“Febbraio. Prendi l’inchiostro e piangi. Poesia contemporanea dall’Ucraina” Articolo introduttivo a cura di Amelia Glaser, le poesie di Iya Kiva sono state tradotte in inglese da Amelia Glaser e Yuliya Ilchuk, e dall’inglese in italiano da Pina Piccolo, per gentile concessione dell’autrice. L’articolo originale è apparso in Literary Hub, il 25 febbraio 2022 https://lithub.com/february-get-the-ink-and-weep-contemporary-poetry-from-ukraine/
25 febbraio 2022
“Ho appena sentito tre esplosioni”, ha pubblicato la poetessa Iya Kiva sul suo profilo di Facebook la notte del 23 febbraio 2022. “Aspetta… è ancora in corso”. Kiva, poeta, traduttrice e giornalista, vive a Kiev dall’estate del 2014, quando è fuggita dal suo nativo Donetsk in seguito allo scoppio della guerra contro i separatisti sostenuti dalla Russia. Negli ultimi otto anni, Kiva è stata una tra i tanti giovani poeti in Ucraina a descrivere la simultanea disperazione per la guerra e la perdita della speranza in un Paese alla ricerca di un’identità indipendente.
Dalle proteste di Maidan del 2013-2014 che hanno portato alla cacciata dell’ex presidente allineato al Cremlino Viktor Yanukovich, la sfera pubblica ucraina è stata immersa nel discorso letterario e culturale sulla natura della società civile e sulla possibilità di onorare una diversità di esperienze. La poesia, sia in russo che in ucraino, è diventata un mezzo per dare un senso al passato e al presente. Una delle poesie di Kiva si apre con i seguenti versi:
Ecco un Paese. Ricorda Chernobyl, l’Holodomor,
Babyn Yar, i dissidenti, la stella rossa illuminata,
Un’ascia che fieramente incombe su colli pieni di lividi
E la lunghissima fila davanti a un chiosco permanentemente serrato.
Questa poesia è stata scritta il 29 agosto 2014, il giorno della tragica battaglia di Ilovaisk, durante la quale 366 soldati ucraini furono uccisi da un bombardamento.
Negli otto anni trascorsi dalle proteste di Maidan del 2013-2014, l’Ucraina ha perso la penisola di Crimea a causa della sua annessione illegale da parte della Russia e ha contato oltre 13.000 vittime nella guerra che ha avuto luogo nella regione del Donbass orientale. Mentre le truppe russe avanzano verso Kiev, gran parte della retorica nei media russi riprende letteralmente quella della seconda guerra mondiale. Il presidente Putin ha ripetutamente comparato le proteste di Maidan del 2013-14 a un “pogrom”, paragonando i manifestanti a Stepan Bandera, un nazionalista di destra che, durante la seconda guerra mondiale, fu per breve tempo allineato con la Germania nazista. I media russi descrivono l’attuale invasione come un tentativo di liberare l’Ucraina dalla minaccia nazista al suo interno.
Presentando l’invasione militare russa come un ritorno alla Seconda Guerra Mondiale e la lotta intrapresa contro il fascismo occidentale, il Cremlino ha tentato di convincere i cittadini russi della legittimità dell’occupazione del Paese e della necessità di rovesciare la “junta” anti-russa che lo governa. In un discorso poco prima dell’inizio dell’invasione, Putin ha denigrato l’Ucraina come nazione inventata dall’Unione Sovietica prendendo in contempo in prestito la retorica sovietica per giustificare la sua invasione su basi ideologiche. Questi vaghi riferimenti al nazionalismo storico e all’antisemitismo ricordano la pratica sovietica di mettere i gruppi etnici l’uno contro l’altro accusandoli di nazionalismo.
Ironia della sorte, gli ultimi otto anni di guerra tra l’Ucraina e i separatisti sostenuti dalla Russia nel Donbass hanno anche visto il rafforzamento di un discorso civico che onora il multilinguismo e il fiorire della diversità culturale in Ucraina. A onor del vero, una minoranza di ucraini si è davvero rifatta al retaggio nazionalista. Tuttavia, lo stesso Maidan è stato straordinario in quanto i manifestanti rappresentavano diversi background politici, etnici e sociali. Mentre alcuni rivendicavano una singola Ucraina libera da ogni influenza russa, altri chiedevano che l’Ucraina abbracciasse le sue comunità di lingua russa. La vittoria elettorale schiacciante del 2019 di Volodydmyr Zelensky, un russo di origine ebrea ucraina, smentisce le accuse ricorrenti che il Paese sia anti-russo e antisemita.
