Il 16 novembre 2021 si è svolta alla Biblioteca Centro Sudi Amilcar Cabral la presentazione del numero 0 della rivista ArabPop edita da Tamu edizioni. Due delle cinque redattrici, Olga Solombrino e Fernanda Fischione, ne hanno parlato con Ines Peta (Università di Bologna) e Sana Darghmouni (Università di Bologna-Università Ca’ Foscari Venezia) rispettando la struttura di sei domande rivolte a turno dalle due docenti a entrambe le redattrici e un breve spazio di domande dal pubblico a conclusione dell’evento.
L’iniziativa è stata promossa da Biblioteca Centro Studi Amilcar Cabral, libreria La confraternita dell’uva e Tamu edizioni. Questo resoconto è basato sugli appunti della macchinista Pina Piccolo presi nel corso della serata, e si offre nella immediatezza e sinteticità di un taccuino, lasciando a chi legge i collegamenti tra le frasi e la curiosità di acquistare la rivista per approfondire gli spunti offerti dagli appunti.
Domanda 1. Perché ArabPop? Perché il titolo? Che cosa offre la rivista di diverso?
Olga Solombrino: Per iniziare, la rivista è uno spinoff del libro che è stato pubblicato nel 2019 dalla casa editrice Tamu e che nasceva dall’esigenza di raccontare il periodo delle rivoluzioni dal 2010 e negli anni successivi. Mancava un punto di vista sulle creazioni artistiche dal basso, anche a causa della poca importanza data dai media al fenomeno che è ancora in progress.
Nel 2019 sono ricomparse le modalità delle rivolte e rivoluzioni del 2010-2011 ma in altri luoghi, che non erano stati interessati dalle Primavere Arabe.
Il libro è stato accolto con molto entusiasmo e interesse, la dimensione culturale come chiave interpretativa necessaria, e quindi la necessità di riprendere i temi che non erano stati adeguatamente trattati nel corso di un decennio.
Il titolo ArabPop non deve essere visto come etichetta che si rifa alla Pop Art, non è un genere commerciale, è sinonimo di popolare nel senso che ha origine dal basso, offre uno sguardo fresco, vivace.
Fernanda Fischione: ArabPop è anche un nome accattivante, come pure la sua grafica e il logo che attira l’attenzione in modo diverso. O con i due puntini di Pop, la ta marbùta (marca del femminile in arabo), è un occhietto ammiccante, omaggio alla redazione tutta al femminile e tentativo di sottrarlo alla nicchia degli esperti. Il concetto di cultura bassa e cultura alta nel mondo arabo non funziona.
Domanda 2: Quale criterio avete utilizzato per raccogliere il materiale e selezionarlo?
Fernanda Fischione: Lavoriamo tramite Call pubblica, per il primo numero con la Call che invitava a scrivere sul concetto di Metamorfosi su 110 proposte arrivate ne abbiamo selezionate 30.
Nella redazione siamo in cinque donne e abbiamo cinque teste molto diverse tra di loro, quindi occorre fare una mediazione e vi è stata una grande crescita personale nel corso del lavoro redazionale. Abbiamo prestato molta attenzione a smontare gli stereotipi sulla produzione culturale araba. Ad esempio, abbiamo evitato in tutti i modi le foto neo-orientaliste e il punto di vista che le produce, interrogandoci se anche a prescindere dall’intenzione del fotografo o della fotografa stessa chi la vede possa interpretarla così. Siamo d’accordo che esiste un grande rischio del lettore distratto, quindi-per esempio – nelle foto di donne velate è molto facile che chi sfoglia la rivista velocemente possa fare l’associazione di velo- donna, senza andare oltre. Per questo le abbiamo evitate. Sono rischi che dobbiamo correre in considerazione perché è più facile inavvertitamente riprodurli che smontare l’immaginario occidentale sul mondo arabo.
Per la rivista abbiamo deciso di privilegiare il mondo arabo nella sua quotidianità, offrendo immagini e storie che lo rispecchino. Siamo attente alla divulgazione in modo da raggiungere un pubblico variegato, non specialistico, attente al fatto che lo stereotipo è più radicato laddove non vi sia conoscenza.
Domanda 3: Nella rivista si nota una grande attenzione alla grafica, sin dalla copertina. Spiegate la copertina, ad esempio l’Indice come mappa, la domanda, dove stiamo andando?
