra con i cestini

del disprezzo, della mattanza, dell’amore

e del diritto alla gioia da ripartire con equità”, non so a voi, ma a me queste parole trasmettono in un certo senso una speranza, vi starete chiedendo il perché.

Be’, perché, secondo me, in questi versi, possiamo paragonarci a dei contadini, che man mano che vivono la loro vita, con il loro essere, lasciano negli altri un ricordo, un sentimento, di odio, di amore, di disprezzo, di lealtà, e soprattutto di felicità, perché tutti noi meritiamo di essere felici almeno una volta nella vita.

Un sorriso si regala, non si nega.

E infine c’è quest’ultima parte in cui Cerolini scrive:

“Sono Chi Cammina sul mondo

col terribile sguardo di chi custodisce

la nuova legge della Storia

senza sconti per i detrattori

di vita, realtà e memoria!”

Probabilmente vuole ricordarci che il mondo è nelle nostre mani, potremmo anche essere spaventati, ma siamo noi a custodire dentro noi stessi il nostro valore, e che se vogliamo possiamo cambiare le cose, o almeno provarci. Possiamo essere noi a decidere la nuova Storia di moltissime vite che non si meritano di essere spezzate così brutalmente. E questo nuovo futuro dovrà essere accettato da tutti, anche da coloro che hanno un cuore, ma che troppo spesso si dimenticano di ascoltare, dovrà essere condiviso da coloro che hanno spezzato vite, distorto la realtà e dimenticato il significato della parola “uguaglianza”.

Secondo me, molto spesso non ascoltare il proprio cuore e il proprio istinto, significa aver paura di vivere, ma non dobbiamo averne.

Ci è stata data questa opportunità, non sprechiamo il tempo che abbiamo pensando a come danneggiare gli altri, solo perché ci siamo convinti che siano diversi da noi per qualche assurdo e inesistente motivo.

Diciamo sempre che il mondo è bello perché è vario, no? Allora iniziamo a dimostrarlo.

Ho piena fiducia in quello che dico anche grazie all’incontro che qualche giorno fa abbiamo fatto con Reginaldo Cerolini ed Emeka, che prima di essere poeti, cantanti, scrittori, sono  due persone straordinarie le quali ci hanno dato prova che, se vogliamo, possiamo cambiare il nostro futuro e fare qualcosa che vada oltre il nostro “dovere” di studenti, ovvero fare ciò che riteniamo giusto prima di tutto come persone.

E’ stato un incontro molto interessante perché abbiamo avuto l’opportunità, attraverso le loro esperienze e la loro storia, di vedere da vicino con i nostri occhi quanto, purtroppo, sia diventata squallida e insensibile la nostra società.

Un’espressione di Cerolini, che mi ha colpito, è quando ha detto che la nostra società, purtroppo, è divisa, albanesi con albanesi, marocchini con marocchini, ma poi ha aggiunto “noi siamo l’eccezione”, queste parole mi hanno fatta sorridere, perché ho pensato che, per fortuna, ci sono ancora persone che credono nel cambiamento.

Emeka, invece, mi è piaciuto molto perché attraverso la musica, con parole forti e dirette, denuncia in ogni suo testo l’inconcludenza dell’odio razziale.

E’ davvero bello come nei suoi brani, in modo semplice ma coinvolgente, riesca insieme ad altre persone a far ragionare chi li ascolta; ad esempio in una sua canzone pronuncia una frase molto bella, “non mi basta la fantasia per fuggire da questa ipocrisia”. Attraverso queste parole possiamo capire quanto questo problema del razzismo, dell’immigrazione stia diventando sempre più opprimente e soffocante per tutti coloro che cercano solamente una speranza e una possibilità per vivere in modo dignitoso.

Sono rimasta veramente colpita dalla loro padronanza della lingua, dalla loro voglia di apprendere cose nuove e dall’entusiasmo che avevano nel rispondere alle nostre domande, ciò dimostra tutti gli ostacoli che hanno dovuto superare e tutto l’impegno che hanno profuso per crescere come persone e come artisti.

