Paolo Gera
POESIE PER RECAPTCHA
Oedipus, 2019, 120 pagine, 12 euro
Uno dei libri più complessi e innovativi nel panorama delle raccolte di poesia che danno il via al 2019, Poesie per Recaptcha di Paolo Gera smuove le acque non solo a livello di contenuti ma anche di struttura. Riaffondando nelle proprie radici teatrali, l’autore rinvigorisce l’aspetto dialogico della raccolta che in realtà si presenta come un ibrido tra teatro, poesia e prosa, annunciando così la propensione dell’autore a staccarsi dai paletti tra generi dettati dalla tradizione.
Rendendo omaggio alle strutture del teatro, le prime sezioni del libro si autodefiniscono “La scena”, seguita da “I personaggi” per poi spostarsi verso territori più ieratici come “Antico Testamento”, mentre il nucleo poetico, il cuore pulsante che dà il nome al libro, sembra annidarsi proprio in posizione centrale rispetto agli altri elementi di questa macchina della scrittura, per l’esattezza da pagina 43 a pagina 62 delle 120 pagine del libro. La sezione è introdotta dallo 0 della sequenza 0-1 su cui si basa tutto il sistema informatico contemporaneo. In questa parte del libro, l’autore raggiunge l’apice di un faux sacro/mistico/epico con le invocazioni alla Dea/Musa Recaptcha, (ulteriore potenziamento del test che permette di individuare un essere umano rispetto a un robot, il famorso CAPTCHA, sigla che sta per “completely automated public Turing test to tell computers and humans apart”). Dopo una serie di riflessioni sulla natura di Recaptcha, personaggio alquanto teatralizzato in vesti femminili, e dopo aver evocato personaggi appartenenti alla dimensione storica/letteraria quali Alan Turing ed Ezra Pound, con il loro contorno di tecnologie e strutture sociali alle quali hanno contribuito e dalle quali sono condizionati, questa prima parte va poi degradando verso territori più profani con le sezioni “Annunci eretici”, “Recaptcha”, per finire con “Daredeltu” in un’epoca in cui il concetto di amici e di pari a cui dare del tu racchiude risvolti complicati e paradossali. In questa ultima che è la più dialogica delle sezioni, il poeta non si rivolge più alla divinità o agli eroi o ai protagonisti e miti del passato storico e letterario ma interpella direttamente e presenta i contributi di amici e amiche poeti e teatranti accomunati dallo smarrimento e dalla voglia di resistere creando scrittura all’epoca della Recaptcha, tra cui autrici come Milena Nicolini, Anna Maria Farabbi e Fernanda Ferraresso votate anch’esse a forme ibride, le prime due per quanto riguarda poesia e teatro, la terza per poesia e arti visuali. Il libro passa quindi da un’interrogazione quasi ossessiva sull’alienazione, sull’onnipresenza dei messaggi e che cosa questo comporti per le sorti dell’identità e della creatività dell’essere umano a una dimensione di ascolto e condivisione di una gamma di sofferenze ed alienazioni, possibili soluzioni, complicità e sentire comune che nella loro polifonia contribuiscono ad allentare la tensione offrendo pochi squarci di speranza ma molta empatia, “con-passione” e la chiusa grottesca della utente Irina “Molte persone trovano la loro seconda meta in Internet al giorno doggi” .
Della ricchissima galleria di personaggi storici, religiosi e mitologici, situazioni, tecnologie evocate dall’autore vorrei condividerne due che mi hanno particolarmente colpito, figure esemplari di emarginazione in un’Italia che in questi giorni a Verona si accinge ad ospitare il Congresso Mondiale della Famiglia. Imparentate sia per sorte che per metafora, nonostante il loro statuto diverso nel reale, Filottete e Alan Turing sis stagliano come anello di congiunzione tra il passato e il presente. Paolo Gera apre la prima sezione del libro tratteggiando Filottete, uomo avversato dal Fato, uno dei personaggi meno gettonati della mitologia/letteratura greca (ma come dimenticarne la magistrale interpretazione teatrale di Glauco Mauri negli anni 80 del novecento) mettendo in evidenza il modo brusco in cui passa da beniamino dei compagni marinai a figura che incute ribrezzo e malsana curiosità nel contempo, dandogli forse l’incarico di ‘messaggero’, e portavoce, di certe inquietudini contemporanee /Forse è un nuovo tempo e io l’ho inaugurato.. […] Adesso tra i compagni sono conosciuto/come quello che puzza e urla di dolore./Nessuna transizione/Dal silenzio al lamento incessante/. Dopo aver seguito le varie fasi dell’isolamento, dalla segregazione nella stessa barca alla relegazione nel faro, il poeta ne registra la cosciente ricerca di identità e poi la ribellione, ibridando la figura del mito con le vicissitudini del contemporaneo, l’ultima immagine dei muri e dei fuochi in un’ambigua comunanza tra il passato di Troia e il presente mondiale:
:
“[…] Chi ero?
