Selezione: Mario Meléndez
Traduzione: Gianni Darconza
Raffaelli editore, settembre, 2015
Il presente libro riunisce alcuni tra gli autori più significativi della nuova poesia scritta in questo continente. I diversi immaginari e tessiture che sfilano attraverso queste pagine, le loro eredità e derivazioni, testimoniano una realtà necessaria, che si avvale di una tradizione la cui impronta rimarrà nella memoria collettiva come una testimonianza vitale. I poeti qui inclusi manifestano influssi diversi, che vanno dal classico al neobarocco, allo sperimentale, al ludico, all’aneddotico, avendo come base un ambito teorico e referenziale che si sorregge sulle diverse letture nelle quali si inserisce tale processo. Tutto ciò si vede riflesso nell’apertura verso altre estetiche, nella convivenza con molteplici fonti che vengono a completare la loro scrittura. Si tratta di autori che sono riusciti a produrre opere significative, riflesse in un senso di ricerca permanente, in un lavoro con la parola che si avvale del rigore e della sintesi, in una visione aperta al dialogo con altre lingue che hanno ampliato il proprio campo d’azione, risultando funzionali nel momento di confrontarsi con la pagina bianca. La pubblicazione di questo libro permetterà al pubblico italiano di interagire con queste voci, i cui echi derivano, a loro volta, da altre voci maggiori che hanno nutrito il nostro patrimonio letterario in modo decisivo. (Mario Meléndez)
Julio Espinosa Guerra (Cile, 1974)
V
Ser como el grillo
y su canto
Permanecer oculto
en las esquinas
de la casa
y decir tanto
con tan poco.
VII
Poder tejer
no la araña
sino la red invisible
de los movimientos de su tela
Atrapar
no las moscas y hormigas
en esta imagen
sino su gesto
que se pega al aire
antes de desaparecer.
XI
Como el caracol
dejo esta huella sobre la página
y presumo de su fosforescencia
aunque no soy capaz de decir
ni la mitad de los minerales
que mis ojos
estrujan de la luz:
en la ruta del signo que arrastro a mis espaldas
me ciego a mí mismo.
V
Essere come il grillo
e il suo canto
Restare occulto
negli angoli
della casa
e dire tanto
con così poco.
VII
Poter tessere
non il ragno
bensì la rete invisibile
dei movimenti della sua tela
Catturare
non le mosche e le formiche
in questa immagine
bensì il suo gesto
che si appende all’aria
prima di sparire.
XI
Come la lumaca
lascio questa impronta sulla pagina
e mi vanto della sua fosforescenza
benché non sia capace di dire
neppure la metà dei minerali
che i miei occhi
spremono dalla luce:
nel cammino del segno che mi trascino sulle spalle
accieco me stesso.
Álvaro Solís (Messico, 1974)
DISTANCIA
Fuimos bajando hasta el fondo
por las calles del puerto. La noche
remaba en el abismo de los ojos.
-Jorge Fernández Granados-
Habíamos encontrado muchas luces en la selva,
pero perdimos el camino de regreso a casa.
Oscuridad por todas partes, sólo luces ululantes, voladoras,
algunas encerradas en nuestros frascos de mayonesa.
La noche se fue cerrando sobre nosotros
ocultándonos unos de otros. Las luces atrapadas languidecieron,
avanzada la noche nuestra casa estaba más lejos cada vez que respirábamos.
Parados en medio de la selva oscura, dijera el florentino,
esperábamos el amanecer que estaba a diez horas de distancia,
y la selva rugía mientras tanto,
y quebradizos aleteos de lechuzas coronaban nuestro miedo.
—No se alejen demasiado, advirtió mi padre,
pero seguimos nuestra vocación de nunca hacerle caso.
No había camino de vuelta, estábamos ahí para noche,
sus negras raíces fecundaban la tierra.
¿Cómo pudo la luz emboscarnos en la nada?
Habíamos encontrado muchas luces en la selva,
pero perdimos el camino de regreso a casa.
DISTANZA
Scendemmo fino in fondo
per le vie del porto. La notte
remava nell’abisso degli occhi.
-Jorge Fernández Granados-
Avevamo trovato molte luci nella selva,
però abbiamo perduto la via del ritorno verso casa.
