Dialettica, poesie inedite di di Reginaldo Cerolini

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… io ti perdono 

perché sogni bellezza e regali a dio l’ansia di tutte le risposte

 e il riposo nel tuo petto ombroso di molte costellazioni. 

E so che la tua ottusa volontà di capire 

sfibra l’eternità al tempo di un cuore  

ritmato di piena incoscienza. E tutto quel che sai è niente che

dai a mani piene fra lacrime di dolore

 ed estasi momentanee. 

Io ti invoco 

alla gioia dei porci gettati da rupe 

al sibilo del vento fra fili d’erba in tangenziale

 e sigarette schiantate. Per andare oltre. 

Io ti chiedo sole 

anche al rancore dei giorni fermi della stazione  

dove andare avanti fra umanità e distanze è bene pieno 

anche quando ti sfasci fragile d’ impotenza al determinismo civile. 

 E soffochi terribilmente. E gridi. E ti pauri mentre ti assottigli. 

Quando la pura mancanza d’amore ancora è non saperti. 

 

(Io ti perdono Da Dialoghi con un semidio, 2018)

 

 

TROPPE VOLTE

 

Io sono morto troppe volte

a questo giorno senza fine

alla bellezza mancante

alla sbavatura di un labbro

alla spiritualità illustrata della carne

ai giorni uguali nei secondi

alle attese rumorose

di una mente vuota esasperata

mentre si fa di salsedine

all’apatia di una fame commerciale

 

Io sono morto troppe volte

alla mia voglia di leggermi

di sapermi negli intrecci delle tempie

di volermi negli isterismi del cazzo

affamato come un lupo di tutto

anche della morte dei vivi nel segno biancastro

di un trovarsi tra ansimi e propagazioni

per invecchiarsi bene ad una qualsiasi

addomesticamento plausibile

per vedermi nel segno finale di una fine

e lì ricominciare a dubitare la morte

 

Io sono morto non troppo ma qui

nel verso indulgente per ritmo

di litanie improvvisate per assenza

troppa assenza di bellezza e dimestichezza

lessicale

 

Io posso vivere per sempre

nella tua clemenza plurale

che bagna le guance

e rende umore fra le cosce

se tu spurgato di identità e tempo

decidi di amarmi

rinunciando al famigliarismo degli amori sussurrati

e degli editti colmi di stirpe

se incautamente plurale afferrassi il mio danno

al tempo quotidiano che possediamo ove io

invertendo la sublimazione

alla mia eterna e solitaria metafisica

irradiassi finalmente

gambe polmoni cuore e testa

a vita

 

(troppe volte da Pagana celebrazione dell’europeità, 2019)

 

 

DIALETTICA

 

Da giorni il campo dell’infinito

plana alla mia piccola porta

non domanda il conto salato

della speranza ritorta o il grido

assente di gioia ma muto osserva

il fare porre credenziale al pensiero

come se tutto in quel rutto di actio

e cogere fosse contenuto il succo

antico dell’eterno che vede me uomo

risplendere di sbavature- Oh potesse

in fine essere questo in somma l’infinito-

ed ho allora pensato di sfidarlo dando

un nome al comodino sporcando

di sentimento il chilo di grasso guadagnato

col cibo e sfottendo la morte in un gioco

di carte ma esso irriducibile d’immensità

si è assiso al petto come un bruciore

senza fiamme silenzioso e sleale come

chi pretende anco fin troppa attenzione

ed è stato allora che ho smesso di capire

e tradendo umanità ho incominciato

a tossire per il suo dissenso necessario

perché l’infinito è pari e leale a chi vive

e così può darsi che una corsa intrecciati

sui prati ci faccia in fondo grandi e diseguali

 

(Dialettica in Dialettica, 2019)

 

 

*

Tradire la forma

è l’estensione del possibile

dire il mondo

ridurre l’impossibile

tentare la mente con caravelle

ubriache e titaniche

per derive divine o risacche geniali

è pena che l’umano

ha di sé stesso a provare

come l’ulisse

c’oltrepassando le colonne

è simile ad un qualsiasi straniero

che oggi senza lode approda

in un gommone

nel silenzio furioso di un umano

solo nella moltitudine mentre la natura

in guisa di luna e salmastra spuma

certa e riverente sa

che dialoga con un semidio

ella che ferace ed imperiosa sa

che la forma dell’eternità

si cuce intrecciando polvere con carne

sassi con viole

e tutto il resto si fotta anche!

