Nella silloge di Claudia Piccinno “Ragnatele Cremisi – concentriche memorie” (Edizioni la Lettera Scarlatta – Settembre 2015) compaiono 58 componimenti che trattano tematiche storiche come la resistenza partigiana o la Shoah alle quali si intrecciano vicende personali. Sono storie fatte di ricordi, dolori e assenze in una scrittura in cui traspare la sofferenza. L’autrice parte dall’io più intimo per estendersi con empatia ai dolori del mondo: la violenza contro le donne, le spose bambine, i bimbi soldato in qualche perso conflitto africano. Sono componimenti per la maggior parte brevi e densi: si denotano equilibrio e pacatezza, anche quando si occupano di tematiche particolarmente tristi e di ingiustizie subite. La forma espressiva unisce il gergo quotidiano e qualche neologismo a vocaboli ricercati, tipici della poesia del nostro novecento. Versi liberi, con rime, figure di suono e di senso creano un quadro poetico ben amalgamato e sempre misurato. La selezione delle liriche qui riportate non è stata agevole perché il loro numero avrebbe potuto essere maggiore per il pregio dei testi. Le prime cinque poesie scelte, più introspettive, scavano dentro all’autrice, mentre nelle successive lo sguardo si allarga a versi di alta denuncia civile e d’impatto umano e sociale.
Bartolomeo Bellanova
Pietosa madre
Eterea cammini sulle acque,
soave bambina, tu che
troppo presto fosti madre.
Riconosco le tue ansie
nei passi stanchi
di tutte le madri,
nel dolore di chi
smarrì l’allegria.
Sono una lacrima
del tuo volto,
e luccico d’immemore
atavico dolore.
L’inquietudine
Trova pace l’inquietudine
nell’agognato cielo
oltre la vita.
Trova pace l’inquietudine
quando nulla più ti aspetti
da chi ami.
Trova pace l’inquietudine
nel letargo dei sensi
e nell’indotto oblio.
Trova pace a volte
nei piatti gesti di chi
espleta un dovere,
trova pace nel meccanico andare
dei nastri ritira bagagli
all’aeroporto.
Trova pace l’inquietudine
nelle verità esplicitate
e in un verdetto
senza se e senza ma.
Dono di matrigna
Fu dono di matrigna
la tua morte
Inatteso attestato
d’eterna giovinezza.
Squilli di tromba
t’accolsero
al luna-park
del non ritorno
e tu scrivesti lesto
a palpebre sommesse
“Mamma, papà sono arrivato!”
Il peso di un ammanco
Nel vuoto che sento
è quel pieno che manca.
Si orienta il silenzio
nelle voci perdute.
Graffiti di un tempo
scolorano ora
in pulviscolo
senza identità.
Resto qui
col peso
di un ammanco.
Sono io
Sono la musa del disamore,
colei che ispira distanza,
colei che il caso elargisce
e incassa i colpi della vita.
Sono io
Sono la regina dell’abbandono.
Sono la pazza che mangia allucinazioni,
la Medusa che ti pietrifica
quando i miei occhi leggono i tuoi.
Sono io.
Sono Amelia che ammalia
e poi resta sola,
se la piccola fiammiferaia ch’è in lei
ha l’ultima parola,
Sono io.
Sono la roccia su cui cresce il muschio,
offro tesori ai quaranta ladroni…
dalle torbide acque m’innalzo fiera…
persa ho la lampada dei desideri.
L’appello del sangue versato
Sedie vuote
nella piazza di Cracovia
rispondono all’appello
del sangue versato.
Le pietre d’inciampo
di Gunter l’artista
sanno i nomi
di chi non è tornato.
A Fossoli,
da Israele giunto,
svetta l’ulivo
nella piazza della conta
e mai potrà coprire l’onta
che uomini in carcasse
ha tramutato.
Ciao Gazzella
Per una scodella d’acqua
m’hai comprato
e alle tue dipendenze son restato.
Son diventato
un bambino soldato,
“la gazzella del deserto” m’hai chiamato.
Armi e munizioni
bisacce e medicazioni.
“Signor sì mio colonnello
non ho risposto al tuo ultimo appello”.