Oscurità ovunque, solo luci ululanti, volanti,
alcune rinchiuse nelle nostre bottigliette di maionese.
La notte cominciò a chiudersi su di noi
occultandoci gli uni agli altri. Le luci catturate si indebolirono,
avanzata la notte la nostra casa era più lontana ogni volta che respiravamo.
Fermi in mezzo a una selva oscura, direbbe il fiorentino,
attendevamo l’alba che stava a dieci ore di distanza,
e la selva ruggiva nel frattempo,
e fragili batter d’ali di civette coronavano la nostra paura.
‑Non vi allontanate troppo, avvertì mio padre,
ma noi continuammo la nostra vocazione di non ubbidirgli.
Non c’era via di ritorno, eravamo lì per la notte,
le sue nere radici fecondavano la terra.
Come poté la luce imboscarci nel nulla?
Avevamo trovato molte luci nella selva,
ma perdemmo la via del ritorno a casa.
Paula Einöder (Uruguay, 1974)
POEMA ROTO
Le quito páginas al río
y cuando digo río
escucho a los pájaros agolparse en los ramajes viscerales
para por fin desmenuzarse en el cielo disuelto
No. Le arranco páginas al río
Quiero decir –intento lo que no se puede
Detener al río no se puede
No se le pueden quitar todas las hojas al río
Detener lo escrito en el agua
Pero le quito las páginas al río
Me defino por eso. Y lo hago
Atravieso una penumbra. Pero el río es una máquina feliz
Existe aparte de mí. No me espera ni se inmuta
y yo escribo sola
No digo –ahogada- pero pienso que el río
escribe versiones que luego desleo
sintiendo mi problema de enfoque
Igual, las páginas se escriben solas
y yo estoy sola cuando escribo
e intento quitarle páginas al río
POEMA ROTTO
Tolgo le pagine al fiume
e quando dico fiume
ascolto gli uccelli accalcarsi nei rami viscerali
per sminuzzarsi alla fine nel cielo dissolto
No. Strappo pagine al fiume
Voglio dire ‑provo quello che non si può
Fermare il fiume non si può
Non si possono strappare tutti i fogli al fiume
Arrestare ciò che è scritto nell’acqua
Però strappo le pagine al fiume
Mi definisco per questo. E lo faccio
Attraverso una penombra. Ma il fiume è una macchina felice
Esiste indipendentemente da me. Non mi aspetta e non si altera
e io scrivo da sola
Non dico –affogata‑ però penso che il fiume
scrive versioni che poi sleggo
sentendo il mio problema di messa a fuoco
Magari le pagine si scrivono da sole
e io sono sola quando scrivo
e cerco di strappare pagine al fiume
Carlos J. Aldazábal (Argentina, 1974)
MOTIVOS
No es fácil perder tantas peleas,
remontar las tareas cotidianas,
decidirse a vivir con la náusea en la nuca.
Resucitar por día, por minuto,
reencarnado en helecho o en hormiga,
resucitar contrarreloj en la caída
para evitar morir de doble muerte.
No es posible aflojar: así es el juego,
esta sutil condena de continuar naciendo
a pesar de los otros.
Por eso es que persisto en mi disfraz de circo,
porque la risa y el amor son escaleras
que trepamos sin miedo mientras nos resbalamos.
Quiero decir:
tus ojos me han mirado,
y así vale la pena tanto esfuerzo.
MOTIVI
Non è facile perdere tanti litigi,
superare le faccende quotidiane,
decidersi a vivere con la nausea nella nuca.
Resuscitare per un giorno, un minuto,
rincarnato in felce o in formica,
resuscitare contro il tempo nella caduta
per evitare di morire di doppia morte.
Non è possibile mollare: così è il gioco,
questa sottile condanna di continuare a nascere
nonostante gli altri.
Per questo persisto nel mio travestimento da circo,
perché la risata e l’amore sono scale
su cui ci arrampichiamo senza paura mentre scivoliamo.
Voglio dire:
i tuoi occhi mi hanno guardato,
e perciò vale la pena un simile sforzo.