Sono veramente soddisfatta dell’incontro che abbiamo fatto, perché ci hanno fatto riflettere molto, ed è stata una bella occasione perché, come hanno detto loro stessi, dobbiamo usare la nostra voce per far parlare gli altri. Quindi tutto quello che ho da dire è grazie.  Sabrina Ballarino (II B Classico)

 

Il mio commento e pensiero personale riguardo il significato di una breve parte della poesia “ORA CHE SAI” di Pina Piccolo .
“Ora che sai che la parola democrazia Era vuota allora come lo è ora Ora che sai Che dai Fenici avevano imparato A riconoscere le stelle E che in Egitto erano nati i loro dei Ora che sai che la scimmia Cessò di essere tale scendendo dall’albero E attraversando su due piedi i continenti Mischiando il sangue Con chi già v’era Imparò a riconoscere i frutti  E si mise a parlare Forse perché  colpita Nel DNA da una sequenza virale Ora che queste cose le sai Sei pronta a spezzare La fune che ti lega Alla zavorra di un passato”.
Democrazia  significa che il potere viene esercitato dal popolo , ma quello che mi chiedo è se sia veramente così. Non sono una ragazza che segue molto la politica o quello che ne riguarda , lo dico con tutta sincerità , ma sono in grado di capire e realizzare quando , NOI , il popolo in questione non abbiamo voce in capitolo ; forse è per questo che questa parola così semplice sia associata al vuoto .

I Fenici  erano un popolo conosciuto per il commercio , un “lavoro” che altre civiltà prima di loro non esercitavano; ma hanno deciso di distinguersi imparando , tramite lunghe osservazioni, a non smarrire la  strada , utilizzando le stelle come mappa , per poter navigare anche durante la notte . Questo per dire che non hai bisogno della storia, se puoi farla . Nessuno aveva insegnato loro come navigare o come fare a non perdersi , hanno solo osservato.

La scimmia , invece , è l’animale che meglio si identifica con la “curiosità” , e che grazie ad essa si è spinta sempre oltre i confini riuscendo così ad evolversi mescolando le sue origini con quelle delle altre specie , finendo per diventare quello che ora ci rappresenta.

L’ultima parte , probabilmente una delle più significative , secondo me, si riferisce al fatto che non dobbiamo rimanere legati al passato , e non intendo evitare le nostre origini , ma dimenticare le cose che possono in un qualche modo averci cambiato in male  o solo segnato . Abbiamo tutti un qualche ricordo che vorremmo rimuovere perché doloroso : che si tratti di un amore , di un evento o di qualunque altra cosa . Anche questo ultimo periodo , con il virus ancora in corso potrebbe essere una cosa che molti non vorranno ricordare . Rebecca Di Dio II B CLassico

 

Oggi 17 Aprile 2021 noi, 2A scientifico, e le altre classi del biennio del Liceo Vittorio Emanuele III di Patti, abbiamo avuto l’occasione di partecipare ad un incontro online sull’immigrazione. Durante la videoconferenza abbiamo toccato varie tematiche propostaci dalla prof.ssa Maria Lucia Lo Presti e abbiamo ascoltato le testimonianze in prima persona di alcuni ragazzi che si sono trovati in queste situazioni. Le loro storie ci hanno particolarmente colpito, soprattutto per la loro sincerità e per il fatto che nonostante in passato si siano trovati ad affrontare situazioni difficili, ne hanno parlato tranquillamente mostrando sempre un sorriso. Successivamente ciascuna classe ha espresso le proprie considerazioni, volgendo anche delle domande relative all’argomento e ad ogni risposta, da parte di questi ragazzi, non si rimaneva che stupiti dal loro modo di fare, e soprattutto dalla loro voglia di non arrendersi. Dopo aver ascoltato ulteriori interventi, anche noi abbiamo esposto le nostre riflessioni relative alle poesie “Omaggio a Franca Rame, Fiori di Loto, L’ultima cena” scritte dalla prof.ssa Anna Milici, vincitrice di molti concorsi letterari. Esse trattano argomenti attuali come le discriminazioni del genere femminile e il viaggio d’arrivo degli immigrati in nuovi paesi; infine l’incontro si è concluso con la canzone significativa “Io sì” di Laura Pausini che tocca a pieno queste tematiche.

