Estratti da “Leggete e moltiplicatevi – Manuale di lettura consapevole, di Romina Arena (Rubbettino 2020)

 

Estratto dal capitolo “La letteratura come pedagogia e provocazione”, pag, 19.

 

La letteratura intorno a noi e dentro di noi

 

Oggi, nel linguaggio corrente, al termine letteratura attribuiamo un valore generico. In origine al suo significato, invece, letteratura è l’arte di leggere e scrivere. L’arte di mettere insieme la conoscenza (il leggere) e la testimonianza (lo scrivere). Letteratura, così, diviene l’arte di mettere insieme la conoscenza e la testimonianza: il racconto e il raccontare. Se la letteratura è testimonianza e la testimonianza è comunicazione della mia vita, allora la mia vita è letteratura. Anche io sono narrazione. È possibile, perché la letteratura è ovunque ci sia una narrazione, ovunque ci sia qualcuno o qualcosa che stia raccontando una storia. Il cuore della questione è proprio il verbo “raccontare”.

Deriva da recontàre, in cui la particella re indica ripetizione e contàre, invece, significa narrare, riferire. Il racconto è la restituzione reiterata di un’esperienza fatta. Raccontare, allora, significa rivivere, ma anche rendere disponibile all’altro la mia testimonianza di vita. È un declinare la narrazione in molteplici lingue, la creazione di uno spazio tra chi dona e chi riceve in cui non esiste la perfezione o l’immutabilità del raccontare e della storia. Piuttosto, esiste quello che io che ricevo questo dono vedo o riesco a vedere; quello che la parola diventa ai miei occhi, quello in cui si trasforma, la soglia che mi fa varcare, il passaggio che mi chiede di attraversare, il treno che mi obbliga a prendere. […]

 

Estratto dal capitolo “La letteratura come varco – A cosa e a chi serve” da pag. 29 a pag. 31

 

Curiosità, incontro, conoscenza. la letteratura è una discesa in miniera

Le domande che ci poniamo davanti alla letteratura riguardano la sua utilità, che cosa c’entri con noi e che cosa cerchiamo in essa. Spesso non la sentiamo parte del nostro ordinario, della quotidianità. Piuttosto, la percepiamo come qualcosa di molto lontano da noi, di astratto, di teorico perché. un vecchio luogo comune le d. un valore alto, disincarnato, intellettuale. E proprio perché anche noi le diamo un valore disincarnato, la consideriamo come qualcosa di diverso dalla vita. In essa cerchiamo risposte, aspettiamo che ci dia ricette per risolvere problemi. In poche parole: cerchiamo in essa la salvezza. Cioè: cerchiamo la salvezza in un elemento che di per sé è inutile.

La letteratura non è una scienza esatta, non fornisce risposte, né ricette e, di conseguenza, non offre alcuna salvezza. Non offre vie di fuga, ma soltanto uno strumento, la lettura, che è l’esercizio continuo a educare uno sguardo intimo e personale sulla realtà. Un’educazione dello sguardo che sia rivolta alla sottigliezza, alla profondità, alla ricerca del dettaglio e dell’essenziale. È il mestiere faticoso e pericoloso del minatore che scende ogni giorno nel ventre della terra, carico di incognite, di pensieri, di speranze. Pieno di dubbi e di incertezze, ma consapevole della necessità di essere attento al tempo presente, totalmente dentro di esso per coglierne ogni aspetto, ogni prova, ogni insidia e ogni regalo.

Scendere in una miniera – scrive Vincent Van Gogh al fratello Theo – è una sensazione molto sgradevole. Si scende in una specie di cesta o gabbia, come un secchio nel pozzo: ma qui si tratta di un pozzo profondo 500-700 metri, così che quando si guarda in alto dal fondo, la luce del giorno ha le dimensioni di una stella nel cielo. È come trovarsi a bordo di una nave per la prima volta, ma ancora peggio:

fortunatamente, il viaggio è breve. I minatori vi sono abituati e tuttavia non riescono mai a vincere un giustificato senso di paura e di orrore. Comunque, una volta giunti sul fondo il peggio è passato e si è largamente ricompensati del disturbo da tutto quello che c’è da vedere.

L’essere umano teme il buio. È un limite al vedere, alla chiarezza; è un elemento che crea disorientamento e confusione. Al buio si associa ciò che procura disagio, che non si conosce o che si vorrebbe tenere nascosto. Rappresenta il lato clandestino delle attività umane ed è antipatico. Difficilmente lo assoceremmo a qualcosa di positivo perché . il luogo del limite, del torbido e della paura. Eppure il buio è il luogo che racchiude la conoscenza inesplorata, “[…] il nero e l’oscurità – scrive Alain Badiou – vengono utilizzati per nominare ci. che manca nella percezione e fare in modo che nel pensiero non manchi niente”. Osservare, stare, assaporare, sperimentare quel buio permette di penetrarlo, di squarciarlo, di vedervi dentro e attraverso, di rivelarne il contenuto. Esattamente quello che fa Van Gogh scendendo nella miniera, facendo esperienza del buio e maturando la consapevolezza che “una volta giunti sul fondo il peggio è passato e si è largamente ricompensati del disturbo da tutto quello che c’è da vedere”. È l’esperienza che genera il frutto della conoscenza. Dove crederò che ci sia solo buio o solo le mie paure, troverò altro. Il buio, più lo si conosce più lo si comprende e meno intimorisce. Da limite che era si trasforma in opportunità. […]

 

 

Romina Arena (1)

Romina Arena, dal 2010 insegna lettura consapevole e scrittura creativa presso scuole, librerie, associazioni culturali, summer school.
Dal 2016 progetta, organizza e anima percorsi tematici e spirituali di lettura consapevole e tiene corsi di formazione e aggiornamento per operatori sociali, insegnanti e aspiranti animatori sulla metodologia dei laboratori di lettura e sull’utilizzo della letteratura, della lettura e della scrittura come strumenti didattici multidisciplinari ed interdisciplinari. Dal 2017 presta servizio volontario presso la Casa Circondariale di Arghillà (Reggio Calabria) dove anima laboratori di lettura consapevole ai detenuti delle tre sezioni dell’Istituto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di copertina: Foto di Gin Angri.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

Pagina archivio del macchinista