Damsi Figueroa (Cile, 1976)
AUTORRECONOCIMIENTO
Yo no soy la que se pierde
tan pronto como se la encuentra
El amor en mí no se toca
se escribe
Yo no soy la piadosa con los hombres de poca fe
no intercambio los calzones con nadie
En cambio asumo la desvergüenza
de una desnudez colectiva
en una casa de playa
o en una playa a secas
Yo no escribo para nadie
aunque intente escapar
y evite sacarte al baile
tus malabares y piruetas
siempre exigen un aplauso cerrado
es decir, una palabra
Yo no me complico la vida
omitiendo adverbios y conjunciones
Patino por la hoja y tapo los surcos amargos
con la sangre de mis amigos
Yo no hago el amor
lo desarmo
por el puro gusto de volverlo a armar
una y otra vez
hasta tener sexo
para olvidarme del amor
y de todos ustedes
AUTORICONOSCIMENTO
Io non sono quella che si perde
non appena la si trova
L’amore in me non si tocca
si scrive
Io non sono pietosa con gli uomini di poca fede
non scambio i pantaloni con nessuno
Però assumo la sfacciataggine
di una nudità collettiva
in una casa sulla spiaggia
o in una spiaggia semplicemente
Io non scrivo per nessuno
benché provi a scappare
ed eviti di portarti al ballo
i tuoi giochi di destrezza e le piroette
esigono sempre un applauso chiuso
vale a dire, una parola
Io non mi complico la vita
omettendo avverbi e congiunzioni
Pattino sulla foglia e copro i solchi amari
con il sangue dei miei amici
Io non faccio l’amore
lo disarmo
per il puro gusto di riarmarlo
ancora ed ancora
fino ad avere sesso
per dimenticarmi dell’amore
e di tutti voi
Frank Báez (Repubblica Dominicana, 1978)
EN LA BIBLIA NO APARECE NADIE FUMANDO
Pero qué tal si Dios o los que escribieron la Biblia
se olvidaron de agregar los cigarros
y en realidad todas esas figuras bíblicas
se pasaban el día entero fumando
al igual que en los cincuenta en que se podía fumar
en los aviones y hasta en la televisión
y yo imagino a todos esos gloriosos judíos
llevándose sus cigarrillos a los labios
y expulsando el humo por las narices
en lo que aguardan
por sus visiones o porque Dios les hable,
e imagino a David tocando el harpa
en un templo lleno de humo,
a Abraham fumando cigarro tras cigarro
antes de decidirse a matar a Isaac,
a María fumando antes de darle a José
la noticia de que está embarazada,
e incluso imagino a Jesús sacando un cigarro
de detrás de la oreja y fumando
para relajarse antes de dirigirse a las multitudes
reunidas en torno suyo.
Yo no soy un fumador.
Pero a veces me vienen ganas y fumo
como en este instante en que miro la lluvia
caer tras la ventana
y me siento como Noé cuando esperaba
que pasara el diluvio y se la pasaba
de arriba a abajo por toda el arca
buscando donde había puesto
esa maldita cajetilla.
NELLA BIBBIA NON APPARE NESSUNO CHE FUMA
Non potrebbe essere che Dio o chi scrisse la Bibbia
si siano dimenticati di aggiungere le sigarette
e in realtà tutte quelle figure bibliche
passavano il giorno intero a fumare
come negli anni cinquanta in cui si poteva fumare
negli aerei e persino in televisione
e io immagino tutti quei gloriosi ebrei
che si portano le loro sigarette alla bocca
e mandano fuori il fumo dal naso
e così aspettano
le loro visioni o che Dio gli parli,
e immagino Davide che suona l’arpa
in un tempio pieno di fumo,
e Abramo che fuma una sigaretta dietro l’altra
prima di decidersi a sacrificare Isacco,
Maria che fuma prima di dare a Giuseppe
la notizia che è incinta,
e immagino persino Gesù che tira fuori una sigaretta
da dietro l’orecchio e fuma
per rilassarsi prima di dirigersi alle folle
riunite intorno a lui.
Io non sono un fumatore.
Però a volte mi viene voglia e fumo
come in quell’istante in cui guardo la pioggia
cadere dietro la finestra
e mi sento come Noè quando aspettava
che cessasse il diluvio e percorreva
da cima a fondo tutta l’arca
cercando dove aveva messo
quel maledetto pacchetto.
