Fantasmi, immaginazioni e immagini nelle poesie di Claudia Zironi (Enea Roversi)

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Per parlare dell’ultimo libro di Claudia Zironi si potrebbe partire dal titolo, originale e complesso: Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni (Marco Saya Edizioni, 2016). E partendo da qui ci si potrebbe avventurare in un viaggio all’interno di immagini e immaginazioni, suggestioni, visioni, proiezioni. Ma procediamo con ordine, anche perché la scrittura di Claudia Zironi è di per sé rispettosa di uno schema, di un proprio ordine mentale, di un personale regolamento.

L’immagine di copertina è tratta dal film Poltergeist (quello originale del 1982, diretto da Tobe Hooper): la bambina ritratta è la piccola Carol Anne che parla da sola davanti al televisore. In una poesia Claudia scrive: la televisione mi guarda mi parla. / da piccola credevo mi vedesse. / non una parola fu per me sola. Claudia come Carol Anne, dunque?

È indubbia l’attrazione (o fascinazione, per usare un termine indicato da Francesca Del Moro nella sua prefazione) che prova Claudia Zironi per tutto ciò che è immagine: un’attrazione che nasce da lontano, dall’infanzia appunto e che si è sviluppata parallelamente al progresso delle nuove tecnologie, di cui Claudia è un’attenta osservatrice e fruitrice.

Nel film di Hooper la bambina viene strappata alla realtà da un’entità demoniaca attraverso il televisore e intrappolata in una sorta di dimensione parallela. La scrittura di Claudia, pur ispirandosi all’immaginario, non ha bisogno (fortunatamente) di effetti speciali o di catastrofi spettacolari, ma si mantiene ancorata alla realtà, pur evocando il soprannaturale: E se la poesia si reggesse sull’equivoco di vite sospese?

La vita è dolore e il poeta si interroga e interroga il tu interlocutore sui propri errori: dimmelo tu / che solo inesisti e taci / perché sono così affranta / dal disastro. E se è vero che dolore fa rima con amore, ecco che i versi possono trasudare amarezza insieme ad una calcolata crudeltà: spero che tu pianga / lacrime vere consumati occhi / parole accese, di verità di strepiti di grida / spero che tu pianga mentre scrivi.

E ancora: che tu soffra, che rida di dolore / che maceri le ossa dentro il ghiaccio / i denti ti si sciolgano in inchiostro / il sangue ti si versi dalle nari.
L’amore, anzi l’eros ha un posto importante nella poetica di Claudia Zironi (non per nulla la sua raccolta precedente si intitolava Eros e Polis) e l’autrice tratta la materia a viso aperto, senza pudori:

scrivo per te una poesia erotica:
dovrà in quest’ordine contenere
un desiderio, una perversione
e un piacere.

L’eros zironiano è fatto di corpo e anima, l’amore è scandagliato usando come strumento la visuale femminile di donna del nostro tempo, con il proprio bagaglio di esperienze e sofferenze.

Lo sguardo di Claudia Zironi indaga la vita con precisione da entomologo, con razionalità da scienziato, ma anche con rabbia e disincanto. Il mondo reale si interfaccia con i vari mondi virtuali che l’uomo si è inventato: ecco quindi che il mezzo televisivo viene superato dai social e l’immagine irradiata dal tubo catodico ha lasciato il posto all’avatar.

La sua ricerca poetica abbraccia il pensiero filosofico: da qui la complessità della sua scrittura (attenzione: ho detto complessità e non pesantezza!). Scrive Francesca del Moro nella sua prefazione (intitolata Tra mito platonico e social network: un poema filosofico sulla fenomenologia delle illusioni): “In definitiva qualunque forma di esperienza, dunque la vita stessa nella sua totalità, sarebbe interpretabile come illusione, oggi proiettata sui molteplici schermi che hanno preso il posto delle pareti della caverna, Il pensiero filosofico viene così chiamato in causa a illuminare i meccanismi psicologici innescati dai contemporanei mondi virtuali.”
È una scrittura immaginativa e immaginifica quella che si ritrova in questa raccolta, dove le visioni abitano le pagine e dove ogni pagina è uno schermo.

