Elizaveta Dmitrieva – Così fine è il nome Cerubina di Eleonora Negrisoli

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Pubblicato su https://muridiversibo.wordpress.com/2020/12/10/elizaveta-dmitrieva-cosi-fine-e-il-nome-cerubina/ il 10 dicembre 2020

 

Tutto ha inizio a Pietroburgo nell’agosto del 1909. La redazione dell’Apollon, neonata rivista di arte e letteratura, riceve una lettera dalla carta profumata, sopra ci sono scritti dei versi firmati con un solo carattere: Č. Lo stesso giorno arriva una chiamata, a parlare è un’incantevole voce femminile, possiamo immaginare che dica più o meno così: «I versi che avete ricevuto sono miei, mi piacerebbe pubblicarli. Sono Čerubina de Gabriak».

L’articolo dell’Apollon che, poco dopo, introdurrà i versi della misteriosa poeta è firmato Maksimilian Vološin«[…] Due pianeti determinano l’individualità di questa poetessa: il mortalmente pallido Saturno e la verde stella serale dei pastori, Venere. […] La loro unione sulla culla della neonata sta ad indicare un carattere affascinante, passionale e tragico. Venere è la bellezza. Saturno è il fato. Venere dischiude gli accecanti bagliori dell’amore, mentre Saturno traccia l’ineluttabile e doloroso cammino della vita. […]».

Le poesie di Čerubina riscuotono un gran successo, a cui fanno eco leggende, storie e ipotesi su questa fantomatica poeta che non vuol rivelare nulla di sé. Una cattolica di nobili origini? Una contessa? L’educanda di un monastero? Francese, russa, o polacca? Nessuno l’ha mai vista, ma Čerubina è così chiacchierata da far parlare dei mesi di settembre-ottobre 1909 come dell’«epoca di Čerubina de Gabriak» – espressione coniata da Marina Cvetaeva in persona. Tutti hanno perso la testa per lei, ma chi è veramente Čerubina de Gabriak?

Čerubina de Gabriak è Elizaveta Ivanovna Dmitrieva, nata il 31 marzo 1887 a Pietroburgo. È di piccola statura e leggermente claudicante, per via di una terribile tubercolosi che l’ha colpita da bambina, mentre una malattia ai polmoni l’ha costretta a letto per ben nove anni. La salute precaria non le impedisce però di studiare, infatti Elizaveta si specializza in letteratura medievale, spagnola e francese, e nel 1908 comincia a insegnare in un liceo femminile di Pietroburgo.

Nonostante il carattere riservato, Elizaveta si integra subito nell’ambiente culturale della capitale: è in un celebre circolo di intellettuali – chiamato la «torre» –che conosce Maksimilian Vološin, suo futuro amante e mentore. Infatti, sarà proprio Vološin, collaborando con l’Apollon, a trasformare Elizaveta Dmitrieva in Čerubina de Gabriak – in una delle mistificazioni letterarie più affascinanti della storia.

Purtroppo, il mistero sarà svelato soltanto qualche mese dopo, nel novembre 1909. Quello stesso mese Elizaveta è causa di un duello fra Maksimilian Vološin e Nikolaj Gumilëv, amico e celebre poeta: per conquistare l’esclusivo amore di Elizaveta, i due si sfidano a colpi di pistola sulle rive del fiume Chernaya.

Questi due fatti spingono la poeta a sposare un altro uomo, conosciuto in gioventù, e a lasciar perdere la poesia. Tra il 1912 e il 1914 Elizaveta viaggerà per l’Europa seguendo le lezioni di antroposofia di Rudolf Steiner e, una volta tornata a Pietroburgo, diventerà la responsabile della Società antroposofica russa, fatto che nel 1927 le causerà qualche mese di prigionia.

In realtà, Elizaveta/ Čerubina non smetterà mai di scrivere versi… ma quali universi ha raccontato questa mistica poeta? Di certo nella sua poesia è centrale l’amore, un sentimento che tutto pervade, ma senza mai realizzarsi totalmente. È un amore intriso di nostalgia e frantumi, è meta a cui sempre si tende senza mai giungere: «Il mio cuore è come un calice / di vino amaro, / poiché questo nostro incontro / non ha pienezza.».

Nei versi di Elizaveta/ Čerubina riecheggiano molti degli uomini che ha incontrato, intravisto o baciato, ma è anche, e soprattutto, l’amore mistico ad attraversare le sue poesie. La fede cristiana ortodossa accompagna tutta la vita della poeta, talvolta sfiorando l’erotismo: in «Le tue mani» le mani di Cristo diventano così corporee da incarnare quelle di un amante – «Bacio sui palmi inaccessibili / il sacro fregio delle linee divine».