Alí Calderón (Messico, 1982)
SARAJEVO
El viento es frío quema
y hace temblar a quien aguarda
el sordo paso del tranvía
Los ancianos reclinan
la cabeza en el vidrio
El tedio de vivir les surca el rostro
Empañan los cristales con miradas
perdidas su lejana indiferencia
Es Sarajevo el sol
se encaja en los disparos de mortero
las ruinas las fachadas
Hay una transparencia que lastima
el vuelo el rumbo de las aves
Lontano
las colinas y al acecho
caen sobre la Sniper Alley
Nada me asombra ya ni me resigna
si dices que te vas
que sólo sabes irte
Las aguas del Miljacka
corren de pronto envejecidas
oscurecen su paso bajo el puente de Princip
De un disparo perfecto asesinaron
aquí a un Archiduque
Nosotros hemos muerto
hasta el hartazgo muchas vidas juntos
En el umbral de una iglesia ortodoxa
alguien observa cómo
se consume la luz de las candelas
Extintas ya las teas se remueven
Ha quedado vacío el kirostatis
Welcome to hell advierten
grafitis de otro tiempo
Del infierno no queda
sino esta lenta calma
prolongado después que nos habita
Los gatos hurgan en bolsas de basura
Crece la yerba en lápidas de parques cementerios
Ha cruzado el tranvía deja
un estruendo el temblor
del aire tras los rieles
quizá un recuerdo
nada
SARAJEVO
Il vento è freddo che brucia
e fa tremare chi aspetta
il sordo passo del tram
Gli anziani reclinano
la testa sul finestrino
Il tedio di vivere gli solca il volto
Appannano i vetri con sguardi
persi la loro lontana indifferenza
È Sarajevo il sole
si infila negli spari di mortaio
le rovine le facciate
C’è una trasparenza che fa male
il volo la rotta degli uccelli
Lontano
le colline e in agguato
cadono sulla Sniper Alley
Nulla mi stupisce ormai né mi rassegna
se dici che te ne vai
che sai solo andartene
Le acque del Miljacka
scorrono improvvisamente invecchiate
oscurano il loro passaggio sotto il ponte di Princip
Con una sparo perfetto hanno assassinato
qui un Arciduca
Noi siamo morti
fino alla nausea molte vite insieme
Sulla soglia di una chiesa ortodossa
qualcuno osserva come
si consuma la luce delle candele
Ormai spente le fiaccole si agitano
È rimasto vuoto il kirostatis
Welcome to hell avvertono
graffiti di un altro tempo
Dell’inferno non rimane
che questa lenta calma
prolungato dopo che ci vive dentro
I gatti frugano nei sacchi dell’immondizia
Cresce l’erba su lapidi di parchi cimiteri
È passato il tram lascia
uno strepito il tremore
dell’aria dietro alle rotaie
forse un ricordo
nulla
Mario Meléndez (Linares, Cile, 1971). Ha studiato Giornalismo e Comunicazione Sociale. Tra i suoi libri si segnalano Autocultura y juicio, Poesía desdoblada, Apuntes para una leyenda, Vuelo subterráneo, El circo de papel e La muerte tiene los días contados.Nel 1993 ottiene il Premio Municipale di Letteratura nel Bicentenario di Linares. Le sue poesie appaiono in diverse riviste di letteratura ispanoamericana e in antologie nazionali e straniere. Parte della sua opera è stata tradotta in italiano, inglese, francese, portoghese, olandese, tedesco, rumeno, bulgaro, persiano, catalano, macedone e greco. Per quattro anni ha vissuto a Città del Messico, dove ha diretto la serie Poetas Latinoamericanos per la casa editrice Laberinto e ha realizzato diverse antologie di poesia cilena e latinoamericana. Attualmente vive in Italia. All’inizio del 2013 riceve la medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, concessa dalla Fondazione Internazionale don Luigi di Liegro. Una selezione della sua opera è stata pubblicata di recente nella prestigiosa rivista Poesia di Nicola Crocetti. All’inizio del 2015 è stato incluso nell’antologia El canon abierto. Última poesía en español (Visor, Spagna). È considerato una delle voci più importanti della nuova poesia latinoamericana.
Selezione dei testi a cura di Mario Meléndez.
Foto dell’autore e copertina del libro gentilmente concesse da Mario Meléndez.