Come citato da Cécile Kyenge “Si parla di razzismo perché c’è molta non conoscenza dell’altro, bisogna abbattere i muri o aumentano le differenze. L’immigrazione è una ricchezza”. A cura di: Gabriele Cappadona, Sofia Lembo e Aurora Mannelli della classe 2A scientifico del Liceo Vittorio Emanuele III. Patti  

 

Ho sempre considerato la vita un magnifico romanzo che pone come protagonista ognuno di noi e come tessuto narrativo le nostre emozioni, sia quelle immerse nel grigiore di una tempesta sia nella genuina gioia di un viaggio tra le dolci carezze del mare. Ma il romanzo della vita non sarebbe così incantevole se tra le sue righe non si avvolgesse una scia indelebile, generata dalla mistica essenza interiore che si cela in tutto ciò che si origina tra l’alba e il tramonto di ogni nuovo giorno.

Ritengo che l’incontro “Musica, arte e poesia nel dialogo tra i popoli” sia stato proprio uno di quegli scorci salienti della nostra esistenza, la cui essenza è destinata sia a rimanere immutata allo scorrere del tempo sia a costruire le basi della personalità degli uomini e delle donne di domani.

Durante lo scambio di idee, progetti, citazioni, si respirava un’atmosfera magica, inebriata dall’amalgamarsi di una polivalenza di colori ed emozioni in un legame, che sembrava esistere da tempo e che adesso sfociava in un preludio di unanime scambio reciproco.

I protagonisti della giornata, la scrittrice Pina Piccolo, il Dott. Reginaldo Cerolini e il Cantautore Emeka, hanno filtrato l’intero messaggio dell’incontro, coadiuvandolo in una profonda metafora che penso costituisca davvero i germi dell’essenzialità non soltanto di quella giornata, ma anche, e soprattutto, dell’intero tema dell’integrazione: “l’essere dono per gli altri”.

La sublime eloquenza di queste parole, con cui Cerolini ha presentato la propria indole eclettica, ha catapultato studenti e docenti in una dimensione idillica, in cui ci si è trovati ad essere spettatori della solennità di un inatteso spettacolo, animato dall’eccelsa potenza del nostro sogno che sembrava spiccare il volo. Sentivo riecheggiare dentro di me il sussulto di una voglia estrema di pace e di amore, avvertivo una celestiale sensazione di emancipazione dai caotici stereotipi dell’atteggiamento umano di egoistica ed egocentrica onnipotenza che si scontrava ferocemente con il livore di un costernato e tetro ripudio verso i volti del male, dell’omertà e dell’odio.

“Donare e donarsi” dovrebbe divenire lo slogan della nostro cammino all’interno di una società che, dimenticando le origini della propria storia e cancellando le tracce dell’arcaica devozione e dell’intrinseco rispetto verso l’ospite, la cosiddetta “Xenìa” , aspetto cardine per l’antica civiltà greca, rischia di incombere nell’oscuro baratro del regresso sia morale sia intellettuale. Il prezioso insegnamento donatoci da questi tre “virtuosi artisti di vita”, è imparare a guardare sé stessi come una sorgente sulla cima di un’alta montagna che, giungendo a valle soltanto grazie all’unione delle proprie acque con quelle di altri ruscelli, diventa fonte di salvezza. Dunque soltanto lo scambio, la conoscenza e la gratitudine reciproca, il rispetto senza limiti verso il prossimo e la sua identità culturale possono renderci costruttori di ponti che, coadiuvando le vie di Paesi e realtà, anche molto diverse tra loro, fungano da faro per un univoco incontro di fratellanza, dove ogni pregiudizio possa mutarsi in un arricchimento personale. Ciò a cui tutti noi ragazzi, apprestandoci a stendere le prime righe, forse le più incisive, del nostro romanzo, dobbiamo aspirare, combattendo costantemente per ottenerla, è la nostra libertà, ma non ci potrà mai essere alcuna sensazione di emancipazione finché non si comprenderà la gioia del “donare”, un’emozione che soddisfa realmente “le pance piene ma affamate”, di cui parla Emeka nel suo brano (Kalahari). E finché non si abbatteranno tutti i muri dell’odio e del pregiudizio, causa delle “tempeste del mare” che, ingoiando l’innocenza e la purezza di migliaia di anime e percuotendo la loro fragile pelle corrosa dal sale, rendono l’amenità delle acque cristalline del Mediterraneo un cimitero in cui galleggiano, appesi sull’orlo del precipizio ai loro giubbotti arancioni, le lacrime dei sogni infranti, le pagine infradiciate dall’acqua di molti, troppi, romanzi, le sofferenze, le urla, il dolore effuso da occhi che, osservando le placide distese bianche di uno scenario quasi paradisiaco, si assiepano dolcemente…il silenzio.  ANTONINO ROTTINO IIB LICEO CLASSICO.  