Nella seconda parte della vita di Elizaveta, invece, la religione diviene quasi opprimente, in una continua tensione tra peccato e pulsione: «Oh, dovrei portare al collo il rosario, / uno scialle variopinto anziché nero… / Ma come sei biondo e dolce, coi tuoi occhi di fiordaliso!». Queste parole, in particolare, sono dedicate a Julian Ščuckij, amico e allievo di antroposofia, che stimolò Elizaveta a scrivere una raccolta in versi attribuendola a un presunto poeta cinese, Lixiangzi.

Il tema dell’alter ego è evidentemente caro a Elizaveta/ Čerubina, la cui doppia personalità impregna tutti i versi«E io morrò in terra straniera / senza spezzare il cerchio magico. / Ma perché ho le mani tanto soffici / e così fine è il nome Čerubina». Quasi l’avesse predetto in versi, Elizaveta Dmitrieva, raggiunto il marito in esilio a Taškent, muore il 5 dicembre 1928 a causa di un tumore al fegato.

Il mio cuore è come un calice

di vino amaro,

poiché questo nostro incontro

non ha pienezza.

Su tutte le vie ho còlto

per te i fiori,

ma i fiori miei ai tuoi occhi

son sempre pochi.

E la povera mia ghirlanda

su, strappala con le tue mani!

Guarda com’è pallida

senza amore.

S’è incrinato il cuore

pieno di sangue, come vetro,

d’un solo amore

dissanguato.

Parigi, 1907

Le tue mani

Queste mani mi accompagnano

nella quiete notturna dei miei sogni.

Com’è bello, dolce e delittuoso

avvolgerle in ghirlande di rose!

Bacio sui palmi inaccessibili

il sacro fregio delle linee divine

(e intanto canta minaccioso

in lontananza il coro delle Erinni)…

Quanto amo queste unghie filiformi

e queste mani sottili!

Ah, vantano un colorito più dorato

del triste mezzogiorno libanese!

Queste mani come grappoli flessuosi

brillano in mezzo ai cari sassi.

Ma chiodi acuti vi hanno lasciato

dei segni appena percettibili.

Confessione

Nei guanti tolti alla svelta

è rimasta l’impronta delle mani.

Ha disegnato un cerchio per terra

il crespo con le sue rigide pieghe.

Osservo il gioco dei riflessi

sulle forme dei bronzi scuri

e non presto attenzione alla predica

che mi bisbiglia il vecchio prete.

Mi aggiusto il fermaglio fra le trecce

e intanto inseguo i miei sogni…

Nelle sue domande tutti i peccati

appaiono così semplici e ingenui!

L’inferno perde ogni incanto,

la vita si fa più cheta…

Ma resta la dolce consapevolezza

del peccato originale!

Col mio sogno di regalità

io vago sola per l’universo intero,

col mio sprezzo per quant’è effimero,

con l’amara mia bellezza.

Regina di un fantomatico trono

mi nominò la sorte…

cinge la mia fronte superba

una corona di rosse trecce.

Ma dormono nei secoli passati

tutti quanti potei amare,

come me afflitti da tristezza,

come me, nel sogno solitari.

E io morrò in terra straniera

senza spezzare il cerchio magico.

Ma perché ho le mani tanto soffici

e così fine è il nome Čerubina?

Canta fiacco nel mio cortile

un organetto stonato,

e una zingara predice…

perché? che cosa?

Che la vera felicità

non busserà alla nostra porta,

che non vedremo il termine

di queste sorde perdite…

Sotto uno scialle colorato

brilla il fuoco acceso di due occhi.

Dopotutto siamo sorelle, io e te…

anch’io faccio la maga da tempo.

Compio sortilegi per gli estranei

tutta la notte, dall’alba al mattino –

c’è chi mi offre pane secco,

e chi mi dà un anellino d’argento.

Ma si può forse con una crosta di pane

saziare labbra così voraci?

Non è la fame che mi opprime:

è il cielo vuoto.

27 novembre 1926

Se vuoi conoscere meglio Elizaveta Dmitrieva, ti consiglio di cercarla tra gli scaffali della Libreria delle Donne di Bologna (Via San Felice 16/A), della Biblioteca Italiana delle Donne (Via del Piombo 5), o di qualsiasi altro spazio di genere!

Eleonora Negrisoli per Muri di Versi

FONTI

  1. E. Dmitrieva, Il mio cuore è un calice di vino amaro, Democle Edizioni, 2019BiografiadavEleonora Negrisoli nasce nel 1996 in un piccolo paese della Pianura Padana. Da qualche anno ha trapiantato le sue radici a Bologna, dove vive e studia Lettere moderne. Prova a cimentarsi in (quasi) tutte le forme dell’arte, ma conserva un posto particolare per la poesia. Fa parte dell’Associazione Muri di Versi. Ama le piante e gli animali.

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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