ENTEPOLA. Esperienza di teatro comunitario in Cile, dagli anni della dittatura ad oggi (Anna Fresu)

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ENTEPOLA, UN’ESPERIENZA CILENA APPRODATA IN TUTTO IL MONDO

a cura di Anna Fresu

 

Il concetto che promuoviamo è che il teatro non è solo una forma di intrattenimento di massa, ma è uno strumento che può aprire le porte ad un cambiamento di paradigma, che ci permette di approdare in modo trasversale al miglioramento del nostro ambiente”. (David Musa, direttore Fondazione ENTEPOLA)

ENTEPOLA nasce da una’iniziativa del Teatro La Carreta, una compagnia formata da un gruppo di artisti che perseguivano gli stessi obiettivi: portare a chi non ne aveva accesso spettacoli di qualità, facendo del teatro uno strumento che permettesse la realizzazione di profondi cambiamenti sociali. Nel 1987, ENTEPOLA prende avvio con un primo Festival Internazionale di Teatro Popolare che, col passare del tempo, è cresciuto sempre più con istanze che hanno dato sempre maggiore continuità e visibilità all’iniziativa. Si sono così formate la Scuola Latinoamericana di Teatro Popolare (ETP) e La Compagnia di Teatro ENTEPOLA, che costituiscono oggi un grande contributo allo sviluppo di migliaia di giovani che vedono nella Fondazione un’opportunità unica di formazione sia personale che professionale.

Allo stesso tempo ENTEPOLA ha continuato a proporre il teatro come mezzo di integrazione delle comunità e ha continuato a lavorare allo sviluppo culturale delle comunità vulnerabili, sia in Cile che all’estero.

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La Compagnia “la Carreta”, fondatrice di ENTEPOLA, inizia la sua attività nel 1984, durante la Dittatura Militare, sotto la direzione di Victor Soto e Gerardo Badilla, che iniziarono a percorrere paesini e comunità vulnerabili non per far soldi o ricevere riconoscimenti per le loro opere, bensì con lo scopo di educare attraverso le loro creazioni artistiche. Ha così modo di incrociarsi con altri gruppi teatrali che perseguivano gli stessi obiettivi. Nasce l’idea di organizzare un primo incontro teatrale, idea che viene accolta dal centro culturale “Marichewueu” nella comunità di San Ramón. All’epoca il centro contava su soli 5 o 6 giovani, senza alcuna esperienza teatrale ma con molta energia, l’esperienza di diverse azioni in favore della comunità e con una profonda volontà di cambiamento.

Portare avanti esperienze di questo tipo durante la dittatura non era certo facile, soprattutto avendo come unica arma il teatro e nessuna risorsa economica. Grazie alla volontà e all’aiuto delle famiglie e degli amici della comunità, il progetto riesce a prendere corpo e nel 1987 si realizza la prima versione dell’Incontro di Teatro Popolare a la Granja e da questo nascerà in seguito il Festival Internazionale di Teatro Comunitario ENTEPOLA. Il primo incontro ebbe luogo in un campo da calcio, con uno scenario umile, messo a disposizione dall’asilo infantile, con luci e banchi portati da casa. Arrivarono 30 gruppi di teatro, non solo della zona ma anche da diverse zone di Santiago. I gruppi che partecipavano non avevano grandi preoccupazioni di tipo estetico ma ritenevano che contassero soprattutto l’impegno e il messaggio. Il teatro ufficiale naturalmente tacciava queste esperienze di teatro panfletario senza nessuna qualità. Rappresentò comunque per i gruppi e per le comunità coinvolte una forma di resistenza alla dittatura attraverso l’arte. Victor Soto si riferisce così a questo momento:

…“L’obiettivo principale era sopravvivere durante la dittatura e era quello che avevamo per le mani, non esistevano prospettive, la prospettiva era la pratica, era la dinamica”.

Non era un sentirsi speciali o sicuri di riuscire a portare avanti l’impresa anche negli anni a venire.

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Era l’incontro stesso o la necessità di vivere. È qui che ci rendiamo conto che è reale; diciamo ‘caspita, facciamo altri incontri e così ne sorsero un secondo, un terzo, e ogni volta ogni incontro lanciava altre sfide, affianco alle pietre, ai bastoni, alle barricate, c’era anche il teatro, e quello che facevamo era il nostro modo per sopravvivere” (V.S.)

Quindi, quell’incontro costituì un modo per resistere alla dittatura e le persone, le comunità, ne assunsero piena coscienza al punto che quando finivano le attività del venerdì e del sabato, si ritiravano dicendo: “Questo ci ha salvato la vita”.

David Musa, un altro degli uomini che hanno collaborato fin dall’inizio alla realizzazione del Festival ed è oggi direttore della Fondazione, parla così di quel periodo:

… credo che in quel momento non facevamo tante proiezioni, eravamo più ancorati al presente e soprattutto alle necessità. Era un festival di carenze in ogni senso, soprattutto economiche. Il principale obiettivo (1987, 1988, e 1989) era la dittatura e questo in qualche modo ci legava a molti gruppi, centri culturali, gruppi teatrali. Un obiettivo importante era allora creare reti e questo, credo, l’abbiamo pienamente raggiunto, etc.”…

entepola3Ogni nuovo incontro, ogni nuovo invito a partecipare, rappresenta una nuova sfida. Una di queste si presenta al terzo incontro al quale si aggiunsero tre compagnie teatrali provenienti dall’Argentina, che avevano sentito parlare dell’esperienza e volevano conocerla e parteciparvi. Queste compagnie arrivarono all’improvviso, creando problema organizzativi, come l’alloggio, l’alimentazione, ecc. Si mise così in moto tutta una rete di sostegno formata dai vicini, dai centri delle madri, dalle ONG che aiutarono a risolvere i problemi e contribuirono al successo di questa prima esperienza allargata.