 

Giovanni Oteng: uno di loro

“Quando ho conosciuto Giovanni”, racconta Mauro che è uno degli amici più intimi, “era il 2016: Giovanni era un bambino di bassa statura, robusto, con un bel sorriso e i capelli che ancora oggi tiene corti perché se si pettinano arrivano fino alle spalle”.  Oggi Giovanni è alto, ha perso le caratteristiche di bambino, ma ha mantenuto inalterato un sorriso che ogni muscolo facciale rende meraviglioso, per il resto nessuno dei compagni sembra aver notato che Giovanni ha anche alte caratteristiche somatiche di cui sembrano accorgersi, in maniera divertita, solo alle promesse minacciose della professoressa di Italiano e Latino che pretende da Giovanni che siano messe a frutto la sua sensibilità e la sua intelligenza per uno studio meno pigro e distratto. “Giovanni, ti faccio nero”: ridono tutti ed insieme si smorza soprattutto la tensione di due anni di scuola superiore trascorsi tra restrizioni e cambiamenti significativi, perché Giovanni sta crescendo serenamente in un contesto accogliente e con altrettanta serenità racconta la sua storia di immigrato di seconda generazione, originario del Ghana, ma nato a Palermo, della sua famiglia ampia che vuol dire molto di più di ordinaria famiglia allargata. Solo si percepisce sottilmente l’amarezza per quel riconoscimento formale di cittadinanza italiana per cui uno Stato, depositario del diritto romano antico, ignora che per i Romani, dopo il 212 d.C., chi nasceva nel territorio imperiale era cittadino romano. Ma Giovanni è anche paziente, dell’Africa si porta nel sangue il modo diverso di valutare il tempo e riesce a sminuire con il suo sorriso disarmante quanto ritiene superfluo e indegno di qualsiasi discussione, come l’insulto di un uomo adulto che una volta gli ha gridato di tornarsene al suo paese: Giovanni non ha ritenuto indispensabile reagire perché lui è al suo paese, la località ridente della costa tirrenica in cui ha la sua famiglia affidataria, a non saperlo era un povero ignorante cui sarà difficile spiegare se non si ha la sensibilità di saper capire.

Giovanna e Nathalie si fanno un po’ portavoce dei pensieri di tutti i componenti della classe: Giovanni è uno di loro e la consapevolezza deriva dalla spensieratezza dei loro anni giovanili e dalla limpidezza con cui sanno guardare al mondo senza pregiudizi. Condividono pensieri e confidenze, le preoccupazioni adolescenziali che sanno dissolversi con una risata che esplode spontanea e supera paure o attenua le delusioni per un amore non corrisposto o un compito andato male. Non hanno mai fatto niente di straordinario, hanno avuto la fortuna di non dover contrastare situazioni sterili di ignorante razzismo, hanno compreso il valore dell’alterità nella loro quotidianità, contrapponendolo al concetto pregiudizievole di “diversità”. Lo sottolinea Giovanna, nella sua matura riflessione: “essere uguali non significa assomigliarsi, pensare, parlare o vestirsi allo stesso modo, richiede soltanto riconoscersi come esseri umani”. Classe II A Linguistico.

 


 

Musica

Riflessioni,  presentazione e video di Emeka Obiarinze e la traduzione inglese realizzata dagli studenti, un video realizzato da una delle classi su musica e società

 

Durante la presentazione zoom gli allievi della classe  II C del liceo scientifico d Vittorio Emanuele III di Patti  hanno presentato il seguente  Power Point/video  realizzato collettivamente con spunti sull’evoluzione della musica e della società in Italia, il suo valore di documento dei tempi e degli sforzi  degli artisti di contribuire alle lotte contro le ingiustizie

https://youtu.be/UtlmzKieflY

Riflessioni di Emeka Obiarinze sull’incontro

Buongiorno a tutte le ragazze ed i ragazzi, alle professoresse ed i professori,

In primis, vi voglio ringraziare per avermi dato parola all’incontro di sabato scorso, in questi ultimi tempi di isolamento e solitudine forzati non mi capita spesso l’occasione/il lusso di potermi raccontare e farmi ascoltare da persone informate e soprattutto interessate ad un tema (complesso) che mi sta molto a cuore.

