“Dove i pendolari gettano la fame ai gatti”, poesie da “Enclave”, La Vita Felice 2017, di Bruno Brunini

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dalla Prefazione a cura di Bruno Brunini:

La raccolta si concentra su campi diversi di osservazione della realtà contemporanea che condensano marginalità, frustrazione, alienazione, disagio.

La periferia, determinati ambienti di lavoro, esperienze di naufragio e sradicamento definiscono le sezioni della raccolta, e sono luoghi e situazioni reali della società, anche se spesso “invisibili” o non sufficientemente considerati, ma al contempo si prestano a divenire metafore di un sempre più dif- fuso disadattamento. Enclave, all’interno di città, non solo perché zone della realtà rispondenti a nor- me diverse, ma perché diverse e lontane dal sentire comune, isole ove il dato costante è la sofferenza, lo smarrimento, la mancata integrazione. Mondi alla deriva in cui l’individuo sprofonda sempre più nella solitudine.

Le enclave dunque mettono a nudo luoghi dell’esistenza che invece di essere circoscritti a realtà marginali, tendono ad assorbire un’area sempre più vasta del tessuto sociale.

L’ottica di questa raccolta, però, non è quella di un’indagine sociale, quanto dell’introspezione, dell’incontro con percorsi umani che scivolano ai margini della vita quotidiana. […]

 

 

dalla sezione “Periferia”

Inverno finto di periferia

Il vuoto, il nudo, il perso
questi corpi mancati
si fanno rumore,
suono d’ossa e calce,
inverno finto di periferia
che ti spoglia e ritorna
nell’angolo buio di ciascun sapore,
non c’è avanzo, aggiustamento
non c’è cortile che appena toccato
non dia cenere,
una forbice taglia
il celeste di un cielo
che nessuno vedrà

non questo giorno
ma il suo rovescio
batte l’insonnia
di interminabili palazzoni,
scompiglio di sillabe non dette
si posa
nel frastuono della tangenziale,
non basta cercare per strada
ragioni e salvezza,
la sveglia, la sete
il sogno di essere qui per caso
dove i pendolari
gettano la loro fame ai gatti,
solo voci che volevano parlare
saranno nuvole,
foglie senza racconto
come farà l’alba a spuntare?

 

 

Le donne moldave

Le donne moldave
guardano venire il mattino
dai treni bui
e questa folla sconosciuta
che nasconde tutto

nessun colore,
soltanto fogli sfatti,
stordimento di sonno
sugli occhi,
l’astuccio del rossetto
l’album delle foto
mille canzoni in tasca
pochi minuti, poco altro

e poi, vestite dallo stesso inizio
andare
prendersi cura di chi è solo, quando la strada
di un ritorno perduto
si riduce a un punto

senza più posto
per una fame
che non conosce padri,
là sotto nel buio
trattengono il respiro
per soffiare sul vuoto.

 

Oblio

Luce notturna
musica forte e oblio
dai bar aperti,
continua muto il ponte
da cui si cade
rotti e divisi
da chi vive oltre la porta
e sono le scritte d’odio
che parlano
davanti a un capolinea
senza autobus,
l’occhio sgranato di un clochard,
la sua età sparsa sull’asfalto
che il latrato di un cane
trascina
nel peso vuoto della neve,
ma non c’è tempo
la strada ingoia lo spazio
che circonda nervi, muscoli,
paura
rimasta sul grigio delle finestre,
questo guardarsi intorno
e non trovare nessuno,
quando
tra barriere di case prende nome
ciò che non si può colmare
a pochi metri dalla vita.

 

Discarica

Colpi di martello
fissano gli angoli ottusi,
all’ombra della discarica
il tuo scudo mentale
si fa a pezzi,

compost, schede barrate,
condensano
il vibrare delle trivelle, numeri finiti
fanno peso

nel ritmo piatto di un terminale,
che invade
la mappa segreta
della tua memoria,
tornano i nodi a comporsi.
Anche nel sogno parlano
da una bocca morta.

Durante lo smaltimento
spiegano che cosa non funziona,
fissando come incapaci e fiacchi
tutti gli altri,
non soffrono le stesse restrizioni

digitazione di nero
tra i muri della testa,
scioglie minuti
che vengono contati,
osservi l’involucro
quando cade,
detta il principio,
è sedimento
un tracciato incompiuto,
mentre discutono nevroticamente
della nuova area
nulla può scalfirti.[…]

 

 

Voci

Pezzi di flash vagano
nei cavi del telefono
ragazzi salgono ridendo
uguali al mondo che ci sta davanti,
la sera si piega come un ginocchio
che non ha più peso,
soli, azzittiti
si va sulla strada
senza distinguere
tra predatori e vinti,
in mezzo al rumore
desideri lambiti
battono nel petto
fanno luce al muro,
sono un dono e una prova
per rimanere
sotto quest’erba anonima.