Il coinvolgimento di gruppi di altri paesi dell’America Latina permise l’elaborazione di nuove forme organizzative, di nuove strutture che diedero vita all’allargamento dell’Incontro e alla trasformazione progressiva in quello che è il Festival ancora oggi, come la creazione di “Casa Hogar”, un centro di accoglienza, e di “Producción”, un centro di produzione.

A proposito dell’internazionalizzazione di ENTEPOLA e delle relazioni con altri paesi, David Musa dice:

Cominciano a sorgere in maniera spontanea, di bocca in bocca attraverso i gruppi che arrivavano, che in qualche modo videro un modello di organizzazione, (lo sapete già che l’organizzazione si fa con gli stessi gruppi di teatro che noi abbiamo formato). Allora la quantità di volontari che formano le commissioni, si nutrono di questi laboratori e questo in qualche modo va creando un modello di organizzazione in cui partecipa la comunità”.

I nuovi concetti espressi dalle comunità, le esperienze e i cambiamenti del contesto storico e sociale, le nuove forme organizzative, l’elaborazione di progetti a livello internazionale portano anche al cambiamento del significato della sigla “ENTEPOLA”, che da Teatro Poblacional Latinoamericano passa a chiamarsi Encuentro de Teatro Popular Latinoamericano e in seguito Festival Internacional de Teatro Comunitario.

Nel 2013 si crea la Fondazione ENTEPOLA con lo scopo di poter proporre progetti di maggior proiezione, ottenere finanziamenti, stabilire contatti con altri enti senza fini di lucro, imprese sociali, università…

ENTEPOLA conta attualmente su circa 60 volontari, ognuno con una funzione e un ruolo fondamentale e importante all’interno dell’organizzazione del festival per farne una vera festa del teatro. Riceve inoltre il sostegno di diverse associazioni, sia pubbliche che private, enti ed istituzioni.

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Al festival, che si svolge nei mesi di gennaio e febbraio in vari comuni e quartieri popolari di Santiago e dintorni, partecipano compagnie cilene e straniere provenienti dall’Argentina, dall’Uruguay, dalla Colombia, dal Venezuela, dalla Bolivia, dal Paraguay, dal Perù, dal Messico, da Puerto Rico, dal Brasile, dalla Germania, dal Canada… che rappresentano le varie tendenze del teatro comunitario, utilizzando le tecniche di teatro popolare come il teatro di strada, la murga (una forma di teatro popolare originario dell’Uruguay, ormai esteso a vari paesi dell’America Latina), il teatro circo, il teatro carcerario, il teatro invisibile, fra gli altri.

entepola_26072016Durante tutti questi anni, all’interno del festival, si sono realizzati laboratori, ai quali partecipano giovani, bambini e adulti, oltre all’intera comunità e alle compagnie presenti che alloggiano nelle scuole, trasformate per l’occasione in abitazioni comunitarie, centri di scambio e di incontro.

Hanno partecipato a ENTEPOLA oltre 280 compagnie nazionali e più di 168 compagnie internazionali. Agli spettacoli hanno assisitito oltre 840.000 spettatori e i collaboratori volontari sono stati più di 3000.

Oltre agli spettacoli e ai laboratori si svolge all’interno del festival anche il

Populteatro”, nel quale si affrontano tematiche legate ai concetti di popolare, comunitario, teatro, politiche culturali, educazione, gestione culturale, ecc…

Ad esporre vengono chiamati gruppi di teatro comunitario, compagnie teatrali, organizzazioni ed esperti, docenti e sociologi.

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foto Anna FresuANNA FRESU

Nata a la Maddalena, in Sardegna, si è laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università La Sapienza a Roma. Ha seguito numerosi corsi di teatro, tra cui il Teatro Studio, partecipando alla creazione del teatro Spaziozero. È regista, autrice, attrice di teatro, traduttrice e studiosa di letterature africane. Ha condotto numerosi laboratori teatrali nelle scuole di ogni ordine e grado. È presidente delle associazioni culturali “Il Cerchio dell’Incontro” e, fino al 2016, di “Scritti d’Africa”. Nel 1975 ha lavorato in Portogallo come mediatrice culturale nella cooperativa agricola Torrebela. Dal 1977 al 1988 ha vissuto in Mozambico dove ha insegnato e diretto la Scuola Nazionale di Teatro e creato e diretto, col regista e giornalista Mendes de Oliveira, il “Dipartimento di Cinema per l’infanzia e la gioventù” realizzando diversi film che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali. Il suo lavoro in Mozambico è stato premiato al Festival del Cinema per lo Sviluppo a Genazzano nel 1991. Sempre nel 1991 ha curato e tradotto dal portoghese con Joyce Lussu le poesie del poeta mozambicano José Craveirinha (Voglio essere tamburo, Centro Internazionale della Grafica, Venezia). Nel 1996 è tornata in Mozambico come collaboratrice RAI per una serie di servizi televisivi e ha realizzato un laboratorio teatrale con i “meninos da rua”, bambini-soldato e vittime della guerra. Nel 2013, ha pubblicato il suo libro di racconti “Sguardi altrove”, Vertigo Edizioni. Sue poesie e racconti sono presenti in diverse antologie. Collabora con alcune riviste on line e blog. In Argentina è stata docente di Lingua e Cultura Italiana presso la Società Dante Alighieri e l’Università di Mendoza e ha partecipato a congressi sulla letteratura italiana e  realizzato diversi spettacoli teatrali. Nel 2018 pubblica il suo più recente libro di poesie “Ponti di corda“, Temperino rosso Edizioni e ha curato l’antologia poetica “Molti nomi ha l’esilio“, Kanaga Edizioni.

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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