Avrei voluto commentare sul momento il vostro progetto sulla produzione musicale ma il ritmo della discussione mi sembrava abbastanza serrato e non ho voluto interrompere gli altri interlocutori, ma devo dire che mi ha toccato nel profondo. Le canzoni scelte esemplificano bene la questione trattata, in maniera particolare il pezzo di Ghali Mamma, in cui in qualche modo mi ci riconosco.

Al d là del valore artistico di ogni canzone, credo che il messaggio alla base sia proprio il fine ultimo della musica, ovvero, quello di unire gli individui, le persone, i popoli. Detto in questo modo può sembrare un concetto sempliciotto ed utopico, ma come diceva Bob Marley nel fiore della sua carriera: “la musica è l’unica cosa che non ti ferisce quando ti colpisce”. Lei, infatti, a differenza di altre forme artistiche meno “immediate”, ha il potere di far breccia incisivamente tra le differenze etniche, religiose, sociali, sessuali, etc. perché il suo faro esistenziale è l’empatia. Il vostro lavoro mi ha fatto ricordare di quanto la nostra società, italiana e non solo, abbia bisogno di empatia, di comprendere le sofferenze del prossimo, per poter uscire da una pericolosa morsa di cinismo diffuso e legittimato, che alla fine porta al razzismo quotidiano che conosciamo.

Ripensando al vostro progetto sento più speranza per il nostro futuro, perché avete gli occhi ed i cuori genuinamente aperti sui problemi del mondo. Le generazioni passate purtroppo hanno fallito in questo senso, lasciandoci un mondo lacerato da frustrazione ed incomprensioni, dove è facile cadere vittima nella macchina dell’indifferenza e dell’odio, per questo vi auguro di non perdere mai la vostra sensibilità verso il tema dell’immigrazione, o meglio, dell’umanità in movimento, come è sempre stato dagli albori della nostra Storia. Purtroppo, nella regione da cui vengo questo tema non è tanto percepito come qualcosa di urgente poiché non siamo i primi a vedere gli occhi dei profughi appena sbarcati, siamo esenti, per motivi geografici, dalla scelta morale tra il soccorrerli in mare o abbandonarli alla deriva in nome di nuove ideologie nazionaliste disumanizzanti.

Alla luce di quanto discusso assieme, vorrei consigliarvi due cose; la prima è una canzone di Domenico Modugno Amara Terra Mia che, come le canzoni inserite nella vostra selezione, serve da testimonianza di come la migrazione sia stata e continui ad essere un elemento significativo della cultura e della storia italiana, contrariamente a quanto molti (finti) smemorati sostengono.

Il secondo consiglio che vorrei darvi è di trovare uno spazio nella vostra vita per viaggiare in un Paese africano e conoscere l’Africa per quello che è, le sue genti, le sue eredità e non per la narrazione meticolosamente storpiata dal pensiero unico dominante. Lo consiglio non perché il mio ultimo viaggio in Nigeria mi abbia redento o risolto i miei drammi esistenziali, ma perché mi ha permesso di capire meglio anche la mia realtà “occidentale” e ciò che sta veramente dietro ai processi migratori, essendo Africa ed Europa, per scelta o per destino, l’una il riflesso dell’altra.

Saluti di cuore,

Chukwuemeka Attilio Obiarinze

Ps: vi chiedo gentilmente di farmi avere il vostro progetto come ricordo dell’incontro!

 

Mi chiamo Chukwuemeka Obiarinze, in arte Emeka Macò.
Sono nato nel 1991 a Como da genitori nigeriani e dopo gli studi e molti lavori mi sono trasferito a Barcellona.
Quando da adolescente ho capito la mia posizione nella società, ho messo da parte la passione per il disegno e mi sono avvicinato alla scrittura e alla musica rap con l’obbiettivo di descrivere il mondo interno ed esterno con gli occhi di un figlio di immigrati africani in Europa.
Parallelamente ai progetti personali, collaboro nel duo musicale Odio Razziale Klan con il quale ho pubblicato il disco LUX.
Ecco alcune foto
Questa è una canzone di un rapper afro-discendente siciliano che magari può piacere ai vo ragazzi: https://www.youtube.com/watch?v=KT3bQqx8Lhg e questo video è del rapper spagnolo Morad, di origini marocchine https://www.youtube.com/watch?v=u1EyoazTqMY
Questo invece  è il video con la canzone degli OR Klan (Odio Razziale Klan, il duo di cui faccio parte) :