In aria all’istante son saltato
e nei fuochi della fine ho poi trovato
gli occhi neri di mia sorella,
il viso dolce di mia mamma Bella,
la mia bicicletta senza sella,
papà che mi diceva “Ciao Gazzella”.
E tu nascesti, nasci e nascerai
Ennesima potenza d’ amore
scelse una stalla
per farsi beffa dei potenti
e Tu nascesti
a scardinare status quo.
Nasci ogni volta
che un rom
siede alla tavola
di un gagi.
Nasci ogni volta
che un assassino
frena la sua mano.
Nasci ogni volta
in cui ci s’inchina
alla saggezza
di un anziano.
Nasci ogni volta
in cui un malato
é accudito col sorriso.
Nasci nelle associazioni
solidali,
nell’ imprenditoria
ella blue economy,
nel rispettoso chiostro
dei frati minori
e nei pensieri
dettati dai valori.
Nasci ogni volta
che un bambino è felice…
e nascerai
quando ogni uomo
avrà un caldo giaciglio
e un’ altra mano
da tenere tra le sue.
Nascerai quando
ogni bocca sdentata
assaporerà cibo
a sufficienza,
quando guerra e pace
cesseranno
quest’ assurda connivenza.
Plastica nelle vetrine
Residuo di petrolio
nel cuore becero
di chi da ameba
si comporta.
Plastica nelle strette di mano
nelle rivalse di comari
ignoranti.
Plastica nei sorrisi mediatici
collaudati per pedigree.
Plastica nelle strettoie verbali
per saggiare
l’ingenua di turno.
Plastica, plastica ovunque.
Ed io… resto vetro.
Crocefissa di spalle
Volute circolari nelle calunnie altrui
la misero di spalle su una croce.
Morì così,
lapidata dalle menzogne,
vilipesa dalle comari
della sua scorta.
Fiera il suo sguardo
rivolse all’Eterno,
per tutte le streghe
finite al rogo,
per tutte le martiri
della mediocrità altrui.
Negò il suo sorriso
a chi la additò
indossando il burka
della sottomissione.
Se ne andò così,
crocefissa di spalle.
Gli occhi delle spose bambine
Gli occhi neri
delle spose bambine
son schegge d’ebano
per le vecchie comari.
Cantan quegli occhi
il gioco perduto,
la nostalgia
dell’infanzia innocente.
Parlano quegli occhi
di stupri subiti
e narrano tristi
di vecchi mariti.
Piangono gli occhi
delle spose bambine
da una fessura
concessa al vestito.
Un’altra di loro
nel sangue è perita,
ora è una bambola
senza vita.
Entro l’aurora
Un angelo bussò
al limitar del borgo.
Sembianze di fanciulla
parlavano di lei
che, resina emanando,
nel buio scivolò.
“Ottanta fendenti e mi squartò,
poi in un pozzo mi confinò.
Salvati cara, salvati ora.
Non temer solo
bestemmie e percosse,
guardati invece da false promesse.”
Non ascoltai
la voce del pozzo,
non ascoltai
le volontarie del centro.
Ora son io
che busso alla tua porta
per metterti in guardia
dal crederci ancora.
Salvati cara!
Salvati ora!
O sarai angelo
entro l’aurora!
Claudia Piccinno, nata a Lecce, vive a Bologna, membro di giuria in vari premi letterari a carattere nazionale e internazionale. Autore in primo piano a far data giugno 2015 del gruppo mondiale Pentasi B World Friendship Poetry che si occupa di promuovere la poesia in inglese, improntata al rispetto e alla valorizzazione delle differenze. Ha ottenuto premi di rilievo a concorsi di poesia nazionale e internazionale classificandosi nei primi tre posti,(tra cui una menzione d’onore a Parigi al 1st Word Literary Prize) ; il suo componimento “Nel blu” è riprodotto su maiolica affissa sul lungomare di Santa Caterina di Nardò ed è stato riprodotto su 1000 cartoline,in quanto abbinato al I premio del concorso fotografico Pensalento 2015.
Foto in evidenza di Melina Piccolo
Foto della poeta a cura di Claudia Piccinno