Iya Kiva, come molte delle sue contemporanee, è riluttante ad abbracciare una Ucraina monolitica. Le sue poesie rivelano il suo forte attaccamento a un paese ancora in lotta per definirsi, così come pure la mancanza di un’unica identità etnica. Kiva, che ha parlato e scritto dei suoi antenati russi, ucraini ed ebrei, scrive sia in russo che in ucraino e traduce dal russo, dal polacco e dal bielorusso. L’identità dei suoi personaggi è definita da uno spaccato che fa riferimento alla molteplicità di lingue dell’Europa orientale.
Sebbene si sia spostata sempre più verso la scrittura in ucraino, le sue poesie sono ricche di riferimenti alla letteratura russa (in una poesia riportata sotto cita il verso di Pasternak del 1912, “Febbraio. Prendi l’inchiostro e piangi.”) Le poesie di guerra di Kiva descrivono un Paese giovane che si stringe disperatamente alla vita.
–Amelia Glaser, Cambridge, MA
Questa è la prima di una serie di poesie contemporanee dall’Ucraina.
*
Tre poesie di Iya Kiva (n. 1984)
Questa bara è per te, ragazzino, sdraiati, non aver paura,
un proiettile chiamato vita stretto nel tuo pugno,
Non credevamo alla morte, guarda, le croci sono carta stagnola.
Hai sentito: tutti i campanili si sono strappati la lingua?
Non ti dimenticheremo, credici, credici, cre…
La convinzione sanguina lungo la cucitura all’interno della tua manica,
Canti, preghiere, salmi si gonfiano in un groppo in gola
Nel mezzo di questo maledetto inverno tutti vestiti di tute mimetiche,
E febbraio, ch’era andato a prendere l’inchiostro, singhiozza.
E la candela gocciola sul tavolo, e brucia e brucia…
Tradotto dal russo in inglese da Amelia Glaser e Yuliya Ilchuk, 2014
*
e quando è arrivato il mio turno ad essere ucciso
tutti hanno iniziato a parlare la lingua lituana
tutti hanno iniziato a chiamarmi Yanuk
convocandomi qui nella loro terra natale
mio dio ho detto non sono lituano
mio dio gli ho detto dicendolo in yiddish
mio dio gli ho detto dicendolo in russo
mio dio gli ho detto in ucraino
là dove il Kalmius sfocia nel Neman
un bambino piange in una chiesa
Tradotto dal russo in inglese da Amelia Glaser e Yuliya Ilchuk, 2016
*
tenere l’ago del silenzio in bocca
ricucire le tue parole col filo bianco
piagnucolare mentre affoghi nella saliva
per non urlare sputare sangue
trattenere l’acqua di una lingua sulla lingua
che cola come un secchio arrugginito
ricucire cose che possono essere ancora utili
cucire croci sui punti davvero deboli
come bende sui feriti in ospedale
per imparare a cercare le radici di una vita
che deve ancora conoscere il suo nome
Tradotto dall’ucraino in inglese da Amelia Glaser e Yuliya Ilchuk, 2019
________________________
Iya Kiva è poeta, traduttrice e giornalista e vive a Kiev, in Ucraina. È autrice di due volumi di poesie, Più lontano dal paradiso ( Podal’she ot raya , 2018) e La prima pagina dell’inverno ( Persha storinka zimy , 2019), e ha ricevuto numerosi premi per la poesia e traduzione.
Amelia Glaser è professoressa associata di letteratura russa e comparata presso la UC San Diego. È autrice di Jews and Ukrainians in Russia’s Literary Borderlands (2012) e Songs in Dark Times: Yiddish Poetry of Struggle from Scottsboro to Palestine (2020).
Yuliya Ilchuk è ricercatrice di lingue e letterature slave presso la Stanford University. È l’autrice di Nikolai Gogol: Performing Hybrid Identity (2021).
Immagine di copertina: Dipinto di Olga Kvasha, Lviv, Ucraina.