Segue testo della canzone tradotto  dalle e dagli allievi

Soon you will learn respect

Right off in the ring where your nasal septum gets broken

There are those who collect Michelin stars

And those who collect stars from the trash bin

We’re waiting for the weekend to post a comment (on social media)

And if you cheat I’ll take it on my chest (i’ll face it head on )

I’ll tatoo two eyes on it so I can see while I sleep

What’s a man? Khartum, Haute Couture slavery

Where is  NATO? Black-blocks and blue helmets

Shock shock on the TV screen

Getting pissed off and understanding

Taking punches and hitting like De La Cruz

Cocaine nights, burglarizing ATM’s

Who do you shoot? Check your magazine’s empty

Friends, some rely on them, some calculate on them

I’m pretending, you’re the best, sure it is

I clench my fist in the cold, Kovaliov

I see people licking asses for money

the less you play, the less you will lose

mass cinematography, I couldn’t (I had no time)

Golden Globe’s cashing out

While the globe keeps fucking and getting fatter, Botero

Pablito, Carlito, God Father, Al Pacino

Looser behaving like a myth, what a bummer, do you understand?

When I was hungry I used to take the bread out of my mouth, first chapter

Sipping blood and myrtle

Poets, Paris Hilton,

Paradise Lost, Milton

You are heading to a foster family if the house rent increases

Sqhikptar (Albanian), maxi fight

Scipio, Masinissa

100KG, maximize

Balancing but still at jeopardy

It takes more than 33 disks to hold the Celestial Vault

Down here the Holy Mary holds her Son in one hand and an AK-47 in the other.

40 feet down from the truck

Still up in the night packing stuff in a nylon bag

People standing on their feet like cyborgs

We’re just exchange goods

If only those books in my school bag would have been enough

I don’t know if it’ good or all a mistake

But stay cool if I fall, because i’ll stand up again like Myke Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

I’m not dead, you’re not The Undertaker

I dunk as much as l can like the Lakers

Hands inside a wood (drug-market), money-makers

Don’t act up because I ain’t have no personal trainers

Mama is a housekeeper

Sometimes she addresses me calling me “sir”

You got the iron (gun) and the uniform

But if you dare to touch her I’ll smack you down like Cassius Clay

This life is tuning me up with no Herbalife

While you’re acting up at the MC Drive

Cannibalism like in the Mentawai Islands

Satan has just set a discount on his own merchandise

Little relief, they’re throwing blows at the punching balls

never look down, however the hits

on these shoulders there are no pats but parcels and packs

they are crushing us like As Do Mar tuna

chase your dreams, it’s a treadmill

peace in the soul, Bach flowers

brothers are collecting Iraqi flowers

the real business is inside the woods, bushmen

cocaine is eating them alive like Idi Amin,

ambiguous appetites,

good ol’ friends, yeah yeah

later he’ll give you coke mixed up with Vivin C

what do you know?

Between me and you, mind the gap

Are you gang banging or gagging?

I’m laughing at your jabs

As the pain is the only thing that is real, shout out to Johnny Cash

I used to live in migrants public housing with no electric system

Troubles in my head, horseflies

You’re looking for new hooks, you’ll find the hooks

In the lion’s den, (Leone) Jacovacci

You’ve stolen pretty much everything

But you can’t steal the phantasy as gypsies won’t touch the silver

I’ve got the fabric (the potential) to color this apathy

It’s been more than 20 years that daddy is working his ass at the dyeing plant

40 feet down from the truck

Still up in the night packing stuff in a nylon bag

People standing on their feet like cyborgs

We’re just exchange goods

If only those books in my school bag would have been enough

I don’t know if it’ good or all a mistake

But be cool if i fall, because i’ll stand up gain like Myke Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

Tyson, you ain’t Tyson you ain’t Tyson

I’m not dead, you’re not The Undertaker

I dunk as much as l can like the Lakers

Hands inside a wood (drug-market), money-makers

Don’t act up because I ain’t have no personal trainers

VIDEO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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