 

Molti minuti
sulla panchina del parco
vuota come un digiuno
rimbalzano indietro
come lampadine
che non toccano il buio

nebbia sotto la luna
corre il pensiero
che non ha ordini da seguire,
indovina una linea immaginaria
una seconda vita
fingendo che sia vero. […]

 

 

dalla sezione Turni di lavoro

[…]

Ma tornano
dal buio sepolto dentro il giorno
le ombre mute delle ciminiere,
sparse nel tumulto di un’epoca
tornano a dare forma al pane,
lasciate lotte
come un sole colpito
sono il precipizio di quell’ordine
che sbatte
in un turno di treni,
memoria
di un corridoio di nomi, dialetti,
che attraversa lo stivale
e diventa reale
tra chi ha perduto anche il lavoro.

 

In tanti potevano mandarsi segnali,
nominarsi,
diceva l’operaio più anziano
in un volo di striscioni,
c’era chi restava ad ascoltare i suoi discorsi,
chi si chiedeva se la riconversione
non sia ricostruzione,
chi invece pensava che dalla porta
che non si chiude
poteva entrare il mare.

Nessuna statua
per l’affresco caotico
di una storia,
che brucia
come un fuoco di foglie,
rispose una voce sola,
inutile cercare
la luce che gettò su noi
tra la polvere di un muro cieco.

[…]

dalla sezione Naufragi

[…]

Disperse le rotte
il tempo replica
una vita così diversa dalla nostra

quell’idea che ci ha tenuti insieme
ci chiamava lontano,
come se il mondo volesse
la verità dei sogni
che svaniscono
nel cuore freddo della città

macchie, buchi neri
formati per scomparire
tra le guglie medievali di una torre,
incrinature colorate d’immaginazione
inducevano impreviste dissonanze
cercate
nei vuoti tra i palazzi,
tra i rumori della strada
e le vetrine dell’ubbidienza,
in ciò che si poteva fare
tra il nero e il bianco
in mezzo ai passi di ognuno

mentre il fuoco incenerisce
qualcosa che non riusciamo a vedere
proprio davanti a noi.

 

Piazza dell’Unità
si colora di tinte,
rifugiati di ogni etnia
perdurano nell’attesa,
destinati a circolare in disparte
parlano di visti
permessi di soggiorno,
la loro vita è mobile
come la sabbia.
Colpi di tamburo,
i suoni dell’Africa,
stravaganze balcaniche
attraversano la strada
come un ambiguo resoconto della storia,
riverberi di altri mondi
si mischiano al fumo del curry,
in un luogo
che non è in nessun luogo.

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Bruno Brunini è nato a Napoli e vive a Bologna dove si è laureato. Poeta, scrittore, è stato tra i fondatori della cooperativa culturale “Dispacci” diretta da Roberto Roversi, per la quale, negli anni ottanta, ha svolto numerose attività legate alla ricerca e alla diffusione della poesia, alla redazione di vari fogli e riviste. Suoi racconti, interventi e poesie sono apparsi su riviste e antologie. Ha condotto seminari di scrittura poetica in scuole pubbliche e presso il carcere minorile di Bologna e ha ottenuto vari premi letterari.
È autore di testi per il teatro messi in scena dal “Gruppo Libero Teatro”. E’ curatore della rubrica di poesia per il Magazine della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” impegnata nel recupero dei malati usciti dal coma. Fa parte della redazione della rivista online di cinema e letteratura PRIMI PIANI. E’ co-curatore dell’antologia sulla poesia a Bologna Cinque anni dopo il duemila (Giraldi, 2006). Ha pubblicato il romanzo Il viaggio capovolto (Guida, 1999), il volume di racconti Appena oltre Brooklyn (Giraldi, 2005), le raccolte di poesie Strade interrotte (Mongolfiera, 1990 con postfazione di Roberto Roversi), Dalla parte della notte (Giraldi, 2007), Ombra di vita (La Vita Felice, 2012), Enclave (La Vita Felice, 2017)“

Immagine in evidenza: foto di Tracy Allen.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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