 

(da Dialoghi con un semidio in Dialoghi con un semidio, 2018)

 

*

Voluttà che spegnevi

appena appena la mente

con fare maldestro e intermittente

che raccoglievi ansimi e sudore

come fossero le perle della carne

che fotografavi e riprendevi gli amplessi

i lampi del cuore

il chiarore degli occhi

il riflesso dei denti

sotto raggi di sole

quasi fossero capaci

di evaporarti nel volo vacuo

e blando della mente

-ovvio senza eternarti-

friggevi come le salsicce

sulla piastra

e chiamavi questa

religione con la gravità

d’un bambino impedito al cortile

da un acquazzone:

poi invecchiando sposavi la parola

ridimensionavi le rughe della pelle

nella volontà di trovare

un ordine un vertice intuibile

che fosse tutt’uno con la flessibilità

della ragione tua

però sbavavi quando parlavi

e mettevi l’odore degli anni

e gli occhi tuoi belli

erano due osceni tuorli

madidi di piogge autunnali:

e scappavi

in qualche antro di virilità

con la fugace e quasi metafisica

evacuazione

e che tu la chiamassi sesso

prostata o divagazione uretrale

importava poco

tutt’uno col corpo

con solo echi di pensiero di sottofondo

(rifare Il letto, gazzetta,

sett’emmezza pranzo, caffè da Geppo)

tu voluttà scorporavi dentro l’uomo

 

(da Dialoghi con un semidio in Dialoghi con un semidio, 2018)

 

*

Veniva il camion del rusco

all’angolo sulla via

a sollevare bidoni giganti

di spazzatura, calmo come un dio

contundente,

asserragliato   nella sua massa

metallica e redentrice

 

Stavano, dietro, in fila

le macchine di civiltà

in soffocata quiete,

alcune per necessità

altre, per l’esatta

corrispondenza

del dolore sulle strade

 

(da Mattino in Dialoghi con un semidio 2018)

 

PAGANA CELEBRAZIONE DELL’EUROPITA’

 

Ma chi verrà a salvarmi?

E dove fuggirò in inverno?

Quattro mura basteranno alla mia croce oppure

Un passo qualsiasi riceverà il mio tremore!?

E chi arrenderà all’ansia delle mascelle

Divoratrice lo spessore di anni infeltriti

Dentro al maschio addome?!

 

… e può darsi sia tu o noi, a rendere grazie

In eco di parole scivolose, snocciolate alla tua pretesa

Di completezza del ventre nell’insanità delle strade

Traslucide di umore e mansuete

 

E verrai verremo per dire basta con corda su gole

Per accoltellare l’illusione di un altro istante d’orrore

Per soffocare di baci e carezze il candore

E in fine verrai verremo per il rito di un’eternità da rione

E per la pietà di noi stessi dispiegata come legionari

Al trionfo di un massacro che è vittoria e mistificazioni

 

Tu dirai diremo che c’era il senso in ognuna di quelle morti

Appoggiandoti ad una bandiera intrisa di sudore e sangue

Ed io e noi annuiremo al dolore evaporato dai corpi per

Renderci ragione di un passo conosciuto ed anziano

Per un momento tra ieri e domani incastonato su una vergogna

Che tu e noi non sillabiamo

 

Ma chi, chi dirà i nomi di chi manca al festino dei nostri inguini

E delle nostre gole, chi ti salverà ci salverà da un’omertà

Che sa appellare le cose e tacere l’orrore

 

Chi mi liberà, chi ti libererà, chi ci libererà dalla connivenza con l’omertà

E troverà uno spazio d’amore dove scaldarci come stracci lavati al sole!?

 

(Pagana celebrazione dell’europeità da Canto Pagano dell’europeità, 2019)

 

Immagine in evidenza:  Dittico di Hassan Vahedi, tavole di ciliegio intagliate e dipinte, 67 x 27 cm., 2019

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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