EUROPA MULTICULTURALE, MODERNA E IN CRISI D’IDENTITÀ
LO SPAZIO EUROPEO SECONDO TARIQ RAMADAN
L’Europa è un coacervo di culture e di etnie differenti. Scelto come propria terra d’elezione da parte di chi ha lasciato il proprio paese d’origine, il Vecchio Continente è oggi popolato da un gran numero di minoranze, differenti per provenienza e per credo. Tra queste una delle più consistenti è rappresentata da persone di fede musulmana, che, a partire dagli anni ’70 circa, hanno lasciato la propria terra d’origine per fare dell’Europa la propria “casa”. Si tratta ormai di una presenza costante, che ha raggiunto e superato i 15 milioni di persone. Ma come vivono i musulmani nello spazio europeo? Si sentono davvero “a casa”, al sicuro? E come vedono gli europei questa presenza? Cosa rappresenta questa minoranza per gli europei, una forza o una minaccia? Che cos’è, in sintesi, l’Europa, oggi?
Interessanti l’analisi e il punto di vista di Tariq Ramadan, intellettuale egiziano di origini, europeo (svizzero) per nascita e musulmano di fede, che ha posto al centro delle sue riflessioni e delle sue opere proprio il tema del rapporto tra musulmani ed europei. Basti citare, tra i tanti, l’emblematico ed eloquente titolo di una delle sue più vendute opere: To be a European Muslim (1998).
Quella dei musulmani in Europa è ormai una realtà, tanto che in ogni paese si può trovare una comunità più o meno strutturata di persone aderenti alla fede di Allah, praticanti o meno. Queste in molti casi non vivono più nella condizione di immigrati, ma come veri e propri cittadini di seconda, terza, quarta, talvolta anche quinta generazione, che in Europa – osserva Tariq Ramadan – vivono aspirazioni ed avvertono esigenze del tutto legittime. Si tratta cioè a tutti gli effetti di persone a tutto diritto europee ed occidentali, anche se spesso queste due realtà, quella musulmana da un lato, e quella europea dall’altro, vengono ancora percepite come distanti e contrapposte. Tutto ciò è riconducibile, secondo l’intellettuale svizzero, al fatto che spesso la presenza di musulmani in Europa è presentata come un problema di religioni, di valori e di culture. Per capire cos’è l’Europa oggi è necessario dunque tenere conto di tensioni psicologiche e di un contesto emozionale che accompagnano l’incontro tra il Vecchio Continente e le varie culture che lo abitano.
A dominare lo scenario europeo e la sua multiculturalità – osserva ancora Ramadan – è una velata crisi d’identità, che investe a suo avviso in egual misura musulmani ed europei. I musulmani, infatti, sentono di essere avvertiti come un problema, come “diversi” e “stranieri”, e si sentono accusati di credere in un messaggio (la Rivelazione) portatore di odio, di discriminazione verso le donne e in una fede oscurantista, che discrimina chiunque non condivida l’appartenenza allo stesso credo. Simili accuse e questioni controverse rendono difficile – prosegue Ramadan – al musulmano presentarsi in quanto tale, in quanto muslim, in relazione a chi musulmano non è. Al fine di sentirsi maggiormente integrati e di essere visti prima come uomini ed europei che come musulmani, questi finiscono per definire l’Islam e la fede solo attraverso precetti, regole e norme, e a difendere la propria religione di appartenenza dalle accuse generalmente rivolte. Come conseguenza di ciò, i musulmani, spiega Tariq Ramadan, non vivono la fede in maniera attiva, ma ne inaridiscono il messaggio nel tentativo di rendersi sempre meno visibili tra gli europei. Per superare questa crisi d’identità è bene allora che i musulmani offrano un contributo attivo ed effettivo alle società in cui vivono, a partire da storia, cultura e filosofia, che devono divenire rappresentativi di una storia comune. Il contributo offerto dagli arabi musulmani all’Europa nelle epoche passate, precisa l’intellettuale svizzero, è innegabile, ed è stato determinante per la storia e la cultura stessa dell’Europa. Ha, cioè, contribuito a forgiare quell’immagine di Europa che noi oggi conosciamo.
Tariq Ramadan, attento osservatore della realtà a lui circostante, ravvisa lo stesso senso di crisi d’identità anche tra gli europei. Una crisi che si attua in un più profondo senso di perdita d’identità. Ciò a suo avviso è dovuto ad una moltitudine di fattori, come la globalizzazione, l’idea di un’Unione Europea che trascende il concetto di stati-nazioni e, non ultimo, i fenomeni migratori, sempre più consistenti e frequenti. Questi ultimi, in particolare, sono suscettibili di mettere a repentaglio una omogeneità culturale, una “cultura europea” che, nell’ottica di molti, è un concetto monolitico e immutabile nel tempo. Tutti fattori, questi, che rendono difficile all’europeo definirsi in quanto tale e trovare la propria identità.
L’Europa – ripete a più riprese Ramadan – ha costruito se stessa su fenomeni di industrializzazione, di progresso scientifico e si è dimostrata una maestra nella sapiente applicazione della ragione in diversi campi dello scibile. Ciò le ha senza dubbio permesso di progredire e di migliorare le condizioni di vita di chi vi abita, ma ha anche portato – precisa Ramadan – a relegare la fede ad una dimensione solo privata, di secondo piano rispetto alla scienza e alla conoscenza. Gli europei – ci dice in sostanza Tariq Ramadan – hanno perso la propria capacità di meditazione, di riflessione, di raccoglimento intimo e di contatto con la natura e con il divino, che sono proprio elementi che rendono l’uomo un essere umano. Per recuperare se stessi e la propria identità, gli europei devono a suo avviso recuperare quella “pedagogia del cuore”, via d’accesso prioritaria alle domande esistenziali.
L’auspicio finale nella costruzione di uno spazio multiculturale pacifico è che queste due realtà, gli europei e i musulmani, si aprano in un dialogo costruttivo e di scambio reciproco. Un dialogo non già con l’altro, ma con se stessi, perché la condivisione di culture e di valori è importante per arricchire se stessi e l’ambiente circostante.
L’Europa del XXI secolo per Tariq Ramadan è allora questo: uno spazio multiculturale che ha fondato la propria identità sul progresso e sul razionalismo, dimenticando la fede e i momenti di riflessione. Uno spazio abitato da varie culture che, anziché continuare ad osservarsi e a percepirsi come distanti e differenti, dovrebbero influenzarsi reciprocamente e riconoscersi sotto il segno di valori universalmente validi, come rispetto reciproco, amore per il prossimo, fratellanza, condivisione.
Questo per tornare ad essere, prima di tutto e sopra ogni cosa, umani. E smettere di odiare e incominciare ad amare. Di nuovo.
Giulia Venturini è una studentessa in Scienze Orientalistiche presso la Facoltà di Lettere di Bologna. Già laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha un grande passione per il mondo arabo in tutti i suoi aspetti: lingua, poesia, narrativa, cultura e tradizioni. Mostra anche particolare interesse per le lingue straniere e la narrativa, ma anche per i fatti della contemporaneità e per i viaggi. È nata a Ferrara nel 1994, città in cui tuttora risiede.
(Immagine di Sana Darghmouni)