“È un’ironia dello schermo, ch’esso possa, e debba, ridursi a un mero supporto di visioni e di fantasticazioni: di parole prodotte, e non insorte, ad abitarlo…” (Vladimir D’Amora, dalla postfazione intitolata La cata-strofe di una voce).

Dove siamo, mentre leggiamo questa raccolta: all’interno di un labirinto degli specchi? Oppure siamo anche noi immagini proiettate? E se al posto di un moderno tablet ci fosse l’antico zootropio? Non ha importanza, siamo comunque comparse che si muovono e si agitano in questa vita: Claudia Zironi lo sa bene e altrettanto bene ce lo racconta.

i fantasmi si riempiono di frutti le mani

sorella, respirano come i vivi, soffrono

camminandoci accanto dal confine

di quella dimensione della mente, muoiono

in mare e nei campi, sono come lampi

bagliori velocissimi attraverso la stanza

neri. poi gli schermi si spengono

e i latrati nella notte, ora dormi.

 ∞

io non piango, perché

sei morto.

in un sistema di consenso

disputando

la proprietà dell’ombra

a una macchina perfetta.

chiedevo di guardarti gli occhi

avrei contato i vermi

e i millimetri di azzurro.

chiedevo una voce

per misurare la distanza

dell’eco

dei bisbigli.

ma non piango, perché  

se il bambino fosse vivo

leggerebbe

il sale e il vento nelle dita

sparsi al senso, il tempo

della morte non importa.

che il mio latte sia di nuovo latte

e il pane, e sia di tutti.

vi descrivo un’immagine – ammirata l’altro ieri

era perfetta, come

fosse ora

davanti ai nostri occhi:

non si distaccherà mai più

dalla memoria, superiore

per la composizione

uso sapiente del colore

in bianco e nero l’assenza totale

della luce.

ritraeva

dunque

posa nota

come la vedesse per la prima volta

– sono un po’ incerta sul soggetto

ma ricordo

che cantava sommessa una canzone.

ora disegnatela.

voce e carne scorrono

come scie di luce. questa mia bellissima

entità elettronica

che bene scrive di miracoli

inesiste altrove solo

per comune senso di illusione

eri un fantasma

ora sei il sogno

col quale passeggio

sul millennium bridge

e non posso studiare

un finale diverso

quando inizia la pioggia

(Claudia Zironi,  Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni (Marco Saya Edizioni, 2016)

 

Ripubblicato, per gentile concessione di Enea Roversi, da Tragico Alverman https://tragicoalverman.wordpress.com/2016/11/15/fantasmi-immaginazioni-e-immagini-nelle-poesie-di-claudia-zironi/

 

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Claudia Zironi è nata a Bologna, dove vive, il 26 marzo 1964. Si è laureata in Storia Orientale all’Università di Bologna e ha conseguito un Master in Gestione d’Impresa. Ha pubblicato il primo libro di poesie, Il tempo dell’esistenza con Marco Saya Edizioni nel novembre 2012, con la prefazione di Paolo Polvani. Il secondo, Eros e polis – di quella volta che sono stata Dio nella mia pancia, illustrato da Alberto Cini, edito con Terra d’ulivi Edizioni, ha visto la luce nel luglio del 2014. La prefazione è di Daniele Barbieri e la postfazione di Giorgio Linguaglossa. Eros and polis è uscito nel 2016 negli USA con le edizioni Xenos Books con la traduzione di Emanuel Di Pasquale, prefazione di John Taylor e quarta di copertina di Alfredo De Palchi. Nel 2016 con Marco Saya Edizioni è stato pubblicato il terzo libro: Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni, con prefazione di Francesca Del Moro e postfazione di Vladimir D’Amora. Collabora con varie associazioni rivolte alla diffusione culturale e al sociale come Civico32 e Le Voci della Luna.
E’ fondatrice, nonché dal 2012 attiva nella direzione e nella redazione insieme a Paolo Polvani ed Emanuela Rambaldi, della fanzine on-line Versante Ripido per la diffusione della poesia http://www.versanteripido.it  

 

Immagine in evidenza,  Richard Hamilton – Ghosts of UFA (1994) per gentile concessione del sito Tragico Alverman.

Foto dell’autrice a cura di Claudia Zironi.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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