Olga Solombrino: La grafica e la copertina sono merito del grafico della casa editrice Tamu. È un valore aggiunto il fatto che non si fosse occupato in precedenza del mondo arabo.
La rivista è molto bella da vedere, invita ad essere sfogliata. L’indice è presentato come mappa, bussola per orientarsi nei mondi arabi. I tasselli indicano dove sono i paesi arabi per ricostruire geografie espresse dal mondo arabo in relazione all’Europa non come solitamente facciamo dall’Europa verso il mondo arabo.
Fernanda Fischione: Escludere ed includere, offrire un ripassino di geografia. Immagine di copertina realizzata di artista libanese, collage digitale, inversione tra luna e terra, ambientazione notturna, sognante, viaggio interstellare, “Dove stiamo andando?” come frase di buon augurio. Sud delle città, raccontato attraverso diversi articoli, campo di proiezione soggettivo, scambio e intrecci. Come vengono rappresentate le città arabe nel loro continuo cambiamento.
Olga Solombrino: Città sotterranee nel presente, rende omaggio a Beirut con uno scritto speciale a fumetti che racconta il Libano attraverso le trasformazioni subite dalla città. Città come palcoscenico che si trasforma insieme a tutti i suoi abitanti. A raccontare questi cambiamenti un architetto, un cineasta: esplosione e gente che recupera la città. Le città del Kuwait che utilizza foto come sonda sul passato negli elementi architettonici.
Fernanda Fischione: Eclissi dello spazio pubblico negli ultimi dieci anni. Breve ripresa degli spazi pubblici ma dopo, il Covid mette la pietra tombale. Eclissi, il cineasta riprende dal suo appartamento la città durante la quarantena. Città che si restringe. Intrecciarsi della dimensione casalinga con la città.
Domanda 4. Il filo conduttore della metamorfosi lo collegate alle evoluzioni, ai cambiamenti inaugurati dalle rivoluzioni? Quali sono stati i cambiamenti? Quali c’erano anche prima ma erano celati e si sono rivelati, sono stati resi visibili?
Il blog di Paola Caridi Invisiblearabs e il suo libro Arabi Invisibili uscito per Feltrinelli nel 2007 mettono in evidenza il ruolo di internet, l’Internet nell’Internet, già in epoca Mubarak, 2011. Si è avuta certezza dell’importanza dei social media anche solo per organizzarsi. Ha anche reso la cultura araba più fruibile a noi.
Forte è stata la presenza di musicisti in piazza durante il periodo della rivoluzione che poi è stato seguita da una diaspora per il fatto che non esisteva più lo spazio pubblico. Oggi gli artisti producono musica più defilata rispetto al pubblico. Questa produzione circola grazie a Internet. Alcuni articoli mettono in evidenza il fatto che gli artisti non siano stati sconfitti ma costretti a retrocedere dallo spazio pubblico e appropriarsi di altre modalità e canali di espressione. Esisteva una scena sotterranea di blogger antecedente alla primavera araba. Metamorfosi segno di un passaggio dai contorni non super definiti. Riprendersi spazi di agibilità, per esempio le femministe a Tunisi con il loro festival., come descritto nell’articolo. Dal 2011 in poi il bisogno di avere accesso ai prodotti culturali è genuino, non filtrato per un pubblico occidentale, sono cadute un po’ di frontiere.
Domanda 5. Come le rivoluzioni hanno contribuito a rendere visibili movimenti come quelli delle donne?
Olga Solombrino: Ogni paese ha le sue specificità. Il corpo delle donne quando le donne scendevano in piazza era soggetto a molestie per disincentivarle a partecipare. Nel festival delle donne di Tunisi anche presenza del corpo queer, non normato.
Non c’è una realtà uniforme, cambia da nazione a nazione, per esempio in Marocco la spinta per la riforma del diritto di famiglia. Comunque sforzi generati dai movimenti con coinvolgimento sia laico che religioso (femminismo islamico)
Domanda 6. Tema per il prossimo numero della rivista?
Fernanda Fischione: Abbiamo già lanciato la seconda Call che è imperniata sul Futuro. Invenzioni di mondi alternativi, distopici o immaginari, cyber punk arabo. Quanto immaginifico potrà essere questo futuro? Futurismo arabo ispirato all’AfroFuturismo.
Olga Solombrino: : Il futuro in costruzione, che passaggi facciamo oggi?