Io mi trascino e ora troverei tante parole più sensate,
invece devo urlare.
Alla fine non ne possono più e mi richiudono in un faro
Ma anche tutti gli altri hanno rotto
e circondano se stessi di stanze e segnali.
L’urlo, la puzza, la distanza.
Forse è un nuovo tempo e io l’ho inaugurato.
Ognuno combatte da solo per farsi bello
e dimostrarsi più eroico.
Si protegge con scudi metallici
che riflettono le luci della casa.
Io solo urlo e la mia piaga spurga solitudine.
Gli altri anche se soli si fingono coinvolti.
Mi mandano messaggi alla prigione,
non vedendomi in faccia mi ricordano comico.
Richieste di amicizia, come se mai ci fossimo abbracciati.
Chiedono frecciate per vincere un concorso,
-tu che si bravo…
dove per scherzo si abbattono le mura
e si dà fuoco per strada.
La figura di Alan Turing, il padre del captcha (che forse sta alla dea Recaptcha come Zeus sta ad Atena), è spesso evocato nella parte centrale del libro “Sono sfingi osservanti opposti che si toccano / la gabbia di Ezra Pound gli ormoni di Alan Turing/ per dedicargli poi un’intera poesia, significativamente, vista l’importanza delle sequenze matematiche, la numero 10 della sezione centrale del libro. E’ questo il personaggio ibrido di eroe/martire (come ci ricorda il paradossale ritornello-coro greco) che incarna le contraddizioni del sapere e dell’agire, dell’identità, del sentire umano nel suo scontro con il concetto di “necessità” politica e sociale, gemellato a Fillottete dai tempi dell’Iliade ai nostri giorni:
Alan Mathison Turing è un frocio
inventa una macchina per decodificare i messaggi di Hitler
ma è un frocio
da attacchi navali e bombardamenti a migliaia ne salva
ma è un frocio
dà un contributo essenziale a far vincere la guerra mondiale
ma è un frocio
inventa il computer
ma è un frocio
inventa il sistema per distinguere infallibilmente una macchina da un essere umano
ma non da un frocio
Lo trovano a letto con un ragazzo
sequenza indiscreta
da risolvere con discrezione
è un paradigma che conosce
Alan Mathison Turing
o anni di prigione
o cura con l’ormone
questo è il Victoria Cross
di cui viene insignito
dalla grata Maestà
croce senza vittoria
Turing viene bombardato di ormoni femminili
basta erezioni irregolari per inculare i ragazzi, d’accordo?
gli crescono molli mammelle
diventa Turing Tiresia.
Alan Mathison Turing con le tette!
Ha il dono di vederci più chiaro
inizia a capire il futuro
la sua storia in un film hollivudiano
può rivelartelo se glielo chiedi
con un messaggio appropriato
discreto.
L’Intelligenza Militare interviene
e lo trasforma in casta Biancaneve
gli offre una mela avvelenata
ma la bara di cristallo
è frantumata dal fuoco della cremazione
Alan Mathison Turing incenerito
non in lager ma dal Regno Unito
e che un principe azzurro mai più possa
baciare le sue labbra nella fossa.
Paolo Gera (Novi Ligure 1959) laureato in Lettere Moderne all?università di Genova con Edoardo Sanguineti, è docente, autore e regista teatrale. Ha partecipato, con le sue opere, a importanti eventi come il festival di Santarcangelo di Romagna e il Festival della Filosofia, ed ha pubblicato la raccolta poetica L’ora prima (2016). Collabora con riviste letterarie on line (Cartesensibili, Versante Ripido) e con L’Indice dei libri del mese.
Immagine in evidenza: Dipinto di Hassan Vahedi enza titolo, olio su tela, 80 x 100 cm., 2019.